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Autore: Jessy Pax    01/07/2014    5 recensioni
“Ti amo. Hai capito?”
Erano passati dodici mesi e settantuno giorni.
Felicity non aveva mai perso il conto da quella notte frenetica, non poteva permettersi di perdere nemmeno un minuto, le era indispensabile per tenere bene a mente che era stato solo un piano per incastrare Slade.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dinah 'Laurel' Lance, Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen, Roy Harper
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Una vita per un’altra vita




 
 
“Ti amo. Hai capito?”
Erano passati dodici mesi e settantuno giorni.
Felicity non aveva mai perso il conto da quella notte frenetica, non poteva permettersi di perdere nemmeno un minuto, le era indispensabile per tenere bene a mente che era stato solo un piano per incastrare Slade. Giocherellava con la matita, mantenendola in equilibrio tra il labbro superiore e la punta del naso.
Il team Arrow si stava occupando di un nuovo caso, qualcuno a Starling City aveva deciso di svaligiare nuovamente tutte le banche della città. Era già successo, in passato, di avere a che fare con dei criminali simili e Oliver, o meglio, Arrow li aveva catturati. Felicity come sempre aveva l’incarico di stanarli attraverso il segnale GPS del furgoncino con cui la piccola banda operava ma, nel pomeriggio di quel giorno, i ladruncoli sembrava non avessero intenzione di agire. La ragazza continuava a fissare a vuoto lo schermo luminoso del suo computer di ultima generazione, non prestando molta attenzione ai rumori che provenivano da dietro le sue spalle; sapeva soltanto che Oliver e Diggle stavano cercando di allenare al meglio Laurel Lance. “Sara era più divertente.” Un pensiero invadente si insinuò tra i tanti che affollavano la mente di Felicity. Sara Lance non aveva più dato segni di vita e, per quanto tutti ne sapessero, l’eroina dalla maschera nera era impegnata con la Lega degli Assassini. A Felicity, però, avrebbe fatto piacere poter sentire di nuovo la voce della propria amica. Laurel era entrata nel covo da ormai quattro mesi e Oliver le aveva promesso che si sarebbe impegnato per renderla l’eroina che tanto desiderava essere. A Felicity, la donna non era mai particolarmente piaciuta. La trovava piuttosto invadente in circostanze che non richiedevano alcun bisogno. Tuttavia, non poteva fare altro che attenersi agli ordini del capo, così come aveva rispettato quel piano subdolo e falso dell’anno precedente.
«Felicity, ci sono novità sulla banda?» Oliver aveva appena passato un panno per il viso alla sua ex fidanzata e si avvicinò con lentezza alla bionda esperta di computer, ma lei non stava ascoltando. Era ancora persa in quel ricordo che ogni giorno la tormentava, anche a distanza di tempo. Come se quelle parole, gli fossero state dette solo il giorno prima.
«Felicity?» il ragazzo tentò nuovamente, poggiando una mano sulla spalla minuta di Felicity. Non appena lei avvertì il tocco caldo e sudato di quella mano, saltò sulla poltrona facendo cadere la matita che, prontamente, fu presa al volo da Laurel.
«Tutto bene? Sembri distratta ultimamente. Dovresti concentrarti o la banda potrebbe sfuggirci da sotto il naso. Ehi, Oliver, guarda qui!» la signorina Lance non era famosa per la sua simpatia, ma Felicity non sopportava assolutamente quando qualcuno “estraneo”, mettesse le mani su ciò che non doveva. Laurel iniziò ad armeggiare con il mouse del grande computer, scovando una piccolissima luce rossa lampeggiare nello schermo. A quanto pareva, la banda di ladri aveva deciso di mettersi all’opera esattamente nel frangente in cui l’avvocato dalle manie eroiche, aveva scelto che fosse il momento di dare uno sguardo allo schermo. Oliver chinò il capo per controllare meglio il punto in cui la sua allieva stava indicando e, con uno sbuffo di disapprovazione, scosse la testa pungendo così la guancia di Felicity con la sua leggera barba ispida. La ragazza si allontanò immediatamente da quel contatto fisico non voluto e inaspettato e trattenne il respiro, nonostante sapesse che reagendo in quel modo, avrebbe solo destato sospetti.
«Sono stata fino ad ora fissa su questo schermo, giuro che non c’era nessun segnale d’allarme. La banda è stata assente in tutto questo tempo.» Non voleva dare spiegazioni o giustificazioni, quello era il suo lavoro e non c’era bisogno che Laurel la rimproverasse. Oliver la guardò con la fronte aggrottata, non capiva il comportamento della “sua” ragazza. Quando le era vicino, sembrava sempre essere nervosa e sfuggente.
«Non importa, in questo momento si trovano sulla sedicesima strada. Dovremmo andare, subito.» Di nuovo Laurel prese il controllo della situazione, posando la mano sul braccio nudo di Oliver e tentò di trascinarlo con se. Il ragazzo però si fermò, dopo aver solo fatto un paio di passi.
«Stai bene?» era una semplice domanda, ma forse Ollie stava iniziando veramente a comprendere Felicity e non sopportava l’idea di lasciarla nel covo senza essersi assicurato che fosse tutto okay. La biondina alzò le spalle e annuì debolmente. Cos’avrebbe potuto dirgli? Odiava ammetterlo, ma Laurel aveva ragione. Era distratta e non si era accorta del segnale acustico. Se l’altra non fosse intervenuta, la banda avrebbe potuto sfuggirle. Il ragazzo la guardò intensamente ancora per qualche secondo, prima di voltarsi e dirigersi verso la teca di vetro per indossare la sua uniforme e andarsene insieme alla sua nuova compagna di avventure: Black Canary.
«Ehi, non prendertela, Laurel vuole solo rendersi utile» Dig si sedette al fianco di Felicity, sopra la scrivania grigia. Era sempre stato un buon amico e lei si era sempre sentita in dovere di dirgli la verità. Per lei era una sorta di fratello maggiore, sempre pronto a proteggerla e aiutarla. Sospirò, infilandosi l’auricolare all’orecchio destro e poter così dare le direttive agli eroi là fuori.
«Non è questo, John. Laurel ha ragione, ero distratta. Non stavo pensando assolutamente alla banda.»
«Felicity, può capitare a volte di essere distratti. Non devi fartene una colpa.» Aveva ragione anche lui nel dire che non doveva farsene una colpa, ma Felicity si stava autocommiserando, avrebbe voluto parlarne al suo amico più fidato, ma al momento aveva delle responsabilità cui far fronte.
«Oliver, stanno girando sulla dodicesima. Dovete tornare indietro, hanno capito che li state seguendo, stanno andando verso nord!»
«Sì, lo sappiamo. È un piano di Laurel, li sta conducendo in un vicolo cieco. Sono in trappola!» Felicity, presa da una rabbia improvvisa, strappò l’auricolare dall’orecchio e lo gettò a terra, imprecando sottovoce. Non aveva mai reagito a questo modo e, appena incrociò gli occhi stupiti di Diggle, si alzò dalla poltrona girevole.
«Se ti stai chiedendo cosa mi sia preso, sappi che non lo so nemmeno io. Anzi, lo so, ma vorrei non saperlo. A volte penso che avrei fatto bene a dare ascolto a mia madre. Ma posso sempre rimediare, Las Vegas mi sta ancora aspettando!» Dig, sorrise, divertito dallo scatto dell’amica. Aveva passato fin troppo tempo con Felicity e Oliver e ormai aveva capito che per i due non c’era molto da fare; lei faceva un passo avanti e lui ne faceva altri dieci indietro.
«Sei gelosa di Laurel?»
«Cosa? No. Non è Laurel, sono io e… lui. Lui e quel suo modo di fare insopportabile.»
«Quindi non sopporti che dia ascolto alla sua ex fidanzata? Non sopporti che lei sia Black Canary?» Felicity sospirò, estenuata da quelle domande. Voleva bene a John, ma in quel momento non stava capendo molto dei problemi interiori che la disturbavano. La ragazza si sedette nuovamente sulla poltrona, lasciando che la testa ciondolasse all’indietro.
«Dig, sai quanti giorni sono passati da quando abbiamo fermato Slade?» fece una breve pausa e continuò a fissare il soffitto bianco. «Dodici mesi e settantuno giorni.»
«Hai tenuto il conto? Perché?» John era confuso, credeva di aver capito tutto dei suoi amici, dei sentimenti che li spingevano a restare lontani e allo stesso tempo desiderarsi ma, a questo punto, non sapeva più se le sue supposizioni fossero giuste.
«Perché in quell’esatto giorno, Oliver ha detto di amarmi.» Sollevò il capo e riprese a fissare tristemente il viso preoccupato e dispiaciuto di Dig. «Lo so, lo so. Non stava dicendo sul serio, era solo una tattica per incastrare Slade e… ci siamo riusciti, ovviamente. Ma sai» si sfilò gli occhiali e, con indice e pollice, si massaggiò le palpebre stanche, «a volte credo che quelle parole fossero sincere. Lui era così vero» la ragazza indossò nuovamente le lenti dalla montatura leggera e tornò a fissare l’uomo, «il suo sguardo lo era e sappiamo che non sa affatto mentire! Ci sono giorni in cui mi costringo a credere che fosse tutto reale solo per provare nuovamente la stessa sensazione di quella notte. Ѐ patetico, me ne rendo conto. Ma non ho altro a cui aggrapparmi nei giorni di malinconia. Vorrei che Oliver non me lo avesse mai detto.» Dig si avvicinò per catturare con la sua grande mano una lacrima lenta che scendeva sulla guancia chiara di Felicity. Non sopportava vederla ridotta in quello stato. Era innamorata di Oliver Queen ma, con tutte le probabilità, non ne era al corrente nemmeno lei stessa. Si accovacciò per poterla guardare meglio in viso e rassicurarla in qualche modo.
«Felicity, era solo una recita, non puoi continuare a farti del male a questo modo. Ripensare a quel giorno non è patetico, ma distruggi te stessa.» Vide che la ragazza abbassò gli occhi fino a chiuderli totalmente. Forse era stato troppo burbero, ma non voleva darle false speranze. Le alzò il mento con l’indice e le sorrise delicatamente. «Devi solo andare avanti e vivere i giorni presenti. Felicity, ti stai aggrappando al passato e non ti accorgi di ciò che succede oggi. Lascia andare quel ricordo e presta attenzione ad Oliver.»
«Oh, presto attenzione anche a questo! Oliver non fa altro che assecondare Laurel, anche quando lei sbaglia. Non c’è modo di fargli capire che non è ancora pronta per combattere, la scorsa settimana voleva a tutti costi catturare da sola un criminale, Oliver le ha dato fiducia e cosa è successo? Ci è mancato poco che Roy rischiasse la sua vita per tenerla al sicuro.» Felicity non era un tipo che sparlava degli altri, ma aveva provato più di una volta ad avvertire Oliver. Laurel era ancora inesperta, aveva iniziato a prendere lezioni di combattimento solo da quattro mesi, non era ancora agile o scattante, non sapeva muoversi felinamente come sua sorella. Semplicemente, Laurel non era Sara. Sicuramente con un buon allenamento, la Lance maggiore sarebbe potuta rivelarsi un’ottima lottatrice, ma non era ancora il momento.
«Non stavo parlando del comportamento che Oliver riserva a Laurel, ma di quello che si impone di avere quando tu sei nei paraggi.» Dig sospirò nel vedere che Felicity aggrottava la fronte, pronta a ribattere, ma non le diede il tempo di intervenire perché il suo cellulare cominciò a squillare. Diggle si allontanò per poter parlare con sua moglie e ,nel mentre, Fel ragionò su quanto le era stato detto; in tutto quel tempo, lei aveva solo prestato attenzione a quanto dovesse apparire fredda e distaccata agli occhi di Oliver, non aveva mai perso tempo nell’osservare il ragazzo. Vedeva solo che sfruttava tutte le proprie energie negli allenamenti dedicati a Laurel, ogni giorno che passava era sempre il “Laurel Day”. Persino Roy, una volta, concordò sul fatto che Ollie impiegasse troppo tempo negli esercizi della donna, tutti ormai pensavano ad un ritorno di fiamma ma, effettivamente, Oliver non aveva mai dato prova di ciò, anzi… tutt’altro.
«Tutto okay a casa? Ѐ successo qualcosa?» appena Dig finì di discutere al telefono, annuì contento alla domanda di Felicity.
«Certo, hanno solo bisogno di me per un po’. Torno più tardi.» La ragazza sorrise, felice che in tutto quel trambusto, Dig fosse riuscito a ricavarne un momento sereno e innocente. La nascita di un figlio deve essere una gioia infinita, pensò.
«Corri, ti stanno aspettando. Qui ci penserò io.» John non se lo fece ripetere due volte, recuperò la maglia che aveva lasciato su un tavolo lì vicino e fuggì dal covo prima che Oliver tornasse dalla missione e potesse fermarlo. Felicity rimase sola in quella stanza così grande e fredda, ascoltò i rumori che provenivano dalla scrivania cui era poggiata. Sarebbe stato tutto più facile se non avesse mai incontrato Oliver Queen, sarebbe stato più chiaro e meno problematico; non avrebbe mai saputo cosa significasse tenere a qualcuno e non poter far nulla per dimostrarglielo, non avrebbe mai saputo cosa fosse il tormento e la disperazione di amare una persona e non essere corrisposta. “Amare. Quindi lo amo, l’ho ammesso a me stessa.” Felicity venne a patti con questa dichiarazione, non poteva più nascondere un tale segreto al proprio cuore. Tutto di lei urlava di amare totalmente e incondizionatamente Oliver Queen, ma non poteva dirlo a nessuno, tanto meno al diretto interessato. Fece una risatina bassa e liberatoria quando sentì la porta del covo aprirsi lentamente, pensò che fosse Dig.
«John, ti sei dimenticato qualcosa?» si girò per vedere entrare l’amico, ma con un piccolo urlo si alzò dalla sedia, iniziando a respirare velocemente.
«Pensavo che trovare il nascondiglio di quel coniglio fosse più difficile. Invece è bastato ingannare quell’insetto della sua compagna.» Un uomo era entrato nel bunker del Team Arrow e la prima preoccupazione di Felicity fu per Dig.
«Cosa hai fatto a Diggle?» l’uomo le regalò un sorriso malato, mostrando la sua dentatura poco gradevole e giallognola, si avvicinò con passo felpato alla ragazza, facendosi vedere realmente per quel che era. Era alto e robusto, occhi color del fango, capelli grigi e un forte odore di alcool e fumo. Indossava una felpa nera e le mani erano occupate da armi: nella sinistra impugnava un coltello a serramanico e nella destra reggeva una pistola piccola e letale. Alzò quel pugno in direzione di Felicity e la minacciò fino a puntare la rivoltella dritta in fronte.
«Stai parlando di quel negro che ora giace a terra al piano di sopra? Non preoccuparti di lui, dolcezza. Dovresti preoccuparti della tua vita.» Sogghignò malvagiamente e Felicity capì di chi aveva di fronte. Era uno degli uomini della banda che stava svaligiando le banche. Solo allora si ricordò della foto che aveva trovato qualche giorno prima nella cartella degli schedati della polizia, era proprio lui, Gary Thousnader. Felicity tremò quando la lama del coltello l’accarezzò la tempia fino a scendere lungo il braccio, chiuse gli occhi respirando forte dal naso; non sapeva cosa fare, non poteva avvertire Oliver e l’unica cosa che sperava era che dalla porta del bunker arrivasse da un momento all’altro il suo eroe. Il cellulare della ragazza squillò e il ladro gettò subito lo sguardo sul display lampeggiante.
«Rispondi.» Le diede una spinta per farla voltare e Felicity, ancora tremante, pigiò il tasto verde rispondendo alla chiamata che le avrebbe salvato la vita… o forse no.
«Laurel…»
«Felicity, va via dal covo!»
«Non posso. Lui è qui.» Felicity balbettò quella frase, sentiva freddo e il sangue gelarsi nelle vene quando la pistola si posò sulla sua schiena.
«Merda. Stiamo arrivando!» Laurel chiuse la telefonata e a Fel non rimase altro che sperare che tutto si risolvesse per il meglio. Non sapeva le intenzioni di quel pazzo, ma era sicura che avesse a che fare con il Vigilante. Probabilmente gli dava fastidio avere alle costole due pagliacci mascherati che volevano a tutti i costi fermarlo.
«Perché stai facendo questo?» Thousnader strattonò nuovamente la biondina, facendola inciampare sui i suoi stessi piedi. La ragazza cadde sul pavimento freddo, ferendosi le ginocchia, la paura che la paralizzava e la speranza che cominciava a vacillare dentro di lei.
«Perché i tuoi amici mi stanno dando la caccia e in questo modo non riesco a svolgere il mio lavoro. Capisci cosa intendo, bambolina? Ho bisogno dei miei tempi, dei miei spazi. Di nessuno che mi ostacoli.» Accovacciandosi a terra, il criminale afferrò la lunga coda della ragazza, costringendola a guardarlo negli occhi. «Ѐ per questo che ho bisogno di te. Devo far capire a quei due insetti di restare al loro posto.» La lasciò andare con uno spintone e Felicity batté la fronte contro il pavimento, provocandosi un taglio sopra il sopracciglio sinistro. Rantolò di dolore, ma non si arrese. Questa volta non aveva intenzione di frignare ancora, doveva reagire.
«Perché pensi che io sia la persona giusta per rimettere in riga gli eroi che ti sono addosso? Probabilmente a quest’ora staranno acciuffando i tuoi uomini.» Felicity sputò quelle parole tra i denti e tentò di alzarsi da terra, ma l’uomo la costrinse a stare giù, non voleva che si muovesse.
«Zitta! Parli troppo! Ti farò saltare in aria il cervello con un colpo in gola se continui…»
«FERMO!» Laurel irruppe nel bunker e quello che avvenne dopo, agli occhi di Felicity apparve come qualcosa di surreale, completamente fuori dalla realtà, tanto fu veloce. Il ladro sparò un colpo contro Laurel, ma Felicity si alzò in fretta per gettarglisi addosso. La ragazza era stata scaltra, non si era fatta prendere dal panico, aveva tirato fuori quella temerarietà che celava in nell’animo gentile e fu proprio in quel frangente che prese coscienza del fatto che, per la seconda volta, aveva salvato la vita di una sorella Lance.
«Felicity!» Sapeva di chi era quella voce, ma le arrivò così lontana e flebile. Sentiva solo il battito del proprio cuore farsi più lento e debole. Un dolore lancinante le stava perforando lo stomaco. Non sapeva cosa fosse, ma sapeva che non era un bene avvertire tale sofferenza. Si spostò di lato quando vide una freccia trapassare il cranio del criminale e, per un momento, penso che giustizia era stata fatta. Lui era morto per mano dell’eroe che tanto la tormentava e Felicity, invece, stava per morire grazie alla lama del ladro. In qualche modo le sembrava un giusto scambio, una vita malvagia per una innocente. Sorrise a quella interpretazione della sua stessa sorte, rimase stesa sul pavimento lucido, sentendo il sangue caldo divenire sempre più freddo, fino a quando il buio calò su di lei.





Angolo della scrittrice: Buongiorno Oliciters!
Dopo tanto tempo, sono riuscita finalmente a scrivere una OS Olicity!
Spero che nel leggere questi primi due capitoli, abbiate l’impressione di conoscere da sempre Felicity, Oliver, Diggle e Laurel. Questo sarebbe davvero grandioso per me, perché significherebbe che sono riuscita a mantenere i personaggi in carattere!
Probabilmente, però, ho resto Laurel Lance più sopportabile rispetto a quanto non lo sia nella serie tv xD ma questo è un bene per voi! Così, non vi risulta troppo difficile da digerire!
Ho scritto solo due capitoli, tanto per iniziare. Non scrivevo da tanto tempo e sicuramente ci sarà qualche errore nella forma grammaticale, e mi scuso per questo.
Vi auguro buona lettura e se riceverò tante recensioni positive e apprezzamenti (ne dubito fortemente!), chissà… magari deciderò di continuare questa storia e renderla una vera Fan-Fiction!

   
 
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