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Autore: _ems    27/06/2014    4 recensioni
La sera dopo, comunque, ti sei semplicemente detto che il “danno” ormai era fatto: ti è bastato udire un leggero bussare alla porta e non hai neanche fatto in tempo ad aprire che Nagisa stava già riempiendo il silenzio con le sue chiacchiere ed i racconti sconnessi, privi di qualsiasi logica e vero fondamento.
(…)
Sei sgusciato via prima ancora di poter udire la voce dell’altro chiederti di cosa si trattasse, giacché Nagisa ama le sorprese, ma non ha la pazienza giusta per gustarsele a pieno e tu non riesci mai a resistere al finto tremolar del suo labbro quando vuole a tutti i costi sapere qualcosa che tu - un po’ per vergogna, un po’ perché davvero non vedi l’esigenza di informare l’altro di certi fatti - non vuoi dirgli.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Era da un po' che questa one-shot se ne stava nel mio PC. Oggi, finalmente, sono riuscita a farla betare (sia lodata Plotti! <3) e ve la propongo. Una cosina da niente senza alcuna pretesa scritta solo perché loro sono troppo belli ed io non sono riuscita a fermarmi.

Buona lettura! 

 

“Baci al latte di fragola”.


Sai che Nagisa sta zitto solo quando mangia. 
Questa è una cosa che hai capito subito giacché oltre che nuotare e mangiare l’altro non fa poi tanto. Neanche la scuola sembra, poi, importargli molto e se puoi almeno giustificare la fame e comprendere la passione per il nuoto non riesci proprio a capacitarti del menefreghismo che caratterizza i suoi voti scolastici, ma non te ne preoccupi molto poiché questo, tra l’altro, non è un problema tuo. 

Il tuo problema è che Nagisa è un piccolo tsunami, un tornado senza sosta che s’infila a forza nella tua vita, nelle tue abitudini, nei tuoi pensieri. Non riesci neanche più a fargliene una colpa giacché credi, ormai da un po’, che non sia più tutta colpa sua: la sua vita influisce troppo nella tua per essere un’intrusione a senso unico.  

Te ne sei reso conto quella sera lì che Nagisa era andato via da casa tua un po’ più tardi del solito, parlando più di quanto facesse normalmente (il che era tutto dire). 
Il tuo mal di testa proprio non voleva saperne di sparire e tu sei rimasto a massaggiarti per un po’ le tempie prima di ritrovarti seduto alla scrivania, il quadernetto dei conti davanti agli occhi. Hai passato la notte tra un conto e l’altro e tagliando un po’ qui e un po’ lì, ti sei sentito soddisfatto quando hai notato, non senza una certa sorpresa, che avresti potuto zittire per un po’ Nagisa la prossima volta. Il punto, comunque, è che non l’avevi programmato: era stata una cosa del tutto naturale – così che all’inizio non te ne eri davvero reso conto – stringere un po’ le spese del mese per comprare quei gelati al latte di fragola.  
La sera dopo, comunque, ti sei semplicemente detto che il “danno” ormai era fatto: ti è bastato udire un leggero bussare alla porta e non hai neanche fatto in tempo ad aprire che Nagisa stava già riempiendo il silenzio con le sue chiacchiere ed i racconti sconnessi, privi di qualsiasi logica e vero fondamento.

Spaparanzato sul tuo letto, ha continuato a blaterare senza sosta del club di nuoto, della sua cena – consumata neanche un’ora prima – e di come non vedesse l’ora di partecipare alle regionali. L’hai lasciato fare, sapendo che non c’è nulla che può fermare un fiume in piena, e semplicemente ti sei limitato a girovagare per la tua camera alla ricerca di ciò che ti sarebbe servito per il giorno dopo. Ti sei reso conto che Nagisa stava accompagnando ogni tuo movimento con gli occhi quando ti sei ritrovato davanti al letto, chinato in avanti. Stavi semplicemente estraendo un tomo di notevoli dimensioni dalla libreria ai lati del letto quando un fruscio e uno strano movimento colto con la coda dell’occhio ti ha costretto a voltarti: Nagisa se ne stava lì, seduto con le gambe contro il muro e la testa sul letto e ti guardava con uno strano sorriso sul volto, leggermente distorto dalle sue chiacchiere senza fine. Hai battuto le palpebre più volte, aperto e chiuso la bocca ben due volte prima di ricordarti dei gelati al latte di fragola.


Ti piacciono le chiacchiere senza fine dell’altro – o meglio, all’inizio odiavi le chiacchiere senza fine dell’altro, ma con il passare del tempo sono divenute semplicemente un piacevole passatempo, un ronzio costante nella tua mente; come la radio che la tua vicina di casa si ostina ad accendere, ogni domenica mattina, sintonizzata su quell’unico canale di vecchie canzoni popolari. 


Sei solito passare il tempo girando per la camera, preparando tutto l’occorrente del giorno dopo, lasciando che la voce di Nagisa raggiunga le tue orecchie di tanto in tanto, mormorando qualcosa di non ben definito cui l’altro, comunque, non presta attenzione. Avresti ascoltato la sua voce per tutto il tempo anche quella sera ma, fatto sta, il giorno dopo avresti pur dovuto affrontare un test importante e siccome ti eri anche impegnato un bel po’ per quei ghiaccioli – anche se è più giusto dire che sei solito impegnarti un po’ per tutto – mentre l’altro ti sorrideva, ti sei rizzato su, guardandolo. «Vado a prendermi del tè all’orzo» hai detto, avvicinandoti alla porta. «Non muoverti, ho una cosa anche per te».
Sei sgusciato via prima ancora di poter udire la voce dell’altro chiederti di cosa si trattasse, giacché Nagisa ama le sorprese, ma non ha la pazienza giusta per gustarsele a pieno e tu non riesci mai a resistere al finto tremolar del suo labbro quando vuole a tutti i costi sapere qualcosa che tu - un po’ per vergogna, un po’ perché davvero non vedi l’esigenza di informare l’altro di certi fatti - non vuoi dirgli.

Quando sei ritornato nella camera, avevi il tè d’orzo nella mano destra, il gelato al latte di fragola nella sinistra. Nagisa era seduto sul letto a gambe incrociate, un sorriso aperto stampato sul viso da bambino e gli occhi illuminati da una strana lucina eccitata mentre minuziosamente seguivano ogni tuo movimento: hai poggiato il tè d’orzo sulla scrivania, aperto il gelato per poi porgerlo a Nagisa, solo una volta accertatoti che la carta appiccicosa fosse già nel cestino. L’altro si è limitato ad illuminarsi sempre di più, sfregando le mani tra loro prima di afferrare il gelato al latte di fragola dalle tue mani e iniziare a gustarselo. 
Hai avuto così un’oretta di pace – sorprendentemente Nagisa ama gustarsi il gelato lentamente, assaporando ogni leccata – e sotto lo sguardo attento dell’altro hai ripassato per quell’importantissimo test. È stato quando ormai ti mancavano poco più di due pagine che l’altro ha richiamato la tua attenzione, pronunciando il tuo nome tanto vicino da farti sussultare; Nagisa si era avvicinato alla tua scrivania – e a te – così silenziosamente che tu, preso com’eri da quegli appunti, proprio non te ne sei reso conto. Hai voltato la testa verso l’altro e proprio mentre stavi per chiedergli cosa volesse è successa quella cosa lì.


Nagisa si è chinato su di te e senza alcun preavviso – cosa avrebbe dovuto fare? Sventolare uno striscione davanti ai tuoi occhi? – ha poggiato le sue labbra sulle tue. Sei rimasto immobile, gli occhi spalancati e le gote ormai arrossate e hai percepito chiaramente, forse fin troppo, la lingua dell’altro sfiorarti il labbro e credi quasi di sapere il momento esatto in cui il sapore del gelato al latte di fragola si sia depositato sulle tue labbra; monopolizzando i tuoi pensieri e la tua notte giacché non riesci a non pensarci.

Quando è tornato, due sere dopo, il gelato al latte di fragola glielo hai dato un bel po’ prima e, fingendo di non sentire uno dei libri nella biblioteca chiamarti con voce suadente, ti sei seduto sul letto accanto all’altro, guardando fisso davanti a te e tutto quel che sei riuscito a fare, in quel silenzio, è iniziare a calcolare la distanza tra un mobile e l’altro, tra il pavimento ed il soffitto e…

«Nervoso, Rei – chan?» 
Ancora una volta hai sussultato alla voce dell’altro, voltando la testa di lato hai trovato Nagisa inginocchiato sul letto, il busto superiore inclinato in avanti verso di te, il suo splendido sorriso sul volto e quel codino un tantino buffo ha monopolizzato per un po’ la tua attenzione, finché non hai udito l’altro ricominciare a parlare – ricordandoti che per quella sera non è ancora riuscito a raccontarti il resto della sua giornata – e la tua attenzione è scivolata involontariamente sul modo grazioso con cui l’altro muove le labbra. 
Ti sei reso conto di aver fissato per tutto il tempo le labbra dell’altro solo quando Nagisa si è zittito e tu, in preda al panico, vedendolo avvicinarsi sei solo riuscito a sfilarti gli occhiali con l’intenzione di pulirli con un lembo della maglia che indossavi per dormire. Nagisa non te ne ha dato poi tempo giacché si è avvicinato sempre di più, fino ad intrappolarti tra il muro e il suo corpo, e ha lasciato che tu ti beassi della vista del suo sorriso giusto un po’ prima di chinarsi di nuovo a baciarti; la scena si è presentata come un fax-simile dell’altra, tu che non reagisci e arrossisci come una povera verginella e lui che ti lascia quel sapore di latte di fragola sulle labbra. 
È stato quando l’altra ha varcato la porta della tua camera ringraziandoti per il gelato e augurandoti la buonanotte che hai capito, stupidamente, che avresti passato un’altra notte in bianco. 

La sera dopo - quando l’altro si è presentato a casa tua, era già un po’ tardi e tutto quello che avresti voluto fare era andare a dormire - Nagisa ti ha guardato in quel modo tanto speranzoso che quando ti ha chiesto di accompagnarlo a prendere un gelato proprio non hai saputo dirgli di no giacché i tuoi li avevi pur finiti – solo che non l’hai detto all’altro che per avere il suo sapore sulle labbra hai finito per mangiarti il resto dei gelati – e ti sei sentito in dovere di accompagnarlo, era pur sempre tardi!

Nagisa ha tra le mani l’ennesimo ghiacciolo al latte di fragola e siete seduti sulla panchina di un parco pubblico, vuoto a quell’ora della sera, non puoi fare altro che osservare l’altro con la coda dell’occhio e lasciarti sfuggire un sorriso all’espressione beata sul suo viso, l’ombra di un sorriso sulle labbra anche mentre mangia; e forse è stato per questo che proprio non riesci ad aspettare: mentre Nagisa si avvicina di nuovo con le labbra al gelato – che ha scostato solo per sorriderti un attimo – ti chini in avanti e bloccando il suo polso ti avvicini sempre più; Nagisa sembra star aspettando semplicemente quel gesto lì giacché non ci impiega molto a chinarsi a sua volta verso di te e lasciare che le vostre labbra, e le vostre lingue, s’incontrino. 
Sei comunque arrossito mentre l’altro portava una mano ai tuoi capelli e tu, in un gesto impavido, avvicinavi entrambe le mani al suo viso. Vi siete staccati solo dopo un po’, senza allontanarvi davvero, hai trattenuto il respiro quando l’altro, guardandoti, ha mormorato qualcosa. Hai colto solo un attimo dopo – un bel po’ stordito dal bacio – cosa l’altro ti stesse dicendo.
«Rei! È caduto il gelato».
Non hai potuto fare altro che ridere, giacché la verità è che hai capito – e forse un po’ temi – che quando Nagisa vuole una cosa è solo quella e basta, e deve cascare il mondo prima che cessi di volerla (perché alla fine Nagisa ha sempre voluto te e se il mondo non è ancora cascato è perché, inevitabilmente, sei sempre stato suo).

   
 
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