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Autore: Alfred il sanguinario    07/07/2014    1 recensioni
Qualcuno terrorizza Chicago e i dintorni. Qualcuno uccide le persone, nella loro casa, in piena notte.
L'unica testimone, tale Amy Leroy, sopravvissuta all'omicidio, dice che ha sentito voci e risate bambinesche, ma non ha visto in faccia l'assassino.
Scoprire chi è questo pericoloso assassino è compito di Catherine 'Cath' Jetson, nuova detective di Chicago, che da subito riconosce i gesti di una serial killer maniaca religiosa originaria della Russia, Leena Zakhalova, e sarebbe lei la colpevole... se non fosse che è morta da due anni.
E allora di chi si tratta?
Genere: Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fred Charleston si alzò nel cuore della notte. Infuriava un temporale, fuori.
C’era un freddo che gelava le ossa, e un ramo ticchettava fastidiosamente sulla finestra della camera da letto.
Fred osservò per un momento sua sorella nel letto accanto che dormiva beata. Le lenzuola tutte scombussolate, i capelli in faccia e il pigiama di più o meno due taglie più di lei. Anche se era tutta così trasandata, il suo beato dormire gli trasmise una sensazione bella, visto che erano quasi le tre del mattino e ancora non aveva chiuso occhio.
Ad illuminare la stanza il minimo indispensabile per permettergli di vedere era un lampione dalla luce bianca e quasi inquietante che proveniva da fuori dalla finestra.
Un lampo illuminò per un secondo tutta la stanza di una luce ancora più bianca e inquietante di quella del lampione. Fred rimase a osservare la stanza seduto sul letto, finché non trasalì per il rombo del tuono.
Controllò il cellulare poggiato sul comodino.
Come sospettava, erano arrivate le tre. Puntuali come la morte.
03:01, segnava inesorabile lo schermo del cellulare.
“Domani sarò uno straccio” pensò Fred, mentre, rassegnato, si alzava dal letto, s’infilava le pantofole, e ciabattava furtivamente fuori dalla stanza da letto.
Entrò in un corridoio stretto e lungo, che, proseguendo, conduceva alla camera dell’altra sua sorella e sua cugina. Oppure, fermandosi prima, a destra c’erano i due bagni.
Fred avrebbe voluto accendere la luce, ma sapeva che sarebbe stato un grave errore: avrebbe svegliato tutti e tutti si sarebbero arrabbiati con lui.
Così prese la torcia da sopra la cassapanca e si fece luce fino alla cucina.
Lì poté finalmente accendere tutte le luci e mettere a bollire il pentolino della camomilla.
Spense la torcia, l’appoggiò al tavolo e si sedette, sospirando rumorosamente.
Si guardò per un attimo intorno. Se doveva passare una notte in bianco, in quella maledetta casa di campagna, almeno che lo avesse fatto leggendo qualcosa d’interessante.
Afferrò un libro che era poggiato sulla vecchia e rudimentale tv a forma di scatolone. Il titolo non era molto intrigante. “Il mistero dell’oro perduto”.
Sospirò e aprì il libro sulla prima pagina dove iniziava il primo capitolo.
Per cinque buoni minuti lesse le prime pagine, ma poi si stufò. Sbatté il libro sul tavolo.
“Che cazzata” mormorò.
Un foglietto bianco scivolò giù dal libro e cadde per terra.
Fred pensò a una qualche pagina dell’agenda di sua zia, quindi la raccolse e la lesse.
Involontariamente, assunse un’espressione di stupore.
“Che diavolo è?” mormorò.
“Verrà il nostro giorno” promisi loro. E ora il nostro giorno è arrivato.
Questo era lo spoglio contenuto del bigliettino. Inquietante, certo, e Fred pensò subito ad uno scherzo idiota di sua cugina.
Girò il bigliettino dall’altra parte.
Sette lingotti d’oro perduti, dovremo ritrovare
“Un momento…” pensò Fred. Per un momento sentì le vene gelarsi e la circolazione velocizzarsi. L’aveva già sentita quella frase.
Era… era di quello stupido libro!
“Cazzo, la camomilla!” strillò, lasciando cadere il bigliettino e il libro per terra.
Appena in tempo di accorgersi che il pentolino era già stato spento, una mano fredda e pallida gli tappò la bocca. La stretta fortissima gli impediva qualsiasi movimento.
Un altro braccio, sempre freddo e pallido, gli avvolse il collo.
“Non preoccuparti, ci ho già pensato io.” disse una voce femminile, quasi bambinesca.
Le ultime cose che Fred sentì prima che la sua testa sbattesse ripetutamente il pavimento, furono delle risate. Inquietanti risate bambinesche, anch’esse. 

Allora, è la mia prima storia horror (no, sto mentendo) comunque è la prima storia horror non nata da un impulso sclerotico delle undici di sera (sto di nuovo mentendo... uff!). Questa storia non ha nient'altro di particolare rispetto alle altre, ecco! Quindi se vi piace lasciate una recensione... bom, basta vado a dormire... addio!



 
  
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