The
Wolf inside the Prince
Un veloce
tentativo di lisciare la gonna della divisa spiegazzata e indossata in
tutta
fretta.
Raddrizzò
la
camicia bianca, mentre infilava le scarpe e contemporaneamente tentava
di
annodare il cravattino rosso e oro, ma era tutta fatica sprecata e lo
lasciò
allentato.
Saltellò
per
il dormitorio circolare alla ricerca dei libri e della bacchetta
rovistando
sotto i letti, tra le coperte e nei cassetti aperti e stravolti, per
gettare
poi tutto nella borsa e fare per precipitarsi a lezione; prima
però fece una
breve sosta davanti allo specchio per controllare la cosa
più importante,
ovvero che i suoi capelli lunghi fino sotto le spalle, lisci ma scalati
e neri
come il carbone coprissero la sua orribile e detestabile fronte alta.
Nonostante questo significasse che il ciuffo avrebbe coperto anche uno
dei suoi
due grandi occhi azzurri elettrici e non avrebbe permesso di vedere
appieno le
forme delicate del suo viso latteo. Piuttosto che far vedere la sua
fronte, la
morte! Oppure un doloroso bernoccolo per non aver visto lo stipite
della porta.
Come un
fulmine la ragazza dai capelli corvini si precipitò
giù dalle scale in pietra;
proprio non capiva perché la sveglia dovesse essere
così presto! Era
impossibile per lei alzarsi a quell’ora antelucana, tanto
valeva non mandarla a
dormire! La sera prima aveva letto un appassionante romanzo fantasy
fino a
tarda ora e il suo corpo, dato che necessitava tredici ore di sonno a
notte,
quella mattina aveva posto fine alla vita della sveglia con un forte
pugno;
quindi era in ritardo. In tremendo ritardo. E alla prima ora aveva
trasfigurazione con la Preside McGranitt: se non arrivava prima di lei
era
morta.
I suoi passi
rimbombavano negli alti corridoi di pietra e il suo respiro ansimante
faceva da
sottofondo.
Dieci metri.
Da lontano
vide il suo incubo avvicinarsi alla classe.
Cinque
metri.
La preside
McGranitt spalancò la porta in legno scuro della classe.
Zero.
Con una
scivolata degna di una rockstar sfrecciò davanti al naso
della preside e si
andò a schiantare contro il banco di una ragazzina di
Serpeverde, che per poco
non cadde dalla sedia per lo spavento.
“Salva!”
urlò prima che un grosso tomo di Trasfigurazione che era sul
banco le cadesse
in testa e la facesse mugolare dal dolore; tutta la classe
scoppiò a ridere
alla vista di quella bizzarra scena, non capendo come ogni mattina
Rebecca
Weasley riuscisse a fare un’entrata diversa e alquanto
bizzarra, mentre la sua
migliore amica Lily Potter sospirava divertita scuotendo la testa. La
corvina
avrebbe voluto fulminarli tutti dato che sapeva che entro pochi secondi
sarebbe
stata lei quella fulminata, ma si trattenne pensando che se
l’era andata a
cercare.
“Si
può
sapere come fai al sesto anno ad arrivare ancora in ritardo,
Becky?” le chiese
Lily capendo che era un caso senza speranza: l’aveva lasciata
sommersa dal
piumone mentre la sveglia suonava e con la promessa biascicata che si
sarebbe
alzata subito, e ora eccola lì schiantata a terra.
“Talento!”
rispose lei orgogliosa soffiando via dal naso una ciocca di capelli
ribelle,
mentre dolorante tentava di alzarsi e recuperare un minimo di
dignità, oltre
che tutti i libri sparsi sul pavimento.
“Signorina
Weasley!” esclamò invece la preside fremente per
lo shock e la rabbia, “Si può
sapere cosa le è saltato in mente?” chiese
sovrastandola minacciosa.
Becky
sfoderò il suo miglior sorriso finto e sbattè le
ciglia.
“Non
volevo
arrivare in ritardo alla sua splendida lezione!” si
scusò alzandosi in piedi e
spolverandosi quella stupida gonna: come faceva a correre e saltare con
una
gonna?! Avrebbe voluto essere un maschio a volte! Lily
soffocò una risata.
La preside
sbuffò esasperata.
“Se i
suoi
voti nella mia materia non fossero ottimi, le assegnerei una punizione
coi
fiocchi; ma dato che è teoricamente entrata in classe in
orario, per questa
volta è davvero salva. E per favore torni se stessa, tutto
quel miele potrebbe
ucciderla.” Commentò inflessibile e con tono di
rimprovero prima di andare a
sedersi dietro la cattedra.
Lei
annuì
cercando di trattenere le risate e si sedette accanto a Lily, che
commentava la
sua sfacciataggine.
L’ora
procedette liscia e ben presto l’entrata, a suo dire
spettacolare, venne
dimenticata. Non che quello le interessasse particolarmente: nonostante
il
carattere focoso non amava essere al centro dell’attenzione,
le piaceva vivere
la sua vita adolescenziale tranquilla, per quanto si potesse stare
tranquilli
con come amici Lily Potter e Hugo Weasley, al momento assente per finta
malattia. Si riteneva fortunata ad essere loro amica, soprattutto
perché Lily
aveva un carattere peggio di quello di sua madre Ginny e sulle prime
era
difficile da avvicinare, dato che temeva di farsi amici solo per la
fama dei
genitori; il fatto che Becky sostenesse, a causa di uno sgradevole
passato, che
i figli non fossero uguali ai genitori e che quindi non influissero sul
giudizio che aveva di lei, aveva aiutato nell’instaurarsi
della loro amicizia,
ma il passo fondamentale era stato un altro: l’essere
adottata da George e
Angelina Weasley a dieci anni. Quella famiglia le aveva salvato
letteralmente
la vita: Angelina era una madre dolcissima e George un padre divertente
e
incredibile, come suo figlio Fred II, che sfortunatamente
quell’anno era uscito
di scuola con Rose e Albus, sulle orme di James e Teddy. Le mancava suo
fratello maggiore, nonostante le difficoltà dei primi anni
avevano instaurato
un rapporto bellissimo e le mancava la sua protezione,
nonché la sua compagnia
durante le ore in presidenza.
Loro due,
con le rispettive famiglie, si poteva dire fossero i suoi unici amici:
le
tredici risse scatenate durante i suoi primi tre anni non avevano
giovato alla
sua reputazione e nonostante ora grazie al loro supporto si fosse
calmata e
avesse imparato a contenersi, gli altri la evitavano abbastanza. Non
che quello
la preoccupasse troppo, degli amici, anzi una famiglia come la loro era
più di
quanto si sarebbe mai potuta anche solo sognare.
Il cambio
d’ora suonò che ancora non si era ripresa dalla
sveglia traumatica e già
sentiva una gran voglia di accasciarsi russando sul banco, quando una
mano
entrò nel suo campo visivo e le porse una piuma che
riconobbe come sua.
Di scatto
alzò gli occhi e vide tutto ciò che non avrebbe
voluto vedere: fisico magro e
slanciato vestito in maniera curata e ordinata con la divisa, sorriso
smagliante e gentile, due pozze blu scuro al posto degli occhi e
capelli biondo
cenere in perfetto ordine. Il Principe.
“Ti
è caduta
durante la tua spettacolare entrata; avrei voluto porgertela prima,
Rebecca, ma
non volevo metterti in altri guai con la professoressa.” le
disse con voce
vellutata continuando a sorridere come un ebete.
“Grazie.”
Lo
freddò lei afferrando bruscamente la piuma, ficcandola nella
borsa e alzandosi
di scatto, dopodiché prese a braccetto Lily e, ignorandolo
completamente, se ne
andò verso la prossima classe. Dietro di lei il fan-club
urlante del Principe
lo circondò nuovamente iniziando a lodare la sua gentilezza
e tutte le sue
altre indubbie doti.
“Che
oche!”
sbottò Lily scuotendo la chioma rossa e selvaggia mentre a
passo di marcia
percorrevano il corridoio, “Se spera di ingannarci si sbaglia
di grosso!”
Becky
accennò un sorriso sarcastico.
“Ma
no, cosa
dici? Come potrei mai resistere a uno come lui? Così
simpatico, dolce e
perfettamente e meravigliosamente perfetto!” le disse con
voce svenevole
facendosi aria con la mano come se fosse in preda a un attacco di
febbre
ormonale; Lily scoppiò a ridere con la sua voce cristallina.
“Stupido
Principe!” borbottò divertita Becky mentre
entravano nell’aula di Pozioni, la
loro tortura personale; l’unica cosa positiva era che non la
seguivano con
Serpeverde.
Nessuna
delle due aveva, come metà della popolazione maschile di
Hogwarts, una grande
simpatia per il Principe. Neanche poca a dire il vero. Erano forse le
uniche a
non essere cadute tra le sue grinfie e ciò non era facile:
chi avrebbe
resistito a un ragazzo bellissimo che si comporta come un cavaliere con
ogni
singola ragazza di qualunque Casa, educato, gentile, posato,
tranquillo…etc.
etc.? Solo chi si rendeva conto che era troppo perfetto o a chi la
perfezione
andava stretta. Come a lei. Becky, la ragazza di ghiaccio, la ragazza
delle
risse, la ragazza intoccabile, la ragazza con la fronte alta e
spaziosa. Le
faceva orrore pensare esistesse una creatura strana e perfetta come
lui. Dai!
Non era normale! A lei e Lily sembrava terribilmente falso. Eppure
quasi tutte
lo amavano: persino quelle con cui si fidanzava e che poi lasciava dopo
pochi
giorni lo idolatravano, straparlando su quale perfetto mago e
gentiluomo fosse.
Dopo tre anni, dato che era entrato a scuola più tardi,
iniziava a venir loro
la nausea. Ma la cosa peggiore era che il Principe, anche noto come
Jason Wolf,
faceva parte di Serpeverde e aveva immensamente rialzato la fama della
loro
Casa. Da brave Grifondoro né si fidavano di lui,
né gli perdonavano di aver
dato splendore a Serpeverde.
Dopo due
estenuanti ore di pozioni, in cui solo per miracolo e grazie
all’aiuto della
geniale Lily Becky riuscì a non fondere il calderone, e
un’ora di Incantesimi,
in cui fortunatamente andava bene, arrivò l’ora di
pranzo. Aveva così tanta
fame che si sarebbe mangiata un primino intero ed evidentemente le sue
intenzione dovevano brillare in modo piuttosto esplicito nei suoi
occhi;
infatti al vederla entrare a passo di marcia nella grande e affollata
Sala
Grande con la rossa a braccetto, diretta verso il tavolo imbandito, un
brivido
freddo percorse le schiene dei giovani Grifondoro che accaparrarono
più in
fretta possibile più cibo che potevano per poi allontanarsi
precipitosamente da
lei.
Come una
belva affamata e sanguinaria si gettò all’attacco
di un enorme piatto di pasta.
“Quando
hai
fame sei peggio di zio Ron!” commentò Lily con la
stessa aria di rimprovero di
Ginny; Becky alzò gli occhi al cielo, ma cercò di
diminuire la sua furia e di
imitare Lily; lei, infatti, nonostante il carattere di fuoco, era
femminile in
ogni gesto oltre che, a suo parere, bellissima esteriormente:
metà dei maschi
le sbavavano dietro e se non fosse stato per l’inquietante
presenza di Becky,
molti l’avrebbero perseguitata.
“Lasciala
mangiare come le pare!” prese in giro Lily una voce calda e
rassicurante.
“Hugo!”
esclamò la cugina facendo spazio per sedersi
all’alto ragazzo dai capelli rossi,
“Non incoraggiarla! Becky è bella e femminile, ma
si sottovaluta e si comporta
come un ragazzo!” lo rimproverò la rossa, che
sosteneva la causa persa di nome
Rebecca. Non che la corvina si fosse mai fatta particolari fisse sul
suo
aspetto fisico, a parte per la fronte alta che combatteva con tutta se
stessa e
causa di innumerevoli prese in giro da piccola, perché
sapeva che c’era di
molto peggio; in fondo aveva un corpo ben proporzionato: era piuttosto
bassa ma
compensava in energia, il suo fisico era magro e allenato, di seno era
abbastanza abbondante e la carnagione nivea faceva risaltare i capelli
color
della notte e gli occhi glaciali. Però sapevano tutti che
lei non era capace di
essere femminile, era un fuoco vivo non un’elegante farfalla;
inoltre lei non
voleva avere nessun contatto con il mondo maschile, a eccezione della
famiglia.
Punto.
“Alla
fine
non ha interrogato durante Incantesimi, Hugo” lo
informò Becky prendendo un
pezzo di pane da accompagnare al prosciutto e ignorando
l’affermazione di Lily,
che sbuffò irritata.
“Hai
sprecato una merendina marinara per niente!”
osservò poi lanciandogli
un’occhiata che significava
“ma-quanto-sei-stupido?!”.
“Basterà
chiedere a Fred di mandarcene altre!” rispose lui con un
alzata di spalle
iniziando ad ingozzarsi felice.
“Le
dovrebbe
vendere al negozio di papà quelle, non inviarle a te
perché non hai voglia di
studiare! E se mamma lo becca, lo dirà ai tuoi...e zia
Hermione ci ucciderà
tutti!” commentò drammatica rabbrividendo al
pensiero della famosa Hermione
incazzata come una belva.
Hugo
deglutì
mentre Lily ridacchiava, nonostante l’idea avesse dato i
brividi anche a lei.
“Poi
mi
passate gli appunti?” chiese Hugo tornando a mangiare
tranquillo, mentre ogni
problema gli scivolava addosso come sempre. Dire che era un ragazzo
spensierato
era poco.
“Chiedi
a
lei!” rispose Becky accennando a Lily mentre con un
tovagliolo si puliva le
labbra rosse. La sua scrittura era peggio dei geroglifici egiziani,
meglio non
sottoporre a tale prova il già piccolo e arioso cervello del
suo migliore
amico.
Lui
annuì
capendo il messaggio.
“Che
ora
avete adesso?” chiesi poi mentre la cugina incantava una
piuma affinché
copiasse gli appunti su un’altra pergamena.
“Io
ho
astronomia!” rispose la corvina sognante con un sorriso ebete
stampato in
faccia. Amava quella materia più di qualunque altra cosa:
amava la notte e
amava le stelle, che per molti anni erano state le sue uniche compagne.
Hugo fece
una smorfia disgustata e Lily gli tirò uno scappellotto,
dopodiché prese la sua
borsa e tutti i suoi quaderni.
“Io
devo
andare ad Aritmanzia! E tu Hugo hai il corso di Medimagia, quindi
sbrigati!” lo
rimproverò alzandosi prima di fare un cenno con la mano.
“Ci
vediamo
in Sala Comune Becky! Vedi di non uccidere nessuno mentre non ci
sono!” rise
allontanandosi in uno svolazzo di capelli scarlatti.
“Sono
loro
che si suicidano venendo a rompermi le puffole!” le rispose
con un ghigno,
mentre anche lei radunava le sue cose e si alzava in piedi.
“Ci
si vede Hugo!” lo
salutò prima di incamminarsi verso la torre di Astronomia.
Percorse veloce
il
corridoio, ansiosa di iniziare; non erano molti nel suo corso e non
aveva mai
capito come facesse un centauro ad arrivare in cima alla torre di
Astronomia,
ma non aveva mai osato chiederglielo; però adorava quelle
ore in cui,
concentrandosi sulla materia, aveva anche il tempo per pensare a
sé, per
sentirsi libera. Spesso la notte sgattaiolava fuori dal corridoio con
il
mantello invisibile di Lily e la sua Mappa del Malandrino e correva
nella
torre; a volte venivano anche lei e Hugo, altre andava lei da sola. E
pensava,
pensava a quanto la sua vita fosse cambiata, piangeva il passato,
parlava da
sola, sognava un futuro radioso.
Erano le dieci
di sera e
nel corridoio silenzioso della scuola di tanto in tanto si sentiva un
leggero
ansimare e qualche passo. Eppure non si vedeva nessuno. Poi da dietro
ad una
colonna sbucò dal nulla la testa corvina di Rebecca, che
ansimante si guardò
intorno prima di aprire una vecchia pergamena.
“Dannazione…”
borbottò tra
sé e sé, “Dovevo proprio dimenticarlo
in aula il libro di Astronomia?!” erano
dieci minuti che si insultava per quello in alternanza agli insulti per
non
aver avuto la pazienza di lasciarlo lì e recuperarlo il
giorno dopo. Purtroppo
era più forte di lei: l’idea di lasciare
incustodito il suo tesoro, pieno di
appunti preziosi, esposto a centomila pericoli, la preoccupava da
morire.
Quindi aveva deciso di prendere il mantello
dell’invisibilità e la mappa di
Lily e correre a prenderlo. Aveva notato che il Principe era nella
torre da
solo, ma tanto era invisibile e a quel punto poteva anche aspettare che
uscisse, nel caso.
Quando
finalmente arrivò
alla porta della torre la trovò stranamente socchiusa e con
due voci che
litigavano sottovoce; corrugando la fronte ricontrollò la
mappa: avrebbe dovuto
esserci solo il Principe! E così la mappa diceva…
Curiosa si sporse per vedere
l’interno dell’aula.
All’interno,
illuminato dal
fievole fuoco acceso nel caminetto dell’aula stava Jason
Wolf, o almeno avrebbe
dovuto essere lui, ma era talmente diverso che lei per poco non lo
aveva
riconosciuto: la camicia era fuori dai pantaloni e slacciata per
metà, la
cravatta allentata e i pantaloni stropicciati; inoltre era stravaccato
sui
banchi, in viso un’espressione scocciata, gli occhi che
mandavano lampi e i
capelli tutti scompigliati.
“Non
ne posso più!” esclamò
irritato con un tono tagliente e freddo, completamente diverso da
quello dolce
e cortese che usava di solito, “Sai cosa significa che ogni
giorno devo
comportarmi come un perfetto idiota impomatato, sorridere e fare il
carino con
tutti quando vorrei solo prenderli a sberle?! Per non parlare di quelle
oche
che mi sbavano dietro: certo, fanno qualsiasi cosa io ordini, ma potrei
essere
circondato da un branco di elfi domestici e non noterei la
differenza!” esplose
mettendo i piedi sull’altro banco.
“Smettila!”
esplose la
fiamma del caminetto spaventandola, una faccia impressa tra le braci,
“Dopo che
siamo arrivati così lontani…non puoi rovinare
tutto! Lo sai che abbiamo bisogno
che tu sia così! Abbiamo bisogno del Principe!
Quindi…” e chissà cosa avrebbe
detto se Rebecca scioccata, avvicinandosi per sentire meglio, non
avesse
inavvertitamente spinto la porta che scricchiolando si era aperta. La
voce
nelle fiamme si spense all’istante, in un attimo Jason era
balzato in piedi e,
prima che lei potesse scappare, aveva spalancato la porta e urlato:
“IMMOBILUS!”
Il mantello le
cadde dalle
spalle e lei, immobilizzata nell’espressione impaurita che
aveva, si trovò a
fronteggiare gli occhi gelidi di quel ragazzo.
“Guarda
guarda…” ghignò lui dopo alcuni attimi
di confusione, “Rebecca Weasley la
reginetta di ghiaccio stava origliando…”
commentò prendendole una ciocca di
capelli e rigirandosela tra le mani. La ragazza avrebbe voluto scappare
via
urlando oppure picchiare il malcapitato fino a fargli perdere la
memoria, ma
l’incantesimo era perfetto e lei non aveva nemmeno la
bacchetta.
Jason di
scatto prese la ragazza in spalla, facendole pendere un infarto, ed
entrò
nell’aula chiudendo la porta a chiave dietro di
sé, poi la mise con mala grazia
seduta sul banco dove poco prima era lui.
“Vediamo
un
po’ cosa abbiamo qui…”
mormorò prendendo in mano il mantello e la mappa che lei
teneva tra le dita, mentre Becky lo fulminava con lo sguardo
“Mantello
d’invisibilità e…questa mappa
è incredibile! Segna tutte le persone, dove sono
e i loro spostamenti, perfino i passaggi segreti!”
esclamò incredulo
esaminandola mentre Becky si malediceva in mille lingue: aveva
dimenticato la
mappa aperta, Lily l’avrebbe uccisa!
“Come
l’hai
ottenuta?” chiese affascinato, per poi ricordarsi davanti
allo sguardo
esasperato di lei che era immobilizzata; con un fluido movimento della
bacchetta sciolse l’incantesimo.
Il pugno di
Becky colpì la sua mascella così forte da farlo
barcollare e la ragazza, invasa
da una furia e un terrore mai provati, si lanciò su di lui
disarmandolo della
bacchetta; il ragazzo cadde e lei si preparò a massacrarlo
per aver osato
toccare lei e le sue cose, ma, contrariamente alle sue previsioni, il
ragazzo
era più forte e reagiva meglio di quanto pensasse e ben
presto ribaltò le
posizioni. Ora lei era sdraiata per terra, inviperita, con lui sopra a
quattro
zampe che le bloccava polsi.
“Maledetta…”
ringhiò lui con la guancia che pulsava, “Se non mi
avessi colpito ti avrei
lasciata andare via come se niente fosse, con la sola promessa di non
dire
niente riguardo a stasera, ma ora credo che sarà un piacere
fare un giro dalla
preside coi tuoi preziosi tesori…”
sogghignò avvicinandosi mentre lei sbiancava
e sgranava gli occhi.
“Non
lo
fare! Non sono miei, ti prego!” lo supplicò
dimenandosi per liberarsi dalla sua
presa, ma il ragazzo non fece una piega e, dopo alcuni attimi di
silenzio, la
guardò con una luce negli occhi che non le piacque per
niente.
“Se
ti dai
una calmata, possiamo metterci d’accordo sulle condizioni;
niente di
complicato…semplicemente dovrai fare tutto ciò
che ti dico!” le spiegò sadico
avvicinandosi al suo viso fino a un soffio di distanza. Becky avrebbe
voluto
rifiutare e ucciderlo dolorosamente, ma si rese conto di non poterlo
fare: la
mappa e il mantello erano i due tesori di Lily, tramandati a lei dai
fratelli
che a loro volta li avevano ricevuti da Harry, cimeli dei grandi
Malandrini;
non si sarebbe mai perdonata se glieli avessero requisiti, cosa che
sarebbe
sicuramente accaduta se fossero passati tra le mani dei professori.
Guardò
insofferente il suo aguzzino prima di arrossire
all’inverosimile.
“A-accetto…ma
solo se non mi ordinerai niente di sconcio…” pose
come minima condizione di
salvezza distogliendo lo sguardo. Avrebbe voluto morire.
Jason
scoppiò inaspettatamente a ridere e avvicinò
ancora un po’ il suo viso a quello
bordeaux della ragazza.
“Sei
una
ragazza strana…va bene!” accettò
alzandosi in piedi di scatto e lasciandola respirare;
poi le lanciò addosso i suoi tesori, prese la giacca che
aveva abbandonato su
una sedia e si avvicinò alla porta.
“Fatti
trovare nell’aula vuota al terzo piano, domani dopo la fine
delle lezioni.”
L’avvisò noncurante abbassando la maniglia e lei,
ancora seduta a terra, lo
guardò confusa, ma non ebbe il tempo di dire niente.
“Buona
notte
Rebecca!” le augurò con tono beffardo sogghignando
e facendole l’occhiolino
prima di sparire nell’oscurità del castello.
“Dannazione!”
imprecò Becky colpendo il pavimento con forza. In che guaio
si era cacciata?
Quando il
pomeriggio dopo entrò nell’aula vuota, le
tremavano le gambe: era stata strana
tutta la giornata e Lily l’aveva tempestata di domande, da
amica premurosa; era
talmente agitata che quando il Principe il mattino l’aveva
salutata nel solito
modo cortese per poco non era caduta dalla sedia. Cosa aveva intenzione
di
farle? Perché fingeva così? Chi c'era nel camino?
Troppe domande e poche
risposte. Inoltre nonostante avesse promesso di trattenere i suoi
ormoni, non
si fidava molto…
Prese un bel
respiro cercando di autoconvincersi che sarebbe andato tutto bene ed
entrò.
Jason era lì, stravaccato sulla cattedra, i vestiti e i
capelli come la sera
prima, ma stavolta era più rilassato. Come la pantera che
guarda la preda
ignara finire tra le sue zampe da sola.
Senza dire
una parola entrò nella classe e si fermò a
osservarlo gelida, a ben due metri
di sicura distanza.
“Era
ora!”
commentò lui sardonico alzandosi in piedi in maniera fluida
e raggiungendola in
pochi passi, tanto che non ebbe il tempo di indietreggiare.
“Tieni.”
Le
disse ficcandole tra le braccia la grossa borsa di scuola,
“Voglio i miei
compiti fatti per le sei e mezza.” Le ordinò prima
di sparire fuori dalla
porta.
Becky rimase
immobile in silenzio.
“MA
CHE COSA
PENSA QUELLO STUPIDO NARGILLO?!” Urlò imbestialita
scagliando la borsa su un
banco; poi, borbottando varie maledizioni, si sedette e di malavoglia
estrasse
il necessario. Quale schiavista ipocrita! L’aveva presa per
un elfo domestico?!
In
realtà,
dopo due o tre minuti, la sua rabbia era già sbollita: Jason
avrebbe potuto
ricattarla in modi molto peggiori di quello e, nonostante odiasse fare
i
compiti, non era nulla di particolarmente ingrato; il fatto che poi non
fosse
rimasto lì era di notevole sollievo: si aspettava sarebbe
rimasto a sfotterla
per tutto il tempo. Era una fatica che sosteneva volentieri per Lily. A
quel
punto le conveniva mettersi al lavoro: non voleva dover fare i suoi
compiti di
notte! Un giorno o l’altro, comunque, Jason Wolf
l’avrebbe pagata.
Quello che
Rebecca non sapeva era che l’oggetto dei suoi tormentosi
piani di vendetta era
seduto fuori dalla porta appoggiato al muro.
Le prime due
settimane proseguirono tranquille: ogni pomeriggio Becky andava
nell’aula vuota
e faceva i compiti di Jason, che a sua insaputa stava fuori dalla
porta, poi
lui tornava a prendere i compiti e le dava l’appuntamento per
il prossimo
giorno: contatti ridotti al minimo; inoltre era riuscita a tenere a
bada la
curiosità di Lily e Hugo dicendogli che ultimamente le
piaceva stare un po’ da
sola a riflettere e i due non l’avevano forzata. Tutto
sarebbe proseguito
magnificamente se quel giovedì pomeriggio, quando lei aveva
sollevato le
braccia pronta a ricevere la cartella coi compiti, Jason non
gliel’avesse
lanciata addosso per poi avvicinarsi pericolosamente a lei invece di
andarsene,
mentre nei suoi occhi lei leggeva follia.
“Perché
non
mi hai detto che sei negata in pozioni?! Mi sono salvato per miracolo
con il
prof. Lumacorno!” si mise a urlare esasperato dopo averle
preso all’improvviso
la testa sottobraccio, come per soffocarla, e aver iniziato a sfregare
le
nocche del suo pugno contro i suoi capelli.
“Mollami
idiota!” rispose lei a tono divincolandosi per il fastidioso
dolore, “Per le
mutande di Merlino, non me l’hai chiesto!” aggiunse
mentre lui finalmente la
lasciava libera e lei per lo slancio finiva catapultata contro i
banchi,
cadendo per terra sul fondoschiena.
“Tu…”
ringhiò pericolosamente Becky estraendo la bacchetta con
aria omicida, che
sfumò appena vide Jason che, contro ogni previsione, si
teneva pensoso il mento
ignorandola completamente.
“Effettivamente
è colpa mia se è ho dato per scontato che non
fossi idiota...” borbottò tra sé
e sé mentre una vena pulsava furiosa sulla fronte nascosta
di Becky. Ma come si
permetteva quello stupido smidollato?!
Poi il
biondo sospirò e si andò a sedere alla cattedra,
appoggiandoci i piedi.
“Tu
fai
tutti gli altri compiti, poi ti insegno a fare pozioni.” Le
disse prendendo il
libro che aveva preparato lì e iniziando a leggere.
“Becky,
mantieni la calma. Conta fino a tre” Si ripeté la
ragazza stringendo
convulsamente la bacchetta. Uno. Due…
“E
cerca di
farli corretti…” aggiunse senza degnarla di uno
sguardo.
Tre. Il
cancellino si alzò in volo e venne magicamente scagliato
contro la testa di
Jason, che commentò vistosamente l’intimo di
Morgana, mentre Becky soddisfatta
riponeva la bacchetta nella tasca.
“Ma
cosa…?”
urlò dolorante guardandola assassino.
“Tsk.”
Si
limitò a commentare lei, guardandolo con disprezzo, per poi
voltarsi con aria
regale spostando i lunghi capelli dalle spalle con un gesto secco della
mano e
andando lenta a sedersi. Aveva una dignità lei, offenderla
era come dichiararle
guerra.
Con un
ringhio trattenuto Jason si riuscì a contenere e
tornò a leggere il suo libri.
Passarono
due ore prima che Becky chiudesse l’ultimo libro, avendo
ultimato sia i suoi
compiti che quelli dello schiavista.
“Ho
finito…”
lo avvisò gelida alzando lo sguardo e trovandosi a
fronteggiare due occhi blu
che la scrutavano, come in attesa. Ed effettivamente Jason si stava
chiedendo
quasi da dieci minuti perché ci avesse messo tanto rispetto
al solito, ma non
poteva certo dirglielo senza svelare che l’aveva osservata in
tutti quei
giorni: piuttosto la morte.
Alzandosi
con calma la raggiunse e spostò una sedia per sedersi
accanto a lei, che lo
guardava diffidente come un piccolo animale.
“Prendi
il
tuo libro di Pozioni.” Le ordinò mentre metteva
mano al suo; Becky lo fulminò
ma lo prese e si preparò a torturarlo. Era la peggiore del
suo corso, voleva
proprio vedere come avrebbe reagito.
Fu uno dei
pomeriggi più strani della loro vita ed entrambi lo
avrebbero ricordato per
molto tempo: Jason era un insegnate severo, ma era molto bravo in
quella
materia e stranamente disposto a ripeterle le stesse cose
più volte, spesso
semplificandole o rendendole più facili da ricordare; certo,
ogni volta che
Becky sbagliava Jason o la colpiva sulla testa con il libro arrotolato
oppure
le scompigliava tutti i capelli, e ogni tre per due bisticciavano su
cose
stupidissime, come le reciproche calligrafie; eppure Becky pian piano
si rese
conto che qualcosa capiva.
Quando
ebbero finito, Jason buttò la testa all’indietro
con un sospiro esasperato.
“Non
ho mai
incontrato qualcuno di tanto cocciuto, recidivo e tonto in vita
mia!” si
lamentò provato dondolandosi all’indietro sulla
sedia e ignorando gli “Ehi!”
indignati di Becky, “Da oggi ogni pomeriggio dopo i compiti
normali faremo un
po’ di pozioni, anche pratica non solo teoria.”
L’avvisò, lasciandola di
stucco: la stava aiutando?
“Non
lo
faccio per beneficenza, ma prima imparerai, prima farai anche i miei di
compiti
di pozioni.” Aggiunse mandando in frantumi la fragile
riconoscenza che stava
sorgendo in Becky.
“Come
vuoi!”
sbottò lei radunando le sue cose e avviandosi alla porta.
“A
domani
Wolf!” ringhiò senza voltarsi a passo di marcia.
“A
domani
nana!” ribatté lui sogghignando, prima di evitare
un altro cancellino volante
per un soffio. La sua risata inseguì a lungo Becky che
scappava furente per i
corridoi.
Lily
iniziò
a insospettirsi circa altre due settimane dopo, quando Becky prese la
sua prima
O in Pozioni; non era una cosa umanamente possibile: lei stessa aveva
provato
ad aiutare Becky, ma non era mai riuscita a farle prendere
più di una A e alla
fine aveva rinunciato, anche perché la sua amica aveva
scarsa pazienza. Quindi
non capiva come avesse fatto e, ripensandoci bene, non ricordava
più l’ultima
volta che aveva fatto esplodere un calderone…Qualcosa
decisamente non andava.
Forse prendeva ripetizioni in segreto? Ma perché non
dirglielo allora, Lily non
si sarebbe certo offesa! All’inizio credeva davvero volesse
stare da sola,
spesso le succedeva di avere dei periodi neri in cui si staccava dal
mondo per
interi pomeriggi per poi tornare normale dopo qualche settimana, ma
stavolta il
periodo stava durando troppo e inoltre…c’era
qualcosa di diverso in lei, che
non riusciva a cogliere. Per alcuni giorni pensò seriamente
di seguirla e
spiarla, ma il suo spirito leale la bloccava: si era perfino impedita
di
guardare la Mappa del Malandrino; infine, decise che l’unica
cosa da fare era
l’attacco frontale.
“Dove
vai
tutti i pomeriggi?” chiese schietta a pranzo, dopo essersi
assicurata che Hugo
fosse occupato con alcuni compagni di Quidditch, e per poco Becky non
sputò
tutto il succo di mela che stava bevendo. Reazione insolita per una che
non
avrebbe dovuto aver niente da nascondere…
“A
riflettere…” mormorò guardandola negli
occhi e cercando di mostrarsi sicura, ma
la mano aveva stretto il tovagliolo con un po’ troppa
forza…
“No.
È una
bugia.” stabilì Lily tranquilla, “Ti
conosco da troppo ormai perché tu possa
mentirmi, non sono stupida Becky e ti avviso: sono preoccupata quindi
se non mi
rivelerai che cosa sta accadendo controllerò sulla mappa del
Malandrino e ti
seguirò.” La minacciò con tono calmo e
sguardo freddo mentre Becky
rabbrividiva: la conosceva quell’espressione pericolosa, era
la stessa di mamma
Ginny. Non aveva scampo.
“Prometti
di
non fare nulla per intralciarmi, fermarmi o intrometterti?”
le chiese con un
sospiro mentre con una mano torturava una delle ciocche nere che le
coprivano
la fronte e l’occhio.
Lily ci
pensò un attimo, poi decise che dopotutto poteva promettere:
qualsiasi cosa
stesse accadendo non sembrava brutta e Becky era solo leggermente
più vivace e
lunatica del solito.
“Promesso!”
le giurò con un sorriso al quale Becky rispose esasperata,
prima di lanciarsi
in un lungo riassunto, cercando di tralasciare tutto ciò che
non era influente,
come quando l’aveva atterrata e sconfitta. O tutte le battute
maliziose
dell’animale. O di tutte le volte che lo aveva picchiato col
cancellino.
Quando ebbe
finito Lily si batté il pugno sul palmo dell’altra
mano.
“Lo
sapevo!
Lo sapevo che era falso quel tizio!” gioì fiera e
feroce, “Doveva per forza
avere una doppia identità, non era magicamente possibile che
esistesse tale
essere!” continuò facendo ridere Becky. In
realtà Lily avrebbe voluto
rimproverarla, dirle che poteva rompere l’accordo e che non
le interessava, ma
la promessa e la luce negli occhi di Becky l’avevano fermata.
Prima doveva
vedere con i suoi occhi per decidere cosa fare.
“Ti
dispiace
se oggi vengo con te? Voglio solo vedere com’è
davvero, prometto di stare zitta
e muta!” la supplicò mostrando gli occhi da
cucciolo che tanto le venivano bene
e Becky titubante annuì.
“Vieni
dieci
minuti dopo, così lo posso avvisare…”
aggiunse però dopo alcuni attimi di
riflessione e Lily batté le mani contenta.
“Ora
tanti
pezzi del puzzle si rimettono al loro posto!”
commentò contenta addentando una
pesca e Becky la guardò perplessa, “Mi riferisco
per esempio a quando hai preso
O in Pozioni e Jason a pranzo, senza farsi vedere da nessuno ti ha
fatto
l’occhiolino con uno strano ghigno: pensavo di avere le
allucinazioni, anche
perché tu sei arrossita e non hai detto niente! Oppure si
spiega perché
casualmente si scontrasse con te così tante volte
o…” e avrebbe continuato a
elencare le stranezze di quelle settimane se Becky non avesse tirato
una
testata al tavolo.
“Quell’idiota…”
mormorò mentre Lily la guardava incuriosita. Aveva detto a
quella testa di
Nargillo di far finta di non conoscerla, ma lui faceva di tutto per
infastidirla in pubblico e pian piano si stava rilassando sempre di
più, quasi
dimenticando il suo ruolo da Principe. La cosa che però
Becky odiava sempre di
più era il fatto che, quando lui faceva quelle cavolate
mostruose in pubblico o
si ritrasformava nel vero Jason, lei si sentiva contenta e cominciava a
custodire sempre più gelosamente i loro piccoli pomeriggi di
liti e compiti.
Non andava decisamente bene...
Ci volle un
po’ a convincere Jason che doveva comportarsi esattamente
come al solito quel
pomeriggio, ma quando infine capì che Lily sapeva
com’era con Becky nel
dettaglio e che l’avrebbe smascherato subito, si arrese e
decise di fingere che
la rossa non ci fosse; infatti quando Lily entrò, lui era
alla cattedra che
leggeva e Becky a sfacchinare al banco. Senza una parola la rossa si
sedette
accanto all’amica e si mise a fare i suoi di compiti. Una
promessa era un
promessa.
Finalmente
arrivò il momento che Lily tanto attendeva: le ripetizioni
di Pozioni, per quel
giorno solo teoriche. Fu strano, immensamente strano vedere Becky e
Jason
studiare e bisticciare; era una nuova Becky: le guance arrossate di
furia e
imbarazzo, i capelli scompigliati e gli occhi vivi. Una Becky che stava
parlando e litigando con un essere dell’altro sesso a cinque
centimetri di
distanza senza neanche accorgersene, che si faceva chiamare nana senza
ucciderlo (più o meno), che non la smetteva di sogghignare e
ridere.
Alla fine
entrò anche lei nelle conversazioni o per difendere Becky o
perché Jason non
riusciva a trattenersi e lanciava frecciatine anche a lei; a malincuore
dovette
ammettere che in realtà l’ex-Principe non era
male. Certo, era arrogante,
sarcastico, dispotico e dalla rabbia facile, ma era intelligente e
teneva testa
a Becky con furbizia, sapeva farle ridere nei momenti più
inaspettati e aveva
delle reazioni infantili di tanto in tanto che erano esilaranti. E lui
e Becky,
senza accorgersene, andavano d’accordo.
Quando
ebbero finito Jason scompigliò i capelli di Becky e si
gettò all’indietro sulla
sedia sospirando come al solito con esagerato sollievo, apposta per
irritare la
corvina che prese le sue cose e Lily per un polso per trascinarla via.
“A
domani
Jason!” urlò facendogli la linguaccia prima di
correre fuori dall’aula. Fosse
rimasta due secondi in più avrebbe visto il freddo Jason
spalancare gli occhi e
arrossire, per poi coprirsi la bocca con una mano: da quanto nessuno lo
chiamava Jason?
Lily e Becky
rallentarono in prossimità del dormitorio di Grifondoro; la
rossa era stata in
silenzio tutto il tempo e Becky si sentiva inspiegabilmente agitata al
pensiero
che di lì a poco sarebbe stato il momento del giudizio
finale.
“Hai
la mia
approvazione.” Esordì improvvisamente Lily con
serietà e Becky si girò a
guardarla a occhi spalancai.
“Per
continuare a rispettare il patto?” chiese incredula; era
sicura che Lily le
avrebbe proibito di tornarci, mettendo in luce tutti gli enormi difetti
di
Jason e su come fosse pericoloso per lei stare con lui, e
già stava cercando un
modo di spiegarle l’irrazionale sensazione che invece la
spingeva a continuare.
“Sì
certo. E
anche per fidanzarvi, sposarvi e avere tanti figli. Ah, e io
farò la madrina
ovviamente.” Aggiunse con tranquillità un sorriso
malizioso a incresparle le
labbra.
“EH?!”
esplose Becky inciampando per lo shock e andando a sbattere contro una
colonna.
Dopo aver mugolato per il dolore ed essersi rimessa in piedi mentre
Lily rideva
come una matta, riuscì a elaborare ciò che la sua
amica aveva affermato.
“Cosa
ti
salta in mente?” le chiese con le gote in fiamme e il
cervello in pappa.
Lily
alzò
gli occhi al cielo.
“Becky
ho
visto come lo guardi e da lui ti lasci toccare, perfino scompigliare i
capelli!
Ridi, bisticci e litighi, non ti ho mai visto così viva; non
puoi negare
l’ovvio!” le spiegò esponendo i suoi
punti con una ferocia tale che Becky
rimpiccolì di parola in parola pronunciata.
“Non
è
vero!” ringhiò poi distogliendo lo sguardo
imbarazzata. Perché non era vero,
giusto? Lei non poteva innamorarsi di Jason! Si conoscevano da un mese
o poco
più! …Giusto?
Lily
l’abbracciò ridendo.
“Non
c’è
niente di male nell’essere innamorata, Becky; è
una bellissima cosa e sono
felice per te. Jason in fondo non mi dispiace e vi tenete testa alla
grande.”
Le disse con dolcezza mentre Becky le bofonchiava parole senza senso su
come
lei riuscisse a leggerle la mente e su come fosse spaventosa,
“Ma stai
tranquilla e vai con calma, l’amore non ha nessuna fretta,
soprattutto la prima
volta.” la consolò dandole un buffetto sulla
guancia prima di trascinarla, in
stato di shock, di nuovo verso il dormitorio canticchiando.
Il
pomeriggio dopo Becky avrebbe voluto scappare il più lontano
possibile: la
possibilità rivelatale da Lily l’aveva
traumatizzata e confusa; ogni trenta
secondi lanciava un’occhiatina a Jason e si interrogava sui
suoi stessi
sentimenti. Il fatto che arrossiva ogni volta era un chiaro indice e si
stava
ben presto arrendendo alla realtà: si era stupidamente
innamorata di Jason
Wolf, da un parte il Principe popolare della scuola,
dall’altra il despota
freddo e sarcastico. Ottimo.
“Hai
finito?” Per poco Becky non cadde dalla sedia per la sorpresa
nel sentire la
voce dell’oggetto dei suoi turbolenti pensieri.
“S-sì…”
balbettò abbassando lo sguardo e mordendosi la lingua per
l’imbarazzo. Jason la
raggiunse perplesso e cogliendola di sorpresa le preso il mento tra le
mani e
la osservò attentamente.
“Hai
le
occhiaie.” Notò con un sopracciglio sollevato.
“Non
ho
dormito bene stanotte.” Commentò lei
allontanandosi di scatto. “Già, a causa
tua idiota. Non sai quanto vorrei ucciderti in questo
momento.” Aggiunse nella
sua mente.
Un silenzio
imbarazzato si trascinò anche durante le ripetizioni di
Pozioni e quando ebbero
finito Becky non si alzò come al solito, limitandosi ad
osservarlo. Il
desiderio di conoscerlo di più stava iniziando a divorarla.
“Jason?”
chiese poi titubante mentre lui all’istante la perforava con
lo sguardo, “Chi
era nel fuoco, la notte che ci siamo conosciuti?” chiese
curiosa e perplessa
allo stesso tempo; era inoltre spaventata dalla piega che quella
conversazione
poteva prendere: non avevano mai affrontato quel discorso prima
d’ora, neanche
accennato.
Lui si
alzò
in piedi rabbuiandosi e si sedette sul banco a fianco.
“Mio
fratello.” Rispose di malavoglia.
Lei lo
guardò interrogativa, l’occhio azzurro spalancato,
spingendolo a continuare.
“La
mia
famiglia era affiliata ai Mangiamorte durante la guerra contro
Voldemort e dopo
la vittoria di Harry Potter è caduta in disgrazia. I miei
sono morti quando io
ero piccolo e mio fratello maggiore si è preso cura di
me…” svelò a bassa voce
senza guardarla, perso nei suoi ricordi, “Pensa che io sia
perfetto per ridare
fama al Casato; vuole che diventi l’idolo della scuola, il
gioiello dei
professori e poi di tutto il mondo magico. Vuole il Principe e io sono
l’unico
che può darglielo.” Terminò a testa
bassa con tono amaro.
“Sbagli!”
gli uscì di getto e quando lui la fulminò per un
attimo pensò di chiedere
scusa, ma poi il suo sangue Grifondoro la spinse ad andare avanti,
“Non devi
eseguire tutto quello che ti dice tuo fratello alla lettera, devi saper
valutare e scegliere con la tua testa. Sei abbastanza intelligente da
farlo.
Lui sbaglia a non volere te, ma il Principe, ed è egoista.
Tu odi essere il
Principe e prima di onorare il Casato dovresti onorare te stesso,
rimanendo
fedele al vero Jason Wolf sempre.” Pronunciò in un
solo fiato con voce
tremante, spinta dal desiderio enorme di aiutarlo e da quello un
po’ egoistico
di poterlo vedere sempre così, non come il pavone circondato
di oche.
Jason
indietreggiò come un animale ferito, stringendo le nocche.
“Sta
zitta!”
le urlò e Becky sobbalzò tanto il tono era freddo
e i suoi occhi furenti, “Tu
non sai niente di me, né della mia famiglia! Sei solo il
giocattolino di turno!
Non mi interessa cosa pensi, non sei che un’altra di quelle
stupide oche dalla
famiglia perfetta che vuole fare la piccola infermiera. Non ho bisogno
della
tua pietà, torna dalla tua mammina a piangere!” le
scagliò contro, gelido come
il vento che ulula durante le montagne d’inverno.
Uno
schiocco.
Jason si
toccò la guancia con cinque dita rosse che pulsavano,
incredulo.
Di fronte a
lui Becky con gli occhi lucidi di lacrime trattenute, la mano ancora
tesa, la
furia e il dolore che ruggivano dentro di lei.
“Il
mio vero
nome è Rebecca Shade: mio padre era un Mangiamorte e mia
madre purosangue fu
obbligata a sposarlo per ragione politiche,” disse con la
voce che le tremava
abbassando la mano, “Era sempre ubriaco e violento, picchiava
me e mia madre se
disobbedivamo…al mio decimo anno d'età
l’ha uccisa; gli Auror non hanno fatto
in tempo a salvarla. A quel punto l’hanno richiuso ad Azkaban
e io sono stata adottata
dai Weasley. Non credere di essere l’unico con una brutta
storia e smettila di
comportarti come un bambino. È ora che tu cresca e impari a
usare la testa.”
Concluse, poi afferrò la sua roba e scappò via,
lasciandolo lì da solo a occhi
sgranati e una mano sulla guancia.
Lo odiava.
Lo odiava. Lo odiava.
Jason era
nell’aula vuota ad aspettare da solo ancora una volta. Erano
tre giorni che
Becky non si faceva vedere e non riusciva neanche a trovarla da sola o
parlare,
anche perché la rossa gli lanciava certe occhiate da
gelarlo. Lo sapeva che era
colpa sua e voleva parlare, magari scusarsi...ma lei non si faceva
vedere.
Tirò
un
pugno alla cattedra e si alzò in piedi, iniziando a
camminare avanti e
indietro. Come poteva quella nanetta non presentarsi
all’appuntamento?! Lo
sapeva che lei grazie alla mappa era
cosciente che lui fosse lì, eppure non veniva. E lui voleva
che venisse. Come
faceva a scusarsi altrimenti?! E anche lei l’aveva insultato,
erano quasi
pari…Si era aspettato che il giorno seguente si sarebbero
riappacificati e
invece niente. E il vuoto si faceva sentire, come se si fosse portata
via Jason
e lui si fosse tenuto il dannato Principe.
Il biondo si
passò una mano tra i capelli e si coprì gli
occhi, prendendo a pugni il muro.
Fu strano accorgersi di come
la nanetta fosse
diventata importante: tutto nato da un curioso interesse, lei
così fredda e
aggressiva ma che arrossiva in modo così divertente ogni
volta che si
avvicinava troppo; un piccolo animale con cui poteva essere se stesso,
da avvicinare
piano piano, di giorno in giorno. Si era sentito libero, libero di
comportarsi
come voleva, sicuro che lei gli avrebbe risposto a tono, che lo avrebbe
picchiato, che lo avrebbe fatto ridere. La sua falsa vita era diventata
più
pesante, perché sempre meno sopportava quel ruolo
così inadatto e amava le
sensazione che lei gli faceva nascere dentro; o forse amava lei?
“E ho
rovinato tutto…” si rese conto con amarezza, una
sola lacrima a solcargli il
volto.
No.
Non avrebbe
più permesso a Jason di sparire risucchiato da quel
fantoccio e l’unico modo
per ritrovare se stesso era ritrovare Becky.
Era ora di
andarla a prendere.
Becky stava
sfogliando depressa un libro in biblioteca con Lily accanto che la
guardava
senza saper bene cosa dire; avrebbe voluto che i due chiarissero, ma
sapeva che
c’era la possibilità che la fragile fiducia che
Becky aveva nutrito pian piano
per Jason si fosse spezzata definitivamente.
“Becky…”
provò a chiamarla, ma poi si accorse che la ragazza era nel
suo freddo mondo
personale e si arrese ad accarezzarle una mano.
La porta
della biblioteca si aprì con un tonfo e dai tavoli di fianco
vennero lanciati
gridolini eccitati.
“Il
Principe!”
“È
qui!”
Becky
sobbalzò e gli occhi le divennero lucidi, poi
abbassò il capo arrossendo e stringendo
i pugni. Solo quando senti i gridolini spegnersi in esclamazione
scioccate
azzardò a dare una sbirciatina, come calamitata.
Non era il
Principe, era Jason.
“Lo
odio…”
si ripetè mentalmente.
Passo sicuro
e strafottente, camicia fuori dai pantaloni stropicciata coi primi
bottoni
aperti e il colletto alzato, cravatta sciolta, capelli scompigliati,
occhi blu
che mandavano lampi e sorriso sghembo.
Lo odiava?
No, odiava di essere innamorata di lui a tal punto da non riuscire ad
odiarlo.
Jason si
fermò esattamente davanti a Becky, che lo guardava incredula
e si abbassò alla
sua altezza.
“Dobbiamo
parlare.” Disse serio appoggiando la sua fronte a quella
della ragazza, che
andava letteralmente a fuoco.
“N-no!”
protestò lei girandosi dall’altra parte. Sul suo
cadavere!
“Come
vuoi
nana!” rispose malandrino Jason sogghignando prima di
sollevarla di peso e
caricarsela in spalla come un sacco di patate.
“JASON
METTIMI GIU', RAZZA DI IDIOTA DAL CERVELLO DI NARGILLO! O GIURO CHE TI
DO
FUOCO!” si mise a strillare lei, ma lui la ignorò
completamente e fece
l’occhiolino a Lily, che scoppiò a ridere e li
salutò con la mano mentre il
ragazzo raggiungeva la porta.
Sfortunatamente
una schiera di fan in lacrime e indignate si parò di fronte
a loro all’uscita.
“Jason
cosa
stai facendo?!” strillò una giovane Serpeverde.
“È
colpa di
quella Weasley?!” chiese un’altra Corvonero
fulminando il povero sacco di
patate con lo sguardo.
“IO
NON
C’ENTRO NIENTE!” si difese Becky a testa in
giù.
“Perché
ti
comporti così?!” mugolò una Tassorosso
aggrappandosi alla sua giacca.
Lo sguardo
di Jason si fece freddo, tolse rude la mano della ragazza e il suo
ghigno si
allargò, mentre un’aurea di terrore lo circondava.
“Mi
spiace
deludervi, ma questo è il vero Jason; sono stufo di fingermi
il vostro stupido
Principe e non sopporto più voi maledette oche, interessate
solo all’apparenza.
Guai a voi a chi insulta o tocca Becky, chiaro?”
sibilò gelido, “O vi farò
rimpiangere Azkaban!” minacciò con una punta di
follia mentre le fangirl
impietrite lasciavano passare quel nuovo e terrificante Jason Wolf.
Quando Becky
venne lasciata cadere sulla sua solita sedia della loro aula, era
paralizzata
per lo shock, tanto da dimenticarsi di essere arrabbiata.
“Cos’hai
fatto?” sbottò infine mentre il biondo girava al
contrario una sedia e si
sedeva davanti a lei appoggiando i gomiti sullo schienale.
“Avevi
ragione.” spiegò lui sintetico adombrandosi e
distogliendo lo sguardo da lei:
“Non voglio più essere il Principe circondato solo
da oche che amano qualcosa
che non sono io, circondato da amici interessati solo al mio talento.
Ho
parlato con mio fratello e ho cercato di spiegargli quanto fosse
inutile questa
messinscena e di come non avrei più fatto parte del suo
folle piano; mi ha
urlato contro e disconosciuto, quindi credo che dovrò
trovare un altro rifugio
per l’estate, ma per il resto sono enormemente contento di
averlo fatto. Volevo
ringraziarti e lo avrei fatto prima se tu non fossi sparita!”
l’accusò infine
fulminandola e colpendola sulla testa mentre lei cercava di assimilare
quelle
parole.
“Ehi!
La
colpa è tutta tua!” ringhiò poi lei
gonfiando le guance come una bimba piccola
e incrociando le braccia. Non si era dimenticata le parole dure e
taglienti
come schegge di vetro che le aveva lanciato…aveva pianto per
tutta la notte
prima di riprendersi. Stupido amore.
“La
colpa…”
iniziò lui sul piede di guerra, ma poi si costrinse a
respirare a fondo, “…è
mia. Non avrei mai dovuto dire quelle cose, scusa.” Disse
rapido e mortificato
coprendosi gli occhi con una mano.
“Cosa?”
chiese lei spalancando gli occhi. Niente lite? Insulti? Si stava
scusando? Era
davvero Jason?
“Se
credi
che lo ripeterò ti sbagli di grosso!”
ringhiò poi lui con un sogghigno. Sì, era
davvero lui.
Per un
attimo tra i due scese un silenzio imbarazzato, poi Jason
spalancò gli occhi
colto da un idea geniale e prese il volto di Becky tra le mani.
“Vieni
ad un
appuntamento con me stasera?” le chiese avvicinandosi
pericolosamente e
sorridendo in modo falsamente innocente.
“Eh?”
fu
l’unica cosa che riuscì articolare lei, che aveva
scollegato il cervello quando
l’aveva sfiorata.
“Lo
prendo
come un sì!” esultò lui allontanandosi
e prendendola per un polso per poi
iniziare a correre trascinandola con sé.
“Fermo
Jason!” cercò di placarlo lei, in fiamme, ma il
ragazzo rise e aumentò la
velocità, cosciente che lei sarebbe riuscita a seguirlo
benissimo. Becky
credette che fosse impazzito; poi pensò che anche lei era
impazzita perché
cominciò a ridere, alcuni dei pochi nei corridoi non ancora
a cena che li
guardavano come se fossero folli. Oppure le piaceva talmente tanto
sentirlo
ridere che non riusciva a non lasciarsi contagiare.
Quando lui
si fermò erano davanti a un quadro con un cesto di frutta:
l’entrata alle
cucine! Lei e Lily si erano fatte di quelle abbuffate là
sotto!
“Aspetta
qui!” le disse con il fiatone prima di solleticare la pera e
inoltrarsi nel
passaggio; pochi minuti e fu di ritorno con un enorme cesto. La corsa
folle
ricominciò.
La tappa
finale fu nella torre di astronomia, dove si erano conosciuti; lui la
guidò
sicuro all’interno dell’aula e si chiuse la porta
alle spalle. Becky sentiva le
gambe tremarle, non sapendo cosa aspettarsi, ma non riusciva a
staccargli gli
occhi di dosso e quando lui lasciò la sua mano non
poté trattenere un moto di
delusione.
Jason
intanto distese una tovaglia a quadri pescata nel cesto e ci dispose
panini,
bibite, frutta e una torta con dei muffin.
“Pic-nic!”
disse entusiasta sedendosi e guardandola in attesa; sembrava un bambino
tanto
era felice, un altro lato nuovo di lui. Jason era come un cristallo:
ogni volta
che lo giravi rifletteva una luce diversa.
Titubante ma
con un senso di allegria crescente Becky si sedette davanti a lui.
“E se
ci
trovano?” chiese mentre lui le porgeva un panino imbottito
dall’aspetto delizioso.
“Stasera
non
passano di qui. Sai, non avendo la vostra mappa, per riuscire a venire
qui
senza pericolo ho dovuto imparare i percorsi delle ronde; sono un
genio,
modestamente.” le rispose addentando con voracità
il suo panino.
“Certo,
modestamente…” rise lei alzando gli occhi al cielo
e scuotendo la testa; quel
ragazzo la modestia non sapeva nemmeno dove stesse di casa.
“Porti
qui
tutte le ragazze?” scherzò poi lei, un
po’ per gioco, un po’ perché
l’ansia di
essere davvero un giocattolino l’attanagliava. Erano le
parole che forse più
l’avevano ferita e non riusciva a dimenticarle,
l’eco nelle orecchie.
“Non
penso
davvero che tu sia il mio giocattolino.” Rispose lui mentre
Becky alzava di
nuovo gli occhi al cielo: un altro che le leggeva dentro. Evviva.
“In
realtà…ho avuto davvero poche ragazze e mai
più di qualche giorno.” Continuò a
disagio, sentendosi poco playboy: “Mio fratello pensava
fossero una distrazione
e quando insistevo me le sceglieva lui in base a casato e
sangue…” svelò mentre
Becky esibiva una smorfia schifata. Poi il suo cervello
registrò una cosa
curiosa: stavano parlando come se fossero fidanzati. Le sue guance
presero
fuoco e per poco non si strozzò con il panino.
“Tutto
bene?” le chiese lui senza prendersi il disturbo di alzarsi e
lei lo fulminò,
mentre apriva una bottiglia d’acqua e cercava di non morire
soffocata.
“Sì
e grazie
per l’aiuto!” borbottò lei tornando a
mangiare mentre lui rideva.
“Ci
vuole
molto di più per ucciderti, non mi preoccupo per
così poco!” le rispose alzando
le spalle divertito, mentre lei ridacchiava orgogliosa.
Becky
probabilmente avrebbe ricordato quella cena come una delle migliori
della sua
vita, non solo per il cibo ottimo, ma perché aveva riso e si
era divertita come
poche volte prima d’ora, si era prese varie rivincite su quel
ragazzo così
problematico (colpirlo il piena faccia con panino ad esempio era stato
piuttosto soddisfacente), era arrossita e aveva sentito quella strana
sensazione di calore gonfiarsi nel petto e renderla leggera come una
piuma.
Stavano
parlando seduti uno accanto all’altra sulla tovaglia, senza
neanche accorgersi
di essersi avvicinati durante la serata, quando Jason guardandola
storse la
bocca e Becky lo guardò curiosa, interrompendosi.
“Cosa
c’è?”
gli chiese mentre lui inclinava la testa.
“Perché
porti quel ciuffo?” chiese lui allora scrutandola perplesso
quando lei arrossì
e si portò le mani alla fronte per coprirla.
“P-perché
ho
la fronte alta e spaziosa…è orribile e da piccola
gli altri bambini mi
prendevano sempre in giro…” svelò
imbarazzata senza osare guardarlo. Lui
scoppiò a ridere tanto forte da farsi venire le lacrime agli
occhi.
“Ehi!”
esclamò la ragazza piccata colpendolo con un pugno sulla
spalla e lui cercò di
ricomporsi.
“Scusa,
ma è
strano pensare che tu abbia problemi con il tuo aspetto e ancora
più che ti
interessi…” spiegò mentre lei abbassava
la testa: “Ma è una cosa che mi
tranquillizza, mi conferma che sei una ragazza, anche se tutta
particolare,
nanetta.” Concluse scompigliandole i capelli mentre lei lo
inceneriva e gli
faceva una linguaccia.
“Aspetta…”
disse poi il biondo illuminandosi e con una mano si tolse la cravatta
verde-argento, “Sta ferma…” le disse
mentre lei protestava, armeggiando coi
suoi capelli.
“Fatto!
Lo
sapevo di essere eccezionale, ma il mio talento mi stupisce sempre: ho
un
futuro anche come parrucchiere!” disse poi guardandola con
immensa
soddisfazione: ora il ciuffo corvino di Becky era tenuto indietro dalla
cravatta che il ragazzo aveva legato con un fiocco dietro la nuca sotto
i
capelli, usata come fascia o cerchietto, ma senza darle una forma a
uovo di
pasqua e lasciandole dei ciuffi a incorniciarle il viso; la sua fronte
era
visibile e così l’altro occhio azzurro.
“Preferisco
guardarti in entrambi gli occhi, soprattutto se così
belli.” Aggiunse malizioso
mentre lei arrossiva.
“Sono...?”
iniziò a chiedere, ma non riuscì a pronunciare le
parole ‘più carina’; erano
troppo imbarazzanti anche solo da pensare.
“Sì,
ti
trovo molto più carina.” affermò lui
fingendosi serio, senza aver bisogno di
leggergli la mente per sapere cosa stesse per chiedergli,
“Fin troppo…”
aggiunse con un sorriso felino, prima di chinarsi e baciarla.
Becky
spalancò agli occhi, ma poi li chiuse arrendendosi a quel
dolce primo bacio.
Quando le
loro labbra si separarono Jason rimase con la fronte appoggiata alla
sua.
“Ti
amo…” le
sussurrò sorridendo sghembo e guardandola negli occhi.
“Anche
io…”
rispose lei tremante con le guance in fiamme e lui
l’abbracciò con una risata,
mentre lei si nascondeva per l’imbarazzo contro la sua spalla.
“Nonostante
sia solo un lupo e non il Principe?” aggiunse senza lasciarla
andare, dando
voce alla domanda che più premeva il suo cuore.
“Proprio
perché sei il mio Lupo e non un qualsiasi
principe!” rispose lei sicura
sorridendo dolce e lui sorrise finalmente rassicurato.
“Sappi
che
per stasera mi accontento nana, ma prima o poi dovrai dirmi
‘Ti amo’, dovessero
volerci cent’anni!” la minacciò
facendole il solletico e dando inizio a una
vera e propria guerra; quasi dieci minuti dopo Becky fu costretta ad
arrendersi
e chiese un momento per riprendersi.
“Ti
va se
stiamo qui a guardare le stelle stanotte?” le chiese allora
Jason sollevandola
di peso e mettendosela in braccio, ignorando le sue proteste; sopra di
loro il
soffitto incantato dell’aula di Astronomia mostrava le stelle
come se fossero
sotto il cielo aperto.
Becky si
irrigidì pensando alle conseguenze di quella richiesta, ma
lui la colpì con
l’indice sulla fronte sogghignando.
“Stai
tranquilla e non farti strane idee, nana: sono un cattivo ragazzo
all’antica,
non si fa niente prima del matrimonio! A meno che tu non
insista…” la cercò di
tranquillizzare malizioso mentre lei si copriva la faccia con le mani.
“Ti
odio…”
mormorò colpendolo al petto.
“Certo.”
Rise lui prima di lasciarsi cadere all’indietro tranciandola
sopra di sé e
Becky arrendendosi si accoccolò come un gatto. Era sicura:
quel ragazzo
l’avrebbe fatta impazzire prima o poi. Ed era per questo che
lo amava.
Nessuno
può
descrivere le facce dell’intera scuola quando la mattina dopo
a colazione
l’ex-Principe Jason Wolf entrò mano nella mano con
Rebecca Weasley, la ragazza
di ghiaccio, con i capelli tenuti indietro da una cravatta
verde-argento. Un
giorno che sarebbe rimasto nella storia.