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Autore: Hasya    27/06/2014    1 recensioni
In un quartiere abbastanza ridotto come quello di Surry Hills le notizie viaggiano veloci, soprattutto se si tratta di nuovi arrivati. Jasmine e la madre arrivano in città nel pieno periodo delle vacanze estive, trovandola completamente spoglia dei suoi abitanti, o quasi. Luke Hemmings è costretto dalla scuola a prestare soccorso in un centro d'aiuto per gli anziani, dove incontrerà la ragazza. Il carattere strafottente di Luke sarà completamente stravolto dalla ragazza dei gelsomini che cercherà di insegnargli ad apprezzare quello che ha e ad amare di più ogni cosa. Jasmine è il bianco; Luke il nero. Guardandosi negli occhi in modo sincero riusciranno a capire che insieme sono capaci di formare l'ardesia?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ardesia.


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Introduzione.

In un quartiere abbastanza ridotto come quello di Surry Hills le notizie viaggiano veloci, soprattutto se si tratta di nuovi arrivati. Jasmine e la madre arrivano in città nel pieno periodo delle vacanze estive, trovandola completamente spoglia dei suoi abitanti, o quasi. Luke Hemmings è costretto dalla scuola a prestare soccorso in un centro d'aiuto per gli anziani, dove incontrerà la ragazza. Il carattere strafottente di Luke sarà completamente stravolto dalla ragazza dei gelsomini che cercherà di insegnargli ad apprezzare quello che ha e ad amare di più ogni cosa. Jasmine è il bianco; Luke il nero. Guardandosi negli occhi in modo sincero riusciranno a capire che insieme sono capaci di formare l'ardesia?

Primo capitolo.


Jasmine Anderson era il bianco.
Il bianco è un colore con alta luminosità ma senza tinta. Il bianco rappresenta la purezza, l'insicurezza, l'incertezza. Il bianco rappresenta la vita. Nei suoi sedici anni di vita Jasmine non era stata capace di assumere una vera e propria tonalità; si era, sin da sempre, tenuta in disparte accontentandosi della sua assenza di colore. Era sempre stata una ragazza comprensiva e altruista, era la psicologa di tutti e la paziente di nessuno. In realtà lei adorava questa sfumatura della sua vita, la faceva sentire meno inutile giocare a fare la strizzacervelli. L'assenza di un padre in casa non l'aveva di certo aiutata, anzi quand'era bambina molte volte si era sentita diversa perché tutte le compagnie di classe la mattina erano accompagnate dai loro genitori ed erano trattate dai loro padri come delle vere e proprie principesse; ma la mamma le aveva ripetuto, fino allo sfinimento, che lei era una bambina speciale e che per sempre avrebbero fatto affidamento l'una sulle spalle dell'altra. E così è stato.

Luke Hemmings era il nero.
Il nero è un colore cupo che racchiude tutti gli altri, ma in realtà si concretizza con l'assenza di colore. Il nero rappresenta la paura, il terrore, la negatività. Il nero rappresenta la morte. In diciotto anni di vita Luke non aveva mai avuto un reale motivo per considerarsi un emarginato e per distaccarsi dal mondo reale eppure scavando fino in fondo aveva fatto in modo che questo accadesse. Della sua infanzia aveva ricordi, seppur sbiaditi, abbastanza piacevoli. I veri drammi nella sua vita erano iniziati da quando il padre si era arruolato nell'esercito e la madre troppo stanca di tirare avanti una famiglia da sola aveva iniziato a bere. E così un gesto che avrebbe dovuto portare alla famiglia benessere economico fu solo in grado di rovinarla. Nel giro di pochi mesi la madre morì e il padre fece trasferire Luke a casa della sorella continuando a restare nell'esercito; ma lasciandolo con la promessa che per sempre avrebbero fatto affidamento l'uno sulle spalle dell'altro. E, purtroppo, non è stato così.

Quando Jasmine e la madre arrivarono a Surry Hills erano le sei di mattina, dopo un estenuante viaggio in auto super carica erano arrivate a destinazione. Jessica, la madre, era molto grata alla figlia e ne era molto orgogliosa. Difatti lei era consapevole del fatto che Jasmine facesse fatica ad abituarsi a nuove città e a farsi nuovi amici, ma quel trasferimento era stato necessario.
Il giorno dopo gli scatoloni erano stati quasi interamente sistemati negli appositi spazi dalle due donne accompagnate da musica country, ancheggiamenti di fianchi e da strambi passi di danza inventati al momento. Jasmine adorava sua madre, aveva sempre avuto un rapporto diverso dalle altre bambine, la vedeva come un appiglio sicuro al quale aggrapparsi durante una violenta tempesta.
«Tesoro cosa vuoi mangiare?»
Era l'una passata e la fame iniziava a borbottare a gran voce.
«Non so, potremmo prendere qualcosa di veloce.»
Propose Jasmine infilata con la testa dentro uno dei mobili della cucina con uno straccio giallo in mano con cui puliva la superficie.
«C'è un take away qui vicino, vado a fare un salto lì.»
Concordo la madre recandosi nello stanzino dov'erano riposte le scarpe.
«Ci vado io mamma, tranquilla.»
Espulse la testa dalla porzione di mobile e balzò giù con un salto. Aveva i capelli leggermente impasticciati dal sudore e indossava una semplice salopette della madre un tantino larga.
«Sicura?»
Chiese infatti la donna osservandola. Jasmine annuì e infilò rapida le scarpe da ginnastica avanzando verso la porta per poi chiudersela alle spalle dopo aver afferrato i soldi che la madre le porgeva. Le strade della città erano completamente vuote e c'era una pace infinita, sarebbe stato bello vivere in una cittadina di quel genere. Peccato che a fine vacanze avrebbero fatto ritorno tutti. Camminò per qualche isolato con le mani infilate nelle tasche seppur facesse caldo e stesse sudando. La luce rossa al neon con la scritta Willy's la fece sospirare. Afferrò la maniglia e saldamente la spinse facendo si che la porta cigolasse.
«Salve, cosa posso portarle?»
Chiese cordialmente una donna sulla cinquantina pogiata svogliatamente sul bacone.
«Mh, due hamburger e due porzioni di patate.»
La donna annuì sorridendole e digitò il costo dell'ordine sulla cassa emettendo lo scontrino.
«Lo porti via?»
Jasmine annuì, afferrando dalla tasca destra i soldi e porgendoli alla cassiera.
«Will due hamburger e due patate!»
Una testa calva balzò fuori dalla cucina e con il pollice fece segno di aver capito e che l'ordine sarebbe stato pronto a breve.
«Accomodati qui, ci vorrà qualche minuto.»
Jasmine le sorrise e si sedette su uno degli sgabelli adiacenti alla cassa, fissando il locale. Era abbastanza piccolo e discreto, sembrava uno di quei locali degli anni 'Ottanta, i colori dominanti erano il rosso e a tratti il blu. Si respirava un'aria piacevole lì dentro. D'un tratto la porta cigolò lasciando entrare un ragazzo biondo.
«Luke! Hai fatto tardi oggi.»
Il ragazzo in questione sbuffò e si avvicinò alla cassa.
«Quei vecchi bastardi, non potevano trovare di peggio!»
La sua voce era bassa e in essa non si poteva leggere nessuna sfumatura di emozione.
«Accidenti, potrei offendermi!»
Rise la donna dandogli un leggero buffetto sulla guancia.
«'Fanculo anche a te.»
L'apostrofò, visibilmente stufo delle sue esplicite prese in giro.
«Così magari impari a non fare più le tue infantili marachelle.»
Sul suo volto si disegnò un sorriso colmo di orgolio. Era assolutamente e inequivocabilmente fiero di  stesso.
«Oh andiamo, se non ci fossi io a rendere meno pesante il manicomio sarebbero tutte mummie.»
Jasmine restò in silenzio ad assistere a quello scambio di battute tra i due, senza proferire parola.
«Ti preparo il solito.»
Proclamò a un certo punto la donna, per poi rivolgerle uno sguardo di adorazione e «Vado a controllare che non ti abbia fatto bruciare tutto. Magari socializzate un po', è nuova Luke!» aggiuse ridendo.
Il ragazzo si girò e parve accorgersi di lei solo in quel momento. D'un tratto Jasmine si pentì di essere uscita di casa con i capelli legati in una crocca veloce e leggermente attaccati e gonfi per via della fatica che l'aveva portata a sudare, si pentì di non aver dato ascolto alla madre lasciando andare lei. Quegli occhi azzurri la mettevano dannatamente a disagio, sembravano studiarla e non sapeva come interpretarli.
«Ehm, ciao.»
Il tono di voce di Jasmine risuonò abbastanza insicuro e timido, difatti il sorriso che si dipinse sul viso di Luke ne fu una prova.
«Sì, ciao.»
Le parole erano state gettate lì, tanto per e questo non fece altro che aumentare l'insicurezza di Jasmine.
«Sono Jasmine
Si presentò, guardandolo furtivamente negli occhi. Erano di un blu misto all'azzurro spettacolari, in quegli occhi ci si poteva perdere completamente. Aveva gli occhi che parlavano.
«Il mio nome l'hai già sentito.»
Si sporse leggermente e afferrò dal termos un pezzo di ghiaccio iniziando a sgranocchiarlo. Jasmine decise di restare in silenzio ed evitare ulteriori risposte brusche da parte del ragazzo. Susseguirono minuti di completo silenzio velato d'imbarazzo, nessuno dei due proferì parola fin quando non arrivò la donna con il vassoio di Luke e l'uomo calvo dietro di lei reggeva il sacchetto contenente l'ordinazione di Jasmine.
«Ecco a te, principessa.»
Il nomigliolo dell'uomo la fece arrossire di colpo per l'imbarazzo e successivamente, dopo aver sentito la risata divertita di Luke, per la rabbia. Cercò in tutti i modi di ricomporsi e di non riempirlo di ceffoni, era nuova avrebbe dovuto integrarsi, non farsi odiare.
«Grazie mille. Arrivederci!»
Afferrò velocemente il sacchetto e si recò alla porta accompagnata dalla voce del ragazzo che «Che strana tipa!» esclamava.

 

 

   
 
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