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Autore: Wake Me Up Inside    05/07/2014    1 recensioni
Una notte apocalittica. Una città deserta.
Una ragazza con gli occhi grandi, tristi.
Una ragazza che salvava tutti, senza essere mai salvata da nessuno.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ESPLOSIONE
  La strada è deserta. Non una macchina, un uomo, un cane. Chiusi i negozi, spente le insegne. Solo i lampioni restano accesi, sinistri aloni di luce squallida e solitaria.
  Promemoria della nostra precarietà.
  Non si sente un suono e anche il vento che soffia rabbioso pare provenire direttamente dall’inferno, e in questa atmosfera da apocalisse io quasi mi aspetterei un cielo rosso, in fiamme.
  Ma no.
  E’ così blu, il cielo stasera. Così intenso da far male.
  Devo chiudere gli occhi e abbassarli e nella loro fuga frenetica inciampano contro un lampione accecandosi, perché sì, la luce mi attrae, come le falene. Non la luce pura e limpida, no: io cerco le luci tremule, infrante. Come lei, mi sorprendo a pensare, e abbasso gli occhi vergognandomi di me stesso.
  Mi sorprendo a pensare che magari ci fosse lei, qui con me, in questa notte apocalittica.
  Mi sorprendo a pensare che la fine del mondo la vorrei proprio così: lampioni tristi, vento bollente, un deserto urbano e lei qui, il suo corpo sottile fra le mie braccia e i suoi occhi nei miei, e io che la trattengo perché non voli via.
  Quando si tratta di lei mi vergogno sempre di quello che penso, dico, faccio. Quando si tratta di lei mi vergogno di me. Mi perdo. Mi perdo nei suoi occhi da gatto.
  Perché si, lei ha gli occhi da gatto. Nancy è gli occhi da gatto. I suoi occhi grandi e grigi che hanno tutta lei dentro, tutte le sue paure e i suoi sogni e la sua anima intera. Quando alzo ancora lo sguardo non vedo più i lampioni, vedo quei due occhi immensi con la loro luce liquida e triste che mi attrae, appunto, come una falena. è stato così dalla prima volta che l’ho vista, sono annegato nel suo sguardo.
  Nancy è questo, è occhi grandi, spalle sottili e pesi sul cuore, è caffè e sigarette e libri polverosi, e una chitarra a tracolla.
  Nancy è battute indossate come maschere, sogni a occhi aperti e mani tese nel buio.
  Nancy dà tutta se stessa, e non chiede mai niente.
  Nessuno le dà mai niente.
  A un tratto la sua solitudine mi colpisce come uno schiaffo, la sua, più ancora che la mia. La sua che salva tutti senza mai essere salvata da nessuno.
  La sua, che si veste di sorrisi e fuma via il dolore.
  Quei due lampioni mi fissano ancora, e a un tratto mi sento semplicemente pieno, troppo pieno. Pieno fino a scoppiare.
  Implodo.
  E allora inizio a correre.
  Mi ficco gli auricolari nelle orecchie e alzo la musica, tanto, per non sentire l’esplosione. E con la batteria che mi urla nei timpani corro nella città innaturalmente deserta, corro con questo vento infernale, corro fra i lampioni e le loro luci infrante
corro corro corro
 e poi mi fermo, così, davanti a un portone.
  Un portone che ho presidiato così tante volte, semplicemente aspettando, senza il coraggio di...
...suonare.
  Il mio dito sembra scollegato dal resto del corpo e quando pigia sul citofono mi sembra così estraneo, sconosciuto.
  Ti prego, fa’ che non ci sia. Ti prego, fa’ che dorma.
  Prego, ma lei dopo un po’ risponde, la voce impastata dal sonno, le solite maniere sbrigative e rabbiose di quando qualcuno la sveglia all’improvviso.
  La adoro, quando è volgare.
  Oh, basta.
  -Scendi. – dico solo, e non so da dove mi venga tutto questo coraggio.
  E poi aspetto.
  Aspetto e aspetto e penso che magari non ha riconosciuto la mia voce, che è tornata a dormire.
  Penso non scenderà mai.
  E invece, dopo un tempo che mi pare eterno, lei scende.
  Il portone si socchiude e lei scivola in strada, scalza sull’asfalto sudicio e persa nella maglietta troppo  grande, con i capelli arruffati dal sonno.
  Mi punta in viso quei suoi occhioni grigi cerchiati di trucco, e lo sguardo che mi rivolge, privato dal sonno della consueta maschera d’indifferenza, è stanco. Non stanco come chi non ha dormito abbastanza, no; stanco come chi non è stato egoista abbastanza.
  Come non è stato amato, abbastanza.
-Che vuoi?- mi soffia addosso, e io mi chiedo come ho fatto per tanto tempo a non vedere.
  A non vedere che era così sola. Così fragile.
  Non mi ero mai accorto che fosse così piccola.
  -Scusa il ritardo.- le dico, e cristo, devo proprio tremare così tanto?
  Lei ha ancora quegli occhi stanchissimi, rassegnati, come di chi da tanto tempo ha smesso di sperare. Vorrei disperatamente abbracciarla, stringerla a me, passarle un po’ di energia vitale, almeno.
  Non posso vederla ridotta a una bambola abbandonata in una pozzanghera.
  Ma resto fermo, e lei sussurra, amara:
  -Sei in ritardo di mesi, Evan. Di anni. Di così tanto che ho perso il conto.
  -Lo so.- rispondo, e mi odio. Per non aver saputo dire niente di meglio, per essere stato così cieco, perché
  -Stronzo, non hai mai capito niente- mi sputa in viso lei e io le dico ancora
  -Lo so-, e vorrei solo prendermi a schiaffi.
  Il suo sguardo mi dice che, se ne avesse la forza, lo farebbe lei.
  -Ma ora ho capito.- affermo. La prego: -Lascia che ti salvi.
  - Posso fare da sola.- ribatte lei, ma non ne sembra così convinta. è troppo rigida, come se si sforzasse di restare intera. Di tenere insieme i pezzi.
  -Sei così piccola, Nancy, così piccola...sei solo una ragazza.- sussurro attirandola a me.
  Lei alza lo sguardo, e sembra che le abbia detto la frase più bella del mondo. In quegli occhi liquidi, sotto la stanchezza e la rassegnazione è nata una scintilla, una scintilla minuscola e bellissima che tocca a me far lievitare e crescere, e divenire immensa.
  Non c’è nessuna musica, questa volta, a coprire l’esplosione.
  Voglio godermela tutta, istante per istante.
 
 
Allora, parliamone.
Ho decisamente scritto racconti migliori, e non so proprio perché io abbia voluto pubblicare proprio questo, buttato giù adesso in fretta e furia e anche con un lieto fine, cosa che non è affatto da me. Di solito sono molto più tetri, e muore sempre qualcuno.
 Stasera mi andava così.
Ci tengo a specificare che avrei potuto usare nomi qualunque, ma ho scelto Nancy ed Evan perché mi sono resa conto che somigliavano tanto ai personaggi di HateQueen in “Plettri e sigarette” (che, a proposito, vi consiglio vivamente di leggere). Quindi la ringrazio per l’involontaria ispirazione, e spero non se la prenda se le ho un po’ rubato i personaggi.
Buonanotte a tutti!
Wake Me Up Inside
 
  
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