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Autore: Madness in me    05/07/2014    2 recensioni
La bella e silenziosa Alice, con i lunghi capelli neri, i mezzi sorrisi e gli occhi scuri.
Gates, il bel chitarrista degli Avenged Sevenfold, innamorato come un bambino.
Abituati a vedere i due nell'equipaggio di pirati, per la prima volta li ritroviamo in un contesto di vita più normale, nei giorni nostri.
Una semplice storia ispirata da una nottata insonne e da mille idee frenetiche che non vogliono mai fermarsi.
Un amore di quelli che, spesso, si possono trovare solo nelle storie.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La luce flebile della luna illuminava la sua pelle chiara, ricoperta qua e la da tatuaggi, rendendola ancora più bella.
Osservavo il suo corpo nudo, sdraiato di fianco a me, il petto che si alzava e si abbassava, regolare e il suo viso rilassato.
Sul collo, la pelle era segnata da tutti i miei morsi e i miei baci, piccoli segni rossi, alcuni più grandi, alcuni già tendevano al viola e quella vista mi strappò un leggero sorriso, era mia.
I suoi lunghi capelli neri erano sparsi, alla rinfusa, su tutto il cuscino.
Le carezzai, piano, un fianco, vendendola stringersi contro di me e sorrisi di nuovo.
La coprii col lenzuolo per assicurarmi che non sentisse freddo, la strinsi tra le braccia a ripresi ad osservarla, era dannatamente bella.
Era in momenti come quello che capivo di essere vivo grazie a lei.
Era entrata nella mia vita come un uragano, ribaltando tutte le mie futili convinzioni sull’amore.
Con la stessa violenza, continuava a muoversi nella mia vita, nella mia testa, nel mio cuore.
Ribaltando tutto, risistemando tutto a suo piacere, senza chiedere permessi e a me stava bene, più che bene.
Nonostante tutte le difficoltà, la paura, gli urli e tutto il resto, stare con lei era la cosa più bella che mi fosse mai capitata nella vita.
Alla fine, era vero, noi due eravamo fatti per stare insieme proprio perché eravamo distrutti allo stesso modo.
Distrutti per motivi diversi, ma distrutti allo stesso modo e le nostre crepe combaciavano alla perfezione, permettendoci di completarci a dovere.
Io riempivo i suoi silenzi con le mie idiozie, lei riempiva le mie giornate nere con i suoi sorrisi, lei completava le mie canzoni lasciate in sospeso e io fermavo le sue paure stringendola tra le mie braccia.
Era tutto un prenderci e lasciarci, un “Ti amo” urlato tra le lacrime, uno schiaffo dritto sulla mia faccia che finiva poi in un mio bacio, famelico e bisognoso.
Era tutto un continuo contraddirci, per poi finire sempre a riversarci addosso tanto amore, forse troppo, così tanto che spesso minacciava di farci male.
Aprì lentamente gli occhi, sfiorandomi il petto con il naso per tirare su il viso e guardarmi, strofinandosi poi un occhio con la mano.
Le sorrisi, intenerito.
“Brì.. che fai sveglio ?” domandò, sussurrando, la voce impastata dal sonno.
“Osservavo la donna più bella del mondo dormire.” Sussurrai, baciandola, leggero.
La vidi abbozzare un sorriso timido, per poi sussurrare “E chi sarebbe ?”
Alzai appena gli occhi al cielo senza  smettere di sorridere “Sei sempre tu, che tu ci creda o meno.”
Mi sarei aspettato una battuta sarcastica, come suo solito, invece si limitò a rannicchiarsi meglio e tornare a poggiare la fronte al mio petto ed io la strinsi a me.
“Dovresti riposare” mi sussurrò, sbadigliando subito dopo.
Non risposi, limitandomi a carezzarle la testa finché non la sentii regolarizzare il respiro e cadere in un sonno profondo.
Quando aprii gli occhi era giorno, la luce del sole che penetrava dalla serranda minacciava di accecarmi e brontolai qualche insulto al sole, infilando la testa sotto il cuscino, cercando Alice nel letto.
Scattai a sedere quando non la sentii vicino a me.
Il letto era vuoto, di Al nemmeno l’ombra.
Mi alzai di scatto, raccogliendo i miei boxer per terra ed infilandomeli, spalancando la porta del bagno senza trovarla.
Quando però passai vicino al letto mi rilassai appena, notando i suoi vestiti ancora sparsi sul pavimento.
Scesi le scale, svelto e raggiunsi la cucina, trovandola, come mi aspettavo, seduta al tavolo davanti ad una tazza di caffè, la sigaretta tra le dita e lo sguardo rivolto verso la finestra, vestita solo con la mia enorme maglietta.
Mi avvicinai, lentamente, abbracciandola da dietro e baciandola delicatamente dietro l’orecchio, sussurrando poi “Buongiorno, bimba.”
La sentii irrigidirsi al mio tocco, per rilassarsi subito dopo e la vidi allargarsi in un sorriso “Buongiorno.” Sussurrò a sua volta, voltandosi e baciandomi.
Le passai delicato una mano tra i capelli poi mi diressi verso la macchinetta del caffè, domandando “Ce n’è anche per me ?”
“Ne ho fatto altro proprio ora, la macchinetta di prima l’hanno svuotata Rev e Az” rispose, ridacchiando.
Scossi la testa, ridendo e versandomi il caffè nella tazzina, poi mi misi seduto a tavola e lasciai che Al si accoccolasse sulle mie gambe.
“Sono usciti ?” domandai, vedendola annuire.
“Rev ha deciso di portarla in spiaggia.” Disse, finendo il suo caffè in un sorso “e se ne pentirà” concluse.
Inarcai un sopracciglio “E perché ?” domandai.
Al rise, leggera, bellissima come sempre, poi aggiunse “Perché Az in spiaggia è proprio come una bambina, corre avanti e indietro, non sta mai ferma, vuole sempre entrare in acqua a fare il bagno ma ti trascina perché ha paura del mare. Insomma, Rev tornerà con i capelli bianchi.”
Ridacchiai, carezzandole la schiena “Nah, Rev è fin troppo paziente.”  E la vidi annuire e sussurrare un “Forse anche troppo.”, sorridendo.
Finii di bere il mio caffè e mi accesi una sigaretta.
“Che vogliamo fare oggi ?” domandai, giocando distrattamente con una sua ciocca di capelli.
“Non dobbiamo prepararci ? Domani partiamo per il vostro prossimo tour..” La vidi confusa, preoccupata che, come mio solito, stessi dimenticando di organizzare le cose importanti riducendomi ad organizzare tutto all’ultimo secondo, facendola infuriare.
Sorrisi.
“Tranquilla, bimba, ho già tutto pronto. Mi sono preparato tutto apposta così oggi posso dedicarmi solo a te.”
La vidi arrossire appena e accennare un sorriso.
“Allora direi di iniziare la giornata con una doccia rilassante” mi disse, spegnendo sia la sua che la mia sigaretta nel posacenere, trascinandomi verso il piano di sopra.
Arrivati in bagno mi occupai di aprire la doccia e quando mi voltai la trovai di schiena, la mia maglietta a terra vicino ai suoi piedi e non riuscii a trattenermi dal sospirare, fissandola incantato, come mio solito.
Quando la vidi girarsi e sorridermi, scossi appena la testa per riprendermi e mi sfilai i boxer, infilandomi nella doccia dopo di lei.
Rimasi a fissarla, poggiato alla parete, mentre lasciava andare indietro la testa, gli occhi chiusi, lasciando che l’acqua le scivolasse addosso in fretta, bagnandole tutti i lunghissimi capelli e tutto il corpo.
Era sempre, dannatamente più bella, in ogni situazione.
Mi abbassai a baciarla ancor prima che aprisse gli occhi, vedendola sobbalzare e poi sorridere sulle mie labbra.
Mi stavo insaponando i capelli quando lei finì di sciacquarsi i suoi e prese a fissarmi, poggiata alla parete.
“Che c’è ?” domandai, sorridendo.
La vidi arrossire e scuotere la testa “Nulla, nulla”, poi si alzò appena in punta di piedi per baciarmi e infine mi fece spazio sotto l’acqua e finii di lavarmi, in fretta.
Uscii dalla doccia legandomi un asciugamano in vita e passandone uno a lei.
Mi asciugai alla svelta i capelli con un asciugamano più piccolo poi rimasi ad attendere che lei asciugasse i suoi, infine la presi in braccio e la portai in camera.
Mi infilai una t-shirt e un paio di jeans e lei fece lo stesso poi la guardai, sorridendo, mentre si legava i capelli, dal riflesso dello specchio.
“Hai deciso che vuoi fare ?” domandai.
Fece spallucce “Va bene qualsiasi cosa, decidi tu.”
Sorrisi.
“Che ne dici di andare a passare una giornata al lago ? Sono mesi che lo ripetiamo e poi non ci riusciamo mai, almeno non da soli..”
Non feci in tempo a finire la frase che Al mi guardava sorridendo e annuendo, come una bambina.
Sorrisi e mi infilai le scarpe, imitato da lei.
Alice mi prese per mano e mi portò al piano di sotto e, tra una risata e una battuta su quanto io fossi impedito in cucina, avevamo appena preparato il pranzo.
Infilammo tutto in uno zainetto, mettendoci dentro anche un telo.
Presi i caschi dal mobile mentre Al scriveva un biglietto “Io e Brì siamo al lago, se tornate prima di noi, ordinate la pizza per cena.” E lo appese sul corrimano delle scale, l’unico luogo in cui Rev e Az trovavano i bigliettini.
Mi infilai il casco e salii in moto, Al si infilò il casco, si mise lo zaino in spalla, salì in moto e appena mi legò le braccia in vita partii.
In mezz’ora arrivammo.
Quel giorno al lago non c’era quasi nessuno, quando c’era quel tempo la gente preferiva starsene in spiaggia, meglio così.
Sistemammo il telo e ci sdraiammo, poggiò la testa al mio petto e rimanemmo così per quel che parve un’eternità poi ci alzammo e decidemmo di fare una passeggiata.
Raccolsi un piccolo fiore giallo e glielo intrecciai tra i capelli, vedendola alzare gli occhi al cielo per poi sorridere.
Quando tornammo al telo cominciammo a mangiare e Al non smise di ridere un attimo, a volte perché dicevo sciocchezze, a volte perché “sembri un bambino, non riesci a mangiare senza sporcarti!” ma andava bene così, amavo vederla ridere, il mondo si illuminava quando sorrideva lei.
O almeno, il mio mondo.
Stavamo chiacchierando del tour quando notai due ragazzi poco distanti da noi in piedi, ma non furono loro ad attirare la mia attenzione, bensì una cosa vicino a loro.
“Scusami un secondo, amore.” Dissi, sorridendo ed alzandomi, notandola seguirmi con lo sguardo.
Raggiunsi i due ragazzi.
“Scusate, è vostra quella chitarra acustica ?” domandai.
I ragazzi mi guardarono confusi poi uno dei due rispose “Sì, è mia, perc- OH PORCA TROIA, MA TU SEI SYNYSTER GATES, IL CHITARRISTA DEGLI AVENGED SEVENFOLD ?!” li vidi sbiancare in sincrono quando annuii, sorridendo.
“Posso chiedervi di prestarmela un secondo ?” domandai, quando si furono calmati.
“MA ANCHE TUTTA LA VITA!” gridò uno dei due, raccogliendo la chitarra e passandomela.
“In cambio ce lo fai un autografo ?” domandò l’altro.
“Certo.” Risposi, sorridendo.
Feci un autografo ad entrambi e una foto con loro poi mi allontanai, ringraziando e promettendo di riportare la chitarra, intatta, il più presto possibile.
Tornai a sedermi davanti ad Al che mi guardava, confusa.
Non le dissi nulla.
Accordai la chitarra e cominciai a suonare, vedendola arrossire ed illuminarsi in un meraviglioso sorriso nel riconoscere le prime note della canzone.
Tossicchiai per scaldarmi la voce poi, senza alzare gli occhi dalla chitarra iniziai a cantare.
“And hey darling, I hope you're good tonight. 
And I know you don't feel right when I'm leaving. 
Yeah, I want it but no, I don't need it. 
Tell me something sweet to get me by, 'cause I can't come back home till they're singing
La, la la la, la la la.. ‘Till everyone is singing.
If you can wait till I get home,  then I swear to you that we can make this last. 
La la la.. 
If you can wait till I get home,  then I swear come tomorrow, this will all be in our past. 
Well it might be for the best.”
Alzai gli occhi, sorridendo e trovandola a sorridermi sincera, gli occhi lucidi.
Poi continuai a suonare, sapendo già le sue intenzioni.
Poggiò la sua mano sul mio ginocchio e, chiudendo gli occhi, continuò.
And hey sweetie,  well I need you here tonight,  and I know that you don't wanna be leaving me.
Yeah, you want it, but I can't help it. 
I just feel complete when you're by my side,  but I know you can't come home till they're singing
La, la la la, la la la..”
Ripresi a cantare.
E continuammo così, cantare e sorriderci, come due perfetti scemi.
Dimenticandoci di tutto, ignorando ogni cosa.
Anche il piccolo gruppetto di persone che ci fissavano, incantati.
Per me non esisteva niente, niente se non lei.
Niente se non il suo sorriso, i suoi occhi scuri, lucidi.
Le sue guance appena rosse e il suo continuo mandare indietro quella fugace ciocca di capelli.
Quando finimmo di cantare riportai la chitarra ai ragazzi che sorridevano inebetiti e poi tornai da Al che mi si buttò al collo appena mi misi seduto e la strinsi a me.
Sentendomi finalmente completo, come ogni volta che si stringeva tra le mie braccia.
Passammo il resto della giornata tra battute sarcastiche e baci rubati, tra i suoi capelli sul mio viso e le mie mani a carezzarle la pelle facendole  venire brividi che lei nascondeva affondando il viso nell’incavo del mio collo.
Quando tornammo a casa era ormai sera, Jimmy era sul divano che guardava la TV mentre Azriel era rannicchiata in braccio a lui e dormiva.
Mi sfuggì un sorriso.
Vedere quella bambina così piccola tra le braccia enormi di Jim faceva sempre il suo effetto.
Lo salutammo con un cenno della mano vedendolo sorridere e poi salimmo in camera.
Ci spogliammo e ci sdraiammo sotto le coperte.
Cominciai a sfiorare i suoi fianchi con un dito finché non la vidi tirarsi su e baciarmi, sempre più passionalmente, sempre più famelica.
Mi portai su di lei, scendendo a baciarle il collo e sentendola inarcarsi sotto di me.
E sorrisi.
Quella meraviglia, quella donna così bella, perfetta seppure incrinata, era mia.
Quel cuore di cristallo pieno di crepe era mio, così come le sue labbra che si piegavano in quel meraviglioso mezzo sorriso, quegli occhi scuri e i capelli infinitamente lunghi.
I suoi fianchi sottili, il collo pieno di segni e la pelle pallida ricoperta qua e la dai tatuaggi.
Lei era mia, dalla testa ai piedi, perfino il cuore e anche la sua anima erano miei.
Così come ogni parte di me, fisica e non, era sua.
E tanto mi bastava per guardarmi allo specchio ogni giorno e dirmi “Sì, cazzo, sono vivo, vivo come non mai.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non sto qui a giustificare e spiegare.
E' ispirata ad una delle tante storie che si creano nella mia mente per colpa/merito di Al quindi sì, è una piccola dedica.
Spero che, non so, tu non mi odi per aver pubblicato questa cosa, Al ma okay.
Soprattutto spero sia piaciuta.
Somuchlove,
Sah. 

  
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