Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Ricorda la storia  |      
Autore: Himenoshirotsuki    02/07/2014    13 recensioni
Poi era accaduta la tragedia, l'incendio che gli aveva portato via ogni cosa. Da quel giorno, Ciel non aveva più sorriso, nonostante tutti i suoi sforzi. Era come se si fosse spento, come se una parte di lui fosse arsa tra le fiamme assieme ai suoi genitori e alla sua vecchia dimora. Ora che ci ripensava, nemmeno il giorno in cui le aveva messo l'anello al dito, o quello in cui gli aveva detto di aspettare un figlio da lui il ragazzo era parso felice. Era come se al di fuori del suo lavoro non esistesse nient'altro, come se il resto fosse una decorazione trascurabile, inutile.
Eppure, sebbene lui non le avesse mai dedicato più del tempo di quello che gli imponevano le regole della convivenza, lei non poteva fare a meno d'amarlo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Without Love, Without Reason

 


Freddo.
Un dolore pulsa nel cranio al ritmo del suo battito cardiaco, un battito ossessivo, insopportabile. Tra un momento la testa le esploderà, ma forse è meglio così. Qualunque cosa, piuttosto che quel male lacerante che sembra volerle scarnificare il cervello, l'anima.
Le dita della mano tastano la superifice su cui è distesa: è dura, gelida.
È finita sul pavimento.
Cerca di ricordare, ma una fitta dolorosa al viso le impedisce di restare lucida. É così difficile pensare con quel continuo rimbombo che sente nella sua testa. Non riesce ad aprire l'occhio destro, è come se non lo avesse mai avuto. Riesce solo a sentire uno strano sapore metallico in bocca e qualcosa di denso e caldo che scivola fuori dalle sue labbra.
Intravede il corpetto del suo abito macchiato di rosso. Era il suo preferito, ora lo dovrà sicuramente buttare, altrimenti qualcuna delle domestiche potrebbe cominciare a fare domande. E lei non può dare spiegazioni. Non vuole.
Cerca di rannicchiarsi in posizione fetale, nel disperato tentativo di riprendere un po' del calore che quella pietra bianca le ha crudelemente sottratto, ma il suo corpo rimane lì, immobile.
Basta.
Una voce autoritaria, che non ammette repliche.
Basta, non ti muovere.
Un ordine perentorio dal profondo della nube di droga che le offusca il cervello. E lei obbedisce, come ha sempre fatto.
Sbatte le palpebre, mentre davanti si agitano fiamme evanescenti e fuochi d'articificio di un raccapricciante colore rosso. Le viene da ridere  all'idea che solo lei è in grado di vedere quelle macabre meraviglie. Forse è impazzita davvero, ma la cosa non fa altro che scatenarle una ridarella incontrollata. Dall'occhio tumefatto sente scendere una lacrima, una stilla cristallina che si va a mischiare al sangue che non smette di colarle dalla bocca. Ride e piange.
Sono pazza.
Lentamente, frammenti di memoria di pochi minuti prima cominciano a riordinarsi, incastrandosi in un mosaico perfetto di sensazioni e parole. E allora ricorda. Un altro dolore si sovrappone all'incendio che le serpeggia nelle vene. Quello è il pavimento della sua camera da letto, della camera in cui ha fatto l'amore con lui, prima che la scaraventasse contro il comò vicino alla finestra.
Dalle sue labbra scivola un gemito soffocato. É stato suo marito a ridurla così. É stato Ciel.
Il respiro si fa più corto, il sangue le risale su per la gola e improvvisamente si sente soffocare, schiacciata da quella consapevolezza, dal fatto che lei sia stesa lì perchè lui l'ha colpita.
Quante volte?
La voce della sua coscienza riemerge della sua mente. Sembra la voce della sua cara madre e, forse, lo è davvero.
Quante volte, Elizabeth?
Inghiotte le lacrime, mentre i singulti cominciano a scuoterle il petto.
Tante, troppe volte.
Ma ha forse importanza? Succede sempre così, ormai, anche se lei lo ama, anche se lei ha sempre cercato d'essere la donna dei suoi sogni.
Ha cominciato a picchiarla quasi subito, appena sposati. Gliel'avevano detto in tanti che lui non era l'uomo giusto, ma lei non aveva voluto sentire ragioni: lo conosceva da quando erano bambini e sua madre le aveva detto che ci vuole tempo perché due persone si innamorino, e che probabilmente con la nascita del primo figlio sarebbero stati felici. Così, alla fine, aveva acconsentito a sposarlo e il giorno del matrimonio si era sentita una principessa con quell'abito bianco e la corona di fiori che le ornava i capelli biondi. Quel giorno era stato sicuramente il più bello della sua vita e per un attimo aveva pensato di star sognando. Non si era capacitata degli sguardi tetri dei suoi parenti, né degli occhi scuri e severi di suo fratello. Quel giorno li aveva odiati e, alla fine della cerimonia, si era ripromessa di non vederli più.
Quanto era stata cieca. Stupida e cieca.
Eppure non riesce a non sorridere dinanzi al ricordo di quel giorno felice.
Era un mese caldo. Può ancora percepire il venticello estivo che le accarezza la pelle. Inspira leggermente, riempiendosi i polmoni come se intorno a lei ci fosse quell'aria salubre che regna sulle coste inglesi durante i mesi in cui il sole sembra avvolgere la Terra in un delicato abbraccio. Delicato come il flusso cremisi che le disegna il profilo delle labbra, come il sapore del sangue che le ha riempito la bocca.
Ormai hai perso ogni sensibilità...
Cerca di sollevarsi, ma i muscoli non la reggono, non rispondono ai comandi del cervello. Una vera Lady farebbe un altro tentativo, andrebbe in bagno a tamponare il labbro spaccato e poi fuggirebbe nella sua casa natia, dove sa che troverebbe un porto sicuro. Oppure cercherebbe di eliminare quel marito violento che le massacra il corpo e l'anima.
Tu non sei una vera Lady.
Sorride. Ancora una lacrima le sfugge dall'occhio gonfio, mostruoso. Era così bello il suo Ciel il giorno del matrimonio, anzi lo era sempre stato. Persino quando si arrabbiava, Lizzy riusciva a scorgere nel viso distorto dall'ira e dall'alcool quei lineamenti armoniosi che l'avevano fatta innamorare. Il giorno in cui si erano incontrati, quando i suoi genitori le avevano detto che era la promessa sposa del figlio del Conte Phantomive, Ciel era un bambino allegro, felice.
Poi era accaduta la tragedia, l'incendio che gli aveva portato via ogni cosa. Da quel giorno, Ciel non aveva più sorriso, nonostante tutti i suoi sforzi. Era come se si fosse spento, come se una parte di lui fosse arsa tra le fiamme assieme ai suoi genitori e alla sua vecchia dimora. Ora che ci ripensava, nemmeno il giorno in cui le aveva messo l'anello al dito, o quello in cui gli aveva detto di aspettare un figlio da lui il ragazzo era parso felice. Era come se al di fuori del suo lavoro non esistesse nient'altro, come se il resto fosse una decorazione trascurabile, inutile. Eppure, sebbene lui non le avesse mai dedicato più del tempo di quello che gli imponevano le regole della convivenza, lei non poteva fare a meno d'amarlo.
Non riusciva a togliersi dalla testa il ricordo di quel bambino che correva per il giardino, dispensando sorrisi a tutti gli invitati, quasi fossero dei mazzolini di fiori o dei doni preziosi. Quando aveva deciso di diventare sua moglie, era sicura di poterlo riportare in vita, se l'era ripromesso e per anni non aveva fatto altro che ripeterselo fino a convincersene. Lei era lì per salvarlo, per salvarlo da se stesso.
Stupida...
Il respiro si fa di nuovo corto e la nuca sembra pulsare ancora di più insieme al cuore, o a quel che ne resta. Lei era innamorata e sapeva che, se l'avesse lasciato, non sarebbe stata in grado di donare il suo amore a qualcun altro. Avrebbe ricercato gli stessi occhi gelidi, gli stessi tratti austeri e duri, le stesse dita lunghe e affusolate, intrappolata in una versione distorta della realtà. Una copia imperfetta di Ciel, una brutta copia.
Come puoi amarlo?
Il suo corpo ha un tremito.
Paura.
Paura di alzarsi, stare in piedi, vivere, addormentarsi, prendere decisioni con la sua testa. Sente le lacrime pizzicarle gli occhi e non riesce a fare a meno di piangere, lì, da sola, su quel gelido pavimento di marmo bianco.
No, non voleva che lui se ne andasse. Tutto sarebbe rimasto vivido, sanguinante.
Un altro carattere, un altro sorriso, un altro corpo. Era fuori da ogni possibile concezione.
Con Ciel aveva fatto l'amore, aveva camminato al suo fianco durante le feste, godendo della sua fredda luce come un satellite di un pianeta morto. Con lui era svanita: nell'alcool, nella droga. Perché quelle tenebre corrosive alla fine avevano avvolto anche lei e l'unico modo per contrastarle era affidarsi all'estasi psichedelica di quelle sostanze passate sottobanco da un medico corrotto e senza scrupoli. E in quei momenti aveva potuto godere di nuovo del sorriso angelico di quel bambino che aveva conosciuto tanto tempo prima.
Sorride, mentre la notte cala nuovamente sulle sue membra martoriate.
Scappare? Salvarsi? E perché? Lei ama Ciel. Davvero. L'occhio gonfio? Succede a volte di litigare e forse, anzi, ora ne è certa, gli aveva dato una risposta tagliente prima. Se l'era meritato, era la giusta punizione per essere stata così insolente.
Le lacrime scendono ancora, mentre una mano tampona il labbro e un'altra accarezza la fronte. Elizabeth apre le palpedre, incontrando un paio di occhi, azzurri come il cielo d'inverno. Alza la mano e lui gliela stringe, le labbra serrate in un'espressione severa, scostante.
Ciel è finalemente accanto a lei.
E lei allora glielo dice: - Ti amo. -
  
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: Himenoshirotsuki