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Autore: sakichan24    08/07/2014    3 recensioni
Caterina è una ragazza come tanti altri, che ha il desiderio di entrare nel mondo dei Pokémon per vivere la sua avventura. Il suo desiderio si avvera, ma non come lei si aspettava. Cosa troverà nel mondo dei Pokémon? Riuscirà a tornare a casa?
Un'avventura intorno alla regione di Johto condita da un'insolita storia d'amore.
(Presenza di linguaggio scurrile)
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Rocket
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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C’È SEMPRE UNA PRIMA VOLTA

- Ma… pensavo che non facessi sul serio…

Non mi ero mai sentita più a disagio. Forse una volta, quando ai novant’anni della mia bisnonna avevo pensato bene di mettermi a fare i gargarismi con la Coca-Cola. Il risultato fu che macchiai camicetta, gonna e pavimento del ristorante.

- Insomma, pensavo fosse una copertura provvisoria!

- Così il capo ha detto di fare e così dobbiamo fare. - replicò Maxus scuotendo il capo con aria rassegnata.

- È da quando sono arrivata qui che lo ripeti, ma non ho intenzione di…

- Su, fai la brava. - disse con quel tono falsamente paziente che tanto odiavo.

Volevo ribattere, ma avevo capito che avrebbe vinto lui in ogni caso. Per cui mi rassegnai, abbassando la testa.

Quella mattina, Maxus mi aveva accolta con un po’ troppa cortesia. Non era certo da lui farmi trovare la poltrona già a posto, un vassoietto con una brioche e il solito cappuccino e chiedermi ogni dieci secondi se stessi bene, se dovessi andare in bagno, se fossi scomoda, eccetera. Il tutto condito da un variopinto ed oltremodo pacchiano mazzo di fiori. Quando gli chiesi il perché di tutta quella messinscena, prima si mostrò offeso (“Ma cosa credi? Che io abbia un secondo fine?”), poi mi confessò di avermi procurato una divisa da recluta e di aver cercato di attutire la notizia.

A quel punto avevo (inutilmente) cominciato ad impuntarmi, continuando a ripetere che io in un’organizzazione mafiosa non ci sarei entrata. Però Maxus mi ricordò che se Giovanni fosse venuto a conoscenza della verità ci saremmo entrambi trovati nei guai.

Tutta colpa di quella maledetta scusa usata il giorno prima.

- Dai, lì c’è un camerino. Puoi andare a cambiarti.

Maxus, conscio della mia resa, mi indicò una porta nel muro che non avevo mai notato. Prendendo l’uniforme e borbottando insulti alla mia sfortuna, a Giovanni, a Maxus, al Team Rocket, a qualsiasi cosa avesse dirottato il mio treno in quel fottuto posto, ancora a Giovanni, alla mia scuola che andava raggiunta in treno e poi di nuovo a Giovanni, mi diressi nella direzione indicata. Lì mi cambiai velocemente e mi guardai nello specchio a muro: la gonna era piuttosto corta, sarei dovuta stare attenta a come mi muovevo. Almeno gli stivali coprivano gran parte delle gambe, facendomi sembrare di meno una donna di facili costumi. L’uniforme era piuttosto aderente e risaltava le mie curve, facendomi sembrare più matura. Uscii dal camerino tenendo gli occhi bassi: l’idea di farmi vedere in quello stato non mi piaceva per niente. Senza contare che ora ero ufficialmente parte di un’organizzazione criminale senza scrupoli.

- Stai bene così!

Non sapevo se interpretarlo come un complimento o una presa in giro. Maxus si avvicinò a me e mi sollevò il volto mettendomi due dita sotto al mento. Me lo ritrovai inaspettatamente vicino. Mentre ero impegnata a cercare di tenere a bada l’imbarazzo crescente (“Autostima di granito! Autostima di granito!”), il Generale mi disse: - Forza, vieni che finisco di sistemarti.

Mi avvicinai e lo vidi trafficare su una mensola, borbottando qualcosa tra sé.

- Di che colore hai gli occhi? - mi chiese senza voltarsi.

- Verdi. - borbottai. Guardandolo meglio, mi accorsi che stava scegliendo i trucchi più adatti a me. Non sapevo se ridere per il fatto che un uomo come lui avesse millemila trucchi nel suo ufficio o se per il fatto che, probabilmente, era molto più bravo di me ad usarli.

Mi fece togliere gli occhiali e cominciò a passarmi dell’ombretto sugli occhi. Riflettendo, non era poi tanto strano che lui sapesse truccarsi. D’altronde, se era davvero un mago dei travestimenti, qualcosa sulla faccia per mascherarsi doveva metterselo.

Appena ebbe finito, mi fece guardare allo specchio. Restai sorpresa: ero davvero bellissima.

- Sei bravissimo… - dissi con un filo di voce.

- Modestamente. - ridacchiò lui.

In quel momento sentimmo bussare alla porta: si trattava di Giovanni, che era venuto a vedere come procedeva il lavoro. Sembrò soddisfatto di vedermi in uniforme.

- Perfetto, Maxus. Ora insegna alla nostra… giovane recluta a lavorare. Conto su di te.

Da come aveva detto “giovane recluta” avevo capito che sospettava qualcosa.

- Certamente, capo! - esclamò Maxus mettendosi sull’attenti mentre Giovanni usciva. Poi si rivolse a me.

- Allora, come sei messa? Hai mai rubato?

- Ehm, in realtà no…

- Nessun problema, ti insegno io.

E, detto ciò, mi condusse fuori dalla Base, nell’assolata Mogania. Mi sentivo al centro degli sguardi di tutti gli Allenatori maschi con quegli abiti.

- Per prima cosa - iniziò Maxus con fare da professore - andremo al Centro Pokémon. Lì rubare è molto facile. Ma guarda che devo insegnare ad una ragazzina, mica ad una corda di violino!

Mi accorsi che ero davvero tesissima. In effetti, sembravo proprio una corda di violino. Lanciai un’occhiataccia a Maxus, che tuttavia non si lasciò intimidire.

Arrivammo sul retro del Centro Pokémon. Maxus, dopo aver controllato da una finestra che non ci fosse nessuno, scassinò la porta secondaria e mi fece entrare in un dubbio slancio di galanteria.

- Ora tu prendi più Ball che puoi e me le porti. Ok?

- Ok. - risposi, un po’ preoccupata. Un giorno avrei trovato il modo di riscattare l’azione che stavo per compiere.

Cominciai ad afferrare le Ball a caso, cercando di non guardarle. Dentro di me, chiedevo scusa ai Pokémon che c’erano dentro e ai loro Allenatori. Dopo un tempo che mi parve interminabile, Maxus mi fermò.

- Per oggi può bastare. Ora ce ne andiamo con tutta ca…

In quel momento la porta che dava sulla hall del Centro Pokémon si aprì.

- In tutta velocità! - Si corresse il Generale, afferrandomi per un braccio e iniziando a correre.

Finimmo la nostra corsa poco fuori Mogania, all’entrata del Monte Scodella. Lì, mentre riprendevo fiato, Maxus mi chiese: - Allora, com’è andata? Ti è piaciuto?

- Riportami alla base. - sibilai io per tutta risposta.

- Come vuoi… seguimi.

Entrammo con mia grande sorpresa nel Monte Scodella, da cui (mi spiegò il Generale) c’era un passaggio diretto per la Base.

Spostato con l’ausilio di Forza un grande masso, ci ritrovammo in un lungo corridoio da cui si diramavano altri corridoi secondari. Il tutto dava l’impressione di essere un complesso labirinto.

- Ora, cara la mia corda di violino, stami vicina, altrimenti rischi di perderti.

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO AUTRICE

Salve a tutti! Eh, sì, ho aggiornato in ritardissimo. Chiedo scusa a tutti quanti! Beh, spero che comunque la storia vi piaccia. Eh, sì, il capitolo è più lungo del solito.

Alla prossima!

Sakichan

 

 

 

   
 
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