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Autore: WarHamster    04/07/2014    2 recensioni
«Tutto bene?» non aveva mai immaginato che Derek dormisse supino, è come se avesse una sorta di file mentale, una cartella da profiler, completamente dedicata a Derek Hale, solo che il 90% delle informazioni sono sue supposizioni mai comprovate. In meno di due giorni di stretto contatto ha corretto e ampliato quel file più di quanto potesse sperare. Registra anche questo, Derek che solleva di colpo il cuscino e lo fissa come un gatto di fronte a un’automobile ‒ la metafora lo fa quasi scoppiare a ridere.
«Preparo qualcosa per colazione» e Derek prova contemporaneamente due esperienze totalmente nuove: la prima è la sensazione di essere letti nella mente; la seconda è quell’inattesa e piacevole pace che si prova quando qualcuno si sta occupando di te. Scaccia con prepotenza quest’ultima immagine perché ‒ andiamo! ‒ perché dovrebbe piacergli che sia Stiles a preparargli la colazione?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cora Hale, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Howl of the author:
So di avere un’altra long che attende di essere continuata, ma questa sta a prender polvere in una cartella da troppo tempo e visto che ormai l’estate è qui mi sembrava fosse ora di pubblicarla.
Questa storia è una missing moment di quando Derek è partito con Cora, ed è una what if perché ho supposto che si trovassero in una sorta di “casa di campagna” degli Hale prima che Derek riportasse Cora in Sudamerica. All’epoca in cui l’ho scritta non sapevo ancora cosa sarebbe successo dopo (anche se l’aver visto poi la 3B ha portato ad una modifica del finale affinché la storia potesse inserirsi meglio).
Ho citato in larga parte La storia infinita: Graogramàn, la morte multicolore, è un grosso leone che porta il deserto ovunque si sposta ma di notte muore trasformandosi in pietra e la sua morte dà vita ad una splendida foresta che non potrebbe esistere se lui fosse in vita (non compare nel film, per questo Derek non lo conosce); la citazione finale è l’incipit del libro.
Le parti in inglese provengono da un breve componimento poetico trovato tempo fa su tumblr (ho mantenuto la disposizione spaziale esatta delle parole perché mi piaceva), se riesco a ritrovare il link poi lo inserisco.
Questa storia è una sorta di esperimento, i dialoghi sono inseriti nel testo senza introduzioni o riferimenti e si inseriscono nella descrizione all’istante esatto in cui vengono pronunciati, e nulla spero che possa piacere e che sia comprensibile ^^”
Buona lettura (spero)

do you know the feeling
of summer?
--you must.
#1. Read
Derek si stupisce quando vede la jeep acquamarina sbucare dalla stradina fra gli alberi. Non dovrebbe, è Stiles, sarebbe in grado di trovarlo anche se fuggisse in capo al mondo.
Non dovrebbe, perché se per allontanarsi da Beacon Hills non è nemmeno uscito dalla California allora, in fondo, voleva che qualcuno che lo trovasse.

Si sorprende di nuovo, quando se lo trova di fronte che lo saluta con una mano sollevata «Ehi Derek» come se non lo vedesse che da qualche giorno.
E invece è già passato un mese, il cofano della jeep è stato riparato e il taglio sulla fronte di Stiles è già guarito. Derek non dovrebbe saper nulla, di quel taglio, e nemmeno che Stiles si è schiantato contro un pino, ma Scott a volte ha davvero la bocca larga.
L’ultima volta che l’aveva visto erano in un ascensore e lo stava prendendo a pugni, di nuovo.

Derek è ancora stupito di fronte alla porta, Cora fa entrare Stiles e lui finge di ignorare il rossore sulle sue guance mentre le chiede come sta «Tutto ok? Intendo- Intendo dopo quella volta… insomma, è tutto ok adesso, no? Stai bene, mi sembra» parla ancora troppo, ci sono cose che non cambiano mai.
Lo stupore si trasforma in una qual certa inquietudine, il libro che Stiles tiene in mano dà una serie di ipotetiche risposte alla domanda che ronza nella sua testa: “Che ci fai qui?”.

Fa strano averlo lì, seduto allo stesso tavolo «Caffè?» come se avesse qualcosa di tremendo da dirgli, o forse è solo che si è abituato alle cattive notizie «Senza zucchero, grazie» Derek trova che ci sia qualcosa di spaventoso nella calma piatta. Ci sono così tante congetture da fare nel silenzio, così tante cose a cui pensare, che lo assale un terrore cieco – sordo e anche muto «Derek? Derek! Mi stai ascoltando?»
Si è abituato a pensare al peggio, dicevamo, eppure Stiles è lì, tranquillo, come se non ci fosse alcun problema «Stavo pensando» non gli piace il modo in cui lo dice «sì, insomma, le cose vanno per il meglio… come situazione, intendo, non perché te ne sei andato, questo non è il meglio; non dico che sia stata una decisione stupida, capisco che tu possa volere i tuoi-» parla sempre troppo, almeno lui non cambia mai.
Non sa come si sia finiti a parlare dei suoi errori, non lo sa proprio, dal momento che non ha aperto bocca; e mentre lui continua imperterrito «avresti potuto parlarci, sai, trovo questa tua mancanza di comunicazione francamente irritante» c’è quel libro sul tavolo, non sa se mettersi a ridere o rimanerne perplesso «E ora cos’è quel sorrisetto?»
Summer feels like                                    ­
that book you read                    
when you where eight              ­
that you can’t remember the
name                                ­   
of. 
                        ­
 

Storie per bambini, aveva otto anni l’ultima volta che ne aveva visto uno. C’era di mezzo un topo, no, un coniglio, ci aveva persino pianto sopra qualche volta, Laura l’aveva preso in giro per anni «Un lupo che piange per un coniglio, questa sì che è bella!»
Ad ogni modo non ne vede il punto «Cos’è quello?» non è più un bambino «Benjamin Coniglio! Ce l’hai mai avuta un’estate normale, Derek?».

Forse una volta, molti, molti anni prima, forse un paio di estati normali le ha avute. Gite al fiume, campeggio nel bosco, partite a pallacanestro… se le ricorda poco «Quanti anni sono che non ne passi una con tutti i crismi?».
L’ultima non si poteva definire splendida, era stata un’estate fredda, nella casa degli Hale. Con il simbolo sulla porta e tutto il resto, non aveva avuto nemmeno il tempo di pensarci all’estate «Sai ancora che sapore ha?».

A volte Derek pensa che Stiles sia pazzo, altre volte ne è sicuro «Cosa vorrebbe dire?»
Perché fa domande strane, prive di senso, e si aspetta che lui risponda «Vuol dire che non credo di essere troppo in ritardo per ricordartelo» oh, forse dovrebbe solo tacere ed acconsentire.
Sbuffa, Derek, in quel modo che significa tanto “non provarci nemmeno” quanto “fa’ quel che vuoi”, e sa già perfettamente come la prenderà Stiles «Te lo ricordi Benjamin Coniglio?»
Vorrebbe poter dire di no e cacciarlo fuori a pedate, ma dopotutto è Stiles, ha quel suo sorriso fin troppo contagioso, le occhiaie di chi si è fatto quattro ore di viaggio per arrivare da lui e probabilmente sta anche saltando scuola «Forse».

Ha l’impressione di distrarsi un po’ troppo quando è con lui, si distrae a guardarlo, si perde ascoltandolo; non sa come sono arrivati sul dondolo in veranda, non sapeva nemmeno di averlo, un dondolo in veranda. Derek dovrebbe davvero cominciare a fare attenzione alle cose belle.
Stiles gli mette quel libro fra le mani e lui non sa bene come sta, si sente un po’ stupido, un po’ confuso, un po’ in imbarazzo, ma comincia a leggere.

Lo sente, il sapore di una sera di tanti anni fa, il Derek di prima leggeva Benjamin Coniglio, Cora bambina nel letto, le pareti dipinte di bianco, la moquette sulle scale, i trofei di Peter in soggiorno, il ronzio del frigorifero in cucina. Cora si addormentava alla terza pagina, Derek si commuoveva alla quarta, Laura rideva, erano felici. E vivi.
(Books have names               
and spines, do not tell me ­
they cannot be my               
friends).
                     
                      ­
Derek si sente come se non respirasse da secoli «Tutto bene?» come un astronauta di ritorno dalla Luna – non risponde, silenzio assenso.

«A volte i libri aiutano» Stiles ha l’espressione di uno che capisce “Me l’ha detto mia madre” vorrebbe poter aggiungere – Derek finge di non sapere perché, ma conosce fin troppo bene quello sguardo, i loro demoni potrebbero correre insieme per chilometri, fondersi e specchiarsi uno nell’altro.

Il suo sorriso è cambiato, sa di nostalgia «Da bambino leggevo in continuazione questo» gli era sfuggito che ci fosse un altro libro, forse Stiles lo distrae molto più di quanto immagini. “La Storia Infinita” «Lo conosci?» la copertina è consumata, il titolo quasi illeggibile «Ho visto il film» Stiles fa una smorfia, non deve essergli piaciuto. Derek piangeva sempre quando lo guardava, Mork lo terrorizzava, vedeva quella grossa testa nera con gli occhi verdi spalancati, la vedeva a terra, priva di un corpo e pensava a sua madre, a quanto ci assomigliasse. Era come vederla morire, Laura non lo prendeva in giro, faceva paura anche a lei.

«Il mio preferito era Graogramàn» sembra addirittura serio mentre lo dice «Forse perché dava un senso alle cose, in un mondo di caos lui trovava il senso, pazzesco» appoggia i gomiti alle ginocchia, guarda lontano, come chi non pensa a ciò che sta dicendo, sono solo parole che gli scivolano fuori dalla bocca. «Forse è proprio così» Derek si volta, non sa perché – continua a non sapere un sacco di cose – ma è come se Stiles stesse piangendo, piangendo dentro, senza lacrime, singhiozzi e smorfie – «forse la morte serve a qualcosa, forse c'è un motivo se le persone se ne vanno».
Forse Stiles dovrebbe fare silenzio, dovrebbe smetterla di accampare strane scuse e accettare le cose come sono.

Derek sente male da qualche parte fra lo stomaco e il diaframma, un po' ha paura, un po' è rabbia, tutte cose che ha già provato, già sentito, dopo il caldo dell'incendio. Vorrebbe dire a Stiles che non c'è bisogno di aggrapparsi a queste convinzioni che non c'è un motivo se sua madre se n'è andata, ma ha il terrore che se aprisse bocca finirebbe per calare il silenzio. Stiles in silenzio, la cosa ha del tragicomico.
Vorrebbe poter dire un sacco di cose, ma in fondo il libro non l’ha letto, non sa nemmeno chi sia Graogramàn.

C’è Stiles sul dondolo, con quel sorriso strano, che lo guarda come guarderebbe Graogramàn, la morte multicolore – verde, blu, rosso, sembra ci sia un Derek diverso per ogni colore dei suoi occhi – ma questo Derek non lo sa.
Sospira, per un momento ha avuto di nuovo otto anni e Stiles lo sa, sa che a volte basta uno stupido libro per bambini per rendere tutto più leggero, ma sa anche che per Derek non basta; ci vuole dell’altro prima che riesca a sdraiarsi sull’erba e ridere di una coccinella che gli si posa sul naso, prima che riesca a nuotare in un lago senza il terrore di essere trascinato a fondo, prima che possa preparare i pancake alla mattina canticchiando Ain’t no mountain high enough anche se era la canzone preferita di sua madre.

Derek guarda Stiles mentre tira fuori il suo borsone dalla jeep, gli ricorda un po’ i suoi ritiri con la squadra di basket, quasi gli scappa un sorriso mentre Cora lo accompagna nella stanza degli ospiti. Non hanno nemmeno chiesto il suo permesso, sembrava naturale che Stiles avrebbe finito per fermarsi lì, Derek ha protestato debolmente tirando in ballo la scuola, ma sapeva già che gli Stilinski sanno essere più testardi di un mulo.

Potrebbe essere la tredicesima volta che percorre il corridoio, ha ancora quell’assurda sensazione che debba succedere qualcosa di brutto e non riesce a liberarsene.
Scatta sul chi vive quando la porta si apre alle sue spalle «Sono pronto ad assicurarti che nessuno cercherà di ucciderti questa notte» preferirebbe che usasse la prima persona plurale, dopotutto Derek non è uno che si preoccupa solo per se stesso. Resta lì impalato, perché sa che è stupido montare la guardia, ma proprio non ce la fa a dormire; Stiles sbuffa e si passa una mano sugli occhi, sembra non dorma da un po'.
«E allora tanto vale restare svegli in due» Derek lo guarda un po’ stranito mentre si siede sul divano con una maglietta verde macchiata di candeggina e i pantaloncini della Beacon High «Non credo ce ne sia bisogno» gli lancia un’occhiataccia, poi sorride come se avesse a che fare con un bambino e batte sul posto accanto a lui.
Derek comincia a capire appena prima che lui si allunghi a prendere il libro dal tavolino «Questa scritta stava sulla porta a vetri di una botteguccia…»

 
(If you were a book, I’d read you cover to cover in an afternoon).
   
 
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