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Autore: Smilehelpnotdie    26/06/2014    2 recensioni
Marie ha una sua versione del mondo, e per viverci, secondo lei, dovrebbe alternare i momenti in cui finge con quelli in cui si sente se stessa. Ma quanto può durare una promessa?
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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'''il destino porta a fare questo?'' si domandò tacitamente Marie,passeggiando per le strade fredde e buie del luogo. Si stava incamminando verso il locale più squallido e meno frequentato della provincia: l'assassino ubriaco. Quel nome era squallido,brutto, ma le voci su quell'edificio fecero chiamare così quel posto. Infatti, si vociferava che quel luogo fosse prima una casa, abitata da una famiglia poco per bene, il capofamiglia era un poco di buono, molto probabilmente giocava sporco spacciando. Bhe, si dice che lì, in preda ad una crisi isterica, il gangsta abbia ucciso la giovane moglie e i due piccoli figli, per poi ubriacarsi, ed infine suicidarsi. Bella storiella, eh? ma per uno squallido locale, in cui l'aria che si respirava era molto più che calma , solitaria e tranquilla, quel nome era fuori luogo, disagiato. Ecco, Marie non trovava nulla che non fosse disagiato. Per lei, tutto il mondo era disagiato,pazzo e fuori luogo. Lei per prima. Cercava,attenendosi alla sua filosofia, di non essere se stessa,sempre,e ci riusciva magnificamente, tanto bene che la gente la prendeva per pazza, o,per l'appunto, una disagiata .E questo le andava bene, infondo, era il suo ruolo,nella grande recita della vita. Camminando, tutto le fu familiare, le case, i viottoli....tranne lui. Un ragazzo alto, capelli lunghetti,cappellino e giubbotto neri, e jeans. Aveva tutta l'aria di essersi perduto. Rimase per un attimo a fissarlo, le faceva strano, per anni percorreva quelle strade, e vedeva sempre lo stesso asfalto, sempre le stesse mura, sempre le stesse facce . Ma in quel momento, per lei, era ancora tempo di recitare. Gli fu vicino, lui le chiese cordialmente dove si trovasse e , senza esitare, gli fece la scenata migliore che in quel momento le passò per la testa: ''Come , non sai dove ti trovi?'' rispose con espressione sorpresa, voce fintamente allibita,lo spinse leggermente con la mano di un passo in avanti, per poi con l'atra tracciare in aria un arcobaleno immaginario... ''Siamo in un mondo di disagiati, non vedi? disagio, disagio ovunque!'' riprese poco dopo. E scappò, come sempre, si sa, dopo un'esibizione lo show va avanti. Ma aveva finito per quella giornata, almeno lo sperava. La sua meta, ora come prima, era il locale. Doveva fare le azioni che già ripeteva da anni, ovvero sedersi nell'angolino del pub, prenotare qualcosa di alcolico, bere, prenotare di nuovo e così via...finchè non ce la faceva più. Sembra strano, ma quando la ragazza sta sola, o è ubriaca, diventa un'altra persona, ovvero, se stessa. Finalmente arrivò al pub, si mise nel posto di sempre, fece cenno al barista che, abituato, cominciò ad offrirle gli alcolici. Dopo una buona oretta, anche se aveva bevuto ''poco'' per la sua media, volle andarsene. Uscita da quel luogo si maledisse per non aver tolto il giubbotto nel pub, e continuò il cammino verso casa sua, mezza abbandonata al suo destino, a qualche isolato da lì. Nel camminare, sentì particolarmente bruciare la gola, forse per lo sbalzo di temperatura. Dovette ammettere che il suo abbigliamento era poco adatto per il tempo. Novembre si faceva sentire. Nel mezzo della passeggiata, sentì il bisogno di fermarsi. La sua mente le ripeteva '' vuoi metterti davvero in mostra?Dio, non stai nè in casa nè al bar, sei parte del mondo ora, cresci!". 'Cresci', la parola faceva malissimo. Un colpo al cuore che la spinse ancora di più a fermarsi. Scorse il ponticello lì vicino, e lo raggiunse per rannicchiarsi all'angolo. ''Cresci'', quell'incubo ritornò di nuovo. Quella era la parola con cui, suo padre, ''quel fallimento di uomo'' come lo avrebbe chiamato la madre divorziata, la abbandonò alla sua sorte, al fato. Quella frase la ridusse all'essere così, una patetica ragazza che fingeva la pazzia, per non essere veramente scoperta. Una lacrima le bagnò il viso, per poi essere seguita da tante altre, per ognuna un ricordo. Poco dopo , chiuse gli occhi, forse per assaporare meglio l'amarezza delle lacrime, o il retrogusto schifoso di ascella pezzata dei drink. Riaprì gli occhi,sentiva un secondo pianto lì. Si girò, vide lo stesso ragazzo di prima...piangente. Si avvicinò. Sembrava stanco e stava per addormentarsi. 'No, non al freddo' si disse,infondo lei era dolce, voleva aiutarlo, non sopportava vedere la gente soffrire ,anche se odiava ammetterlo. Svegliò il ragazzo e , senza alcuna spiegazione, gli ordinò di seguirla. Lui tremava come un fuscello: il mondo però aveva i riflettori su di loro,ma il cuore di lei moriva dalla voglia di abbracciarlo e consolarlo. Alzò il passo, e lui fece lo stesso. Quando si ritrovarono di fronte casa, Marie diede un sospiro di sollievo, un momento e sarebbe ritornata 'dietro le quinte'. Aprì la porta , facendo accomodare il ragazzo su un letto. Compiaciuta fece per andarsene, ma lui la chiamò con voce tremante, lei arrossì, lui si alzò a sedere, e la invitò ad affiancarla. Non sapeva cosa fare precisamente, ma un abbraccio le fece capire il senso della sua vita: si promise di essere se stessa per tutta la sua vita, da quel momento in poi.




Passarono anni, e quel ragazzo non si fece più vivo. Di lui, da quella notte, non si ebbe più notizia. Ma nonostante tutto, Marie mantenne la promessa, anche se quell'ardua prova la stava uccidendo: mettere in mostra il suo lato più sensibile non era la cosa più semplice e intelligente che abbia mai voluto fare. Quel giorno, era particolarmente stanca, di tutto…di vivere. Si domandava perchè doveva essere ancora se stessa , se quel mondo stava andando al degrado...Si chiedeva perchè quel ragazzo non ci fosse più, si chiese se fosse solo la sua fantasia,dopo una bevuta, era possibile. Capì che doveva rompere la promessa. No! per il suo orgoglio era meglio morire. Era  il 27 gennaio,  il suo compleanno, non poteva regalarsi il diritto di fare ciò che le pareva?! Infondo, lei non governava il mondo, il mondo era dei disagiati, e dal momento che Marie non lo era più, capì di doverlo lasciare. Si preparò all'overdose, che non ebbe alcun intoppo, e lei morì su quel letto, col sorriso sulle labbra. Anni dopo, di quella casa rimasero solo macerie, e di Marie delle voci. Lì vicino, lo stesso ragazzo che quella notte remota lasciò la giovane, aprì un piccolo bar. Lo chiamo '' a unconfortable  world '' (il mondo disagiato)... citazione di una canzone, intitolata ''Marie''...il sipario si chiuse, ma della ragazza disagiata, restò questa leggenda, e per chi conosceva Marie, sapeva che per lei, il mondo era dei disagiati, i pazzi e dei fuori luogo!




Angolo della scrittrice:
Salve a tutti,questa è la mia prima storiella e (dato che sono una patata pigra) è un po' schifosa. Scusatemi per eventuali errori e se potete lasciarmi una recensioncina ne sarei molto contenta. Grazie per aver letto e (spero) alla prossima! 
 
   
 
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