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Autore: lady dreamer    03/07/2014    6 recensioni
Di quando Sherlock Holmes scoprì di essere miope…
E a John Watson toccò l’ingrata sorte di insegnargli a mettere le lenti a contatto…
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Colpo d’occhio.
ovvero
Di quando Sherlock Holmes scoprì di essere miope…
E a John Watson toccò l’ingrata sorte di insegnargli a mettere le lenti a contatto…
 

 
Stavi sfogliando un giornale seduto dietro al bancone quando lui è entrato nel negozio. Il prototipo del cliente insopportabile. La diabolica incarnazione del saccente indeciso. Non lo si può consigliare. Non gli si può dire niente. Ti odia a priori, solo per il lavoro che fai. Ma tu sei gentile, sei sempre gentile con i clienti. Ti pagano per questo. Ma anche la tua pazienza ha un limite. Ed è alto, magro, ha gli zigomi pronunciati, gli occhi azzurri, un fratello/baby sitter altrettanto saccente e si chiama Sherlock Holmes.
 
***

Due ore prima.
 
- Sherlock, non essere ridicolo, hai sentito cosa ha detto il medico, non ci vedi bene… - Mycroft continua ad insistere su questo da giorni e oggi è riuscito a trascinarti con l’inganno da un oculista che purtroppo ha confermato i suoi sospetti. Che poi sei troppo intelligente per negare che c’eri arrivato tranquillamente da solo, ma che volevi ignorare la cosa. Tu ci in giro con gli occhiali come un vecchietto presbite non ci andrai mai. Fine della storia.

- Io ci vedo benissimo.

- Certo, certo… Anche se ormai sulle scene del crimine vai armato di lenti d’ingrandimento enormi e se te le scordi vai in giro come una talpa e ti porti tutte le potenziali prove a dieci centimetri dal naso. - ti rinfaccia il tuo adorabile fratello, esponendo tuttavia delle argomentazioni che non può conoscere per esperienza diretta…

- Come lo sai?

- L’ho dedotto con facilità già da settimane, poi Greg me l’ha confermato…- afferma mentre ti apre lo sportello posteriore della sua solita macchina nera.

 - Greg? - domandi, ed entri in macchina.

- Lestrade. - conferma, sedendosi sul sedile affianco al tuo.

- Tu e Lestrade…?

Mycroft chiude lo sportello e fa cenno di partire all’autista. - Io e Lestrade…?

- Niente.

- Non ci vedi abbastanza bene da andare oltra la supposizione, bene, sarai presto senza lavoro se vai avanti in questo modo. - lo odi quando fa così. Quando ti vuole rompere le scatole tira sempre in ballo vostra madre o il tuo lavoro. O ultimamente la tua assenza di altre relazioni interpersonali.

- Avere a cuore qualcuno non era uno svantaggio?

- La maggior parte delle volte… - ammette, evasivo, e non riesce a trattenere un istintivo sorrisetto.

Rotei gli occhi. - Santo Cielo, stai diventando sentimentale.

- No. Mai. - liquida lui, ricomponendosi.

- Non ci vedo, ma non sono diventato scemo.

- Hai visto, l’hai ammesso. Non ci vedi. - e assume la sua miglior espressione trofia e trionfante.

- Hai vinto, non ci vedo bene. Ma tu vai a letto con Lestrade. Sei tu quello messo peggio. - affermi, sarcastico.

- Parli di cose che non sai. - ti rimprovera Mycroft, accennando un sorrisetto malizioso.

Questa situazione si sta facendo strana. Ma no, non ci credi. Mycroft e Lestrade che… Santo Cielo, no.

- Anche tu. Non ci sei ancora davvero andato a letto.

- Il non vedere bene distorce e altera le tue capacità deduttive. - e il suo tono di voce suona come un canzonatorio rimprovero.

 
Tu te la fai con mio fratello? SH
 

- Hai il tatto di un elefante. - osserva Mycroft, mentre blocchi lo schermo del blackberry.

- Che ne sai?

- Tu non ci vedi, ma io sì. Hai lo zoom inserito permanentemente sul cellulare e i caratteri sono così grandi che l’avrebbe visto persino uno che passava anche se non gliene fregava niente.

 
Non penso che sia affar tuo. GL
 
Scusalo, mio fratello è un bifolco. MH
 
Lo so. Conosco Sherlock. Per fortuna non vi somigliate per niente… GL
 
E questo è sempre il mio telefono. Smettetela di flirtare. SH
 

- Solo se ti fai portare da un ottico. - e sai che Mycroft è perfettamente capace di mttere in atto tutte le cose che minaccia di fare. Alzi gli occhi al cielo, anzi, alla cappotte della macchina, in segno di resa forzata.

- Solo per non avere la memoria del telefono intasata dai vostri messaggi smielati.
 
***
 
- Salve, in che cosa posso aiutarvi? - chiedi ai due signori ben vestiti che hanno messo piede in negozio.

Parla quello che sembra il maggiore dei due. - Mio fratello ha bisogno di un paio di occhiali.

- Che gradazione ha? - domandi, guardando negli occhi il minore dei due, ha un viso che hai già visto. Ma dove? Un bel viso, poi. E bellissimi occhi. Un blu niente male. Ma dalle labbra sottili dell’uomo nessuna riposta, così dirigi lo sguardo al fratello che ti tira fuori un foglio dalla tasca del cappotto e te lo porge.

- Ecco la ricetta dell’oculista…

Dai un’occhiata a quanto c’è scritto. - Ah, miopia. Circa due gradi in meno. Niente di preoccupante. - affermi, accennando un sorriso gentile e poggiando il foglio sul bancone. - Vi faccio vedere un po’ di modelli - e apri un cassettone nel mobile dietro il bancone. - Lei aveva già qualche idea? - domandi, di spalle.

È una voce completamente diversa dall’altra, quasi baritonale, a risponde questa volta, e molto seccatamente. - Io non voglio portare gli occhiali.

- Temo che li debba portare. Due gradi sono due gradi. Non può andare in giro così. Potrebbe peggiorare se stanca gli occhi.

Il maggiore interviene a mitigare la situazione. - Lo ignori. Ci faccia vedere qualcosa…

Considerato che chi dovrebbe portare gli occhiali non li vuole portare e chi vuole obbligarlo a portali sembra voler anche decidere al posto suo e che sono due uomini adulti e come si comportano tra loro non sono affari tuoi, decidi di porre le domande al plurale. - Avevate già qualche idea? Li preferite in osso o in metallo?

- Ci faccia vedere qualcosa di poco appariscente. - liquida il maggiore dei fratello.

- Ci sono questi con la montatura trasparente. Si notano poco.

Il minore scuote la testa. Non riesci ancora a focalizzare bene chi sia… di sicuro si avvicina molto alla tua idea di cliente incontentabile. Purtroppo.

- O questi, colorati davanti e con le aste trasparenti… - proponi, affiancando sul bancone un secondo modello al primo che avevi mostrato.

- No.

- Allora una montatura nera? Questi qui sono molto belli. Sono semplici, discreti, molto da intellettuale.

- No.

E scopri subito di non essere il solo a temere che l’impresa sia disperata. Il fratello gli indirizza uno sguardo esasperato.- Ma perché? Provateli almeno.

- Non mi piacciono.

- Ma che ti costa? - insiste.

- Mi stai facendo perdere tempo.

- Ti sto facendo un favore, ricordi?

Se fosse un film sarebbe quasi piacevole assistere ad un battibecco del genere, ma disgraziatamente non è un film, è la vita vera, e devi cercare di evitare liti nel negozio, e preferibilmente risolvere i problemi del cliente.

- La regina non ha bisogno del tuo aiuto per non far scoppiare la terza guerra mondiale? - incalza il minore.

La regina. Che ha a che fare quel tipo con giacca panciotto e ombrello, impettito e saccente con Sua Maestà la Regina? Santo cielo, ma non è che questi due sono… Dio Santo, gli Holmes.

- Mio fratello ha uno spiccato senso dell’umorismo.  - cerca di dissimulare il maggiore.

- Mio fratello se ne deve andare, e io pure. - incalza il minore.

- Noi non andiamo da nessuna parte. Provati questi occhiali, se no non usciamo di qui. E la guerra la dichiaro contro di te.

L’uomo indirizza al fratello maggiore uno sguardo di malcelata sufficienza.
Prende l’ultimo modello di occhiali che gli hai fatto vedere e se li mette sul naso.

- Se posso permettermi, sta molto bene. E gli porgi lo specchio portatile perché possa prenderne consapevolezza.

- Allora è lei che ha bisogno di occhiali… - si toglie la montatura nera dal naso e la rimette sul tavolo. - Io non porterò mai gli occhiali. Non sono un tipo da occhiali.

- Io capisco che non è sempre semplice accettare che…

- Io non porto gli occhiali. Non li porto, semplicemente. E basta.

Il fratello interviene nuovamente, mantenendo la calma, più o meno. - Ma santo cielo, non sei un bambino, non puoi fare questi ragionamenti.

Devi trovare una soluzione. Se lui non vuole mettere gli occhiali ma comunque resta che non ci vede bene… Non vorresti mai far trovare nei pasticci Scotland Yard perché il loro consulente investigativo non ci vede bene. Devi trovare una soluzione.

- Scusate un attimo, vado a controllare una cosa. - e te ne vai in magazzino con la ricetta in mano, lasciando quei due a bisticciare. Torni dopo un paio di minuti, raggiante come se avessi risolto un difficile caso di omicidio.

- Forse ho trovato una soluzione…

- Sarebbe? - domanda il consulente investigativo, diffidente e guardingo.

- Lenti a contatto. - proponi agitando una scatolina bianca.

E la cosa spiazza perlomeno un po’ i due uomini che per un momento smettono di litigare e di guardarsi - e guardarti - in cagnesco.

- Così potrà vederci bene e non dover portare gli occhiali sul naso, visto che la cosa la urta così tanto da non volerla nemmeno prendere in considerazione.

- Ma…

- Lei è stato fortunato, per la gradazione che le serve le ho trovate disponibili in magazzino. Queste qui sono tra le ultime uscite. Sono di quelle morbide e traspiranti. Non danno nessun problema. Le ho preso come campione le giornaliere. Ma se vuole abbiamo anche le mensili.

Il fratello. - Sembra perfetto.

- Sembra. Dov’è il trucco?

- Beh, deve imparare a metterle. - spieghi.

- Che sarà mai… - il fratello.

- Dipende dalle persone. C’è chi impara in cinque minuti e chi ci mette più tempo…

- Che dici?

Il minore degli Holmes annuisce con poca convinzione.- Proviamo.

- Bene, allora aspettiamo un attimo che venga la mia collega dal laboratorio a sostituirmi al bancone e io la aiuto con le lentine...
 
***
L’ottico vi porta in una stanza attigua al locale di vendita dove c’è l’attrezzatura per un approssimativo controllo della vista, la porta di una toilette e un tavolo appoggiato al muro con delle sedie davanti.

- Allora, lei si può sedere qui. - e ti indica la sedia davanti al tavolo su cui troneggia una lampada che il tipo accende che illumina uno specchio mobile su un supporto regolabile.

- Lei invece si può sedere lì dove ci sono le altre sedie, se vuole, altrimenti può aspettare fuori. Come preferite…

- Non ci tengo ad assistere. Aspetto davanti alla macchina.

- Te ne puoi anche tornare a lavoro…

- No, resto qua. - Poi guarda te a spiega - Non mi fido di mio fratello…

- Grazie della stima.

- Non mi fido di te proprio perché ti stimo.

L’ottico apre per te la porta del bagno e ti invita a lavarti le mani. Cosa che fa anche lui dopo di te. Poi ti fa sedere sulla sedia al tavolo e ti esorta a posizionare lo specchio in modo da avere la visuale chiara. Poi si accomoda lui stesso su uno sgabello al lato del tavolo su cui nel frattempo è comparsa la scatolina bianca. La apre, estrae una fila di piccoli contenitori di plastica. Apre uno di essi ed estrae una lentina dal liquido trasparente in cui era immersa.

- Mi dia la mano destra.

Glielo porgi con poco convinzione e lui ti mette la lentina sulla punta dell’indice.

- Allora, con queste dita - e muove medio ed anulare della sua mano destra - lei apre l’occhio così - e ti mostra come fare, mettendo le due dita sotto il suo occhio destro e facendo pressione verso il basso così che vedi chiaramente che l’occhio è aperto. - E poi con l’anulare della mano sinistra l’occhio sopra - ti mostra come combinare i due movimenti e poi mette le braccia conserte sul tavolo.

- E insieme a tutto questo io dovrei pure mettere questa cosa nell’occhio?

- Diciamo che tutto questo serve proprio a questo scopo. La lentina deve aderire sulla pupilla e parte dell’iride. E per arrivarci è necessario aprire bene l’occhio e mettercela. Quindi si, deve fare queste operazioni insieme.

- È umanamente impossibile.

- No, mi permetta di contraddirla, è solo strano all’inizio, ma non si preoccupi, io sono qua apposta.

- Non sono convinto.

- È normale. Ma ci provi almeno. L’aiuto io se ha problemi, le dico cosa fare.

- Nessuno mi dice cosa fare.

- Si parla di imparare a mettere le lenti a contatto, non delle scelte fondamentali della sua vita. Stia tranquillo, non voglio condizionarla in nient’altro…

- Ci mancherebbe altro.

- Lei è nervoso, vero?  Tutto questo la preoccupa…

- No.

- Non è una domanda. La preoccupa. È normale. Allora, mi dica il suo nome…

- Che gliene importa del mio nome?

- Mi dica il suo nome. Servirà a tranquillizzarla.

- Sherlock Holmes.

- Bene Sherlock, mi stia a sentire. Guardi la lentina che ha in mano, è morbida, non pesa niente. Le ho preso le lentine idratate al cinquantacinque percento, non le farà male. Ci vedrà solo bene quando le metterà negli occhi. E se teme di farsi male perché le sembra di mettersi un dito nell’occhio, stia tranquillo, non mette nell’occhio il dito ma la lentina. E abbiamo già detto quanto sia morbida e sottile. Milioni di persone le mettono ogni giorno, ci riuscirà anche lei, tranquillamente.

- Non mi ha detto come si chiama.

- John Watson. Perché?

- Perché allora saprò che nome urlare accompagnato da improperi vari quando le lentine mi faranno male. Perché è ovvio che lo faranno. Si tratta di un corpo estraneo nell’occhio che deve aderire alla cornea e il contatto con una superficie così delicata sicuramente comporterà un senso di irritazione. E considerato che non le ho mai messe sicuramente mi farà male. Mi ha chiesto il mio nome per tranquillizzarmi quando mi faranno male. E poi anche se non vedo benissimo colgo a questa distanza tutte le piccole spie sul suo viso che lampeggiano quando mente.

- Ok, diciamo che ho glissato su qualche aspetto un po’ meno piacevole per non spaventarla, ma se lei è stato così intelligente da capirlo vuol dire che capirà anche che non c’è niente di cui aver paura. Un attimo e poi passa. E poi andrà bene.

- Non mi piace quando le persone mentono.

- Era un’innocua bugia per metterla a proprio agio.

- E per mettermi a mio agio mi direbbe anche che sarò molto più affascinante se metto le lenti a contatto piuttosto che se cedo agli occhiali?

- Non tocca a me fare queste valutazioni. - e nasconde a malapena un po’ di imbarazzo - Per quelle può consultare la sua ragazza.

- No. Non è esattamente il mio campo.

- O ragazzo. Non ci sarebbe niente di male. - il suo imbarazzo aumenta. Lo senti.

- Lo so che non c’è niente di male.

- Quindi ha un ragazzo? - Perché te lo sta chiedendo?

- No.

- Va bene. Ok. - Perché sembra sollevato?

Non è che….? - Non ho nessuno. - ammetti - Ma credo che lei debba sapere che mi considero sposato con il mio lavoro…
Watson distoglie lo sguardo. - Ok. - Si schiarisce la voce. - Allora, prima che la lentina si asciughi, faccia almeno un tentativo. Ricordi, queste due dita sotto l’occhio, quest’altro sopra, apra bene e con l’indice della destra avvicina la lentina alla cornea.

Ci provi.

- Apra meglio sotto.

Cerchi di seguire le sue istruzioni.

- Ok. Avvicini la lentina. Di più, di più.

Chiudi istintivamente l’occhio.

- Deve resistere un altro po’ con l’occhio aperto, so che può fare impressione, ma la lentina non l’ha avvicinata davvero alla cornea. Era sempre alla stessa distanza.

- Non è facile come la fa sembrare.

Ci provi di nuovo.

- Ha l’occhio troppo chiuso.

Allontani le mani dal viso. - Non fa per me.

- Ma se è il secondo tentativo!

- Se una cosa non fa per me, me ne accorgo subito.

- Non è questo il caso. C’è gente che sta qui due ore prima di riuscire a mettere anche una sola delle lenti a contatto. Stia tranquillo.

- Sono tranquillo. Non me lo ripeta un’altra volta.

- Scusi, cercavo di aiutarla. Ma se le lentine proprio non la convincono le posso far vedere qualche altro paio di occhiali…

- No. Gli occhiali proprio non li metto.

- E allora riprovi di nuovo con la lentina. Apra bene l’occhio… - ci riprovi - No. Allora, il gomito non lo deve tenere per forza arpionato al tavolo, il braccio lo può muovere, così ci riuscirà prima…

- E me lo dice adesso?

- E quando glielo dovevo dire?

Apri l’occhio con le due mani. Fai per avvicinare la lente a contatto… ma poi sbatti le palpebre e allontani le mani di nuovo.

- E una volta che questa cosa sarà nell’occhio che devo fare?

Watson fa di tutto per non mostrare tutta la sue esasperazione, te lo senti. - Iniziamo a mettercela nell’occhio e poi vediamo il da farsi…
- Lei non sa bene cosa fare e vuole improvvisare con il mio occhio?!

- Io non improvviso. So benissimo quello che bisogna fare. Che io glielo dica adesso è del tutto inutile. Non posso farle la casistica completa di tutto quello che va fatto rispetto a come lei posiziona la lente sull’occhio. Non le dirò di stare tranquillo perché pare che la porti allo stato completamente opposto, ma le dico semplicemente che io conosco il mio lavoro e le dirò cosa fare al momento giusto. È chiaro?

- È chiaro. Capisco l’inglese…

- Ma non è convinto…

- Non completamente. Lei mi nasconde qualcosa.

- Magari se riuscirà a mettersi queste lenti a contatto forse ci vedrà bene e potrà dedurre dalla mia faccia e dai miei vestiti tutto quello che vuole, ma fino ad allora…

- Forse. Lei ha detto forse.

- Ho detto forse?

- Sì. Ha detto che forse ci vedrò bene… Lei mi sta dicendo che c’è la possibilità che dopo tutto questo lavoro io potrei non vedere splendidamente come dovrei?

- Punto uno… ho detto forse per costruire istintivamente la frase in modo migliore. Punto due... se per  tutto questo lavoro intende la fatica che sto facendo a convincerla sono d’accordo con lei, ma se per tutto questo lavoro intende i due miseri tentativi che ha fatto senza convinzione, allora io non ci sto a continuare questo teatrino…

- E ha detto che poi potrò dedurre tutto quello che voglio da lei… - ricordi ad alta voce - Perché l’ha detto?

Ma Watson non sembra intenzionato a rispondere. Temi che sia sull’orlo del collasso nervoso, in realtà.

- Lei non ha ascoltato una sola parola di quello che ho detto…

- So ascoltare e pensare insieme. Io. - e gli indirizzi uno sguardo significativo - Piuttosto, lei mi conosce.

- Ma certo che la conosco, è Sherlock Holmes. Il detective.

- Il consulting detective.

- Sì, ok, il consulting detective… - si corregge - Faccia un altro tentativo con la lentina…

- Se sapeva chi fossi perché mi ha chiesto il mio nome?

- Perché implicitamente le ho chiesto il permesso di chiamarla per nome.

- A questo non avevo pensato.

- E allora vuol dire che non vedere bene le rallenta i processi mentali. Siamo qua a risolvere la faccenda. Riprovi con quella lente.

- Lei pensa che io non sia in grado di dedurre tutto della sua banale esistenza anche se ho un po’ di miopia? E allora si sbaglia di grosso, io le posso dire anche quello che probabilmente farà stasera… il non vedere benissimo rende solo la sfida più interessante…

- Cosa farò stasera allora? - chiede Watson, arrendendosi e mettendo le mani sul tavolo.

- Presumibilmente resterà a casa. A guardare un film sul divano. O sulla poltrona. Una poltrona, forse, sì. E si addormenterà davanti al film. Non dorme tranquillamente la notte, quindi forse ha problemi a dormire a letto, forse ha un compagno che russa, ma considerato che la prima cosa che ha supposto quando si è trattato di immaginarmi in una relazione era se avessi una ragazza, allora lei presumibilmente dev’essere etero. Quindi, dato che è difficile che lei abbia una compagna che russa, sarebbe molto spiacevole, penso, allora deve soffrire di incubi. O di insonnia. O di incubi e insonnia insieme. Ma certo, come ho fatto a non capirlo subito? - sussurri, più a te stesso che a lui, poi alzi gli occhi e con il tuo solito tono saccente di sfida gli domandi…. - Afghanistan o Iraq? - battendo trionfalmente le mani una contro l’altra.

- Signor Holmes la lente! - e se è sopravvissuto fin ora con te senza strippare vuol dire che è proprio un ex medico militare.

- Quale lente?  - ti guardi le mani - Ah, si, la lente… presumibilmente è finita per terra.

- No, è lì, sul suo ginocchio. Dia qua, che la puliamo.

- Non mi ha detto ancora se è stato in Afghanistan o in Iraq che…

- Afghanistan. Ma non voglio sapere da cosa l’ha intuito. E non intendo parlarne oltre.

- Ah. Ok. Scusi.

 
***
 
Come va con Sherlock? GL
 
Male. Lo aspetto da due ore fuori dal negozio di ottica. MH
 
Perché? GL
 
Perché deve imparare a mettersi le lenti a contatto. Ma a quanto pare non è capace. MH
 
Non glielo rinfacciare. GL
 
Perché? MH
 
Perché poi se la prenderebbe con me. GL
 
Non glielo permetterei. MH

 
***
 
Sei sfiancato. Senza forze. Senza energie. Vuoi solo tornartene a casa e andartene a dormire. Sperando di non avere incubi. E non con la guerra… Con questo Sherlock Holmes.

Ti ha fatto passare due ore di inferno per riuscire a mettersi entrambe le lentine. E a toglierle. Non vuoi ripensarci…
Un ragazzetto di dodici anni avrebbe fatto prima di lui.
Santo Cielo, è una cosa impossibile. Insopportabile.

Ma, anche se è dannatamente impossibile stare con lui per più di tre secondi…
 
- Allora, signor Holmes… - esordisci.

- Mi chiamava Sherlock fino a cinque minuti fa… - ti fa notare il tuo irritantemente affascinante cliente.

- Sherlock, allora. - ti schiarisci la voce - Bene, le ho dato il campione, c’è un’altra coppia di lenti a contatto, le può mettere in questi giorni, e le telefonerò quando arriva la confezione che ha ordinato…

Sherlock ti corregge subito. - Mi invii un messaggio. Detesto le telefonate.

- Va bene, un messaggio allora. - ripeti. È come se irrazionalmente non volessi lasciarlo andare dal negozio.

Ma lui ti stringe la mano, ti augura: - Buona giornata - e ti volta già le spalle mentre rispondi:- Anche a lei.

Poi cambia idea, si volta, torna indietro verso il bancone.

Ti guarda con i suoi penetranti occhi azzurri. - Le mie deduzioni sul suo conto erano esatte?

- Sì. Erano esatte.

Sherlock insiste. Non sembra convinto. - Tutte? - sussurra.

Deglutisci a vuoto. Hai la salivazione azzerata. - No. Una no. In realtà.

Sherlock non ti toglie gli occhi di dosso. - E quale? - domanda, con la sua voce seducente.

- Non sono etero. - ammetti, tutto d’un fiato. Perché glielo stai dicendo?  

Un sorriso imprevisto illumina il volto magro e pallido di Sherlock - Ah, no?

Sorridi a tua volta. - No…

E capisci che nella sua domanda e nella tua risposta ci sono infinite promesse…

 
Fine.
 
 
Avete letto…
 
 
Colpo d’occhio.
ovvero
Di quando Sherlock Holmes scoprì di essere miope…
E a John Watson toccò l’ingrata sorte di insegnargli a mettere le lenti a contatto…
o meglio
Di quando Sherlock Holmes, anche se non ci vedeva bene, dedusse tutto sulla vita di John Watson
e trovò, senza cercarlo, l’amore della sua vita…
 
 
E ora è finita davvero!
 

 
Note dell’autrice:
salve a tutti! Non so ancora come mi sia venuto in mente di scrivere quest’assurda storia che, senza un reale motivo - a parte che shippo convulsivamente Johnlock - va a finire in quest’assurdo modo.
Tutto parte dal fatto che ho provato da poco a mettere le lenti a contatto e mi sono detta… Sherlock che combinerebbe in una situazione del genere? E mi sono risposta scrivendo in meno di ventiquattro ore questa one shot senza pretese….
 
Vi è piaciuta?
Se vi va, aspetto i vostri pareri :)
 
Alla prossima,
lady dreamer.
  
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