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Autore: ImPeach    04/07/2014    2 recensioni
[..] Philo, mia sorella.
La persona più saccente, noiosa, petulante, lamentosa e guastafeste che possa esistere. [..]
[..] Lilith, mia sorella.
La persona più egoista, antipatica, incosciente, irresponsabile e bambina che possa esistere.[..]
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lilith.
«Romans, che ci fai qui?»
«Zitto e fammi entrare.»
«Mi casa es tu casa...»
«Il tuo spagnolo è pessimo, lo sai vero?» Mi butto sul familiare divano bianco e lancio la borsa sul tavolino dello stesso colore «e togliti quel ghigno dalla faccia».
«Scusa, ma tu sei una delle ultime persone che mi aspettavo di veder bussare alla mia porta» il tono malizioso che mette in ogni parola che pronuncia non può non provocare la comparsa di un piccolo sorriso sul mio volto, che scompare subito non appena mi ricordo il motivo che mi ha spinta in questa casa.
«Niall, sul serio. Ho bisogno del tuo aiuto, per quanto possa sembrare assurdo» dico mantenendo l'espressione seria.
«Vado un attimo a bere, torno subito. Vuoi qualcosa?» Noto una punta di agitazione nel suo tono, ma probabilmente è tutto nella mia testa.
Questa storia mi sta facendo diventare pazza.
«Sto apposto così». Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo, inalando l'odore di pulito della casa: per essere la casa di un cafone come Horan, è fin troppo pulita e in ordine.
Mentre sono ancora ad occhi chiusi e persa tra i miei pensieri e l'odore di lavanda e sapone, mi accorgo che una mano mi sta spostando i capelli dalla spalla, liberando il collo e lasciandolo scoperto.
«Qual buon vento ti porta qui?» sento soffiare sulla mia pelle esposta e fin troppo sensibile. Non mi ero mai accorta di quanto la voce di Niall potesse diventare roca e bassa. Un piccolo brivido cavalca la mia schiena, percorrendola tutta e accendendo un campanello d'allarme: meglio alzarsi prima di replicare l'errore di qualche sera fa.

Forse Niall non è la persona più adatta con cui parlare dei messaggi e delle chiamate che sto ricevendo. Anzi, sicuramente non è la persona adatta.
Però, per quanto sia patetico dirlo, è l'unico di cui mi potrei fidare. Finn ha troppi giri loschi, troppe cose per le mani, di cui la maggior parte mi sono sconosciute.
In questo senso, Niall è la persona con meno grane a cui pensare. 
Forse dovrei semplicemente continuare ad ignorare la cosa e far finta di niente.

«Sai che ti dico? Lascia perdere.» Mi alzo, recupero la borsa e, prima che possa raggiungere la maniglia della porta, un braccio mi circonda i fianchi, costringendomi a ruotare. Sono bloccata dal braccio di Niall, che continua ad avere uno sguardo misto a malizia e desiderio.

Oh, andiamo! Ma questo non ha altro per la testa?

«Rimani un altro po'...» soffia dietro il mio orecchio «Potrei aiutarti...» Si bagna le labbra, rendendone il color pesca ancora più brillante. Avvicina il suo viso al mio ma, prima che possa unire la sua bocca alla mia, lo spingo via con rabbia.
«Sei un deficente» sputo acida mentre sbatto la posta dietro di me.
Pessima idea quella di venire qui, pessima.
Idiota. Imbecille.
Deficente.

Sento il telefono vibrare nella tasca degli shorts e controllo lo schermo: un messaggio ricevuto, numero sconosciuto.
So già che se provassi a chiamare, non sentirei nulla dall'altra parte. Ci ho provato minimo venti volte negli ultimi giorni ed il risultato è stato sempre lo stesso.
I messaggi e le chiamate mute arrivano sempre dallo stesso numero, che non riesco mai a rintracciare.
Decido di spegnere il telefono e di iniziare a camminare senza meta: é una cosa che faccio spesso ultimamente. Strano come io che non ho mai avuto difficoltà nello stare con le persone, ora preferisca stare da sola.
Cammino e continuo a guardarmi i piedi, calciando di tanto in tanto qualche cartaccia di fish and chips unta e umida. Lascio vagare la mente, permettendomi per qualche minuto, di rivivere antichi ricordi che dovrebbero essere seppelliti sotto le macerie di una vecchia automobile. Ricordo i vetri, l'odore di benzina.

No, è troppo.

Alzo lo sguardo al cielo, quando sento le prime gocce di pioggia bagnarmi la fronte: se non trovo un posto dove ripararmi tornerò a casa bagnata fradicia.
Continuo a camminare sotto i cornicioni, affiancata da qualche passante che corre con in mano un ombrello, finchè non mi imbatto in una insegna. Una mostra d'arte. 
Non ci credo.
La pioggia aumenta e decido di rifugiarmi nella galleria prima di bagnarmi più del dovuto.
Dopo aver pagato il biglietto e preso una guida al botteghino, inizio a visitare la mostra, sotto l'occhio indignato di qualche signore.
Mi accorgo di non essere proprio nelle condizioni più adatte per una mostra d'arte, visti i miei capelli gocciolanti e i miei vestiti umidi.
Raccolgo i capelli in una crocchia disordinata e li fermo con un elastico che ho al polso. Poi decido di alienarmi e di entrare in uno dei pochi ambienti che mi compete.
Essere figlia di due studiosi ha fatto si che la mia passione per la storia e l'arte fossero ampliati a dismisura.
Mentre i bambini giocavano a nascondino, io chiedevo a mia madre di portarmi alla mostra di Van Gogh. Mentre le persone facevano la foto con il centurione romano davanti al Colosseo, io preferivo documentarmi sui Fori.
Mentre idioti cercavano di farsi una foto sorreggendo la torre pendente di Pisa o la torre Effeil a Parigi, io giravo con mio padre queste città, passando tra convegni di archeologi a mostre antiche.
Sono riuscita, nel corso degli anni, a nascondere al meglio le mie conoscenze in questi ambiti. Motivo?
Semplice: non volevo passare per la secchiona di casa. Quel ruolo è di Philo. E soprattutto non fai molte amicizie se dici in giro che vai matta per gente morta da milenni.
Proseguo la visita, trovandomi davanti ad un dipinto che riconosco subito. Credevo si trovasse in Italia, non qui a Londra.
Promemoria per me: chiamare papà e chiedere informazioni.

Continuo ad esaminare il dipinto, perdendomi nei lineamenti della donna, nei colori caldi del quadro, esaminando le sfumature del dipinto.
«Che indecenza» sento dire alle mie spalle. Mi giro e incontro lo sguardo disgustato di una vecchia signora che sta esaminando me e il quadro.
«C'è qualche problema, signora?» le chiedo gentile.
D'accordo, non è un tono gentile quello che ho appena usato.
«A dire il vero si. Non si dovrebbe permettere, a ragazze come te, l'accesso ad ambienti simili. Questo è un luogo per gente civile, non per drogati in cerca di riparo dalla pioggia!» il disprezzo negli occhi dell'anziana non mi è sconosciuto e vecchie cicatrici tornano a bruciare.
«Ho pagato il biglietto come tutti, no? E non sto facendo nulla di sbagliato o rumoroso, non prima che lei mi desse della drogata senza neanche conoscermi» puntualizzo. Mi accorgo che abbiamo attirato una piccola folla intorno a noi due, nonchè l'attenzione di qualche guardia.
«Non ho bisogno di conoscere quelli come te, siete tutti uguali: drogati, disagiati, che rovinano la società.» l'astio con cui pronuncia le ultime parole non è neanche paragonabile alla mia rabbia nascente.

Se non fosse così vecchia la gonfierei di botte.

«Signora, non mi sembra il caso di essere così aggressivi. Io non ho fatto nulla.» La mia voce esce fuori in un tono forzatamente calmo: sono una pessima attrice.
«Non mi interessa, dico quello che voglio e non apprezzo la presenza di individui simili in un luogo del genere» dice piena di disgusto «in più stento a credere che capiresti sul serio il significato dei dipinti in questa galleria»
Con la coda dell'occhio mi accorgo che sempre più gente si è radunata intorno a noi e che tre agenti della sicurezza stanno venendo nella nostra direzione.

Non posso farmi arrestare, non perchè una vecchia di merda mi insulta senza motivo.

«Non tutti ci arrivano, specialmente quelli come te» le sento dire altezzosa.

Oohh, fanculo. Io le faccio saltare la dentiera.

Faccio un passo nella direzione della donna, stringendo la mano desta in un pungo, mentre questa contina a lamentarsi, quando mi sento afferrare da dietro la vita e sollevare da terra.
«Lasciami! Le devo far saltare tutti i denti finti!»
«Proprio per questo non la lascio!»
«Giuro che la sfiguro!» mi dimeno cercando di liberarmi dalla presa della guardia.
«Signorna si calmi!». Vengo trascinata in disparte, in una zona probabilmente riservata solo al personale.
«Mi lasci! Le do un pugno e giuro che torno a costituirmi!» Continuo a dimenarmi e a scalciare con tutte le forze che ho.

Quella vecchia di merda.

«Lilith calmati!» urla l'uomo che mi ha afferrato da dietro e rimango pietrificata.

Come cazzo fa a conoscere il mio nome?
Un momento...

Mi volto e mi accorgo di chi mi ha trascinato via dalla galleria.
Presa dalla rabbia non avevo minimamente prestato attenzione alla figura che mi aveva afferrato.
Il ragazzo puzzolente.
Come ha detto che si chiama Mena? Lucas, Leeroy...
Liam? Liam!
«Che ci fai qui?» mi libera dalla stretta e lo osservo per bene: indossa un completo, con tanto di cravatta e auricolare, con i capelli sistemati e dirati all'indietro. La stanza dove siamo ha le pareti bianche, qualche scrivania al muro e dei montor sui quali scorrono immagini della galleria, probabilmente ripresi dalle telecamere di sicurezza. 
«Potrei chiederti la stessa cosa» ribatte lui con tono severo.
«È una mostra d'arte aperta al pubblico, ed ho pagato il biglietto come tutti».

Perchè tutti pensano che non abbia pagato il biglietto?

«Ed hai quasi aggredito un'anziana»
«Quella vecchia di merda si merita una lezione»
«Non credo sia carino definirla "vecchia di merda"»
«Mi ha insultato gratuitamente, dandomi della ignorante e della barbona: come minimo devo farle saltare la dentiera.»
«Non mi sembra una cosa tanto grave...»
«Ah no? Qualcuno che ti guarda e pensa a prescindere che sei una drogata non è tanto grave? Allora scusa, proverò a contenermi la prossima volta» non faccio nulla per nascondere il fastidio nella mia voce.
Supero Liam e apro la porta di metallo dalla quale siamo entrati, ritovandomi in un corridoio isolato e con le pareti color magenta.
«Dove vai?»
«Torno alla mostra e mi allontano il più possibile da te, mi infastidisci.»
«Ti infatidisco?»
«Si, mi infastidisci, con la tua aria di superiorità e il tono troppo gentile.»
«Non puoi tornare di là, ne tanto meno posso lasciarti da sola» sento la voce di Liam alle mie spalle avvicinarsi sempre più. Decido di rinunciare e mi lascio scivolare sul muro, buttando la borsa tra le gambe e portandomi le ginocchia al petto, poggiadoci sopra la fronte.
Percepisco la presenza del ragazzo accanto a me e dico «Pensavo di aver reso bene il concetto del "Mi infastidisci non voglio starti vicino"»
«Prometto che sarò silenzioso.»
«Stai parlando» faccio notare. Una risata sommessa nasce dal suo petto, unico suono che si ode nel corridoio.

Che situazione di merda: bloccata qui, con i vestiti e i capelli umidi, in un corridoio a pochi metri da una galleria d'arte, della quale ho pagato il biglietto e che non posso visitare.
In più sono seduta per terra accanto ad un tizio che mi urta il sistema nervoso.
Ok, il 99% delle persone sulla faccia della Terra mi urta il sistema nervoso, perciò questa non è una novità.

Rimago in silenzio per non so quanto tempo, facendo respiri profondi e cercando di far uscire i problemi con l'aria che espiro, quando decido di riaccendere il telefono per vedere che ore sono.
Potrei chiedere a Liam, visto che ha un orologio al polso, ma non voglio parlarci.
«Merda» mi lascio scappare.
5 messaggi da un numero sconosciuto, tutti nell'arco di queste poche ore.
10 chiamate perse, una da Philo, una di Niall e le altre dallo stesso numero sconosciuto dei messaggi.
Perchè a me?
«Sono un bel po' di chiamate» noto l'occhio del castano sbirciare il mio telefono.
«Lo sai vero che è maleducazione sbirciare?» Mi alzo e mi sciolgo i capelli, cercando di dargli una forma che non sembri quella della testa di medusa. Poi mi dirigo verso la fine del corridoio.
Al diavolo la mostra, voglio tornare a casa.
«Dove vai?» chiede per la seconda volta il ragazzo. Si alza e mi segue.
«Che vuoi, uh?! Me ne torno a casa, così questa disagiata non potrà più disturbare la mostra.
«Lil, resta qui, non p...»
«NON chiamarmi Lil. Non sei mio amico e non abbiamo nulla da spartire io e te. Anzi, non chiamarmi proprio. Ti ho detto che mi infastidisci, lasciami stare.» Cammino e non mi curo delle persone che incontro fuori dal corridoio, ne tanto meno dei visitatori entranti che urto. 

Mi ritrovo sotto la pioggia e i capelli iniziano ad appiccharsi al mio viso. Il trucco inizia a colare, ma non credo sia solo causa della pioggia.
Sono due anni che non piango.
Posso dare la colpa alla stanchezza. 
Si, deve essere la stanchezza.

Mi incammino verso casa, non curante delle urla del ragazzo che mi chiama dall'entrata della galleria, ne tanto meno della quantità di pioggia che stanno assorbendo i miei vestiti.




Philo.
La busta di carta contentente la mia spesa inizia a pesare sul mio braccio destro. Sono dovuta correre da Tesco prima che chiudesse, visto che Lilith non ha provveduto a rifornire la dispensa vuota. Giro l'angolo e poco prima di arrivare davanti all'appartamento, mi accorgo di una figura seduta sugli scalini di casa nostra. Non appena mi avvicino meglio, metto a fuoco il viso della persona illuminato dalla flebile luce del telefono che sta tenendo in mano.
Niall.
«Pensavo di essere stata chiara quando ti ho detto che non volevo più vederti qui.»
 «Lo so, e prometto che non resterò molto, devo solo chiederti una cosa.»

Chiedermi una cosa?

Prendo le chiavi di casa e le infilo nella serratura, girando e aprendo la porta spingendola con la spalla, non avendo mani libere.
«Aspetta, ti aiuto» Niall offre.
«Rimani dove sei, non mi serve una mano.» Lo fermo prima che possa prendere la busta dalle mie braccia.
«Guarda che non scappo mica con la spesa»
«Non si può mai sapere» varco la porta di casa e lo guardo «Ti ho forse detto che potevi entrare?» faccio notare al ragazzo, mentre chiude la porta dietro sè.
«Pensavo potevo entrare...»
«Potessi»
«Come?»
«Hai detto "potevo", dovresti usare "potessi", visto che non era certa la tua presenza in questa casa» correggo.
«Siamo un po' pignoli eh?»
«L'uso corretto delle parole è importante. Ora renditi utile e aiutami a mettere quei barattoli sopra i ripiani alti»
«Fino a due minuti fa neanche mi volevi in questa casa e ora ti approfitti di me? Dillo che il mio fascino è irresistibile...» dice in una risata, mentre, ammiccando, tira fuori i barattoli di passata dalla busta di carta.
«Invece di dire idiozie, dimmi perchè sei venuto qui. E occhio a non mettere quei barattoli troppo in bilico!» 
«Tranquilla, credo di essere in grado a sistemare dei bar...» il rumore del barattolo che cade sulla testa di Niall e poi per terra riempie la cucina, seguito dai lamenti del biondino e dalle mie risate soffocate.

Idiota. Ha ha.

«Te l'avevo detto!» continuo a ridere, mentre mi dirigo verso il freezer per prendere del ghiaccio.
«Mi hai distratto. Cristo, che cosa mi è caduto in testa?»
«Ti sei fatto quasi bucare la testa da una scatola di mais. Metti questo, cavolo stai sanguinando» noto, mentre posiziono la busta di ghiaccio sui capelli del ragazzo seduto sul tavolo della cucina.
«Secondo te devo andare all'ospedale?» la faccia del ragazzo non riesce a nascondere la preoccupazione dietro il velo di finta tranquillità.

Ora mi diverto.

«Probabilemente si, ma credo che ormai sia troppo tardi. Il taglio è arrivato troppo in profondità e un intervento da parte di qualche medico sarebbe troppo tardivo. Mi spiace, ma hai poco da vivere»
«Mi stai prendendo in giro vero?»
«Ci stavo provando. Ho calcato troppo la mano, eh?»
«Giusto un po'» 
Scoppiamo a ridere all'unisono e intanto mi siedo sulla sedia, in modo da avere Niall al mio fianco, ancora seduto sul tavolo, con le gambe che penzolano avanti e indietro, con il ghiaccio sulla testa e un'espressione sofferente sul volto.
«Suvvia, non è niente!»
«"Non è niente"? Mi sono appena bucato la testa con del mais!»
«Non credo che il tuo cervello riporterà danni contingenti. Anzi, magari la botta ti ha reso più intelligente»
«Un giorno scoprirò perchè vi divertite tanto ad insultarmi, tu e tua sorella.»
«Io ti conosco da poco, ma giuro che non mi è mi è estremamente semplice trovare modi sarcastici per darti fastidio!» La sincertià con cui sto rivelando tutte queste cose al ragazzo dal cranio bucato mi stupisce.

Philo, da dove hai tirato fuori tutta questa sfrontatezza? 

«Due persone simpaticissime...» bofonchia lui, mentre continua a massaggiare la parte lesa. I suoi capelli sono un ammasso indefinito biondiccio e castano e non posso fare a meno di sorridere nel vedere la evidente ricrescita. Effetto voluto e meno, ora la testa del ragazzo seduto sul mio tavolo sembra una di quelle caramelle bicolore, con il gusto alla Coca-Cola o alla frutta.
Dopo qualche minuto di silenzio, qualche sbuffo di troppo e il rumore delle mie dita che picchiettano sul tavolo, Niall decide di parlare.
«Sono venuto a chiederti un favore» dice continuando a guardarsi le scarpe bianche ai piedi.
«Si,lo hai già accennato prima. Non vedo come io possa aiutarti però, se ti servono soldi non son...»
«I soldi non sono un problema» mi interrompe prima che possa finire la frase, guardandomi dritta negli occhi e cogliendomi alla sprovvista. Sembra che parlare di soldi lo infastidisca.

Prendi nota: non parlare di soldi con Niall.
Prendi altra nota: meglio evitare di parlare con Niall in generale.

«Allora in cosa posso aiutarti?»
Il ragazzo continua a guardare basso e, dopo aver preso un respiro dice, voltandosi dalla mia parte «Ho bisogno di una mano con tua sorella: devi aiutarmi a contquistarla.»

Scherza vero?

Mi alzo e mi guardo intorno, in alto, negli angoli del soffitto.
«Che cosa stai facendo?»
«Controllo dove sono le telecamere nascoste. Dai, questa è una Candid-Camera! Siamo in TV, non è vero? Ciao Mamma!» urlo mentre apro la dispensa e controllo tra i pacchi dei cereali.
«Non sto scherzando, e smettila di cercare tra i biscotti: non troverai telecamere.»
«Ritiro quello che ho detto prima: il mais ti ha peggiorato il danno al cervello che già avevi.»
«Philo, siediti e stammi a sentire» la sua voce è dura e il suo sguardo mi congela per un secondo. Decido di sedermi, ascoltando le teorie deliranti del biondo che continua a giocherellare con il mio ghiaccio. «Ho bisogno di scoprire più cose possibili su di lei. Nessuno sa nulla su Lilith, e fino a qualche giorno fa non sapevamo neanche che avesse una sorella gemella! Ho assolutamente bisogno che tu mi dica più cose possibili.»
«D'accordo, prima cosa: questa a cui stai andando incontro è un'idea suicida. A Lilith non le interessa nessuno se non se stessa, questa è la regola numero uno.»
«Qual'è la regola numero due?»
«Lilith mente. Sempre. Se dirà che ti vorrà bene, sarà una bugia.»
«Non pensi di essere un tantino tragica?»
«Hai detto tu che sono la persona più vicina a lei, no? Questo è quello che posso dirti. Mi dispiace, ma non posso aiutarti.» Mi alzo e mi dirigo verso la mia camera. Niall salta giù dal tavolo e mi segue, con il ghiaccio in una mano mentre si sistema il ciuffo con l'altra.
«Dimmi come posso aiutarti, e lo farò. Tu aiuti me, io aiuto te.»
«Non voglio niente da te, Testa di mais, non puoi aiutarmi.» Mi siedo con una gamba piegata e prendo in braccio lo strumento rossiccio sul mio letto.
Dopo qualche istante di riflessione e di studio della mia camera, lo sguardo di Niall torna su di me «Studi alla King's, giusto? Come fai a permetterti la retta?»
«Non credo siano cose che ti riguardino.»
«Come farai quando sarà finita la borsa di studio?» chiede lui, guardandomi interrogativo.
«Chi ti ha detto che ho preso la borsa di studio?»
«Me lo hai confermato adesso.»

Fanculo. Se ne deve andare, mi sta dando sui nervi.

«Troverò un lavoro. E darò lezioni di violino.»
«Un lavoro? Con l'inizio dei corsi e tutto il resto? Riuscirai a non rimanere indietro con lo studio? E davvero credi che porterai avanti tutto con solo un lavoro e qualche lezione?» 
«Cosa vuoi?» sputo acida e fulminandolo con lo sguardo.
«Aiutami con tua sorella, e io ti pagherò gli studi per due anni, anche tre se vuoi.»
«Quel mais ha avuto un bruttissimo effetto sulla tua corteccia cerebrale...» mi alzo e esco dalla mia stanza, cercando di allontanarmi il più possibile da Niall, che continua a rincorrermi per tutta casa.
Prima gli dava così fastidio parlare di soldi, ora mi sta offrendo di pagarmi le rette dell'università. Questo ragazzo è scemo.
«Philo sono serio, i soldi non mi mancano e mi sembra un buon compromesso no? Non puoi rifiutare.» Mi sento afferrare al fianco, proprio sotto le costole e un antico dolore fa capolino. Mi giro di scatto e spingo via il ragazzo che mi ha afferrata, facendogli cadere il ghiaccio dalle mani.
«Non afferrarmi mai più. Ora vattene da questa casa.» Mi metto una mano sul fianco, nascondendola incrociando le braccia al petto.
«Ci penserai? La mia è un'offerta più che ragionevole.»
«Ho detto vattene» il tono della mia voce si è abbassato notevolmente, mentre apro la porta e lo guardo dura. Non sono mai stata in grado di sostenere lo sguardo delle persone, ma in questo momento la rabbia mi sta donando una spavalderia che non avrei normalmente.
«Pensaci.» Il suo sguardo è indevifrabile mentre mi guarda e varca la soglia di casa.
«Addio.» sbatto la porta e scivolo per terra. Mi sembra di aver trattenuto il respiro dal momento in cui mi ha toccata. 
Non so come, mi ritrovo il viso bagnato e la mano poggiata sul punto dove si è posata la mano di Niall, punto che sembra stia andando a fuoco.

Non voglio ricordare.
Mi alzo, corro verso la mia camera. Ho bisogno del violino, adesso.
Prendo in mano il piccolo strumento di legno e lo porto al petto, senza suonarlo. Continuo a piangere ma è come se le lacrime siano più leggere con l'odore delle corde e del legno.
Mi addormento così, con il ricordo di due fanali e il sapore salato delle lacrime.





AWAWAWAWAWAWAWAAAAAA
HAPPY 4TH OF JULY!!!
Ok, non aggiorno da mesi e mesi e probabilmente nessuno sta seguendo questa storia, ma ho finalmente finito scuola (ALLELUJA) e così ho trovato anche il tempo per rimettermi a scrivere questa storia un po' di merda (su, lasciatemelo dire) che continuo a portare avanti sfacciatamente.
Che ne pensate? Avete qualche idea su quello che succederà prossimamente?
Fatemelo sapere magari con una recensione e per ulteriori dubbi scrivete pure su ask! 
Un saluto!
Peach.


Ask: http://ask.fm/impeachefp (scrivetemi qui che ultimamente non entro molto sul profilo facebook)
Facebook: https://www.facebook.com/impeach.efp 

 
  
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