Piccola shot senza troppe pretese, scritta in un momento di arsura devastante che neanche il condizionatore acceso a
manetta può eliminare… capitemi! E dato che amo alla follia
Sesshomaru (ma non disdegno neanche quel lupacchiotto di Kouga *_*) in accoppiata
con Rin (bella grande, eh!), eccovi sfornata questa Alternative Universe!
Spero di aver mantenuto i personaggi IC! E,
soprattutto, che vi faccia sorridere! :)
A presto!
Kenjina.
Puppies
No, così non andava.
Non andava per niente.
Quelle due pesti stavano facendo troppo chiasso
per le sue delicate orecchie. E Rin non faceva niente
per farli calmare, anzi. Li stava attizzando ancora di più a ridere a
crepapelle e a lanciare gridolini a destra e a manca!
«Hai provato in lavatrice?», le chiese, senza
alzare lo sguardo dalla sua rivista di economia
preferita.
La donna, seduta in terra dall’altra parte della
sala, intenta a giocare con i due bambini, lo guardò
perplessa. «Come?»
«Quei due cosi, in lavatrice. Magari si danno una
calmata.»
«Sesshomaru!»
Lanciò un’occhiata sbieca a quei due pargoli di
pochi mesi troppo concentrati a giocare con le mani e l’orlo della gonna di Rin
per curarsi del chiasso e degli schiamazzi che stavano
facendo. Maledetti cuccioli. Ma quell’idiota di Inuyasha
con la sua donna non potevano darli a qualcun altro? Pazienza se loro quel
giorno erano entrambi occupati dal lavoro: una chiamata, una babysitter
e via, risolto il problema.
E invece no. Fosse stato per lui li avrebbe
lasciati nell’andito che da al suo appartamento, fuori
come i cani. (lol) Ma no, questo non era mica
possibile con una compagna disponibile e gentilissima come la sua Rin. Non
appena Kagome le aveva rivolto uno sguardo dispiaciuto,
lei aveva subito accettato, promettendo di trattare i loro figlioletti col
massimo riguardo. “Oh, Kagome, sarà un piacere! Vero,
Sesshomaru?”
L’uomo scosse la testa, cercando di concentrarsi
sugli indici bancari che scorrevano sotto i suoi occhi. Non poteva permettersi
distrazioni, in quel momento. Era un azionario e come tale doveva pianificare
con calma e furbizia ogni sua mossa, se voleva guadagnare grosso e non perderci
nulla.
Ma, evidentemente, quella non era la sua giornata.
Il telefono cellulare di Rin squillò a livelli
inimmaginabili, con una suoneria simile a quella di un’ambulanza. Della serie:
se non rispondi subito ti faccio rispondere io per
spegnermi all’istante.
«Pronto? …No, mi dica! …Si
…Ora? …Oh, no, no, nessun problema! Sarò lì tra meno di mezzora! A dopo,
arrivederci!»
Sesshomaru abbassò il giornale, guardando la
compagna intensamente. «No.»
La donna si alzò
sorridente, lanciando prima uno sguardo intenerito ai due per terra, che
giocavano allegri. «Dai, Sesshomaru! Si tratterà di un’oretta, non di più!»
«Ho. Detto. Di. No.»
Rin gli sorrise sgargiante, saltandogli al collo. «Oh, amore
mio! Sapevo che avrei potuto contare su di te!»
Sparì in camera da
letto a darsi una sistemata, spiegandogli cosa fare e come farlo.
«Falli giocare un po’, tienili sempre d’occhio e attento che non ingoino nulla di pericoloso! Ah, se dovesse essere
necessario, i pannolini e le salviettine sono in bagno… Kagome è stata così
previdente!»
Pannolini?
Salviettine? Quello era un incubo!
Rin fece la sua
ricomparsa poco dopo, coprendosi con un cappotto in lana. Si chinò su di lui,
con l’ennesimo sorriso della giornata. E lui, come
avrebbe fatto a resisterle?
Gli schioccò un bacio sulla guancia, poi salutò i due piccoli
(un maschio e una femmina) con altrettanti bacini.
Due secondi più
tardi Sesshomaru si ritrovò nel panico più completo. Strano, in effetti, per un
tipo calmo e calcolatore come lui. Tra l’altro, neanche aveva chiesto alla sua Rin dove diavolo stesse andando.
I due pargoletti lo
guardarono incuriositi, inconsciamente dispiaciuti che quella ragazza così
simpatica li avesse lasciati da soli. Con uno che, tra le altre cose, continuava a fissarli con uno
sguardo allucinante e che non prometteva niente di buono. Se avesse potuto li avrebbe fatti sparire in un istante.
Beh, se stavano così in silenzio a guardarlo non sarebbe stato
neanche male, del resto. Lui avrebbe continuato a leggere,
loro sarebbero stati tranquilli e felici.
Peccato per lui che
così non fu, dato che dopo qualche secondo i due iniziarono
a piangere senza freni.
Sesshomaru abbassò
il giornale con rabbia, sgualcendolo senza grazia. «Che
avete da frignare così, eh?»
Inutile dire che i due continuarono nelle loro lamentele, sempre più
forte.
L’uomo, sull’orlo di
una crisi di nervi, si passò una mano tra la frangia argentata. Gli ci voleva
del caffé, al più presto possibile.
Fece per alzarsi e
andare verso la cucina, ma le raccomandazioni di Rin gli rimbombarono nel
cervello, rimbalzando da una parte all’altra. Lanciata l’ennesima occhiataccia
ai due, si avvicinò, incrociando le braccia. Li avrebbe portati con se in
cucina e messi da qualche parte a fare i bravi. Dove? Nel forno, acceso a
duecento gradi sarebbe stata una magnifica idea.
Peccato, però, che
non avesse la minima conoscenza di come si prendessero in braccio dei bambini
così piccoli, così fragili…
Non gli ci volle
molto a prenderli per la maglietta, dietro la schiena, e alzarli di peso, sospesi per aria.
Se Rin, o Kagome, o
quell’idiota di suo fratello lo avessero visto così lo
avrebbero mangiato vivo. Ma accidenti, lui con i
bambini non ci sapeva fare!
Tra lo stupore e
l’impaccio, notò che i due iniziarono a ridere, divertiti, muovendo le manine e
le gambe nel vuoto, come se stessero nuotando nell’aria.
«Molto, molto
divertente, eh?»
Sesshomaru sbuffò,
portandoseli dietro come due sacchi di patate, tra risatine e gridolini eccitati,
mentre lui si chiedeva che cosa avesse fatto di male nella vita per meritarsi
due diavoli del genere.
* * *
Quando Rin rientrò
in casa, cioè un’ora e mezza dopo, lo ritrovò sul
divano, con un’espressione di rassegnata disperazione, e i due piccoli intenti
a tirargli i capelli e a giocare su di lui.
«Era ora, Rin.»
La ragazza scoppiò a
ridere, saltellando verso l’allegra combriccola. Neanche immaginava
cosa tutto Sesshomaru avesse provato per farli stare quantomeno bene. E
nemmeno immaginava l’autocontrollo a cui aveva dovuto far
ricorso pur di non strangolarli e gettarli nella spazzatura dell’umido, tanto
per fare un po’ di raccolta differenziata. Fortuna sua che i due non avessero
prodotto niente di puzzolente e di marrone; almeno quello
gliel’avevano risparmiato. Anche perché li avrebbe lasciati
in bagno con un rotolo di carta igienica in mano. Un giorno avrebbero
dovuto imparare a pulirsi il culetto da soli, no? Meglio farlo da subito!
«Oh, Sesshomaru,
grazie!»
Non poté far a meno
di sorriderle quando la vide appesa al suo collo e
depositargli un bacio sulle labbra. Che non ci mise
molto a trasformare in qualcosa di più.
Rin ridacchiò,
imbarazzata. «Ci… ci sono i bambini, Sesshomaru!»
Già, sempre loro. Che avevano da guardare con quegli occhietti ambrati curiosi
e ironici? Sembravano volergli scrutare l’animo!
«Dove sei stata?»
Non si seppe
spiegare perché Rin arrossì così tanto. «Ecco, avevo
una visita…»
Alzò un
sopracciglio, perplesso. «E non me l’hai detto? Stai
male?»
La ragazza fu lesta
a scuotere la testa, sorridendo. «No, no, niente di grave!», disse, abbassando
lo sguardo e giocando con l’orlo della gonna. «Ero dal ginecologo!»
Sesshomaru la guardò
impassibile, silenzioso. «Ginecologo?»
«Oh, non
ginecologo-ginecologo… è ginecologa! Donna!»
Come se la cosa
avesse dovuto tranquillizzarlo.
«Quindi?»
Rin rise, nervosa.
Si sistemò una ciocca castana di capelli dietro un orecchio; poi, con lo
sguardo puntato negli occhi ambrati di lui, disse: «Sto bene, non preoccuparti!
E’ che…»
Sesshomaru chiuse gli
occhi, aspettandosi quella parolina magica che gli provocò un groppo allo
stomaco al solo pensiero.
«…sono incinta!»
Incinta… eccola, la parolina magica tanto temuta!
Aprì gli occhi
lentamente, guardandola senza dire una parola.
«Oh, Sesshomaru!
Anche io sono rimasta senza parole quando l’ho
scoperto!», esclamò lei, abbracciandolo con le lacrime agli occhi.
A volte l’ingenuità
della sua compagna lo disarmava.
«Chi è il padre?»
Rin spalancò gli
occhi, arrossendo a dismisura. I due piccoli, intanto, guardavano
la scena curiosi e stranamente in silenzio.
«Ma…
Sesshomaru! Sei… sei tu il padre! Chi altro?»
«Impossibile.»
Si,
perché lui non poteva diventare padre. No. Non in quel momento, non così di
colpo! Doveva prepararsi psicologicamente! Nove mesi, o quelli che fossero,
erano troppo pochi per i suoi gusti.
«Ti devo ricordare
che cosa facciamo ogni not---»
«Sei sicura?»
Rin sospirò, non
capendo se Sesshomaru fosse solo sorpreso o irritato. «Sono di
tre mesi… più sicura di così!»
Sesshomaru soppesò
la nuova notizia apparentemente con calma. Ma dentro di se
c’era il caos totale. Era in panico, in panico
più assoluto. Lui non era pronto per essere padre, era
un passo troppo grande!
Rin gli accarezzò una
guancia, sorridendogli dolce. «Sesshomaru, vedrai che sarai un ottimo padre, ne
sono sicura!», gli disse, giocando con una ciocca di
capelli. «E speriamo che siano un maschio e una
femmina, proprio come i figli di Kagome e Inuyasha!»
Crack!
«Come?»
«Non te l’ho detto!
Saranno due gemelli!», esclamò felice, accarezzandosi la pancia con le mani di lui.
Gemelli?
No, quello non era
solo uno dei peggiori incubi.
Quello era
l’Inferno!
Non uno, bensì due bambini!
«Oppure
due femminucce… sarebbe tanto bello!», continuò estasiata Rin.
Fermi tutti. Se proprio dovevano nascere, che nascessero maschi, e che
cavolo! Non poteva certo andare in giro con due bambole
quando loro non avevano più voglia di giocarci! O
trovarsi costretto a comprare quelle cose da femmina quando Rin non
poteva andare a fare la spesa, o solo accompagnarlo.
«Sesshomaru, non sei
felice?», lo risvegliò dai suoi pensieri la compagna.
Non rispose subito,
limitandosi a guardare i due bambini che ora giocavano in un angolino
del grande divano color panna. Due pesti, ecco cos’erano. Proprio non si immaginava quel testa vuota di Inuyasha fare da padre…
era una cosa ridicola al solo pensiero! Però, le poche volte che l’aveva visto all’opera sembrava l’uomo più felice sulla
faccia della terra. Non l’aveva mai visto così.
«Tu sei felice,
Rin?»
Lei gli sorrise. «Immensamente.»
«Allora lo sono
anche io.»
The End!
Si, lo so non è un gran che… chiedo
venia! (_._)
E non sono stata neanche tanto crudele con il cagnolino della
situazione, perché altrimenti… altro che cambi di pannolini sporchi gli avrei fatto fare! *me sadica*
Beh, spero di non aver fatto tanto schifo, almeno decente! XD
Grazie in anticipo a chi leggerà e a chi azzarderà un commento! <3
A presto con qualche altra cosa! :D
Kenjina.