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Autore: Love Girl    07/07/2014    7 recensioni
Il padre di Kagome si è indebitato con la Yakuza e, mentre Kagome e Sota erano a casa della cugina Sango, tutta la famiglia muore "accidentalmente" e loro si ritrovano in orfanotrofio.
Pochi mesi dopo la Yakuza scopre che loro sono ancora vivi ma non gli danno peso perché sono solo dei bambini e non sanno nulla sugli imbrogli fatti contro il padre.
Intanto lo zio, il padre di Sango, cerca di adottarle ma fa una brutta fine, mentre la madre di Sango muore di depressione.
Così i 4 bambini si ritrovano soli ed abbandonati, dove, per non farsi separare, fanno dispetti a chiunque cerchi di adottarli.
Intanto Kagome nutre un forte desiderio di famiglia, che pian piano diventerà una vera e propria fissa.
Un giorno, all'età di 14 anni, Kagome e Sango, insieme ai due fratellini di 12 anni ciascuno, tornando da scuola, incontrano due teppistelli, InuYasha e Miroku.
Cosa succederà? E se la Yakuza si intromettesse ancora? E se ci fosse un mistero che avvolge i quattro orfani? E se la chiave la avesse Kagome? Vi ho incuriosito? Bene allora leggete e recensite in tanti mi raccomando, un bacione!
Baci
Love Girl
P.S. grazie choppy_choppy
Genere: Malinconico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Cacciatore di stelle

Un regalo speciale per la festa del Tanabata

Ero felice. Lo ricordo bene, quel Tanabata.
Io, mamma, papà e Sota, che all’ora aveva solo 2 anni, eravamo andati in terrazza per vedere le stelle.
-papà, papà! Mi racconti la leggenda del Tanabata? - dico tentando di non inciampare nel kimono. –ancora, Kagome? Te l’ho raccontata un migliaio di volte! - mi dice sbalordito. –e dai, papà! Per favore! – adoravo quella leggenda. Vi erano molte versioni, ma la mia preferita era, è e resterà sempre quella che mi raccontava il mio dolce papà. Non so perché, né rammento come è nata questa stramba idea, ma ripensando a lui ho in mente, sin da quando ero piccola, una specie di cacciatore di farfalle, ma per me lui era come un cacciatore di stelle, l’unica felicità che allora conoscevo.
Lui sospira rassegnato e, prendendomi in braccio, inizia a raccontarmi quella dolce storia che oramai conosco a memoria, mentre io sorrido soddisfatta alla mia buona mamma, che tiene in braccio il mio fratellino mentre dorme.
Mentre scendiamo le scale del condominio abbandonato dove viviamo, papà riceve una telefonata che lo fa sbiancare e tornare di corsa in terrazza. Mamma ci accompagna a letto e lo segue. Io mi alzo di nascosto e li seguo. Appena lì, li vedo ancora al telefono, pochi minuti dopo papà chiude la chiamata e mamma inizia ad urlare e a imprecargli contro di tutto e di più, finché lui non cade a terra in lacrime e lei lo abbraccia disperata. Sento Sota piangere e mi precipito a coccolarlo. Me li ritrovo poi alle spalle.
-tesoro, lascia stare e vai a nanna, da brava, domani ti devi alzare presto e andate dagli zii e daicuginetti, eh?- mi dice mamma abbracciandomi e baciandomi in lacrime incandescenti –mamma, perché piangi?- le dico asciugandole una lacrima che, pigramente, le solcava il volto. –nulla, amore… Caro, daglielo ora il suo regalo del Tanabata e dalle anche quello di Sota, che poi lei dovrà dare al fratellino domani, vero?- dice prima rivolta a papà e poi a me. Annuisco insicura –bene, questo è il nostro regalo per il Tanabata, piccola mia!- mi dice papà porgendomi un carillon con una forma sferica con dei piedi in ferro e una serratura d’argento, bianco con degli arabeschi rosa chiaro, in porcellana e con alcune stelline qua e là giallo fosforescente brillantinate. Papà mi mette al collo un ciondolo con un chiave, anch’essa d’argento, con la parte superiore in argento dove c’è scritto il mio nome. Doveva essergli costato un occhio. Poveri mamma e papà, nelle nostre condizioni come hanno fatto? E tutto per un mio capriccio… -vedi, si apre così…- dice il mio cacciatore e mi fa dare uno scatto a sinistra. Si sente una dolce musica, la riconosco subito, è una delle mie preferite di quelle che papà suonava alla tastiera elettrica, “Futari No Kimochi”. Sorrido mentre mi brillano gli occhi. Mi accorgo solo ora che il coperchio del carillon si alza e ne escono quattro personaggi. –ma… ma è la nostra famiglia!- dico euforica –aspetta, guarda, se, invece di aprire facendo lo scatto a sinistra, lo facciamo a destra… quando inizia a suonare, suona “Sotanshi”! allora? Ti piace? È come quello che volevi da 9 mesi, no?- li abbraccio felice rischiando di far sfracellare al suolo il regalo appena ricevuto –no! Non è come quello! Quello non c’erano le nostre canzoni né la mia famiglia! Lo avete fatto fare apposta per me! È un regalo fantastico! Il più bello che avrò mai in tutto il resto della mia vita! grazie! Ma… non credete che lo possa rompere? In fondo ho solo 5 anni...- Papà sorride, mal celando un po’ di malinconia, e mi accarezza il volto –ci fidiamo di te, Kagome-chan, e poi sappiamo tutti e tre che non sei una bambina qualsiasi, sei molto più matura dei tuoi 5 anni. Ora a nanna, su e, cara, forse è meglio se lo diamo noi a Sota…- mamma annuisce e mi prende in braccio, portandomi nel mio lettino e dandomi, ognuno, un tenero abbraccio, qualche carezza, alcuni baci sulla guancia e sulla fronte e qualche altro sul capo, quasi non mi volessero lasciare andare.
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-Io non andrò mai in orfanotrofio! MAI! E NEPPURE I MIEI FRATELLI!!- urla il bambino di 8 anni davanti a degli uomini vestiti in nero che si siedono in salotto mentre io, Sesshomaru e la mia sorellina, in braccio a me, saliamo in camera nostra in lacrime.
Shihori ha fatto un anno oggi, un anno dalla morte della mia mamma, un anno che mio padre è caduto in depressione e noi nella fame, dato che lui non lavorava quasi più… e ora… anche lui non c’è più con noi. Avrei capito se fosse morto, anche se si fosse ucciso, avrei capito quasi più del gesto che ha fatto, abbandonare tre figli, abbandonare un bambino di 5 anni e una di appena 1 a un mocciosetto di 8 anni, per spedirci in un orfanotrofio, un maledetto orfanotrofio di Tokyo chiamato Yurai’s children, come ha potuto?! Che padre è?!
-ho paura, Sesshomaru, che facciamo? Domani lasceremo questa casa… che bel Tanabata che abbiamo avuto, accidenti!- replico. Cosa voleva fare un bambino di 8 anni, solo in un mondo schifoso come questo?! Soprattutto portandosi dietro due bimbi di 5 e un anno?
-mmm… IDEA! Scapperemo!- lo guardo perplesso –sca…scappare? Ma… ma tu vai a scuola… e noi tra qualche anno anche….- dico, ma lui mi interrompe –io le cose basilari le so, so le parole di uso comune e so fare i calcoli di vita quotidiana! E, soprattutto, so leggere bene, posso imparare sempre leggendo i libri e poi insegnerò io a voi!- urla, tanto che per poco quegli uomini non lo sentivano e facendo svegliare Shihori, mentre io lo guardo impaurito e dubbioso. –accidenti! Scusa, Shihori! Su, dormi ora…- dice cullandola dolcemente –ma… gli uomini qui sotto?- chiedo ancora titubante –tranquillo, allora dormiranno beati- dice sorridendomi e facendomi l’occhiolino, convincendomi del tutto. Noi tre siamo molto simili. Sesshomaru ha i capelli neri e corti, gli occhi color ambra, la carnagione chiara, un viso tanto innocente, fiero e amorevole, simile a papà, se togliamo l’amore che non aveva più negli ultimi tempi e l’innocenza; io ho i capelli come Sesshomaru, gli occhi del medesimo colore e anche la carnagione uguale, un viso innocente, spesso imbronciato e pensieroso; Shihori è troppo piccola per avere dei tratti già fermi, che non cambieranno, ma per ora ha i capelli neri, corti, visto l’età è normale, gli occhi blu-turchese, come la mia mamma, la pelle leggermente ambrata, come papà, e un visino angelico come la mamma.
Alcune volte vorrei che Shihori non fosse mai nata, così la mia mamma sarebbe ancora con me, ma poi mi vergogno di quello che ho detto, ringrazio i Kami per avermi dato la mia sorellina e di prendersi cura della mia mamma, che, sono sicuro, mi proteggerà sempre.
-su, birba, a letto! Tra qualche ora si va a fare un giretto…..!- sospiro e mi dirigo a preparare tre zainetti con cibo, abiti e i pannolini per Shihori. Mi butto sul letto a piangere, Sesshomaru ha portato Shihori in camera nostra, ha messo a posto le tre borse e le ha poggiate vicino la carrozzella della mia sorelline e ora mi sta abbracciando e sussurrando parole di incoraggiamento e, come se fossero una ninna nanna, mi addormento.

   
 
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