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Autore: Felixfair    26/06/2014    2 recensioni
Clove è stata estratta per i settantaquattresimi Hunger Games, ma non ha paura: è forte, spietata e determinata a vincere. Partecipare agli Hunger Games è quasi un onore per lei. Sarà solo quando si accorgerà di provare qualcosa per Cato, il suo compagno di distretto, che inizierà a riflettere sulla natura dei giochi. Tra parole taglienti, sguardi di fuoco, e lotte mortali, Clove scoprirà che l'amore è la più affilata delle lame.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Cato, Clove
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Capitolo 1: Testa alta, sguardo fiero e mano che trema
 


Mi sposto una ciocca di capelli castani dal viso e alzo il mento mentre prendo posto sul palco. Sono un tributo. Sto per andare nell'arena. Mi sento consapevole di ogni parte di me, dalla punta dai piedi a quella dei capelli sento correre una scarica d'orgoglio. Percorro la folla con lo sguardo e non posso reprimere un sorriso di soddisfazione. Scorgo sui volti di alcune mie compagne una punta di invida.  Solo Kelly mi guarda triste, io la ignoro posando gli occhi sulla parrucca verde della capitolina che sta trillando eccitata mentre estrae il nome del tributo maschio. Silenzio. La donna tossicchia e poi legge ad alta voce. Sento il nome, non lo riconosco subito, ma è facile individuare la faccia a cui appartiene. Un viso squadrato, sottile, sciatto, lentigginoso e contornato da una zazzera di capelli castano chiaro con l'espressione di muto terrore più grande che abbia mai visto. All'improvviso me ne accorgo: è il cugino di Cato. 

C'è una grande confusione ma poi lo vedo sbucare fuori dalla gente e portarsi davanti a tutti con un salto mostruoso.
"MI OFFRO VOLONTARIO!" grida. E all'improvviso è di nuovo silenzio. Occhiate ostili gli passano addosso ma lui le accoglie tutte con un sorriso. Forse lo stesso che avevo io poco fa. Avanza fiero fino al palco. Anche per lui partcipare agli Hunger Games è un onore, è quello per cui si è allenato. All'improvviso sembra vedermi. E sbianca all'improvviso, il sorriso gli muore sulle labbra e quando prende posto accanto a me sembra sconvolto. Sento qualcosa che non va. Il sindaco ha iniziato il suo discorso, ma le parole mi entrano da un orecchio ed escono dall'altro. Ho lo sguardo dritto sulla folla ma per un attimo lo distolgo verso Cato. Sembra essersi ripreso e guarda fisso le telecamere con un mezzo sorriso un po' arrogante stampato sul volto. Eppure mi basta un'occhiata per accorgermi che è teso. I muscoli in tensione e le mani strette a pugno bastano per rivelarmi il suo nervosismo. Lo conosco bene, ma non capisco il perchè di questo stato d'animo. Gli Hunger Games, quello per cui abbiamo lottato finora, ci hanno estratti, siamo fortunati, siamo Favoriti... siamo tributi. Ma poi capisco. Lo realizzo e la consapevolezza mi piomba addosso come un fulmine. Siamo entrambi tributi. Siamo rivali. Non possiamo vincere entrambi. Dovrò uccidere Cato. O lui ucciderà me. 

Al Palazzo di Giustizia me la sbrigo piuttosto in fretta. Saluto i miei genitori, sono fieri di me, dicono che se gioco d'astuzia e mi impegno ho le capacità per far fuori tutti gli avversari. Il sorriso soddisfatto torna a farmi visita mentre li saluto. Passa un po' di tempo durante il quale mi metto comoda a giocherellare con una ciocca di capelli, aspettando che vengano a prendermi.Invece, al contrario delle mie aspettative, la porta si apre di nuovo con un leggero scricchiolio.

Perplessa, mi alzo dalla poltrona per individuare l'intruso. Quando riconosco la corporatura minuta e i ricci dorati quasi mi viene un colpo, ma tutto quello che faccio è inarcare un sopracciglio e arricciare in naso. "Kelly." dico con aria glaciale. La ragazza avanza timidamente nella stanza trascinando goffamente i piedi. E' sempre stata così, imbranata e remissiva. Il suo atteggiamento mi ha sempre fatto imbestialire, non è passato giorno in cui non abbia cercato di spronarla, di farla reagire. Ma niente, lei sopportava i colpi, scuoteva la testa facendo ondeggiare i riccioli biondi mentre gli occhioni blu le si riempivano di lacrime. "Mi dispiace, non ci riesco!" piagnucolava di continuo. Era così debole. Non potevo sopportarla. Cato mi aveva più volte suggerito di lasciarla perdere. Ma non potevo farci niente. Per quanto la detestassi, non riuscivo ad abbandonarla a se stessa. Non era fatta per l'Accademia la piccola Kelly. Figurarsi per gli Hunger Games.
"Clove..." mormora con la sua vocina da uccellino. Roteo gli occhi già annoiata.
"Cosa?" chiedo io con asprezza "Se sei venuta qui per piangere, o peggio, cercare di consolarmi, puoi anche andartene, io sono felice di essere qui. E' quello che ho sempre voluto."
"Lo so!" mi interrompe con la voce tremante "Lo so ma... volevo solo farti gli auguri. Insomma... spero che tornerai... sarebbe davvero dura senza di te e poi... insomma... sei la mia unica amica..." il resto del discorso si perde in singhiozzi mentre la ragazza scoppia a piangere. Sospiro esasperata
"Va a casa Kelly." replicò infastidita. Mi guarda sconvolta con le lacrime che le rigano il viso. Annuisce appena mentre corre fuori dalla stanza. Resto ferma in piedi per un po' finchè lo scalpiccio delle sue scarpe non si sente più.

E' sempre stata un tipo strano Kelly. Amiche... ma guarda te che idee che si fa quella piagnona... scrollo le spalle e faccio appena in tempo a pensare che se fossimo state amiche magari avrei potuto parlarle della sgradevole sensazione del sapere di dover uccidere Cato, che dei Pacificatori entrano nella stanza per informarmi che il treno ci sta aspettando.
  
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