Una linea dritta, sfumata da un'aurora tinta d'argento: Emma restò immobile a fissarla per giorni interi, chiedendosi dove nascesse il confine tra cielo e mare.
Sedette su un cuscino fatto di fumo, fra le spire voluttuose del Suo respiro.
Per tutto il tempo, Lui rimase ad aspettarla cavalcando la linea dell'oceano. Continuò a fumare un sigaro dall'aroma speziato, fissandola dal basso.
Attese.
Ritardò la caduta, pregustandola come il più prodigioso dei miracoli.
Lei, dall'alto del proprio scranno profumato di zenzero, trattenne l'innocenza a fondo nel petto. Non poté sapere. Restò in bilico tra cielo a mare, disegnando l'orizzonte con l'indice proteso. Non guardò mai in basso; Lui non glielo avrebbe permesso.
Ritardò la caduta, pregustandola come il più prodigioso dei miracoli.
Lei, dall'alto del proprio scranno profumato di zenzero, trattenne l'innocenza a fondo nel petto. Non poté sapere. Restò in bilico tra cielo a mare, disegnando l'orizzonte con l'indice proteso. Non guardò mai in basso; Lui non glielo avrebbe permesso.
Si risvegliò in un nuovo mattino con
l'indice perso nel vuoto, la testa pesante come piombo e l'odore
della salsedine ancora fra i capelli aggrovigliati.
Fedele,
silenzioso, placido.
Lui
si nascose fra le ombre dei suoi
rimorsi.
Fronteggiò
la prima a mani nude, dopo
averla rincorsa per chilometri: aveva la forma di una fiera maestosa,
ruggiva del suono sconcertante del silenzio ed era fatta della
materia densissima degli incubi.
Quando
la bestia gli fu addosso,
contrasse sulle sue carni fauci fameliche, spillando sangue come se
bevesse miele.
Lui rise.
Rise a lungo, nutrendo quell'ombra e stringendola forte. Dissanguando piano.
Lui rise.
Rise a lungo, nutrendo quell'ombra e stringendola forte. Dissanguando piano.
La
cinse nell'abbraccio degno del più
geloso amante, lasciando che la vita gli scivolasse fra le dita. E
quando il suo corpo si accasciò inerme sotto l'animale
possente
fatto di buio, lui fu sangue.
Fu
sangue scuro, fu sangue vivissimo.
Colmò le vene di quell'abominio, fluì impetuoso.
Con
l'eleganza dell'acqua.
Ne
abbracciò le viscere, irrorò le
membra, ne cinse il cuore. E strinse forte.
Strinse forte da star male.
Esplose in un trionfo di carne e nero, logorò la bestia che fu cenere e nulla.
E, come sangue, tornò a fluire. Si insinuò negli occhi del suo vecchio cadavere: due lacrime lunghissime che scorrevano al contrario.
Tornò a casa: scendendo lungo il collo, si insediò nel petto.
E si rialzò col respiro corto e le lenzuola aggrovigliate fra le ginocchia, rinascendo a nuova vita.
Note autore: nel mio immaginario, c'è un casino inestricabile.
Commenti, critiche, recensioni sono sempre bene accetti.
Un abbraccio.