Riverso una sincope inversa
sulle noie baciate
dei tuoi versi sinottici:
i tuoi ritratti ostici
su cartoline bruciate
che non si spengono,
su calli amorfi che collidono
e cazzi affogati che salgono
in alfabeti ellittici
di oro bucato,
nella violacea notte
che venerea ci fotte,
ti fotte,
mi fotte
con luci rotte,
nude vertigini mai emerse,
leccornie acustiche
e letti di sbornie insonni
mille volte affamate
e per mille dita tolte
mai consumate.