Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: StelladelLeone    06/07/2014    2 recensioni
“Se ti dai una calmata, possiamo metterci d’accordo sulle condizioni; niente di complicato…semplicemente dovrai fare tutto ciò che ti dico!” le spiegò sadico avvicinandosi al suo viso fino a un soffio di distanza. Becky avrebbe voluto rifiutare e ucciderlo dolorosamente, ma si rese conto di non poterlo fare: la mappa e il mantello erano i due tesori di Lily, tramandati a lei dai fratelli che a loro volta li avevano ricevuti da Harry, cimeli dei grandi Malandrini; non si sarebbe mai perdonata se glieli avessero requisiti, cosa che sarebbe sicuramente accaduta se fossero passati tra le mani dei professori.
"A-accetto..." rispose con le guance rosse.
-Questa storia partecipa al contest "OC mania!" indetto da ColeiCheDanzaConIlFuoco sul forum di EFP-
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The Wolf inside the Prince

 

 

Un veloce tentativo di lisciare la gonna della divisa spiegazzata e indossata in tutta fretta.

Raddrizzò la camicia bianca, mentre infilava le scarpe e contemporaneamente tentava di annodare il cravattino rosso e oro, ma era tutta fatica sprecata e lo lasciò allentato.

Saltellò per il dormitorio circolare alla ricerca dei libri e della bacchetta rovistando sotto i letti, tra le coperte e nei cassetti aperti e stravolti, per gettare poi tutto nella borsa e fare per precipitarsi a lezione; prima però fece una breve sosta davanti allo specchio per controllare la cosa più importante, ovvero che i suoi capelli lunghi fino sotto le spalle, lisci ma scalati e neri come il carbone coprissero la sua orribile e detestabile fronte alta. Nonostante questo significasse che il ciuffo avrebbe coperto anche uno dei suoi due grandi occhi azzurri elettrici e non avrebbe permesso di vedere appieno le forme delicate del suo viso latteo. Piuttosto che far vedere la sua fronte, la morte! Oppure un doloroso bernoccolo per non aver visto lo stipite della porta.

Come un fulmine la ragazza dai capelli corvini si precipitò giù dalle scale in pietra; proprio non capiva perché la sveglia dovesse essere così presto! Era impossibile per lei alzarsi a quell’ora antelucana, tanto valeva non mandarla a dormire! La sera prima aveva letto un appassionante romanzo fantasy fino a tarda ora e il suo corpo, dato che necessitava tredici ore di sonno a notte, quella mattina aveva posto fine alla vita della sveglia con un forte pugno; quindi era in ritardo. In tremendo ritardo. E alla prima ora aveva trasfigurazione con la Preside McGranitt: se non arrivava prima di lei era morta.

I suoi passi rimbombavano negli alti corridoi di pietra e il suo respiro ansimante faceva da sottofondo.

Dieci metri.

Da lontano vide il suo incubo avvicinarsi alla classe.

Cinque metri.

La preside McGranitt spalancò la porta in legno scuro della classe.

Zero.

Con una scivolata degna di una rockstar sfrecciò davanti al naso della preside e si andò a schiantare contro il banco di una ragazzina di Serpeverde, che per poco non cadde dalla sedia per lo spavento.

“Salva!” urlò prima che un grosso tomo di Trasfigurazione che era sul banco le cadesse in testa e la facesse mugolare dal dolore; tutta la classe scoppiò a ridere alla vista di quella bizzarra scena, non capendo come ogni mattina Rebecca Weasley riuscisse a fare un’entrata diversa e alquanto bizzarra, mentre la sua migliore amica Lily Potter sospirava divertita scuotendo la testa. La corvina avrebbe voluto fulminarli tutti dato che sapeva che entro pochi secondi sarebbe stata lei quella fulminata, ma si trattenne pensando che se l’era andata a cercare.

“Si può sapere come fai al sesto anno ad arrivare ancora in ritardo, Becky?” le chiese Lily capendo che era un caso senza speranza: l’aveva lasciata sommersa dal piumone mentre la sveglia suonava e con la promessa biascicata che si sarebbe alzata subito, e ora eccola lì schiantata a terra.

“Talento!” rispose lei orgogliosa soffiando via dal naso una ciocca di capelli ribelle, mentre dolorante tentava di alzarsi e recuperare un minimo di dignità, oltre che tutti i libri sparsi sul pavimento.

“Signorina Weasley!” esclamò invece la preside fremente per lo shock e la rabbia, “Si può sapere cosa le è saltato in mente?” chiese sovrastandola minacciosa.

Becky sfoderò il suo miglior sorriso finto e sbattè le ciglia.

“Non volevo arrivare in ritardo alla sua splendida lezione!” si scusò alzandosi in piedi e spolverandosi quella stupida gonna: come faceva a correre e saltare con una gonna?! Avrebbe voluto essere un maschio a volte! Lily soffocò una risata.

La preside sbuffò esasperata.

“Se i suoi voti nella mia materia non fossero ottimi, le assegnerei una punizione coi fiocchi; ma dato che è teoricamente entrata in classe in orario, per questa volta è davvero salva. E per favore torni se stessa, tutto quel miele potrebbe ucciderla.” Commentò inflessibile e con tono di rimprovero prima di andare a sedersi dietro la cattedra.

Lei annuì cercando di trattenere le risate e si sedette accanto a Lily, che commentava la sua sfacciataggine.

L’ora procedette liscia e ben presto l’entrata, a suo dire spettacolare, venne dimenticata. Non che quello le interessasse particolarmente: nonostante il carattere focoso non amava essere al centro dell’attenzione, le piaceva vivere la sua vita adolescenziale tranquilla, per quanto si potesse stare tranquilli con come amici Lily Potter e Hugo Weasley, al momento assente per finta malattia. Si riteneva fortunata ad essere loro amica, soprattutto perché Lily aveva un carattere peggio di quello di sua madre Ginny e sulle prime era difficile da avvicinare, dato che temeva di farsi amici solo per la fama dei genitori; il fatto che Becky sostenesse, a causa di uno sgradevole passato, che i figli non fossero uguali ai genitori e che quindi non influissero sul giudizio che aveva di lei, aveva aiutato nell’instaurarsi della loro amicizia, ma il passo fondamentale era stato un altro: l’essere adottata da George e Angelina Weasley a dieci anni. Quella famiglia le aveva salvato letteralmente la vita: Angelina era una madre dolcissima e George un padre divertente e incredibile, come suo figlio Fred II, che sfortunatamente quell’anno era uscito di scuola con Rose e Albus, sulle orme di James e Teddy. Le mancava suo fratello maggiore, nonostante le difficoltà dei primi anni avevano instaurato un rapporto bellissimo e le mancava la sua protezione, nonché la sua compagnia durante le ore in presidenza.

Loro due, con le rispettive famiglie, si poteva dire fossero i suoi unici amici: le tredici risse scatenate durante i suoi primi tre anni non avevano giovato alla sua reputazione e nonostante ora grazie al loro supporto si fosse calmata e avesse imparato a contenersi, gli altri la evitavano abbastanza. Non che quello la preoccupasse troppo, degli amici, anzi una famiglia come la loro era più di quanto si sarebbe mai potuta anche solo sognare.

Il cambio d’ora suonò che ancora non si era ripresa dalla sveglia traumatica e già sentiva una gran voglia di accasciarsi russando sul banco, quando una mano entrò nel suo campo visivo e le porse una piuma che riconobbe come sua.

Di scatto alzò gli occhi e vide tutto ciò che non avrebbe voluto vedere: fisico magro e slanciato vestito in maniera curata e ordinata con la divisa, sorriso smagliante e gentile, due pozze blu scuro al posto degli occhi e capelli biondo cenere in perfetto ordine. Il Principe.

“Ti è caduta durante la tua spettacolare entrata; avrei voluto porgertela prima, Rebecca, ma non volevo metterti in altri guai con la professoressa.” le disse con voce vellutata continuando a sorridere come un ebete.

“Grazie.” Lo freddò lei afferrando bruscamente la piuma, ficcandola nella borsa e alzandosi di scatto, dopodiché prese a braccetto Lily e, ignorandolo completamente, se ne andò verso la prossima classe. Dietro di lei il fan-club urlante del Principe lo circondò nuovamente iniziando a lodare la sua gentilezza e tutte le sue altre indubbie doti.

“Che oche!” sbottò Lily scuotendo la chioma rossa e selvaggia mentre a passo di marcia percorrevano il corridoio, “Se spera di ingannarci si sbaglia di grosso!”

Becky accennò un sorriso sarcastico.

“Ma no, cosa dici? Come potrei mai resistere a uno come lui? Così simpatico, dolce e perfettamente e meravigliosamente perfetto!” le disse con voce svenevole facendosi aria con la mano come se fosse in preda a un attacco di febbre ormonale; Lily scoppiò a ridere con la sua voce cristallina.

“Stupido Principe!” borbottò divertita Becky mentre entravano nell’aula di Pozioni, la loro tortura personale; l’unica cosa positiva era che non la seguivano con Serpeverde.

Nessuna delle due aveva, come metà della popolazione maschile di Hogwarts, una grande simpatia per il Principe. Neanche poca a dire il vero. Erano forse le uniche a non essere cadute tra le sue grinfie e ciò non era facile: chi avrebbe resistito a un ragazzo bellissimo che si comporta come un cavaliere con ogni singola ragazza di qualunque Casa, educato, gentile, posato, tranquillo…etc. etc.? Solo chi si rendeva conto che era troppo perfetto o a chi la perfezione andava stretta. Come a lei. Becky, la ragazza di ghiaccio, la ragazza delle risse, la ragazza intoccabile, la ragazza con la fronte alta e spaziosa. Le faceva orrore pensare esistesse una creatura strana e perfetta come lui. Dai! Non era normale! A lei e Lily sembrava terribilmente falso. Eppure quasi tutte lo amavano: persino quelle con cui si fidanzava e che poi lasciava dopo pochi giorni lo idolatravano, straparlando su quale perfetto mago e gentiluomo fosse. Dopo tre anni, dato che era entrato a scuola più tardi, iniziava a venir loro la nausea. Ma la cosa peggiore era che il Principe, anche noto come Jason Wolf, faceva parte di Serpeverde e aveva immensamente rialzato la fama della loro Casa. Da brave Grifondoro né si fidavano di lui, né gli perdonavano di aver dato splendore a Serpeverde.

Dopo due estenuanti ore di pozioni, in cui solo per miracolo e grazie all’aiuto della geniale Lily Becky riuscì a non fondere il calderone, e un’ora di Incantesimi, in cui fortunatamente andava bene, arrivò l’ora di pranzo. Aveva così tanta fame che si sarebbe mangiata un primino intero ed evidentemente le sue intenzione dovevano brillare in modo piuttosto esplicito nei suoi occhi; infatti al vederla entrare a passo di marcia nella grande e affollata Sala Grande con la rossa a braccetto, diretta verso il tavolo imbandito, un brivido freddo percorse le schiene dei giovani Grifondoro che accaparrarono più in fretta possibile più cibo che potevano per poi allontanarsi precipitosamente da lei.

Come una belva affamata e sanguinaria si gettò all’attacco di un enorme piatto di pasta.

“Quando hai fame sei peggio di zio Ron!” commentò Lily con la stessa aria di rimprovero di Ginny; Becky alzò gli occhi al cielo, ma cercò di diminuire la sua furia e di imitare Lily; lei, infatti, nonostante il carattere di fuoco, era femminile in ogni gesto oltre che, a suo parere, bellissima esteriormente: metà dei maschi le sbavavano dietro e se non fosse stato per l’inquietante presenza di Becky, molti l’avrebbero perseguitata.

“Lasciala mangiare come le pare!” prese in giro Lily una voce calda e rassicurante.

“Hugo!” esclamò la cugina facendo spazio per sedersi all’alto ragazzo dai capelli rossi, “Non incoraggiarla! Becky è bella e femminile, ma si sottovaluta e si comporta come un ragazzo!” lo rimproverò la rossa, che sosteneva la causa persa di nome Rebecca. Non che la corvina si fosse mai fatta particolari fisse sul suo aspetto fisico, a parte per la fronte alta che combatteva con tutta se stessa e causa di innumerevoli prese in giro da piccola, perché sapeva che c’era di molto peggio; in fondo aveva un corpo ben proporzionato: era piuttosto bassa ma compensava in energia, il suo fisico era magro e allenato, di seno era abbastanza abbondante e la carnagione nivea faceva risaltare i capelli color della notte e gli occhi glaciali. Però sapevano tutti che lei non era capace di essere femminile, era un fuoco vivo non un’elegante farfalla; inoltre lei non voleva avere nessun contatto con il mondo maschile, a eccezione della famiglia. Punto.

“Alla fine non ha interrogato durante Incantesimi, Hugo” lo informò Becky prendendo un pezzo di pane da accompagnare al prosciutto e ignorando l’affermazione di Lily, che sbuffò irritata.

“Hai sprecato una merendina marinara per niente!” osservò poi lanciandogli un’occhiata che significava “ma-quanto-sei-stupido?!”.

“Basterà chiedere a Fred di mandarcene altre!” rispose lui con un alzata di spalle iniziando ad ingozzarsi felice.

“Le dovrebbe vendere al negozio di papà quelle, non inviarle a te perché non hai voglia di studiare! E se mamma lo becca, lo dirà ai tuoi...e zia Hermione ci ucciderà tutti!” commentò drammatica rabbrividendo al pensiero della famosa Hermione incazzata come una belva.

Hugo deglutì mentre Lily ridacchiava, nonostante l’idea avesse dato i brividi anche a lei.

“Poi mi passate gli appunti?” chiese Hugo tornando a mangiare tranquillo, mentre ogni problema gli scivolava addosso come sempre. Dire che era un ragazzo spensierato era poco.

“Chiedi a lei!” rispose Becky accennando a Lily mentre con un tovagliolo si puliva le labbra rosse. La sua scrittura era peggio dei geroglifici egiziani, meglio non sottoporre a tale prova il già piccolo e arioso cervello del suo migliore amico.

Lui annuì capendo il messaggio.

“Che ora avete adesso?” chiesi poi mentre la cugina incantava una piuma affinché copiasse gli appunti su un’altra pergamena.

“Io ho astronomia!” rispose la corvina sognante con un sorriso ebete stampato in faccia. Amava quella materia più di qualunque altra cosa: amava la notte e amava le stelle, che per molti anni erano state le sue uniche compagne.

Hugo fece una smorfia disgustata e Lily gli tirò uno scappellotto, dopodiché prese la sua borsa e tutti i suoi quaderni.

“Io devo andare ad Aritmanzia! E tu Hugo hai il corso di Medimagia, quindi sbrigati!” lo rimproverò alzandosi prima di fare un cenno con la mano.

“Ci vediamo in Sala Comune Becky! Vedi di non uccidere nessuno mentre non ci sono!” rise allontanandosi in uno svolazzo di capelli scarlatti.

“Sono loro che si suicidano venendo a rompermi le puffole!” le rispose con un ghigno, mentre anche lei radunava le sue cose e si alzava in piedi.

“Ci si vede Hugo!” lo salutò prima di incamminarsi verso la torre di Astronomia.

 

 

Percorse veloce il corridoio, ansiosa di iniziare; non erano molti nel suo corso e non aveva mai capito come facesse un centauro ad arrivare in cima alla torre di Astronomia, ma non aveva mai osato chiederglielo; però adorava quelle ore in cui, concentrandosi sulla materia, aveva anche il tempo per pensare a sé, per sentirsi libera. Spesso la notte sgattaiolava fuori dal corridoio con il mantello invisibile di Lily e la sua Mappa del Malandrino e correva nella torre; a volte venivano anche lei e Hugo, altre andava lei da sola. E pensava, pensava a quanto la sua vita fosse cambiata, piangeva il passato, parlava da sola, sognava un futuro radioso.

 

 

 

Erano le dieci di sera e nel corridoio silenzioso della scuola di tanto in tanto si sentiva un leggero ansimare e qualche passo. Eppure non si vedeva nessuno. Poi da dietro ad una colonna sbucò dal nulla la testa corvina di Rebecca, che ansimante si guardò intorno prima di aprire una vecchia pergamena.

“Dannazione…” borbottò tra sé e sé, “Dovevo proprio dimenticarlo in aula il libro di Astronomia?!” erano dieci minuti che si insultava per quello in alternanza agli insulti per non aver avuto la pazienza di lasciarlo lì e recuperarlo il giorno dopo. Purtroppo era più forte di lei: l’idea di lasciare incustodito il suo tesoro, pieno di appunti preziosi, esposto a centomila pericoli, la preoccupava da morire. Quindi aveva deciso di prendere il mantello dell’invisibilità e la mappa di Lily e correre a prenderlo. Aveva notato che il Principe era nella torre da solo, ma tanto era invisibile e a quel punto poteva anche aspettare che uscisse, nel caso.

Quando finalmente arrivò alla porta della torre la trovò stranamente socchiusa e con due voci che litigavano sottovoce; corrugando la fronte ricontrollò la mappa: avrebbe dovuto esserci solo il Principe! E così la mappa diceva… Curiosa si sporse per vedere l’interno dell’aula.

All’interno, illuminato dal fievole fuoco acceso nel caminetto dell’aula stava Jason Wolf, o almeno avrebbe dovuto essere lui, ma era talmente diverso che lei per poco non lo aveva riconosciuto: la camicia era fuori dai pantaloni e slacciata per metà, la cravatta allentata e i pantaloni stropicciati; inoltre era stravaccato sui banchi, in viso un’espressione scocciata, gli occhi che mandavano lampi e i capelli tutti scompigliati.

“Non ne posso più!” esclamò irritato con un tono tagliente e freddo, completamente diverso da quello dolce e cortese che usava di solito, “Sai cosa significa che ogni giorno devo comportarmi come un perfetto idiota impomatato, sorridere e fare il carino con tutti quando vorrei solo prenderli a sberle?! Per non parlare di quelle oche che mi sbavano dietro: certo, fanno qualsiasi cosa io ordini, ma potrei essere circondato da un branco di elfi domestici e non noterei la differenza!” esplose mettendo i piedi sull’altro banco.

“Smettila!” esplose la fiamma del caminetto spaventandola, una faccia impressa tra le braci, “Dopo che siamo arrivati così lontani…non puoi rovinare tutto! Lo sai che abbiamo bisogno che tu sia così! Abbiamo bisogno del Principe! Quindi…” e chissà cosa avrebbe detto se Rebecca scioccata, avvicinandosi per sentire meglio, non avesse inavvertitamente spinto la porta che scricchiolando si era aperta. La voce nelle fiamme si spense all’istante, in un attimo Jason era balzato in piedi e, prima che lei potesse scappare, aveva spalancato la porta e urlato: “IMMOBILUS!”

Il mantello le cadde dalle spalle e lei, immobilizzata nell’espressione impaurita che aveva, si trovò a fronteggiare gli occhi gelidi di quel ragazzo.

“Guarda guarda…” ghignò lui dopo alcuni attimi di confusione, “Rebecca Weasley la reginetta di ghiaccio stava origliando…” commentò prendendole una ciocca di capelli e rigirandosela tra le mani. La ragazza avrebbe voluto scappare via urlando oppure picchiare il malcapitato fino a fargli perdere la memoria, ma l’incantesimo era perfetto e lei non aveva nemmeno la bacchetta.

Jason di scatto prese la ragazza in spalla, facendole pendere un infarto, ed entrò nell’aula chiudendo la porta a chiave dietro di sé, poi la mise con mala grazia seduta sul banco dove poco prima era lui.

“Vediamo un po’ cosa abbiamo qui…” mormorò prendendo in mano il mantello e la mappa che lei teneva tra le dita, mentre Becky lo fulminava con lo sguardo “Mantello d’invisibilità e…questa mappa è incredibile! Segna tutte le persone, dove sono e i loro spostamenti, perfino i passaggi segreti!” esclamò incredulo esaminandola mentre Becky si malediceva in mille lingue: aveva dimenticato la mappa aperta, Lily l’avrebbe uccisa!

“Come l’hai ottenuta?” chiese affascinato, per poi ricordarsi davanti allo sguardo esasperato di lei che era immobilizzata; con un fluido movimento della bacchetta sciolse l’incantesimo.

Il pugno di Becky colpì la sua mascella così forte da farlo barcollare e la ragazza, invasa da una furia e un terrore mai provati, si lanciò su di lui disarmandolo della bacchetta; il ragazzo cadde e lei si preparò a massacrarlo per aver osato toccare lei e le sue cose, ma, contrariamente alle sue previsioni, il ragazzo era più forte e reagiva meglio di quanto pensasse e ben presto ribaltò le posizioni. Ora lei era sdraiata per terra, inviperita, con lui sopra a quattro zampe che le bloccava polsi.

“Maledetta…” ringhiò lui con la guancia che pulsava, “Se non mi avessi colpito ti avrei lasciata andare via come se niente fosse, con la sola promessa di non dire niente riguardo a stasera, ma ora credo che sarà un piacere fare un giro dalla preside coi tuoi preziosi tesori…” sogghignò avvicinandosi mentre lei sbiancava e sgranava gli occhi.

“Non lo fare! Non sono miei, ti prego!” lo supplicò dimenandosi per liberarsi dalla sua presa, ma il ragazzo non fece una piega e, dopo alcuni attimi di silenzio, la guardò con una luce negli occhi che non le piacque per niente.

“Se ti dai una calmata, possiamo metterci d’accordo sulle condizioni; niente di complicato…semplicemente dovrai fare tutto ciò che ti dico!” le spiegò sadico avvicinandosi al suo viso fino a un soffio di distanza. Becky avrebbe voluto rifiutare e ucciderlo dolorosamente, ma si rese conto di non poterlo fare: la mappa e il mantello erano i due tesori di Lily, tramandati a lei dai fratelli che a loro volta li avevano ricevuti da Harry, cimeli dei grandi Malandrini; non si sarebbe mai perdonata se glieli avessero requisiti, cosa che sarebbe sicuramente accaduta se fossero passati tra le mani dei professori.

Guardò insofferente il suo aguzzino prima di arrossire all’inverosimile.

“A-accetto…ma solo se non mi ordinerai niente di sconcio…” pose come minima condizione di salvezza distogliendo lo sguardo. Avrebbe voluto morire.

Jason scoppiò inaspettatamente a ridere e avvicinò ancora un po’ il suo viso a quello bordeaux della ragazza.

“Sei una ragazza strana…va bene!” accettò alzandosi in piedi di scatto e lasciandola respirare; poi le lanciò addosso i suoi tesori, prese la giacca che aveva abbandonato su una sedia e si avvicinò alla porta.

“Fatti trovare nell’aula vuota al terzo piano, domani dopo la fine delle lezioni.” L’avvisò noncurante abbassando la maniglia e lei, ancora seduta a terra, lo guardò confusa, ma non ebbe il tempo di dire niente.

“Buona notte Rebecca!” le augurò con tono beffardo sogghignando e facendole l’occhiolino prima di sparire nell’oscurità del castello.

“Dannazione!” imprecò Becky colpendo il pavimento con forza. In che guaio si era cacciata?

 

 

Quando il pomeriggio dopo entrò nell’aula vuota, le tremavano le gambe: era stata strana tutta la giornata e Lily l’aveva tempestata di domande, da amica premurosa; era talmente agitata che quando il Principe il mattino l’aveva salutata nel solito modo cortese per poco non era caduta dalla sedia. Cosa aveva intenzione di farle? Perché fingeva così? Chi c'era nel camino? Troppe domande e poche risposte. Inoltre nonostante avesse promesso di trattenere i suoi ormoni, non si fidava molto…

Prese un bel respiro cercando di autoconvincersi che sarebbe andato tutto bene ed entrò. Jason era lì, stravaccato sulla cattedra, i vestiti e i capelli come la sera prima, ma stavolta era più rilassato. Come la pantera che guarda la preda ignara finire tra le sue zampe da sola.

Senza dire una parola entrò nella classe e si fermò a osservarlo gelida, a ben due metri di sicura distanza.

“Era ora!” commentò lui sardonico alzandosi in piedi in maniera fluida e raggiungendola in pochi passi, tanto che non ebbe il tempo di indietreggiare.

“Tieni.” Le disse ficcandole tra le braccia la grossa borsa di scuola, “Voglio i miei compiti fatti per le sei e mezza.” Le ordinò prima di sparire fuori dalla porta.

Becky rimase immobile in silenzio.

“MA CHE COSA PENSA QUELLO STUPIDO NARGILLO?!” Urlò imbestialita scagliando la borsa su un banco; poi, borbottando varie maledizioni, si sedette e di malavoglia estrasse il necessario. Quale schiavista ipocrita! L’aveva presa per un elfo domestico?!

In realtà, dopo due o tre minuti, la sua rabbia era già sbollita: Jason avrebbe potuto ricattarla in modi molto peggiori di quello e, nonostante odiasse fare i compiti, non era nulla di particolarmente ingrato; il fatto che poi non fosse rimasto lì era di notevole sollievo: si aspettava sarebbe rimasto a sfotterla per tutto il tempo. Era una fatica che sosteneva volentieri per Lily. A quel punto le conveniva mettersi al lavoro: non voleva dover fare i suoi compiti di notte! Un giorno o l’altro, comunque, Jason Wolf l’avrebbe pagata.

Quello che Rebecca non sapeva era che l’oggetto dei suoi tormentosi piani di vendetta era seduto fuori dalla porta appoggiato al muro.

 

 

Le prime due settimane proseguirono tranquille: ogni pomeriggio Becky andava nell’aula vuota e faceva i compiti di Jason, che a sua insaputa stava fuori dalla porta, poi lui tornava a prendere i compiti e le dava l’appuntamento per il prossimo giorno: contatti ridotti al minimo; inoltre era riuscita a tenere a bada la curiosità di Lily e Hugo dicendogli che ultimamente le piaceva stare un po’ da sola a riflettere e i due non l’avevano forzata. Tutto sarebbe proseguito magnificamente se quel giovedì pomeriggio, quando lei aveva sollevato le braccia pronta a ricevere la cartella coi compiti, Jason non gliel’avesse lanciata addosso per poi avvicinarsi pericolosamente a lei invece di andarsene, mentre nei suoi occhi lei leggeva follia.

“Perché non mi hai detto che sei negata in pozioni?! Mi sono salvato per miracolo con il prof. Lumacorno!” si mise a urlare esasperato dopo averle preso all’improvviso la testa sottobraccio, come per soffocarla, e aver iniziato a sfregare le nocche del suo pugno contro i suoi capelli.

“Mollami idiota!” rispose lei a tono divincolandosi per il fastidioso dolore, “Per le mutande di Merlino, non me l’hai chiesto!” aggiunse mentre lui finalmente la lasciava libera e lei per lo slancio finiva catapultata contro i banchi, cadendo per terra sul fondoschiena.

“Tu…” ringhiò pericolosamente Becky estraendo la bacchetta con aria omicida, che sfumò appena vide Jason che, contro ogni previsione, si teneva pensoso il mento ignorandola completamente.

“Effettivamente è colpa mia se è ho dato per scontato che non fossi idiota...” borbottò tra sé e sé mentre una vena pulsava furiosa sulla fronte nascosta di Becky. Ma come si permetteva quello stupido smidollato?!

Poi il biondo sospirò e si andò a sedere alla cattedra, appoggiandoci i piedi.

“Tu fai tutti gli altri compiti, poi ti insegno a fare pozioni.” Le disse prendendo il libro che aveva preparato lì e iniziando a leggere.

“Becky, mantieni la calma. Conta fino a tre” Si ripeté la ragazza stringendo convulsamente la bacchetta. Uno. Due…

“E cerca di farli corretti…” aggiunse senza degnarla di uno sguardo.

Tre. Il cancellino si alzò in volo e venne magicamente scagliato contro la testa di Jason, che commentò vistosamente l’intimo di Morgana, mentre Becky soddisfatta riponeva la bacchetta nella tasca.

“Ma cosa…?” urlò dolorante guardandola assassino.

“Tsk.” Si limitò a commentare lei, guardandolo con disprezzo, per poi voltarsi con aria regale spostando i lunghi capelli dalle spalle con un gesto secco della mano e andando lenta a sedersi. Aveva una dignità lei, offenderla era come dichiararle guerra.

Con un ringhio trattenuto Jason si riuscì a contenere e tornò a leggere il suo libri.

Passarono due ore prima che Becky chiudesse l’ultimo libro, avendo ultimato sia i suoi compiti che quelli dello schiavista.

“Ho finito…” lo avvisò gelida alzando lo sguardo e trovandosi a fronteggiare due occhi blu che la scrutavano, come in attesa. Ed effettivamente Jason si stava chiedendo quasi da dieci minuti perché ci avesse messo tanto rispetto al solito, ma non poteva certo dirglielo senza svelare che l’aveva osservata in tutti quei giorni: piuttosto la morte.

Alzandosi con calma la raggiunse e spostò una sedia per sedersi accanto a lei, che lo guardava diffidente come un piccolo animale.

“Prendi il tuo libro di Pozioni.” Le ordinò mentre metteva mano al suo; Becky lo fulminò ma lo prese e si preparò a torturarlo. Era la peggiore del suo corso, voleva proprio vedere come avrebbe reagito.

 

Fu uno dei pomeriggi più strani della loro vita ed entrambi lo avrebbero ricordato per molto tempo: Jason era un insegnate severo, ma era molto bravo in quella materia e stranamente disposto a ripeterle le stesse cose più volte, spesso semplificandole o rendendole più facili da ricordare; certo, ogni volta che Becky sbagliava Jason o la colpiva sulla testa con il libro arrotolato oppure le scompigliava tutti i capelli, e ogni tre per due bisticciavano su cose stupidissime, come le reciproche calligrafie; eppure Becky pian piano si rese conto che qualcosa capiva.

Quando ebbero finito, Jason buttò la testa all’indietro con un sospiro esasperato.

“Non ho mai incontrato qualcuno di tanto cocciuto, recidivo e tonto in vita mia!” si lamentò provato dondolandosi all’indietro sulla sedia e ignorando gli “Ehi!” indignati di Becky, “Da oggi ogni pomeriggio dopo i compiti normali faremo un po’ di pozioni, anche pratica non solo teoria.” L’avvisò, lasciandola di stucco: la stava aiutando?

“Non lo faccio per beneficenza, ma prima imparerai, prima farai anche i miei di compiti di pozioni.” Aggiunse mandando in frantumi la fragile riconoscenza che stava sorgendo in Becky.

“Come vuoi!” sbottò lei radunando le sue cose e avviandosi alla porta.

“A domani Wolf!” ringhiò senza voltarsi a passo di marcia.

“A domani nana!” ribatté lui sogghignando, prima di evitare un altro cancellino volante per un soffio. La sua risata inseguì a lungo Becky che scappava furente per i corridoi.

 

 

 

Lily iniziò a insospettirsi circa altre due settimane dopo, quando Becky prese la sua prima O in Pozioni; non era una cosa umanamente possibile: lei stessa aveva provato ad aiutare Becky, ma non era mai riuscita a farle prendere più di una A e alla fine aveva rinunciato, anche perché la sua amica aveva scarsa pazienza. Quindi non capiva come avesse fatto e, ripensandoci bene, non ricordava più l’ultima volta che aveva fatto esplodere un calderone…Qualcosa decisamente non andava. Forse prendeva ripetizioni in segreto? Ma perché non dirglielo allora, Lily non si sarebbe certo offesa! All’inizio credeva davvero volesse stare da sola, spesso le succedeva di avere dei periodi neri in cui si staccava dal mondo per interi pomeriggi per poi tornare normale dopo qualche settimana, ma stavolta il periodo stava durando troppo e inoltre…c’era qualcosa di diverso in lei, che non riusciva a cogliere. Per alcuni giorni pensò seriamente di seguirla e spiarla, ma il suo spirito leale la bloccava: si era perfino impedita di guardare la Mappa del Malandrino; infine, decise che l’unica cosa da fare era l’attacco frontale.

“Dove vai tutti i pomeriggi?” chiese schietta a pranzo, dopo essersi assicurata che Hugo fosse occupato con alcuni compagni di Quidditch, e per poco Becky non sputò tutto il succo di mela che stava bevendo. Reazione insolita per una che non avrebbe dovuto aver niente da nascondere…

“A riflettere…” mormorò guardandola negli occhi e cercando di mostrarsi sicura, ma la mano aveva stretto il tovagliolo con un po’ troppa forza…

“No. È una bugia.” stabilì Lily tranquilla, “Ti conosco da troppo ormai perché tu possa mentirmi, non sono stupida Becky e ti avviso: sono preoccupata quindi se non mi rivelerai che cosa sta accadendo controllerò sulla mappa del Malandrino e ti seguirò.” La minacciò con tono calmo e sguardo freddo mentre Becky rabbrividiva: la conosceva quell’espressione pericolosa, era la stessa di mamma Ginny. Non aveva scampo.

“Prometti di non fare nulla per intralciarmi, fermarmi o intrometterti?” le chiese con un sospiro mentre con una mano torturava una delle ciocche nere che le coprivano la fronte e l’occhio.

Lily ci pensò un attimo, poi decise che dopotutto poteva promettere: qualsiasi cosa stesse accadendo non sembrava brutta e Becky era solo leggermente più vivace e lunatica del solito.

“Promesso!” le giurò con un sorriso al quale Becky rispose esasperata, prima di lanciarsi in un lungo riassunto, cercando di tralasciare tutto ciò che non era influente, come quando l’aveva atterrata e sconfitta. O tutte le battute maliziose dell’animale. O di tutte le volte che lo aveva picchiato col cancellino.

Quando ebbe finito Lily si batté il pugno sul palmo dell’altra mano.

“Lo sapevo! Lo sapevo che era falso quel tizio!” gioì fiera e feroce, “Doveva per forza avere una doppia identità, non era magicamente possibile che esistesse tale essere!” continuò facendo ridere Becky. In realtà Lily avrebbe voluto rimproverarla, dirle che poteva rompere l’accordo e che non le interessava, ma la promessa e la luce negli occhi di Becky l’avevano fermata. Prima doveva vedere con i suoi occhi per decidere cosa fare.

“Ti dispiace se oggi vengo con te? Voglio solo vedere com’è davvero, prometto di stare zitta e muta!” la supplicò mostrando gli occhi da cucciolo che tanto le venivano bene e Becky titubante annuì.

“Vieni dieci minuti dopo, così lo posso avvisare…” aggiunse però dopo alcuni attimi di riflessione e Lily batté le mani contenta.

“Ora tanti pezzi del puzzle si rimettono al loro posto!” commentò contenta addentando una pesca e Becky la guardò perplessa, “Mi riferisco per esempio a quando hai preso O in Pozioni e Jason a pranzo, senza farsi vedere da nessuno ti ha fatto l’occhiolino con uno strano ghigno: pensavo di avere le allucinazioni, anche perché tu sei arrossita e non hai detto niente! Oppure si spiega perché casualmente si scontrasse con te così tante volte o…” e avrebbe continuato a elencare le stranezze di quelle settimane se Becky non avesse tirato una testata al tavolo.

“Quell’idiota…” mormorò mentre Lily la guardava incuriosita. Aveva detto a quella testa di Nargillo di far finta di non conoscerla, ma lui faceva di tutto per infastidirla in pubblico e pian piano si stava rilassando sempre di più, quasi dimenticando il suo ruolo da Principe. La cosa che però Becky odiava sempre di più era il fatto che, quando lui faceva quelle cavolate mostruose in pubblico o si ritrasformava nel vero Jason, lei si sentiva contenta e cominciava a custodire sempre più gelosamente i loro piccoli pomeriggi di liti e compiti. Non andava decisamente bene...

 

 

 

Ci volle un po’ a convincere Jason che doveva comportarsi esattamente come al solito quel pomeriggio, ma quando infine capì che Lily sapeva com’era con Becky nel dettaglio e che l’avrebbe smascherato subito, si arrese e decise di fingere che la rossa non ci fosse; infatti quando Lily entrò, lui era alla cattedra che leggeva e Becky a sfacchinare al banco. Senza una parola la rossa si sedette accanto all’amica e si mise a fare i suoi di compiti. Una promessa era un promessa.

Finalmente arrivò il momento che Lily tanto attendeva: le ripetizioni di Pozioni, per quel giorno solo teoriche. Fu strano, immensamente strano vedere Becky e Jason studiare e bisticciare; era una nuova Becky: le guance arrossate di furia e imbarazzo, i capelli scompigliati e gli occhi vivi. Una Becky che stava parlando e litigando con un essere dell’altro sesso a cinque centimetri di distanza senza neanche accorgersene, che si faceva chiamare nana senza ucciderlo (più o meno), che non la smetteva di sogghignare e ridere.

Alla fine entrò anche lei nelle conversazioni o per difendere Becky o perché Jason non riusciva a trattenersi e lanciava frecciatine anche a lei; a malincuore dovette ammettere che in realtà l’ex-Principe non era male. Certo, era arrogante, sarcastico, dispotico e dalla rabbia facile, ma era intelligente e teneva testa a Becky con furbizia, sapeva farle ridere nei momenti più inaspettati e aveva delle reazioni infantili di tanto in tanto che erano esilaranti. E lui e Becky, senza accorgersene, andavano d’accordo.

Quando ebbero finito Jason scompigliò i capelli di Becky e si gettò all’indietro sulla sedia sospirando come al solito con esagerato sollievo, apposta per irritare la corvina che prese le sue cose e Lily per un polso per trascinarla via.

“A domani Jason!” urlò facendogli la linguaccia prima di correre fuori dall’aula. Fosse rimasta due secondi in più avrebbe visto il freddo Jason spalancare gli occhi e arrossire, per poi coprirsi la bocca con una mano: da quanto nessuno lo chiamava Jason?

 

Lily e Becky rallentarono in prossimità del dormitorio di Grifondoro; la rossa era stata in silenzio tutto il tempo e Becky si sentiva inspiegabilmente agitata al pensiero che di lì a poco sarebbe stato il momento del giudizio finale.

“Hai la mia approvazione.” Esordì improvvisamente Lily con serietà e Becky si girò a guardarla a occhi spalancai.

“Per continuare a rispettare il patto?” chiese incredula; era sicura che Lily le avrebbe proibito di tornarci, mettendo in luce tutti gli enormi difetti di Jason e su come fosse pericoloso per lei stare con lui, e già stava cercando un modo di spiegarle l’irrazionale sensazione che invece la spingeva a continuare.

“Sì certo. E anche per fidanzarvi, sposarvi e avere tanti figli. Ah, e io farò la madrina ovviamente.” Aggiunse con tranquillità un sorriso malizioso a incresparle le labbra.

“EH?!” esplose Becky inciampando per lo shock e andando a sbattere contro una colonna. Dopo aver mugolato per il dolore ed essersi rimessa in piedi mentre Lily rideva come una matta, riuscì a elaborare ciò che la sua amica aveva affermato.

“Cosa ti salta in mente?” le chiese con le gote in fiamme e il cervello in pappa.

Lily alzò gli occhi al cielo.

“Becky ho visto come lo guardi e da lui ti lasci toccare, perfino scompigliare i capelli! Ridi, bisticci e litighi, non ti ho mai visto così viva; non puoi negare l’ovvio!” le spiegò esponendo i suoi punti con una ferocia tale che Becky rimpiccolì di parola in parola pronunciata.

“Non è vero!” ringhiò poi distogliendo lo sguardo imbarazzata. Perché non era vero, giusto? Lei non poteva innamorarsi di Jason! Si conoscevano da un mese o poco più! …Giusto?

Lily l’abbracciò ridendo.

“Non c’è niente di male nell’essere innamorata, Becky; è una bellissima cosa e sono felice per te. Jason in fondo non mi dispiace e vi tenete testa alla grande.” Le disse con dolcezza mentre Becky le bofonchiava parole senza senso su come lei riuscisse a leggerle la mente e su come fosse spaventosa, “Ma stai tranquilla e vai con calma, l’amore non ha nessuna fretta, soprattutto la prima volta.” la consolò dandole un buffetto sulla guancia prima di trascinarla, in stato di shock, di nuovo verso il dormitorio canticchiando.

 

 

 

Il pomeriggio dopo Becky avrebbe voluto scappare il più lontano possibile: la possibilità rivelatale da Lily l’aveva traumatizzata e confusa; ogni trenta secondi lanciava un’occhiatina a Jason e si interrogava sui suoi stessi sentimenti. Il fatto che arrossiva ogni volta era un chiaro indice e si stava ben presto arrendendo alla realtà: si era stupidamente innamorata di Jason Wolf, da un parte il Principe popolare della scuola, dall’altra il despota freddo e sarcastico. Ottimo.

“Hai finito?” Per poco Becky non cadde dalla sedia per la sorpresa nel sentire la voce dell’oggetto dei suoi turbolenti pensieri.

“S-sì…” balbettò abbassando lo sguardo e mordendosi la lingua per l’imbarazzo. Jason la raggiunse perplesso e cogliendola di sorpresa le preso il mento tra le mani e la osservò attentamente.

“Hai le occhiaie.” Notò con un sopracciglio sollevato.

“Non ho dormito bene stanotte.” Commentò lei allontanandosi di scatto. “Già, a causa tua idiota. Non sai quanto vorrei ucciderti in questo momento.” Aggiunse nella sua mente.

Un silenzio imbarazzato si trascinò anche durante le ripetizioni di Pozioni e quando ebbero finito Becky non si alzò come al solito, limitandosi ad osservarlo. Il desiderio di conoscerlo di più stava iniziando a divorarla.

“Jason?” chiese poi titubante mentre lui all’istante la perforava con lo sguardo, “Chi era nel fuoco, la notte che ci siamo conosciuti?” chiese curiosa e perplessa allo stesso tempo; era inoltre spaventata dalla piega che quella conversazione poteva prendere: non avevano mai affrontato quel discorso prima d’ora, neanche accennato.

Lui si alzò in piedi rabbuiandosi e si sedette sul banco a fianco.

“Mio fratello.” Rispose di malavoglia.

Lei lo guardò interrogativa, l’occhio azzurro spalancato, spingendolo a continuare.

“La mia famiglia era affiliata ai Mangiamorte durante la guerra contro Voldemort e dopo la vittoria di Harry Potter è caduta in disgrazia. I miei sono morti quando io ero piccolo e mio fratello maggiore si è preso cura di me…” svelò a bassa voce senza guardarla, perso nei suoi ricordi, “Pensa che io sia perfetto per ridare fama al Casato; vuole che diventi l’idolo della scuola, il gioiello dei professori e poi di tutto il mondo magico. Vuole il Principe e io sono l’unico che può darglielo.” Terminò a testa bassa con tono amaro.

“Sbagli!” gli uscì di getto e quando lui la fulminò per un attimo pensò di chiedere scusa, ma poi il suo sangue Grifondoro la spinse ad andare avanti, “Non devi eseguire tutto quello che ti dice tuo fratello alla lettera, devi saper valutare e scegliere con la tua testa. Sei abbastanza intelligente da farlo. Lui sbaglia a non volere te, ma il Principe, ed è egoista. Tu odi essere il Principe e prima di onorare il Casato dovresti onorare te stesso, rimanendo fedele al vero Jason Wolf sempre.” Pronunciò in un solo fiato con voce tremante, spinta dal desiderio enorme di aiutarlo e da quello un po’ egoistico di poterlo vedere sempre così, non come il pavone circondato di oche.

Jason indietreggiò come un animale ferito, stringendo le nocche.

“Sta zitta!” le urlò e Becky sobbalzò tanto il tono era freddo e i suoi occhi furenti, “Tu non sai niente di me, né della mia famiglia! Sei solo il giocattolino di turno! Non mi interessa cosa pensi, non sei che un’altra di quelle stupide oche dalla famiglia perfetta che vuole fare la piccola infermiera. Non ho bisogno della tua pietà, torna dalla tua mammina a piangere!” le scagliò contro, gelido come il vento che ulula durante le montagne d’inverno.

Uno schiocco.

Jason si toccò la guancia con cinque dita rosse che pulsavano, incredulo.

Di fronte a lui Becky con gli occhi lucidi di lacrime trattenute, la mano ancora tesa, la furia e il dolore che ruggivano dentro di lei.

“Il mio vero nome è Rebecca Shade: mio padre era un Mangiamorte e mia madre purosangue fu obbligata a sposarlo per ragione politiche,” disse con la voce che le tremava abbassando la mano, “Era sempre ubriaco e violento, picchiava me e mia madre se disobbedivamo…al mio decimo anno d'età l’ha uccisa; gli Auror non hanno fatto in tempo a salvarla. A quel punto l’hanno richiuso ad Azkaban e io sono stata adottata dai Weasley. Non credere di essere l’unico con una brutta storia e smettila di comportarti come un bambino. È ora che tu cresca e impari a usare la testa.” Concluse, poi afferrò la sua roba e scappò via, lasciandolo lì da solo a occhi sgranati e una mano sulla guancia.

Lo odiava. Lo odiava. Lo odiava.

 

 

 

Jason era nell’aula vuota ad aspettare da solo ancora una volta. Erano tre giorni che Becky non si faceva vedere e non riusciva neanche a trovarla da sola o parlare, anche perché la rossa gli lanciava certe occhiate da gelarlo. Lo sapeva che era colpa sua e voleva parlare, magari scusarsi...ma lei non si faceva vedere.

Tirò un pugno alla cattedra e si alzò in piedi, iniziando a camminare avanti e indietro. Come poteva quella nanetta non presentarsi all’appuntamento?! Lo sapeva che lei grazie alla mappa  era cosciente che lui fosse lì, eppure non veniva. E lui voleva che venisse. Come faceva a scusarsi altrimenti?! E anche lei l’aveva insultato, erano quasi pari…Si era aspettato che il giorno seguente si sarebbero riappacificati e invece niente. E il vuoto si faceva sentire, come se si fosse portata via Jason e lui si fosse tenuto il dannato Principe.

Il biondo si passò una mano tra i capelli e si coprì gli occhi, prendendo a pugni il muro.

 Fu strano accorgersi di come la nanetta fosse diventata importante: tutto nato da un curioso interesse, lei così fredda e aggressiva ma che arrossiva in modo così divertente ogni volta che si avvicinava troppo; un piccolo animale con cui poteva essere se stesso, da avvicinare piano piano, di giorno in giorno. Si era sentito libero, libero di comportarsi come voleva, sicuro che lei gli avrebbe risposto a tono, che lo avrebbe picchiato, che lo avrebbe fatto ridere. La sua falsa vita era diventata più pesante, perché sempre meno sopportava quel ruolo così inadatto e amava le sensazione che lei gli faceva nascere dentro; o forse amava lei?

“E ho rovinato tutto…” si rese conto con amarezza, una sola lacrima a solcargli il volto.

No.

Non avrebbe più permesso a Jason di sparire risucchiato da quel fantoccio e l’unico modo per ritrovare se stesso era ritrovare Becky.

Era ora di andarla a prendere.

 

 

Becky stava sfogliando depressa un libro in biblioteca con Lily accanto che la guardava senza saper bene cosa dire; avrebbe voluto che i due chiarissero, ma sapeva che c’era la possibilità che la fragile fiducia che Becky aveva nutrito pian piano per Jason si fosse spezzata definitivamente.

“Becky…” provò a chiamarla, ma poi si accorse che la ragazza era nel suo freddo mondo personale e si arrese ad accarezzarle una mano.

La porta della biblioteca si aprì con un tonfo e dai tavoli di fianco vennero lanciati gridolini eccitati.

“Il Principe!”

“È qui!”

Becky sobbalzò e gli occhi le divennero lucidi, poi abbassò il capo arrossendo e stringendo i pugni. Solo quando senti i gridolini spegnersi in esclamazione scioccate azzardò a dare una sbirciatina, come calamitata.

Non era il Principe, era Jason.

“Lo odio…” si ripetè mentalmente.

Passo sicuro e strafottente, camicia fuori dai pantaloni stropicciata coi primi bottoni aperti e il colletto alzato, cravatta sciolta, capelli scompigliati, occhi blu che mandavano lampi e sorriso sghembo.

Lo odiava? No, odiava di essere innamorata di lui a tal punto da non riuscire ad odiarlo.

Jason si fermò esattamente davanti a Becky, che lo guardava incredula e si abbassò alla sua altezza.

“Dobbiamo parlare.” Disse serio appoggiando la sua fronte a quella della ragazza, che andava letteralmente a fuoco.

“N-no!” protestò lei girandosi dall’altra parte. Sul suo cadavere!

“Come vuoi nana!” rispose malandrino Jason sogghignando prima di sollevarla di peso e caricarsela in spalla come un sacco di patate.

“JASON METTIMI GIU', RAZZA DI IDIOTA DAL CERVELLO DI NARGILLO! O GIURO CHE TI DO FUOCO!” si mise a strillare lei, ma lui la ignorò completamente e fece l’occhiolino a Lily, che scoppiò a ridere e li salutò con la mano mentre il ragazzo raggiungeva la porta.

Sfortunatamente una schiera di fan in lacrime e indignate si parò di fronte a loro all’uscita.

“Jason cosa stai facendo?!” strillò una giovane Serpeverde.

“È colpa di quella Weasley?!” chiese un’altra Corvonero fulminando il povero sacco di patate con lo sguardo.

“IO NON C’ENTRO NIENTE!” si difese Becky a testa in giù.

“Perché ti comporti così?!” mugolò una Tassorosso aggrappandosi alla sua giacca.

Lo sguardo di Jason si fece freddo, tolse rude la mano della ragazza e il suo ghigno si allargò, mentre un’aurea di terrore lo circondava.

“Mi spiace deludervi, ma questo è il vero Jason; sono stufo di fingermi il vostro stupido Principe e non sopporto più voi maledette oche, interessate solo all’apparenza. Guai a voi a chi insulta o tocca Becky, chiaro?” sibilò gelido, “O vi farò rimpiangere Azkaban!” minacciò con una punta di follia mentre le fangirl impietrite lasciavano passare quel nuovo e terrificante Jason Wolf.

 

Quando Becky venne lasciata cadere sulla sua solita sedia della loro aula, era paralizzata per lo shock, tanto da dimenticarsi di essere arrabbiata.

“Cos’hai fatto?” sbottò infine mentre il biondo girava al contrario una sedia e si sedeva davanti a lei appoggiando i gomiti sullo schienale.

“Avevi ragione.” spiegò lui sintetico adombrandosi e distogliendo lo sguardo da lei: “Non voglio più essere il Principe circondato solo da oche che amano qualcosa che non sono io, circondato da amici interessati solo al mio talento. Ho parlato con mio fratello e ho cercato di spiegargli quanto fosse inutile questa messinscena e di come non avrei più fatto parte del suo folle piano; mi ha urlato contro e disconosciuto, quindi credo che dovrò trovare un altro rifugio per l’estate, ma per il resto sono enormemente contento di averlo fatto. Volevo ringraziarti e lo avrei fatto prima se tu non fossi sparita!” l’accusò infine fulminandola e colpendola sulla testa mentre lei cercava di assimilare quelle parole.

“Ehi! La colpa è tutta tua!” ringhiò poi lei gonfiando le guance come una bimba piccola e incrociando le braccia. Non si era dimenticata le parole dure e taglienti come schegge di vetro che le aveva lanciato…aveva pianto per tutta la notte prima di riprendersi. Stupido amore.

“La colpa…” iniziò lui sul piede di guerra, ma poi si costrinse a respirare a fondo, “…è mia. Non avrei mai dovuto dire quelle cose, scusa.” Disse rapido e mortificato coprendosi gli occhi con una mano.

“Cosa?” chiese lei spalancando gli occhi. Niente lite? Insulti? Si stava scusando? Era davvero Jason?

“Se credi che lo ripeterò ti sbagli di grosso!” ringhiò poi lui con un sogghigno. Sì, era davvero lui.

Per un attimo tra i due scese un silenzio imbarazzato, poi Jason spalancò gli occhi colto da un idea geniale e prese il volto di Becky tra le mani.

“Vieni ad un appuntamento con me stasera?” le chiese avvicinandosi pericolosamente e sorridendo in modo falsamente innocente.

“Eh?” fu l’unica cosa che riuscì articolare lei, che aveva scollegato il cervello quando l’aveva sfiorata.

“Lo prendo come un sì!” esultò lui allontanandosi e prendendola per un polso per poi iniziare a correre trascinandola con sé.

“Fermo Jason!” cercò di placarlo lei, in fiamme, ma il ragazzo rise e aumentò la velocità, cosciente che lei sarebbe riuscita a seguirlo benissimo. Becky credette che fosse impazzito; poi pensò che anche lei era impazzita perché cominciò a ridere, alcuni dei pochi nei corridoi non ancora a cena che li guardavano come se fossero folli. Oppure le piaceva talmente tanto sentirlo ridere che non riusciva a non lasciarsi contagiare.

Quando lui si fermò erano davanti a un quadro con un cesto di frutta: l’entrata alle cucine! Lei e Lily si erano fatte di quelle abbuffate là sotto!

“Aspetta qui!” le disse con il fiatone prima di solleticare la pera e inoltrarsi nel passaggio; pochi minuti e fu di ritorno con un enorme cesto. La corsa folle ricominciò.

La tappa finale fu nella torre di astronomia, dove si erano conosciuti; lui la guidò sicuro all’interno dell’aula e si chiuse la porta alle spalle. Becky sentiva le gambe tremarle, non sapendo cosa aspettarsi, ma non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e quando lui lasciò la sua mano non poté trattenere un moto di delusione.

Jason intanto distese una tovaglia a quadri pescata nel cesto e ci dispose panini, bibite, frutta e una torta con dei muffin.

“Pic-nic!” disse entusiasta sedendosi e guardandola in attesa; sembrava un bambino tanto era felice, un altro lato nuovo di lui. Jason era come un cristallo: ogni volta che lo giravi rifletteva una luce diversa.

Titubante ma con un senso di allegria crescente Becky si sedette davanti a lui.

“E se ci trovano?” chiese mentre lui le porgeva un panino imbottito dall’aspetto delizioso.

“Stasera non passano di qui. Sai, non avendo la vostra mappa, per riuscire a venire qui senza pericolo ho dovuto imparare i percorsi delle ronde; sono un genio, modestamente.” le rispose addentando con voracità il suo panino.

“Certo, modestamente…” rise lei alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa; quel ragazzo la modestia non sapeva nemmeno dove stesse di casa.

“Porti qui tutte le ragazze?” scherzò poi lei, un po’ per gioco, un po’ perché l’ansia di essere davvero un giocattolino l’attanagliava. Erano le parole che forse più l’avevano ferita e non riusciva a dimenticarle, l’eco nelle orecchie.

“Non penso davvero che tu sia il mio giocattolino.” Rispose lui mentre Becky alzava di nuovo gli occhi al cielo: un altro che le leggeva dentro. Evviva.

“In realtà…ho avuto davvero poche ragazze e mai più di qualche giorno.” Continuò a disagio, sentendosi poco playboy: “Mio fratello pensava fossero una distrazione e quando insistevo me le sceglieva lui in base a casato e sangue…” svelò mentre Becky esibiva una smorfia schifata. Poi il suo cervello registrò una cosa curiosa: stavano parlando come se fossero fidanzati. Le sue guance presero fuoco e per poco non si strozzò con il panino.

“Tutto bene?” le chiese lui senza prendersi il disturbo di alzarsi e lei lo fulminò, mentre apriva una bottiglia d’acqua e cercava di non morire soffocata.

“Sì e grazie per l’aiuto!” borbottò lei tornando a mangiare mentre lui rideva.

“Ci vuole molto di più per ucciderti, non mi preoccupo per così poco!” le rispose alzando le spalle divertito, mentre lei ridacchiava orgogliosa.

 

Becky probabilmente avrebbe ricordato quella cena come una delle migliori della sua vita, non solo per il cibo ottimo, ma perché aveva riso e si era divertita come poche volte prima d’ora, si era prese varie rivincite su quel ragazzo così problematico (colpirlo il piena faccia con panino ad esempio era stato piuttosto soddisfacente), era arrossita e aveva sentito quella strana sensazione di calore gonfiarsi nel petto e renderla leggera come una piuma.

Stavano parlando seduti uno accanto all’altra sulla tovaglia, senza neanche accorgersi di essersi avvicinati durante la serata, quando Jason guardandola storse la bocca e Becky lo guardò curiosa, interrompendosi.

“Cosa c’è?” gli chiese mentre lui inclinava la testa.

“Perché porti quel ciuffo?” chiese lui allora scrutandola perplesso quando lei arrossì e si portò le mani alla fronte per coprirla.

“P-perché ho la fronte alta e spaziosa…è orribile e da piccola gli altri bambini mi prendevano sempre in giro…” svelò imbarazzata senza osare guardarlo. Lui scoppiò a ridere tanto forte da farsi venire le lacrime agli occhi.

“Ehi!” esclamò la ragazza piccata colpendolo con un pugno sulla spalla e lui cercò di ricomporsi.

“Scusa, ma è strano pensare che tu abbia problemi con il tuo aspetto e ancora più che ti interessi…” spiegò mentre lei abbassava la testa: “Ma è una cosa che mi tranquillizza, mi conferma che sei una ragazza, anche se tutta particolare, nanetta.” Concluse scompigliandole i capelli mentre lei lo inceneriva e gli faceva una linguaccia.

“Aspetta…” disse poi il biondo illuminandosi e con una mano si tolse la cravatta verde-argento, “Sta ferma…” le disse mentre lei protestava, armeggiando coi suoi capelli.

“Fatto! Lo sapevo di essere eccezionale, ma il mio talento mi stupisce sempre: ho un futuro anche come parrucchiere!” disse poi guardandola con immensa soddisfazione: ora il ciuffo corvino di Becky era tenuto indietro dalla cravatta che il ragazzo aveva legato con un fiocco dietro la nuca sotto i capelli, usata come fascia o cerchietto, ma senza darle una forma a uovo di pasqua e lasciandole dei ciuffi a incorniciarle il viso; la sua fronte era visibile e così l’altro occhio azzurro.

“Preferisco guardarti in entrambi gli occhi, soprattutto se così belli.” Aggiunse malizioso mentre lei arrossiva.

“Sono...?” iniziò a chiedere, ma non riuscì a pronunciare le parole ‘più carina’; erano troppo imbarazzanti anche solo da pensare.

“Sì, ti trovo molto più carina.” affermò lui fingendosi serio, senza aver bisogno di leggergli la mente per sapere cosa stesse per chiedergli, “Fin troppo…” aggiunse con un sorriso felino, prima di chinarsi e baciarla.

Becky spalancò agli occhi, ma poi li chiuse arrendendosi a quel dolce primo bacio.

Quando le loro labbra si separarono Jason rimase con la fronte appoggiata alla sua.

“Ti amo…” le sussurrò sorridendo sghembo e guardandola negli occhi.

“Anche io…” rispose lei tremante con le guance in fiamme e lui l’abbracciò con una risata, mentre lei si nascondeva per l’imbarazzo contro la sua spalla.

“Nonostante sia solo un lupo e non il Principe?” aggiunse senza lasciarla andare, dando voce alla domanda che più premeva il suo cuore.

“Proprio perché sei il mio Lupo e non un qualsiasi principe!” rispose lei sicura sorridendo dolce e lui sorrise finalmente rassicurato.

“Sappi che per stasera mi accontento nana, ma prima o poi dovrai dirmi ‘Ti amo’, dovessero volerci cent’anni!” la minacciò facendole il solletico e dando inizio a una vera e propria guerra; quasi dieci minuti dopo Becky fu costretta ad arrendersi e chiese un momento per riprendersi.

“Ti va se stiamo qui a guardare le stelle stanotte?” le chiese allora Jason sollevandola di peso e mettendosela in braccio, ignorando le sue proteste; sopra di loro il soffitto incantato dell’aula di Astronomia mostrava le stelle come se fossero sotto il cielo aperto.

Becky si irrigidì pensando alle conseguenze di quella richiesta, ma lui la colpì con l’indice sulla fronte sogghignando.

“Stai tranquilla e non farti strane idee, nana: sono un cattivo ragazzo all’antica, non si fa niente prima del matrimonio! A meno che tu non insista…” la cercò di tranquillizzare malizioso mentre lei si copriva la faccia con le mani.

“Ti odio…” mormorò colpendolo al petto.

“Certo.” Rise lui prima di lasciarsi cadere all’indietro tranciandola sopra di sé e Becky arrendendosi si accoccolò come un gatto. Era sicura: quel ragazzo l’avrebbe fatta impazzire prima o poi. Ed era per questo che lo amava.

 

 

Nessuno può descrivere le facce dell’intera scuola quando la mattina dopo a colazione l’ex-Principe Jason Wolf entrò mano nella mano con Rebecca Weasley, la ragazza di ghiaccio, con i capelli tenuti indietro da una cravatta verde-argento. Un giorno che sarebbe rimasto nella storia.

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: StelladelLeone