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Autore: Cesja    08/07/2014    2 recensioni
"Dallo squarcio non usciva sangue, fuggivano scheletri deformati, urlanti, che volevano risucchiarmi nelle loro orbite vuote. [...] La Luna era come neve, candida e terribile. Sembrava una bocca increspata in un sorriso beffardo, di scherno."
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I passi si allontanavano lentamente, ce l’avevo fatta! Mi coricai sulla morbida coperta e chiusi gli occhi, le orecchie sempre vigili, pronte a cogliere ogni singolo rumore.
Avevo ancora i palmi sporchi del rossetto di Nancy, li strofinai contro la moquette… Nulla. Quel sangue sporco e cremoso era ancora lì, ma tutto il resto era cambiato. Guerrieri, spade, una ferita nel mio ventre. Dallo squarcio non usciva sangue, fuggivano scheletri deformati, urlanti, che volevano risucchiarmi nelle loro orbite vuote. Poi caddero, come cristallo andarono in frantumi, come il vecchio vaso di ceramica contenente i trucchi di Nancy.
Guardai verso l’alto, il soffitto era sparito, una volta celeste era apparsa.
La Luna era come neve, candida e terribile. Sembrava una bocca increspata in un sorriso beffardo, di scherno.
Non ero un lupo eppure capivo, sapevo il motivo per cui quell’animale ululava alla Luna piena. Aveva paura.
Al diavolo le spiegazioni scientifiche!
La scena cambiò ancora; davanti a me c’era una porta di legno, chiusa, senza muri attorno. Dovevo oltrepassarla, ma una forza superiore mi impediva di aggirarla, un divieto divino.
Dio dopo tutto questo tempo non aveva ancora perdonato la mia specie. Gli alleati di Satana.
Eravamo considerati ancor peggio dei diavoli, angeli che avevano tradito il loro Dio per egoismo e brama di potere. Feci una smorfia. C’era davvero qualcuno che mi odiava in fondo. Anche se avevo fatto arrabbiare Nancy mille volte lei mi perdonava sempre… E sorrideva.
Il mondo roteò attorno a me.
La vidi sotto alla ghigliottina, rabbrividì.
Gli arti, tremanti per la paura, incapaci di reggere il mio peso.
La folla che urlava: -A morte!-.
Il mio era un sussurro lontano, di protesta, ma nessuno poteva udirmi.
La lama si abbassò, un ghigno sotto il cappuccio del boia.
La testa di Nancy venne tagliata di netto; notai con gelida emozione che il suo ultimo sorriso era stato rivolto a me.
Ero piena di una rabbia indomabile, cieca.
Saltai addosso all’aguzzino della mia Nancy e cercai di fargli male, ma questo si dissolse in un fruscio di vesti.
Andai accanto alla testa mozzata, la folla era scomparsa.
Vidi che, incastrata fra i suoi capelli, c'era una vecchia chiave arrugginita.
La tolsi con delicatezza, sapevo cosa apriva.
Ma la porta, sua padrona, era sparita.
Ritornai ad osservare Nancy... O meglio, ciò che ne rimaneva.
I suoi occhi erano ribaltati, quei meravigliosi globi grigi non sarebbero più stati visti da nessuno. La bocca era ancora aperta in un sorriso pallido, flebile, come nebbia che si sarebbe dissolta al primo tocco. Provai ad accarezzarla ma le provocai lunghi graffi sulla guancia.
Avrei pianto, se solo ci fossi riuscita.
Socchiusi gli occhi e tutto cambiò... Ero in una sala da ballo e qualcuno stava suonando qualcosa, mi avvicinai ad un pianoforte e scrutai il musicista: era uno scheletro, ma lo conoscevo, aveva i lineamenti e le proporzioni della mia piccola Nancy.
Lei adorava suonare “Fur Elise”, di Beethoven, lo avrebbe fatto per l'eternità, anche da morta.
M'insinuai nella cordiera dorata del pianoforte, attenta a non toccare i fili metallici, come sempre. Eppure questa volta c'era un dettaglio differente sulla cassa armonica, una minuscola serratura nera. Senza rendermene conto vi infilai la chiave e la girai nella toppa. Tutto si dissolse e tornai davanti a quella porta.
Feci scattare la serratura e girai la maniglia, era fredda.
L'uscio si aprì rivelando la presenza di una figura nera, ombrosa e terribile. Questa tese una mano verso di me e...
Passi nel corridoio, una serratura che scatta. Mi strinsi nelle coperte con la paura nel sangue.
Una ragazza entrò ed accese la luce, la lampadina sfrigolò.
-Rosy sei qui!- disse Nancy con un sorriso.
-Ti ho cercata ovunque...- continuò.
-Ma che hai? Sembri... Impaurita- chiese con un velo di preoccupazione.
Piegai la testa di lato...
-So che hai dormito stupidotta ma... Non pensavo che anche i gatti avessero gli incubi!-.
Avrei tanto voluto urlarle contro ma mi uscì solo: -Mau-. Ero offesa.
I miei occhi gialli lampeggiarono, drizzai il pelo nero e rizzai la coda.
Mi rimisi a correre per la casa con stizza, la zampa ancora sporca di rossetto.

   
 
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