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Autore: Shari Deschain    26/06/2014    4 recensioni
[X-Men: Days Of Future Past; Pre-Movie]
Inizia ad andare in rovina anche lui, insieme a tutto il resto dell'America sempre più infangata dalla guerra, quando prende infine coscienza degli spazi vuoti, di quei brevi momenti tra la fine dell'effetto del siero e una nuova dose, quei rumorosi istanti in cui i suoi poteri insorgono e il dolore gli piega la mente e il corpo.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Warnings: Angst, Missing Moments, Pre-Movie.
N/A: Scritta per il Marvel Summer Fest, prompt “spazi vuoti”, per l'iniziativa LDF's The Pirates, prompt “futuro + angst” e per 500themes_ita, prompt “incidente fatale”.






Spazi vuoti






Quando Hank perfeziona il suo siero, regalandogli allo stesso tempo le gambe ed il silenzio, Charles scopre che una parte di sé inizia seriamente a pensare che forse – forse – in fin dei conti il peggio è davvero passato. Sì, la sua scuola è vuota, sì, i suoi studenti sono al fronte e i suoi amici sono perduti, ma lui ha di nuovo le gambe e non ci sono più voci a riempirgli la testa.

Ora a cercare di farlo impazzire ci sono solo i ricordi, e all'inizio, per tentare di sfuggirgli (e anche per fare onore al dono di Hank), Charles riprende a correre.

Si alza ogni mattina all'alba, si infila una tuta e un paio di scarpe da ginnastica, e corre. Corre fino a quando il respiro non gli brucia nei polmoni, fino a sentire il sapore del sangue in bocca. Corre fino a sentirsi troppo stanco e troppo dolorante per continuare a pensare.

Per un po' sembra funzionare: ogni suo passo sembra rinnegare il passato, cancellare tutto ciò che è successo ─ i missili, Cuba, la pallottola, e tutto quello che ne è seguito ─ per dargli una nuova possibilità, un futuro diverso ─ un futuro senza voci, senza responsabilità così tremende, senza amici pronti a voltargli le spalle.

Non dura molto, però.

Inizia ad andare in rovina anche lui, insieme a tutto il resto dell'America sempre più infangata dalla guerra, quando prende infine coscienza degli spazi vuoti, di quei brevi momenti tra la fine dell'effetto del siero e una nuova dose, quei rumorosi istanti in cui i suoi poteri insorgono e il dolore gli piega la mente e il corpo.

Durante quegli indefiniti intervalli di tempo Charles si ritrova a camminare barcollando sull'orlo di quel precipizio che divide la veglia dal sonno, il sogno dal ricordo, la sanità dalla pazzia. E si rende conto ─ ogni volta come se fosse la prima ─ che le voci sono ancora lì, e premono al di sotto del silenzio come ombre che si muovono dietro ad un sipario calato, come il ronzio furioso di un grosso insetto intrappolato sotto un bicchiere di vetro.

E per quanto veloce possa correre sa che loro saranno sempre lì, pronte ad afferrarlo al primo segno di stanchezza. Le sue di nuovo funzionanti gambe già non gli servono più a nulla, e di sicuro non possono aiutarlo a vincere quella gara tra passato e futuro.

Allora si affida dapprima al whiskey per partire in vantaggio, e poi alla chimica spiccia per mantenerlo. Funziona benissimo, e anche se non ha un traguardo da tagliare, Charles riesce quasi sempre ad averla vinta sugli spazi vuoti.

Troppo assorto dalle sfide dentro la sua testa, le corse mattutine diventano ben presto un vago ricordo.

*

Nonostante la sua buona volontà di soffocare ogni parvenza di lucidità nel primo bicchiere o nella prima pasticca su cui riesce a mettere le mani non appena tornato cosciente, ogni tanto qualche sussurro riesce comunque a riempire quei dannati spazi.

Fortunatamente non è difficile ignorarli, ed è ancora più facile dimenticarli subito dopo. Nessun problema, davvero.

Poi arriva il 22 novembre 1963 e mentre Hank gli infila un ago nel braccio un urlo rabbioso gli riempie la testa; non avendo più una televisione funzionante in casa, è così che Charles viene a sapere dell'assassinio di Kennedy e della cattura di Erik.

Un intero anno di silenzio infranto infine da quel breve e furioso grido, e Charles non fa quasi in tempo a rendersene conto, perché chiunque abbia strappato via l'elmetto dalla testa di Magneto riesce a renderlo di nuovo irraggiungibile subito dopo, e prima ancora che il siero riprenda a funzionare la voce di Erik è già un'eco lontana all'interno della sua testa.

Dopo quel giorno passa quasi un mese prima che Charles si risvegli per la prima volta completamente sobrio. È il mese migliore che ricordi.

*

Ben presto scopre che, nonostante tutto, di tanto in tanto gli capita di trasmettere dei pensieri senza rendersene conto, di solito quando le droghe hanno la meglio sui suoi freni inibitori e il passato e il presente smettono di avere un senso logico.

(Raven)

La chiama senza saperlo, spinto da un bisogno così forte come potrebbe esserlo la sete per un uomo perso nel deserto, e la cerca senza volerla davvero trovare, mancando del coraggio necessario per guardare di nuovo negli occhi quella sconosciuta nascosta nel corpo della bambina che per prima gli è stata amica.

(Dove sei)

A volte ─ ma molto raramente ─ Charles riesce a sentire le loro menti sfiorarsi senza mai davvero toccarsi. Lui è troppo debole e incoerente per stabilire un contatto, lei lo rifugge senza guardarsi indietro.

E intanto i mesi si accumulano come pile di vecchi giornali, gli anni portano i nomi di nuove battaglie combattute in località fino a poco tempo prima completamente sconosciute, ma che adesso, quasi all'improvviso, si trovano nominate in una lista infinita di necrologi scritti troppo presto.

(Mi manchi)

La nostalgia prende fin troppo presto il posto della rabbia, i ricordi si mischiano alle poche parole che la sua mente riesce a mettere insieme, creando così attimi di immagini veloci, come un brevissimo film muto proiettato nella distanza tra i loro pensieri.

(Sorella)

Case di bambola, giochi da bambini. Merende in cortile, giocare a nascondino tra le stanze infinite, fortezze di cuscini costruite in salotto sotto lo sguardo distratto di cameriere indaffarate.

(Torna)

E un giorno, ovviamente, lei risponde.

Di nuovo anni e anni di silenzio, e poi soltanto due parole.

(Raven), è la prima parola che torna indietro.

E Charles vede ciocche bionde arrotolate intorno alle proprie dita, carezze su guance bianche e soffici come buccia di pesca, labbra rosse addolcite da baci e risate, occhi limpidi come il primo giorno d'estate.

(Mystica), è la seconda e ultima parola che riesce a percepire.

Charles vede tutto il testo. Vede la guerra, polvere e sangue, uomini nel fango, amici e nemici con gli occhi chiusi e lividi sulla pelle. Mutanti. Mutanti torturati, mutanti uccisi, mutanti torturati e poi uccisi, mutanti vendicati e poi liberati.

(Sorella), insiste Charles, quasi gridando, e i suoi pensieri sono bagnati di lacrime.

Ma il siero torna subito a fare effetto e Mystica torna a scivolare via, lontana dalla sua portata, lontana da lui e dal suo mondo di rimpianti che sta lentamente cadendo in pezzi.

*

La luce grigia dell'alba trabocca dalle grandi vetrate del soggiorno come uno spietato riflettore da obitorio, e gli ferisce gli occhi ancora abituati alla penombra della notte. Fuori dalla finestra la pioggia è così fitta che il mondo intero sembra diviso in tante strisce sottili tracciate da leggere righe trasparenti; i tuoni intanto trovano una più che soddisfacente eco della loro forza tra i corridoi vuoti della scuola abbandonata.

Si è svegliato con un mal di testa atroce, e metà faccia gli pulsa in modo sgradevole e fastidioso. Quando si rende conto del sapore metallico del sangue tra i denti si porta una mano alla mascella, trovandola gonfia e dolorante.

Fa fatica a concentrarsi, ma dopo qualche istante riesce a mettere a fuoco i ricordi della sera prima: il volto alterato di Hank, le urla, le recriminazioni, la frustrazione, l'impeccabile gancio destro che lo aveva mandato ad osservare il parquet del pavimento fin troppo da vicino.

«Dieci anni! Sono passati quasi dieci anni, non puoi continuare a vivere nel passato!», gli aveva gridato conto. «Quando inizierai a vivere nel presente? A pensare al futuro?»

Sul momento Charles gli aveva riso in faccia. Passato, presente, futuro... dov'è la differenza? È tutto, tutto in rovina. Quel giorno sulla spiaggia ha distrutto ogni cosa, e gli anni successivi hanno completato il lavoro distruggendo tutti loro.

«Potremmo riaprire la scuola. Potresti tornare ad insegnare», le parole di Hank continuano a turbinargli in testa come strofe di una vecchia filastrocca. Seduto su una poltrona infeltrita dal tempo, Charles si rigira la siringa tra le mani, contemplando per qualche istante quell'idea.

Ricostruire, ricominciare, ritrovare la forza per tornare a crederci, ritrovare la fede, mantenerla, cercare altri ragazzi da aiutare. Ma questa volta senza Erik, senza Raven, senza le ingenue speranze dei primi anni, senza l'incondizionata fiducia in un futuro migliore.

Intanto la pioggia smette di battere con insistenza contro i vetri, e improvvisamente torna il silenzio. Ma con il silenzio tornano le voci, con le voci torna la voglia di scappare.

E ancora una volta Charles si arrende, spinge l'ago fino in fondo e smette di ascoltare e di pensare.




   
 
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