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Autore: itsloouis_    03/07/2014    4 recensioni
-Magnus.- disse con voce tremante. –io sono metà umana e metà angelo, giusto?
-Sì.
-Un angelo dannato cos’è?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO
 
New York, 2019.

Clary Fray era in travaglio.
Eccola, l’emozione mista a terrore di cui le avevano tanto parlato sua madre Jocelyn e l’amica Tessa. Quell’impazienza di tenere tra le braccia il frutto della propria fatica e del proprio dolore. E quelle fitte lancinanti che trapassavano il ventre ad intervalli regolari.
Catarina Loss, nota infermiera stregone, la fece stendere su una lettiga per condurla nella sala parto della clinica in cui lavorava.
-Jace?- chiamò Clary. Suo marito, Jace Herondale, doveva essere da qualche parte, ma non lo vedeva da quando era entrata in travaglio.
-E’ in sala d’attesa. È un po’ nervoso. – le spiegò Catarina con un sorriso colmo di tenerezza. –Ti va di farti accompagnare da tua madre nel parto?
Clary gettò una rapida occhiata a Jocelyn. I fluenti capelli rossi, una volta raccolti in uno chignon, ricadevano ora sulle clavicole in ricci disordinati, le gemme verdi che erano i suoi occhi erano cerchiate da linee violacee e le palpebre sembravano sorreggersi per miracolo. Non ne aveva la forza, era chiaro. Tuttavia la guardava come un bambino guarderebbe il padre davanti alla vetrina di un negozio di caramelle, un silenzioso, enorme desiderio, di essere testimone di quel passo importante che stava per compiere sua figlia.
Clary, tuttavia, pensò che avrebbe potuto vedere, suo figlio –o sua figlia- anche dopo il parto. Ad accompagnarla doveva essere una persona forte.
- Vorrei che fosse Tessa ad accompagnarmi.- dichiarò quindi la ragazza.
Tessa, nell’angolo della stanza in cui era seduta, fece un’espressione tra la sorpresa e la commozione, poi si alzò con decisione e prese la mano di Clary.
Bene si disse la ragazza ci siamo.
Una contrazione al ventre la fece contorcere nella lettiga con una smorfia di dolore, Catarina la trasportò quindi in sala parto.
La prima impressione che ebbe Clary di quel posto, fu che c’era un fastidioso andirivieni di medici, e si sentì invadere dal disagio.
Un attimo dopo, quando un’altra fitta le trapassò la pancia, constatò che non se ne sarebbe curata minimamente.
Un ennesimo dolore al ventre le mozzò il fiato e la fece gridare.
Tessa le prese la mano, con fare rassicurante.
-Ssh.- le disse. –pensa solo alle mie mani che stringono le tue. Ricorda, inspira con il naso ed espira con la bocca. Un secolo fa con me ha funzionato.- proseguì sorridendo.
Clary ci provò. Provò a pensare solo al suo respiro mentre Catarina le posizionava i polpacci negli appositi spazi lasciandola in una posizione non esattamente carina per una ragazza.
Ebbe un’altra fitta. Stavolta, però, non fu momentanea come le altre. Stavolta il dolore persisteva, le trafiggeva tutto l’addome e la fece urlare forte.
-Cos’è?- urlò tra i lamenti.
-Tesoro, calmati. È il tuo bambino. Si è incanalato nell’utero.- le spiegò Catarina.
-Tiratelo.. fuori!- urlò implorante Clary. Era sicura che le ossa del bacino le si stessero muovendo. Si stavano allargando, creando un perfetto mix di dolore assieme alle contrazioni al ventre rotondo.
Clary gridò di nuovo, poi si ricordò. Teneva ancora le mani di Tessa. Provò, con non poche difficoltà, a respirare come le aveva detto lei.
Dopo un po’ che andava avanti, riuscì a dare le prime spinte per far uscire il bambino, e fu in grado di combinare le due cose: mentre inspirava si preparava, mentre espirava spingeva con tutte le sue forze.
Andò avanti per quella che sembrò un’infinità. C’erano solo lei, il suo respiro, le mani di Tessa, e il bambino.
Finalmente si sentì svuotata, e lasciò andare Tessa. Con la vista appannata dalla stanchezza, vide Catarina estrarre dal suo corpo un esserino minuscolo, e tagliare il cordone ombelicale che lo univa con la sua mamma.
Sentì il fievole pianto di suo figlio risuonare nella stanza, e fiumi di lacrime di commozione sgorgarono dagli occhi di Clary. Con la coda dell’occhio, scorse Tessa intenta ad asciugarsi gli occhi.
L’infermiera, tutta sorridente, le consegnò il fagotto che conteneva il suo bambino.
-Che nome avevate pensato?- domandò curiosa Tessa.
-Stephen.
-Ehm, in realtà Clary…- iniziò Catarina. –è una bambina.
Clary dentro la sua testa aveva sempre pensato ad un bambino. Quando ne parlava, diceva “il mio bambino”. Si ritrovò senza possibili nomi da femmina.
-Ah, allora penso che lo sceglierò dopo, con Jace.


Jace guardò per l’ennesima volta l’orologio.
-Cavolo.- farfugliò. –sono due ore che è lì dentro. Cosa le stanno facendo?!
-Si chiama parto.- annunciò sarcastico il suo parabatai Alec Lightwood, dandogli una pacca sulla spalla.
-Su, Jace.- lo ammonì lo stregone Magnus Bane. –sii paziente.
-Zitto, Magnus.- grugnì l’altro.
In quel momento Catarina, la gentile strega blu che aveva assistito sua moglie, comparve sulla soglia, sorridendo.
-  Clary vi aspetta. E non è da sola.
Le otto persone presenti nella stanza, Jace, Magnus, Alec, sua sorella Isabelle, lo Shadowhunter James Carstairs, il vampiro Simon e il lupo mannaro Luke, si lanciarono contro la porta, travolgendo la povera Catarina e correndo verso la stanza di Clary, la numero 176A.
Una volta sulla soglia, Jace si sentì mancare il fiato.
Clary era seduta sul letto, le gambe sotto il lenzuolo e la testa appoggiata ad un cuscino sistemato in verticale anziché in orizzontale. Tra le sue braccia, un fagotto di circa mezzo metro. Suo figlio.
Si precipitò dalla moglie con le lacrime agli occhi, le diede un tenero e lungo bacio sulla fronte, poi osservò il mucchietto di coperte tra le braccia di Clary.
Un visino paffuto e dalla pelle ancora violacea lo osservava con ciechi occhi grigi, un setoso strato di capelli biondi copriva la testolina del piccolo, e le mani minuscole erano chiuse a pugno sul petto.
Jace fu sopraffatto dall’emozione, e dopo tanti,tanti anni passati senza versare una lacrima si abbandonò ad un pianto commosso. La sua famiglia.
-Ciao, Steve.- sussurrò dolcemente.
-Tesoro,- lo chiamò Clary. –in realtà è una bambina.
Jace strabuzzò gli occhi. Era una bambina, la sua bellissima bambina, e già si sentiva in maggiore dovere di proteggerla.
-Hai in mente qualcosa?- chiese alla moglie.
-Un nome sì. Dimmi se sei d’accordo.- fece lei.
-Dimmi, amore.
-Lucie.
All’udire di quel nome due sospiri smorzati si alzarono nella stanza.
Tessa e Jem.
-Lucie è stato il nome della figlia di Tessa.- spiegò Clary. –durante il parto, Tessa è stata un tutt’uno con me. Mi ha aiutato a soffrire di meno. E mi è stata vicino quando qualcuno era troppo impegnato ad “essere nervoso”.- concluse teneramente mimando le virgolette con le dita.
-Beh, e Lucie sia!- esclamò il marito, ancora commosso.
Magnus attraversò a grandi passi la stanza, prese Lucie dalle braccia della madre senza chiedere il permesso e le accarezzò il viso con il pollice, con fare teatrale.
-Benvenuta, Lucie Herondale.

New York, 2020.

Jace si svegliò nel cuore della notte a causa di un urlo di sua moglie.
Allarmato, si alzò in tutta fretta, correndo verso la voce di Clary, per capire cosa fosse successo. Si aspettava che il loro secondo figlio, Steve, fosse caduto dal lettino, non sarebbe stata la prima volta nei suoi soli due mesi di vita.
Ma il grido di Clary non proveniva dalla cameretta di Steve.
Jace corse verso la stanza di Lucie, per trovare sua moglie con una mano sulla bocca e l’altra sulla pancia, come se avesse appena ricevuto una pugnalata. Il suo bel viso contorto in una smorfia di dolore.
Quando Jace arrivò al letto della figlia, capì il motivo dello sconforto di sua moglie.
Il lettino era vuoto. Il vetro della finestra tagliato, probabilmente con una punta di diamante, a formare un foro circolare. Al posto della bambina, due ali d’angelo insanguinate. Se fosse il sangue dell’angelo o di Lucie, Jace non seppe dirlo.
Senza fiato, si ritrovò a pronunciare un nome. Spuntandolo fuori come se fosse veleno, si ritrovò a dire: -Sebastian.
   
 
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