Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lavi Bookman    02/07/2014    3 recensioni
[Jean - Eren.]
"[...] Ma le urla di Eren erano troppo chiassose. Le sue lacrime non si fermavano, e le sue braccia lo stringevano troppo forte. Decise che no, il silenzio era meglio. Decise inoltre di dover parlare ad Eren di come ci si comporta in casi simili. Ad esempio, "non urlare nell'orecchio del ferito". [...]"
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Give you all I am.






Avevano cercato in ogni modo di stare in piedi, loro due. Si erano guardati le spalle più volte, senza mai scendere oltre un certo limite che avrebbe potuto spezzare quel leggero equilibrio che li reggeva su due pianeti differenti, e che se solo avessero colliso erano certi ne sarebbero usciti distrutti.
Era paura. Consapevolezza di non potere. Che se solo si fossero permessi ciò che entrambi volevano, improvvisamente sarebbero rimasti senza difese.
Il terrore salire al cervello, la vista offuscata ma che si focalizza solamente nel punto in cui si trova l'altro, perdendo di vista tutto il resto.
E litigavano.
Mantenevano quella distanza, disperatamente, scagliandosi addosso tutte le parole che avrebbero potuto rendere il loro avvicinarsi meno complice.


 

"Eren?"
"Mh...?"
"Sei vivo!"
"Stavo dormendo, Jean. Piantala di svegliarmi- E togliti quel sorrisino, idiota."
"Non chiamarmi idiota, razz—-"
"Ora lasciami dormire, ti ho baciato come volevi, no?"


 

***



Eren, la notte, si svegliava e lo trovava affacciato alla finestra. Non lo disturbava mai e tornava a dormire.
 

***



"Credi che ci sia qualcosa, al di là?"
"Al di là?", aveva chiesto Eren corruciando appena la fronte. Jean lo aveva guardato, concentrandosi per non sorridere e scompigliargli i capelli. Lo vide annuire poco dopo, impercettibilmente, ma non ottenne mai una risposta.
 

***



"Jean?"
Forse non avrebbe dovuto chiamarlo, perché vedere improvvisamente la paura nei suoi occhi fece crollare un po' di quel cinismo che gli riservava. La stretta alla bocca dello stomaco prese posto, mentre i passi si facevano sempre più veloci nella sua direzione.
In quel momento capì che probabilmente Jean aveva perso molto più di quanto avesse detto. Quel giorno, inginocchiandosi davanti al falò in memoria di chi era morto, non si era mai veramente alzato. Le sue mani ancora stringevano la terra, e i suoi occhi non avevano smesso di perdersi a guardare le fiamme.
Ad Eren, il suo corpo, sembrò infinitamente fragile tra le proprie braccia.
Non si abbracciarono più, inventando scuse. "Puzzi, Eren!".
 

***



In realtà Jean amava il suo odore, che in qualche modo gli ricordava casa.
Prima o poi glielo avrebbe detto, magari alla fine di tutto.
 

***



(Sapeva che non sarebbe mai successo.)
 

***



"Non te ne andare!"
Sentiva Eren continuare a chiamarlo. Se solo fosse stato diverso, per loro, forse avrebbe apprezzato quel fastidioso richiamo. Vedeva, ormai, la sua presenza come un ostacolo a stare in pace.
"Ho bisogno di te, Jean...", continuava a ripetere. Avrebbe sorriso, forse.
La voce incrinata dal pianto del ragazzo, pensò, era più rassicurante del totale silenzio, alla fine.
Morire, in quel momento, non sembrava poi così orribile.

Ma le urla di Eren erano troppo chiassose. Le sue lacrime non si fermavano, e le sue braccia lo stringevano troppo forte. Decise che no, il silenzio era meglio. Decise inoltre di dover parlare ad Eren di come ci si comporta in casi simili. Ad esempio, "non urlare nell'orecchio del ferito".
 

***



Il peso del suo corpo, sopra il proprio, non era eccessivo. Sentiva il letto cigolare appena, quando si muovevano, e lo trovava quasi rassicurante.
Avevano sempre fatto sesso litigando. Le dinamiche erano complicate, perché Eren era testardo non meno di Jean, e il loro unico modo per allentare la tensione della giornata diventava il fulcro di tutto il nervosismo. Però le mani si cercavano, le bocche si bramavano, e più volte avevano cercato di unire i loro corpi abbastanza a fondo da perdere la capacità di distinguerli.
Era solo difficile accettare che prima o poi sarebbe finito.

"L'amore non basta..."
"Ti sei innamorato di me, Jaeger-?"
"Parlavo tra me e me, faccia da cavallo."
"A-ah."

 

***



Eren amava davvero Jean.
 

***



Era estate quando capirono che sarebbero morti.
Era una sensazione, come quella che prende il cuore e tutti gli organi quando si è paralizzati dalla paura, eppure era così vivida da non permettere repliche.
In quei mesi, Jean ogni notte pregava perché fosse lui il primo ad andarsene: se avesse nuovamente visto morire chi amava, probabilmente sarebbe impazzito.
Ogni notte faceva un po' più male, ma poi le carezze stanche di Eren sapevano rendere il suo peso meno sfiancante, e le sue gambe intrecciate alle proprie gli ricordavano che era ancora vivo.
Pensò più volte che forse poteva amarlo come meritava.
L'attimo seguente, fin tanto che l'altro scendeva con la lingua lungo il suo torace e poi giù, sempre più in basso, si diceva che no, non lo avrebbe lasciato andare, anche se quella sarebbe stata l'unica degna prova di amore.
Gli accarezzava i capelli, vi affondava le dita mentre la sua lingua lo provocava, e li stringeva, immaginando che quel gesto potesse dichiararlo suo.
 

***



Eren non sopportava troppo di essere tirato per i capelli, ma non aveva più voglia di litigare.
Un po' gli piaceva, in realtà.
 

***



Lasciò cadere le ginocchia a terra, come se semplicemente non avesse più abbastanza forza per reggersi in piedi. Era diventato tutto così pesante, e la gravità stava avendo la meglio.
Non era sicuro che fosse sua la voce che urlava.
Il sangue era così tanto che scioccamente pensò che non poteva appartenere tutto a Jean.
Forse stava stringendo troppo forte e la sua voce era troppo alta, ma andava bene lo stesso, perché l'altro avrebbe aperto gli occhi, per guardarlo male, e avrebbe detto "Eren, mi stai dando fastidio, staccati". A quel punto si sarebbe allontanato, seccato, e per tutta risposta avrebbe cacciato un "sei tu scemo a voler morire qui!". Avrebbero litigato ancora, magari. Jean dopo qualche ora sarebbe tornato da lui per chiedergli scusa goffamente. Più volte erano finiti a litigare anche dopo delle scuse. Si chiese perché non sapesse quale fosse il suo colore preferito, o cosa amava mangiare.
In compenso, sapeva cosa poteva farlo ridere e cosa farlo arrabbiare.
Si chiese anche perché non avessero mai parlato delle loro esperienze passate, e si morse la lingua prima di chiederglielo. La sua bocca era ancora troppo piena di urla.
Jean non li apriva gli occhi.
 

***



Il giorno dopo l'estate era finita.



 




Angolo Autrice:

Che io continui a voler mettere delle note a pie pagina senza sapere cosa scriverci ha un che di idiota. Quindi continuerò a farlo giusto per questo motivo. (. . .)
E' una coppia che fondamentalmente non shippo poi così tanto quindi mi assumo le colpe di questa cosa (??????????). Spero quanto meno di non averli resi spaventosamente OOC (COME IN REALTA' MI SEMBRA CHE SIANO). E' bello notare che in teoria dovevo farli accoppiare a caso, senza ammazzare nessuno- #buonipropositi
In ogni caso, solite cose che neanche sto a ripetere-
Bye!
  
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