Anime & Manga > Capeta
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Autore: AliceWonderland    01/07/2014    6 recensioni
La vita di Kappeita Taira, detto Capeta, trascorre tranquilla e serena tra scuola, amicizie e le immancabili gare di kart che oramai lo vedono campione indiscusso delle piste, dopo l'incredibile spettacolo offerto al pubblico in visibilio nel circuito di Haruna, contro Ryou Shiba.
Al seguito della gara, infatti, Capeta ha finalmente attirato l'attenzione di uno sponsor, è supportato da un team specializzato, un nuovo telaio ha sostituito il glorioso quanto sgangherato Capeta III e, cosa ancor più importante, è in concorso per ottenere la tanto ambita borsa di studio messa in palio dalla FSRS (Formula Stella Racing School) che potrebbe aprirgli le porte verso la tanto agognata categoria dove gareggia il suo 'eterno rivale', Naomi Minamoto; ancora non immagina che, ben presto, una notizia inaspettata sconvolgerà la sua tranquilla routine, portandolo ad avvicinarsi al suo rivale, ma... in maniera assai diversa da come se l'aspettava!
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Capeta Taira, Naomi Minamoto, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: i personaggi presenti in questa fanfic appartengono al loro rispettivo creatore, Masahito Soda. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!



_Chapter 08: Di fantasie e rivalità_



-Era solo un taglietto- affermò Naomi, stringendogli la caviglia per assicurarsi che fosse tutto a posto -A volte è davvero impossibile capire cosa ti passi per la testa. Prima rischi di farti sbranare, e poi di cadere nel vuoto… Sei uno sconsiderato, nella vita come in pista a quanto pare-.
Sussultando, Capeta serrò le labbra e distolse lo sguardo mortificato dal coinquilino, inginocchiato ai suoi piedi e intento a fasciargli la caviglia.
-Ti ho già chiesto scusa… Per quanto ancora hai intenzione di infierire?- mormorò con aria colpevole.
La fronte di Naomi si aggrottò.
-Vuoi scherzare? Infierire, dici?- sibilò -Stavi per cadere dal sesto piano, Tai…-;
Si interruppe.
Se n’era reso conto solo in quel momento, ma Capeta tremava ancora per la tensione e lo spavento e, davanti a lui, si era fatto così piccolo che il divano di pelle chiara su cui sedeva sembrava aver subito il processo inverso, divenendo enorme.
I suoi capelli, sempre sollevati dal vento, leggeri e sbarazzini, ora pesavano sul suo viso, umidi della pioggia che poco prima li aveva sorpresi, incorniciandogli il volto e le guance tonde e arrossate per il freddo.
Se non fosse stato per i grandi occhi da cerbiatto, scuri e profondi, che sembravano parlargli involontariamente di mille e più cose nello stesso istante, e per quelle labbra rosee e piene, fattesi assurdamente appetitose agli occhi del sedicenne, quel ragazzino così gracile e minuto avrebbe assunto un aspetto così miserevole ai suoi occhi...
E invece, tutto quello che Naomi vedeva in quel momento sembrava aver turbato e causato nel suo "io" più profondo una sorta di inspiegabile attrazione che lo lasciò disorientato.
Alzò lo sguardo, e, stringendo la presa sulla gamba di Capeta, lo tirò verso di sé, facendolo ruzzolare col sedere a terra, davanti a lui.
-Ahi! Minamoto che…?-.
Senza distogliere lo sguardo ambrato da quello del coinquilino, Naomi si sporse verso di lui, bloccandogli i polsi contro il sofà e lasciando il ragazzino senza parole.
I loro volti, ora, erano così vicini che alle loro labbra sarebbero bastati solo pochi millimetri per toccarsi e conoscersi, così, mosso da un incontrollabile quanto inspiegabile fuoco che stava avvampandogli in tutto il corpo, Naomi si fece avanti, sfidò l’imbarazzo, e le sue labbra si premettero su quelle di Capeta, facendolo sussultare.
In un primo momento maledì se stesso per quel gesto così avventato, ma scorgendo con una sorta di sollievo le palpebre del più piccolo abbassarsi e chiudersi per godere al meglio di quel contatto inaspettato, si tranquillizzò, e qualcosa, dentro di lui, lo invitò a proseguire. Affidandosi a quello sconosciuto ma naturale istinto che mai prima si era fatto così prepotente, affondò di più le labbra contro quelle del moro, che gemette languidamente, muovendo appena i polsi, come a chiedergli di lasciare la presa.
Minamoto fece scivolare le mani lungo la sua camicia, e, dopo avergliela sbottonata, scese a percorrere con le dita i fianchi magri di quest’ultimo, carezzandoli e massaggiandoli, percependo nelle orecchie i sospiri del più piccolo, mentre entrambi si lasciavano scivolare lungo il parquet, tornando a guardarsi negli occhi.
Naomi non aveva mai provato sensazioni così forti prima. Erano come una scarica di pura adrenalina che gli percorreva il corpo, ma ben diversa da quella che si impadroniva di lui quando correva in pista. Quel desiderio annebbiava nel vero senso della parola le percezioni e la lucidità che di solito contraddistinguevano il pilota. Ogni fibra del suo corpo, del suo essere era completamente concentrata su Taira.
Non poteva ancora credere di stare arrivando fino a quel punto con lui, di essersi lasciato andare così facilmente a quello strano istinto, contenuto e prudente com’era per natura.
Steso sotto di lui, Capeta riaprì piano gli occhi scuri, fattisi lucidi e traboccanti di desiderio; era paonazzo sino alle orecchie, e le sue labbra carnose erano dischiuse, umide e lucenti di saliva; il suo petto nudo si alzava ed abbassava a ritmo irregolare, scosso ancora dai brividi di quel contatto, e a quella vista Naomi non riuscì più a trattenersi…
-Naomi…-.
Un ansito di piacere, il suo nome pronunciato come mai nessuno aveva fatto, si era appena fatto strada proprio da quella bocca. Dalla bocca dischiusa di Capeta. Una volta, due, fino a mutare in grida, e, senza rendersene conto, entrambi si trovarono di nuovo stesi l’uno sull’altro, desiderosi di approfondire ancora quel contatto che, per quanto li disorientasse e imbarazzasse, si dimostrava sempre più appagante.
-Naomi… NAOMI!…

Naomi si svegliò di soprassalto, il volto imperlato di sudore ed il fiato corto, come al seguito di una maratona di chilometri compiuta senza soste.
Ansante, frastornato e confuso, le palpebre pesanti che ancora gli dolevano in seguito a quel brusco e improvviso risveglio, il ragazzo strinse così forte le lenzuola fra le mani, che le dita cominciarono a dolergli; davanti ai suoi occhi increduli, le immagini di quel sogno si rincorrevano una dopo l’altra ad una gran velocità, mescolandosi caotiche, per poi svanire lentamente, lasciandogli la bocca impastata, il petto in fiamme e il corpo ancora in balia di quella inspiegabile eccitazione.
Prese un’ampia boccata d’aria e scosse il capo per ricacciare quell’immagine così provocante del giovane rivale dalla propria testa; il tutto gli era sembrato così realistico, intenso e travolgente che il suo corpo, al ricordo di quel contatto onirico fra lui e Taira, continuava a reagire inviandogli scariche di piacere che partivano dal basso ventre, e, abbassando lo sguardo verso il ‘punto problematico’, di nuovo rimase a bocca aperta, mentre una solitaria goccia di sudore gli colava lungo il viso.
Naomi non avrebbe saputo come descriverlo, non aveva mai provato una sensazione di quella intensità in tutta la sua breve vita, fino a quel momento.
Si lasciò ricadere disteso sul materasso, fissando il soffitto e cercando di svuotare la mente da ogni pensiero.
Non chiuse occhio fino al suono della sveglia.

-Non hai dormito bene stanotte? Ti ho sentito agitarti…-.
Era il solito Taira un po’ rozzo e arruffato, immerso nella sua t-shirt oversize, quello che aveva ritrovato la mattina seguente, in cucina; non aveva quasi nulla della persona che in quel sogno era rimasta dolcemente accoccolata fra le sue braccia, ricambiando con timidezza i suoi baci, eppure, Naomi, davanti a quegli occhi scuri e profondi che di tanto in tanto si posavano su di lui con curiosità, continuava segretamente a trasalire. Si sentiva come un bambino che evitava gli sguardi della madre sperando che questa non venisse a conoscenza della sua marachella.
Quella mattina, aveva cercato di mascherare al meglio gli effetti della notte insonne ma, nonostante l’apparenza, l’imbarazzo ed una strana tachicardia riuscivano sempre e comunque a farsi strada, e questo ad ogni parola e ad ogni sguardo del suo coinquilino…
Il suono della campanella annunciò la conclusione della seconda ora di lezione, riportando Naomi tra i banchi di scuola.
-In piedi- scandì la capoclasse, e le sedie sfregarono sul pavimento dell’aula, mentre tutti si alzavano, lui compreso, all’entrata dell’insegnante di inglese.
Tornando a prendere posto, Naomi poggiò la mano a sostegno della testa, che sentiva appesantita e ancora provata dalla notte insonne appena trascorsa.
Aveva così tanti impegni e pensieri, tra studio, allenamenti, gare, palestra e corsi, che le ore di sonno per lui erano sempre state sacre, e il fatto di averne perse non una ma ben cinque, forse sei, rendeva la prospettiva di quella giornata tutt’altro che rosea; pregò affinché, quel pomeriggio, l’odore penetrante di olio e benzina, il rumore degli pneumatici che inchiodavano sull’asfalto e i motori che ruggivano sotto i telai in carbonio delle monoposto della Sam’s lo distraessero per almeno qualche ora dai pensieri che in quelle prime ore non sembravano intenzionati a concedergli tregua.
Si chiese se, giunto a quel punto, l’unico modo per trovare un po’ di respiro fosse accettare con disinteresse gli avvenimenti di quel sogno. Era sciocco spenderci sopra tutte quelle riflessioni, a scapito della sua concentrazione, e più il tempo passava più il ragazzo se ne convinceva: una fantasia di passaggio, nient’altro che un montaggio sconclusionato di immagini che la sua mente avrebbe presto cancellato, come avveniva spesso.
La persona con la quale aveva vissuto quel sogno era già una chiara conferma all’assurdità di quella fantasia.
Insomma, Taira…! Per quale motivo c’era stato Kappeita Taira, il suo rivale, il suo coinquilino, un altro ragazzo, fra le sue braccia, in quelle immagini?
Naomi faticava ad accettarlo, ma in fondo era proprio quel dettaglio a impedirgli di liquidare per sempre la questione.
Una volta, su di un libro, aveva letto che i sogni non erano altro che rappresentazioni dei reali desideri e aspirazioni dell’individuo.
Se era vero, lui desiderava… Taira? Lui era attratto da un altro ragazzo? Era assurdo.
Naomi era sempre stato indifferente alla cosa; viveva e lasciava vivere, non si era mai detto infastidito dai ragazzi o dalle ragazze attratte da persone del medesimo sesso, ma ora poteva dimostrarsi così ipocrita da non accettare quella ‘realtà’ su se stesso?
Si passò una mano sul viso, cercando di prestare attenzione alla lezione, ma a quel punto era troppo tardi.
La sua mente, oramai, galoppava, ed il ragazzo si stupì di come stesse ripercorrendo quei giorni, quelle settimane, quegli ultimi mesi trascorsi sotto lo stesso tetto con il rivale, fino a giungere al giorno precedente, quando si era ritrovato a sedere con lui al tavolo di quel caffè, soffermandosi a riflettere sull’apparente nascita di quell’affetto che anche allora lo aveva lasciato perplesso.
Sì, Taira era sempre stato importante per lui, questo lo ammetteva a se stesso da tempo; ma per la semplice ragione che era il suo rivale, il suo incentivo a dare il meglio di sé in ogni gara, e colui con la quale avrebbe voluto raggiungere il suo obbiettivo; nessun altro pilota, fino a quel momento, era stato capace di sorprenderlo, di tenerlo col fiato sospeso, di farlo preoccupare, talvolta quasi di spingerlo a tifare in segreto per lui… E non gli era mai capitato, prima di quel momento, di osservare la cosa sotto una prospettiva completamente differente e nuova.
Naomi non aveva mai abbracciato, fino a quel giorno, l’ipotesi che la considerazione e la stima che provava verso Taira fossero sempre state così forti proprio perché celavano dietro qualcosa di più.
-Minamoto, prosegui nella lettura di pagina novantasei-.
Il ragazzo sgranò gli occhi e interruppe bruscamente quei pensieri, quando la voce dell’insegnante tornò a farsi strada nelle sue orecchie.
-Sì-.
Come avrebbe dovuto affrontare quella situazione? Ignorare il sogno? Prendere in considerazione e accettare la sua eventuale attrazione per un altro ragazzo, e soprattutto… accettare che quel ragazzo fosse proprio Taira?

-Minamoto era strano, stamattina-.
Capeta alzò lo sguardo dal suo bento e per un attimo il suo sguardo si perse nella contemplazione di qualcosa che solo sui sembrava poter scorgere davanti a sé.
Nobu lo fissò perplesso: -Eh? Strano, dici?-;
Il ragazzino annuì.
-Sembrava il solito Minamoto, ma ho avuto come l’impressione che tentasse di evitarmi-;
-Sarà stata una tua impressione, Capeta-.
Monami seguiva la conversazione fra i due compagni, proseguendo nel suo pasto: -Be’, è normale che sia strano, Kacchan- affermò attirando la loro attenzione.
-Come?- chiesero i due all’unisono.
-Ma è ovvio, no? Si avvicina il tuo compleanno, e sapete bene tutti e due cosa significa!-.
Gli sguardi nocciola dei due amici non diedero alcun segno di aver compreso il suo ragionamento; Monami strinse il suo bento e lo sbatté sul banco, alzandosi paonazza.
-E’ FIN TROPPO CHIARO CHE QUELLA FACCIA DA KABUKI COMINCI A TEMERE IL GIORNO DELLA SFIDA CON TE! HA PAURA DI PERDERE, ECCO COSA!- strillò, facendoli rovesciare a terra sotto le occhiate sbigottite dei compagni di classe.
-Abbassa la voce! Ma che idiozie stai dicendo, Monami?- brontolò Nobu, rialzandosi e tornando a sedersi -E’ poi è troppo presto per parlare del compleanno di Capeta, ti pare? Siamo in pieno inverno. Il suo compleanno è a giugno- le ricordò, esasperato.
Capeta sospirò annoiato, ascoltandoli battibeccare, per poi poggiarsi al banco e indirizzare la sua attenzione oltre le finestre dell’aula.
Forse Nobu non aveva tutti i torti. Doveva essere stata solo un’impressione.
Per quanto ci pensasse, non vedeva nessuna ragione per cui Naomi avrebbe potuto evitarlo.
Fino al giorno prima era andato tutto bene, escludendo il fatto che aveva rischiato di farsi sbranare dal cane dei vicini e di precipitare dal sesto piano.
Naomi si era comportato come al solito, anzi, era stato molto premuroso, preoccupandosi della sua caviglia, quando l’aveva vista tutta ammaccata.
La serata, poi, era trascorsa in maniera tranquilla: avevano cenato, battibeccando sui risultati dell’ultimo gran premio di F1, e dopo aver terminato i compiti si erano ritirati.
Capeta si era addormentato quasi subito; il ricordo del contatto avvenuto fra loro quando il ragazzo l’aveva ‘tratto in salvo’ ancora nitido e impresso nella sua mente...
-Ti dico che nel profondo lui teme Kacchan!-;
-E tu come fai a conoscerlo così nel ‘profondo’, si può sapere?-;
-Lo so e basta! Sono una donna, certe cose le percepisco!-.
-Ma state ancora discutendo, voi due?-;
-SILENZIO!- esclamarono quelli, all’unisono, facendolo sobbalzare.

Quel pomeriggio, il signor Tsubomaki raggiunse la sua squadra ai garage e levò un foglio davanti al viso dei due piloti.
-Il calendario delle prossime gare- gli comunicò, mentre gli occhi neri di Komazawa venivano attraversati da una scintilla d’entusiasmo.
-Gli farò mangiare la polvere, vedrai- assicurò il primo pilota della Persec –Tu guarda e impara dal sottoscritto, Capeta-.
-Metticela tutta, Komazawa- asserì la seconda guida.
-Ahah! Tranquillo, farò mangiare la polvere a tutti, questa stagione. In primis la scuderia di Shiba e Minamoto- esclamò circondando il collo del compagno a mò di cappio e sfregandogli un pugno sulla testa, facendolo gemere di dolore -A proposito, cerca di tenere a freno la lingua con quel Naomi, hai capito, ragazzino?-;
-Ahio! Te-tenere a freno…?-;
-Intendo, non spifferare le mie strategie segrete al nemico, è chiaro?-;
-Questa è bella, campione. Non sapevamo avessi delle strategie segrete. E quando hai intenzione di metterle in pratica?- intervenne Takahara, facendo scoppiare tutti in grasse risate.
Le gote di Komazawa di tinsero di rosso: -Ehi! E’ così che mi date fiducia, voi altri? Aspettate la prossima gara e vedrete! Dovrete chiedermi scusa in ginocchio- brontolò uscendo dall’officina -Su, andiamo ad allenarci, Capeta. Sei ancora troppo magrolino, dobbiamo irrobustirti per il debutto-;
-Tornate tutti a lavoro, voi altri- li riprese il signor Tsubomaki -Non abbiamo altro tempo da perdere, e quei radiatori vanno sistemati prima delle prove di lunedì-;
-Sì, capo!-.
-A proposito di figli di papà- disse Komazawa, stendendosi all’ombra della tettoia della scuderia e cominciando le flessioni -Che mi dici di Minamoto, Capeta?-;
-Che cosa vuoi sapere?- gli domandò l’interessato, incuriosito da quella domanda.
-Be’, tra tutte le donne del mondo tuo padre si è proprio scelto la madre del tuo rivale…- prese fiato e tornò ad abbassarsi sull’asfalto -A me puoi dirlo, è stata una scelta tattica?-; Capeta batté le palpebre, interdetto: -C-che cosa?!-;
-Ma sì, insomma…- Komazawa abbassò la voce facendosi più vicino a Capeta -Vivendo sotto lo stesso tetto del tuo rivale chissà di quante informazioni interessanti sarai al corrente riguardo la scuderia Sam’s-;
-Ah, ma che stai dicendo, Komazawa?- sospirò il quindicenne -So quello che anche voi conoscete al riguardo, niente di più-;
-Non me la racconti giusta. Non è che per caso cerchi di nascondere qualche asso nella manica per farti bello al debutto?-;
-Cosa ti viene in mente? E poi ti pare che Minamoto verrebbe a spifferarmi ogni scelta e strategia sua e del signor Kagami?-;
-Uhm, in effetti quello è un osso duro, uno come lui non parlerebbe nemmeno sotto tortura-;
-Eh? Non è questo il punto…- disse il ragazzino, quasi divertito da quelle affermazioni.
Taku Komazawa era strano, ma Capeta sapeva che in fondo aveva un cuore d’oro, nonostante la prima guida del team tentasse di nasconderlo sotto quell’aria e quei modi di fare un po’ rudi e primitivi.
Il ragazzino se n’era ben presto reso conto, nonostante i primi tempi alla Persec l’avessero messo a dura prova.
In breve tempo, Komazawa si era ricreduto nei confronti dell’ex allievo della FSRS, che aveva sempre giudicato una scuola per ricconi e figli di viziati, e, senza abbassare troppo la guardia nei confronti della nuova seconda guida, si era aperto a lui, dandogli finalmente tregua da commenti sprezzanti e battutine; l’aveva preso sotto la sua ala protettrice, atteggiandosi più a istruttore che a compagno, ma a Capeta la cosa non infastidiva, e il pensiero di trascorrere le sue giornate in quell’ambiente competitivo ma vivace contribuiva a dargli un po’ di respiro dai pensieri tormentati sulla situazione tra lui ed il suo rivale.
-In ogni caso, anche se sapessi qualcosa, un campione come te non avrebbe di certo bisogno di ricorrere a spiate per essere avvantaggiato- gli disse con un sorrisetto, cercando di scacciare l’immagine di Naomi dalla propria mente.
-AH! Ma certo che no, per chi mi hai preso?- abboccò Taku -Io sono un genio! Figurati!- disse eseguendo una decina di flessioni senza prender fiato -Sono la stella del Giappone! Piuttosto…- disse sollevandosi e mollandogli un pugno in testa, lasciando il ragazzino quasi tramortito -Non ti ho ancora visto fare una flessione come si deve. Di questo passo rimarrai un’acciuga!- lo rimproverò -Guarda la Sam’s: con Shiba sono avvantaggiati persino nell’immagine, perciò datti da fare e scolpisciti quegli addominali! Per la faccia non possiamo fare granché, ma almeno quelli…-;
Capeta deglutì, massaggiandosi la testa: -Glom, sissignore…!-.

Naomi ed il suo gruppo di meccanici erano chini intorno alla monoposto, ferma ai box del circuito.
-Prova a misurare di nuovo la pressione degli pneumatici. Poi scendo per un giro di prova- disse rivolgendosi allo staff, che annuì, pronto alla verifica.
C’era un gran daffare alla Sam’s, in quel periodo, prima della chiusura dei circuiti per l’avanzare della stagione invernale.
L’aria si era fatta pungente, e, nel giro di poche settimane, gli alberi lungo le alte colline che incorniciavano il circuito si erano spogliati delle foglie, accogliendo su di sé la prima brina.
Naomi uscì dai garage, fissando il cielo grigio e respirando un po’ d’aria fresca, perso nei suoi pensieri, quando una figura lo raggiunse, fermandosi accanto a lui.
-Mh… Sei arrivato-;
-Minamoto- lo salutò Shiba, poggiandosi al muretto di cemento e fissando le auto sfrecciare lungo il rettilineo -Ci stanno dando tutti dentro, oggi. Pare siano in arrivo nevicate. Chiuderà tutto prima, di questo passo- osservò dopo qualche minuto di silenzio.
-U-uh-.
Intavolare una conversazione con la seconda guida del team non era mai facile; si contavano sulle dita di una mano le poche persone coi cui Minamoto sembrava propenso a conversare, e nonostante fosse già da diversi mesi che Ryou occupava il suo meritato posto di terza guida, ancora faticava a entrare in confidenza.
Negli ultimi tempi, oltretutto, aveva come l’impressione che quella barriera che il ragazzo era solito innalzare intorno a sé, si fosse ulteriormente irrobustita; l’unica volta in cui aveva scorto il volto di Naomi tranquillo e disteso, era stato quando l’aveva incontrato in città assieme a Taira, il giorno prima.
Shiba non riusciva ad allontanare quell’immagine dalla propria testa; anche se per poco, aveva visto i due rivali uno a fianco all’altro conversare in perfetta armonia, e la cosa lo aveva lasciato a dir poco perplesso e incuriosito.
La maggior parte dei tecnici e dei piloti (lui compreso) di quel circuito avrebbe dato qualunque cosa per sapere cosa girasse per la testa di quel ragazzo già così maturo, serio e indecifrabile, mentre sembrava che Taira, così ingenuo e spontaneo, fosse l’unico in grado di oltrepassare quella barriera, quella montagna insormontabile che era l’introversione di Minamoto.
-Ho sentito dire…- riprese Ryou, dopo un attimo di silenzio, attirando su di sé lo sguardo del compagno di squadra -Che tua madre e il padre di Taira ora stanno insieme-.
Taciturno, Naomi tornò a fissare il rettilineo con aria indecifrabile.
-Deve fare uno strano effetto- proseguì il biondo -Tu e Taira ora siete parenti?-;
-Mh, niente di tutto questo- rispose Minamoto, laconico, mentre una monoposto gli sfrecciava davanti, ruggendo e allontanandosi a gran velocità.
Ryou fissò stranito il compagno di squadra voltarsi e lasciare il muretto, diretto al box. Sembrava il solito Minamoto distaccato e indecifrabile, eppure, dopo aver nominato Taira, gli era sembrato di scorgere una strana quanto impercettibile luce nello sguardo del compagno; ancora… proprio come il giorno prima.
-Ieri vi ho visti in centro- gli rivelò, senza conferire a quelle parole un tono particolare.
Naomi si fermò, le mani ancora immerse nelle tasche della spessa tuta, e restò in ascolto: -E con ciò?-;
-Niente- disse Shiba, seguendolo con lo sguardo -Però mi sono chiesto… a che gioco stessi giocando con quel Taira-.
Un paio di monoposto li superarono, percorrendo la pista; ruggirono così forte che quando si allontanarono un placido silenzio si fece strada lungo il paddock.
Shiba rimase in attesa. Sapeva fin troppo bene che, nonostante la differenza di età e di categoria, Minamoto si era sempre sentito legato a Taira, trattandolo con grande rispetto e attendendo impaziente il suo ingresso ufficiale in categoria; ciò che maggiormente infastidiva Ryou, era il fatto che, nonostante fosse stato lui a meritarsi la borsa di studio della FSRS e un posto nella prestigiosa scuderia grazie al suo indiscusso talento, i pensieri di Naomi fossero ancora per quel ragazzino; che i suoi occhi, quando percorrevano le curve e i rettilinei del circuito, continuassero a cercare Taira, a bramare quell’agognata sfida che ancora, dopo cinque anni, si faceva attendere.
Ma se fin’ora quella sfida non era avvenuta allora significava che Kappeita Taira non era il genio delle corse che tutti credevano e acclamavano, o si sbagliava? Perché le attenzioni di Minamoto rimanevano su di lui, nonostante questo?
Perché, Ryou, dopo aver mostrato a tutti di che pasta era fatto durante quei giorni trascorsi nella scuola di preparazione, senza incidenti, senza errori, con determinazione, non riusciva a meritare le medesime attenzioni da parte del suo agguerrito e imbattibile coetaneo? Perché Minamoto non lo guardava come guardava Taira?
Lui non aveva proprio niente in meno di quel ragazzino. Non negava il talento di quest’ultimo, era stato ammirevole anche il suo impegno, certo, ma rimaneva il fatto che Ryou Shiba lo aveva sfidato, e, a dispetto delle difficoltà, lo aveva battuto sui kart. E battuto ancora durante la tre giorni.
Eppure, Minamoto continuava a non riconoscere Ryou come una possibile minaccia. Si limitava a tenerlo d’occhio come faceva per ogni pilota presente sul circuito, ma niente di più.
Ryou sentiva il suo orgoglio ferito; aveva fatto tutto il possibile per guadagnarsi un posto alla Sam’s proprio per poter tornare a competere contro di lui, il suo avversario sin dai tempi della ICA, e l’idea di non essere ancora considerato da quest’ultimo abbastanza pericoloso come avversario non faceva che renderlo ansioso.
La voce tranquilla di Minamoto lo distolse dai suoi pensieri, mentre quest’ultimo volgeva appena le iridi ambrate verso di lui.
-Hm, devi scusarmi, ma non capisco dove tu voglia arrivare, e non ho certo tempo da perdere per stare ad ascoltarti- affermò, allontanandosi verso la monoposto, sotto lo sguardo sbigottito della terza guida –Non mi dirai che sei geloso, Shiba-.
-Ge…- Ryou si riscosse e sventolò un pugno minaccioso per aria; le sue gote si infiammarono -Ma che stai dicendo?! E poi io non ho nulla da invidiare a quel Taira, sai?!- esclamò sotto gli sguardi sbigottiti dei piloti e dei tecnici, mentre Naomi volgeva lui le spalle e si congedava, alzando una mano in segno di saluto -Mi ascolti?! Minamoto…!-;
-Shiba-;
-Ugh. Signor Kagami..!- trasalì il biondino, scorgendo l’uomo sopraggiungere accompagnato dal segretario Tanaka e dall’assistente Makoto -Buongiorno- tossicchiò rivolgendogli un profondo inchino.
-Sei pieno d’energia, vedo. Buon per te, ma non perdere la concentrazione, siamo intesi?- disse l’uomo, superandolo.
-Sì. Sissignore-.
Serrando i denti e stringendo i pugni, Shiba si volse nuovamente in direzione dei box, e a grandi passi ne attraversò la soglia, afferrando il casco e raggiungendo la sua monoposto, accanto a quella del compagno, che già usciva a gran velocità seguito dalla prima guida.
-Entro anch’io. Tenetemi aggiornato sui tempi- disse prendendo posto nell’abitacolo, e stringendo il volante fra le mani guantate.
Gliel’avrebbe dato molto presto un motivo per dimenticarsi di Taira. Ryou avrebbe dato tutto se stesso per dimostrarsi all’altezza della scuderia, delle aspettative di Kagami, e per battere finalmente Minamoto.

CONTINUA…

Disse l’Autrice:
Saluti a tutti, ben ritrovati e buon primo luglio a tutti! Come state?
Avete appena letto l’ottavo capitolo di “F1ove”; spero sia stato di vostro gradimento. *C'è anche Shiba wow °^°*
Fortunatamente il clima estivo non mi ha ancora dato il colpo di grazia, perciò con tanta pazienza e dedizione, e grazie al supporto di potenti spiriti lurkatori *mostra bernoccole in testa* (?) sono riuscita a postare un nuovo capitolo nello stesso anno! Incredibile! *Getta coriandoli e bulloni e stappa spumante* A quanto prima, ovviamente, il numero nove! Nel frattempo ringrazio con calore chiunque abbia fin'ora dedicato del tempo alla lettura della storia e a chiunque abbia speso qualche minuto per rilasciare una recensione! Grazie mille! ^_^
Detto ciò vi saluto e auguro a tutti voi una buona estate! ALOHA!

+AliceWonderland+
  
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