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Autore: stillaseeker    26/06/2014    5 recensioni
"L'amore è così breve, ma dimenticare è così lungo." (Pablo Neruda)
Di tutti posti in cui imbattersi nel suo ex, doveva essere da Tesco mentre indossa il suo maledetto pigiama. Alle cazzo di tre del mattino.
[University!AU]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice: Si è fatto un po’ attendere causa altre traduzioni, ma alla fine eccoci al capitolo conclusivo della storia. Grazie per l’attesa paziente, per le splendide recensioni e per aver seguito questo racconto. Pur non avendo una trama avventurosa o complicata l’ho sempre apprezzato per come tratta i sentimenti di John, e devo dire che l’autrice in questo ultimo capitolo non delude ^_^ spero che possa coinvolgervi come ha fatto con me, ma nel frattempo buona lettura <3 se notate errori o avete suggerimenti sulla traduzione, non esitate a farmi sapere!

 

Grazie di nuovo e alla prossima traduzione!

 

Ellipse

 

 

 

 

CAPITOLO 4

 

 

Sherlock ha lo stesso sapore che John ricorda – di fumo, e di qualcosa di dolorosamente, vagamente dolce. C’è una punta acre in fondo, come del gusto amaro del catrame e del 70% di cioccolata fondente che Sherlock ama mangiucchiarsi nel bel mezzo della notte.

 

John sente qualcosa pizzicargli dietro alle palpebre.

 

Sherlock gli toglie il blazer, i palmi delle mani che salgono ad avvolgergli il viso, i pollici che accarezzano una, due volte la superficie delle guance di John. La schiena di John sbatte contro il muro – riesce a sentire i ghirigori in rilievo della loro carta da parati anche attraverso la camicia e il maglione mentre Sherlock si preme contro di lui, la bocca che si muove contro quella di John con una familiarità devastante.

 

John si sente come se stesse annegando. Solleva le mani e le affonda nei capelli di Sherlock, le dita che si intrecciano nella morbidezza dei suoi riccioli. Quella sensazione – la travolgente vertigine dell’avere di nuovo Sherlock così vicino – lo fa gemere, un suono profondo soffocato contro la bocca di Sherlock mentre prende quel ridicolo labbro inferiore fra i denti, succhiandolo al ritmo sordo del proprio battito. È tenero e morbido come ricorda, e John ci fa scivolare sopra la lingua, sfiorandolo, accarezzandolo e mordicchiandolo fino a che Sherlock non geme, lasciandosi andare con tutto il proprio peso contro John come se le ginocchia non lo reggessero più. John avverte un’ondata di calore risalirgli dall’addome quando Sherlock si preme contro di lui, insinuando una coscia fra quelle di John, mentre ansimano l’uno contro l’altro, respiri spezzati e intervallati da lingue, morsi, strofinii, quasi strappando la carta da parati mentre vi si spingono contro per la forza del loro bacio.

 

Gesù Cristo Santissimo.

 

“Fermo.”

 

John si scansa, usando la propria presa sulla testa di Sherlock per tenerlo immobile. Ha la bocca inumidita; non riesce a prendere abbastanza aria. Sente Sherlock piegare la testa, strofinare la fronte contro la sua guancia. “Sherlock – fermo.

 

Gli occhi di Sherlock – pupille dilatate circondate da quell’indimenticabile verde-azzurro, stupendo e misterioso come il lato nascosto della luna – fanno sobbalzare il cuore di John.

 

“Le persone…” John deglutisce per mandar giù il nodo che ha in gola, il sapore di Sherlock sulla propria lingua “Le persone sono fragili, Sherlock. Devi stare attento con loro, con i loro sentimenti.” Fa scivolare una mano lungo la nuca di Sherlock, avvolgendo la curva lunga e sinuosa del suo collo. “Non puoi fare questo ad Irene.”

 

Sherlock chiude gli occhi. “John-

 

“No. Lasciamelo dire – solo una volta, Sherlock.” La seta della vestaglia di Sherlock si spiegazza fra le sue dita mentre John sospira, un lungo respiro vacillante che si dissolve in un qualcosa che assomiglia a una risata. “Io- in un qualche modo l’ho sempre saputo, in fondo, sai? Che un giorno avresti deciso che ne avevi abbastanza. Voglio dire-” John deglutisce di nuovo, scostandosi dal muro, la testa che segue la curva del profilo dell’altro fino a che non sta premendo ogni parola contro la gola di Sherlock, dove c’è il suo battito, rapidissimo. “Sono assolutamente ordinario. Perché qualcuno – qualcuno di brillante come te dovrebbe stare con John Watson? È – è semplicemente assurdo.”

 

Con gentilezza, John preme un bacio a labbra chiuse sulla fossetta della clavicola di Sherlock. “Io ti amavo – così tanto. Stavamo benissimo insieme. Io non-” si schiarisce la voce, passando un pollice sulla guancia di Sherlock. “Non ti incolpo.”

 

“John” La voce di Sherlock è roca, come se gli fosse stata strappata a forza dalla gola. “John, sta’ zitto.”

 

“Dico davve-”

 

No.” Le unghie di Sherlock affondano nei bicipiti di John. Si aggrappa a lui come se si stesse reggendo a una corda di salvataggio. “Ti sbagli – ti… sbagli in maniera imperdonabile. Come puoi anche solo pensare – io non sto con Irene. Non ci sono mai stato.”

 

John scuote la testa. “Non c’è bisogno che tu-”

 

“Ascoltami, John.” Sherlock scivola a terra, fino a trovarsi in ginocchio. Afferra i fianchi di John, seppellendo il viso nella sua pancia. “Ti prego, ti prego, John. Ti prego ascoltami.”

 

I respiri di Sherlock – caldi, umidi sbuffi d’aria intermittenti – increspano la superficie del maglione di John con la loro forza.

 

“Irene… la sua è una famiglia di proprietari terrieri. Sono tipi tradizionalisti; conservatori. Lei non otterrà la sua parte di soldi fino al suo prossimo compleanno. Suo padre fino ad allora può ancora cambiare i termini di quel che le spetta, e lei non può fare un solo passo falso.”

 

Sherlock deglutisce; John riesce a sentire la sua gola fare su e giù mentre le sue dita rafforzano la presa, stringendosi con foga al maglione di John. “Il padre di Irene… lui non approverebbe mai se sapesse che lei è lesbica. Irene ha dovuto essere molto cauta, nelle sue relazioni. Lei – lei mi invidiava, per il fatto che io potessi…” La sua voce si spezza “Che io potessi stare con te… e che la mia famiglia – i miei genitori, e anche Mycroft – non avessero nulla da ridire a riguardo. La sua famiglia non voleva capire che lei era diversa.”

 

John si abbassa lentamente, facendo scivolare il proprio corpo nello stretto cerchio delle braccia di Sherlock, fino a che non si trova di nuovo alla sua stessa altezza. John lo accarezza sotto le guance, non osando battere le ciglia mentre gli occhi cerchiati di rosso di Sherlock affondano nei suoi.

 

“Irene diceva che suo padre era diventato sospettoso. La sua ragazza – Kate – non erano state abbastanza attente. C’erano delle voci… gli amici dei suoi genitori hanno dei figli lì a Cambridge – è un’enorme discarica di pettegolezzi. Irene aveva bisogno di qualcosa di credibile per negarle. Lei sa – sa cosa mi piace. Sfide, esperimenti. Mi ha detto che avremmo potuto fingere di essere una coppia in pubblico; che poteva essere un nuovo esperimento, uno per verificare se le persone mi avrebbero creduto il suo ragazzo, per un mese. Abbastanza perché le voci su lei e Kate non circolassero più.”

 

“Lei ha detto-” John china la testa, facendo scontrare le loro fronti, ansando le parole successive nella bocca di Sherlock. “Ha insinuato… di star venendo a letto con te.”

 

Sherlock fa un verso debole, spezzato.

 

“A lei – piace fare dei giochetti. Ha un crudele senso dell’umorismo. A parte te, le persone a cui piaccio ce lo hanno spesso. Mi stava stuzzicando. Io non riuscivo-” Sherlock chiude gli occhi. “Non riuscivo a smetterla di parlare di te.”

 

“Oh, Dio, Sherlock.”

 

John non può farne a meno – lo bacia agli angoli delle palpebre, portando via coi baci le tracce umide che si sono raccolte sulle ciglia dell'altro in piccole gocce disperate che migrano lentamente lungo la meravigliosa topografia del volto di Sherlock.

 

“Perché non me l’hai detto? Perché- perché non mi dici mai queste cose…?”

 

Sherlock seppellisce il volto contro la guancia di John. “Ti prego, John.” Le loro gambe sono intrecciate in maniera inestricabile, e John smania per avvicinarsi di più, per respirare ogni particella di Sherlock. “Ti prego, perdonami… per tutto il dolore che ti ho causato.”

 

John sussurra le proprie parole fra i capelli di Sherlock. “Ti sei comportato… da grande stronzo, lo sai.” Gli punteggia la fronte di baci, dando piccoli colpetti alla punta del suo naso.

 

“Ho bisogno di te. Sono – perso senza di te.” Sherlock afferra le spalle di John, le lunghe dita che si rifiutano di lasciarlo andare. “Ho persino cominciato a seguirti. Ti ho seguito ovunque. Tu non hai mai osservato. Non riuscivo – non riuscivo a capire se tu fossi ancora arrabbiato con me. Fino a quella notte al Tesco.”

 

John ride, i respiri che si scontrano con la linea aguzza della mascella di Sherlock, facendolo rabbrividire.

 

“Mi sono chiesto cosa tu stessi facendo in un Tesco a Camden, quando vivi a Baker Street.”

 

John lascia dei lenti baci lungo il collo di Sherlock, leccando la sporgenza gloriosa della sua clavicola, scendendo lungo il suo petto per far scorrere con forza e giocosità la lingua contro i capezzoli di Sherlock che si stanno indurendo. Sherlock geme, gettando la testa all’indietro in un arco istintivo e voluttuoso, lasciando che le proprie gambe si aprano così che John possa sistemarsi più comodamente fra le sue ginocchia sollevate.

 

“Sei la persona più… straordinaria che io abbia ma conosciuto” ansima John, gli occhi fissi in quelli di Sherlock, che sono diventati di un azzurro puro e limpido “Ma se lo faremo, se staremo insieme” John pizzica i capezzoli di Sherlock con le dita, facendoli arrossare rispetto al loro rosa scuro, lambendone prima uno con la lingua, poi anche l’altro, fino a che Sherlock non lancia un gemito – un lungo singulto senza fiato, con le mani che corrono senza tregua fra i corti capelli di John “Dovrai promettermi una cosa. Non puoi andartene in giro a baciare altre persone, Sherlock. Non ci sto. Mi fa-” John si trascina su per il corpo di Sherlock, facendo scivolare la lingua nella sua bocca “Assolutamente… completamente… impazzire”

 

John.”

 

John non si stancherà mai di sentire Sherlock pronunciare il suo nome.

 

“Promettimelo, genio. Promettilo, e ti perdonerò.”

 

John tira Sherlock più a sé, fino a che i loro petti non sono a un soffio l’uno dall’altro. Sherlock strattona con impazienza l’orlo del maglione di John, con le pupille dilatate, la bocca inturgidita dai baci. Ha un aspetto – devastante. È irrevocabilmente, inesorabilmente di John, illuminato da dietro dal fuoco del camino, con la pelle chiara arrossata e luccicante – come il desiderio più bello e profondo del cuore di John, steso lì per lui, al riparo nelle stanze sicure di Baker Street.

 

La bocca di Sherlock si solleva in un angolo, arricciandosi in un piccolo sorriso terribilmente familiare – quello che solo a John è concesso vedere.

 

“Lo prometto… se tu mi prometti di essere di nuovo il mio John Watson.”

 

John ride, una risata che gli risale dal centro del petto e che si dissolve in risatine incontrollate, e mordicchia il suo punto preferito – l’oltraggioso arco del labbro superiore di Sherlock – fino a che Sherlock non sta ansimando.

“Sei un idiota.”

 

Gli occhi di Sherlock stanno brillando.

 

“Sono sempre stato il tuo John Watson.”

 

 

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