Videogiochi > Neverwinter
Segui la storia  |      
Autore: Okami FoxGrin    09/07/2014    0 recensioni
[Neverwinter]
Nelle terre di Neverwinter sta accadendo un'enorme catastrofe; dopo un Cataclisma Magico di proporzioni enormi, la Regina Valindra ed il suo esercito di Non-Morti decide di conquistare tutte le città del mondo. Toccherà a Yami, una giovane Drow scampata alla morte innumerevoli volte, tentare di sconfiggere Valindra e il suo esercito portando la pace a Neverwinter, accompagnata da altri valorosi guerrieri che si uniranno alla sua epica avventura.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era una giornata particolarmente clemente, su quel piccolo tratto di mare che separava due zone ben distinte della terra di Neverwinter; il sole irradiava tutto ciò che era a lui sottostante, illuminando di un bagliore intenso le onde che si scagliavano l’una contro l’altra con incredibile potenza. Una nave stava esplorando quella zona, diretta all’altra sponda di Neverwinter, e Yami si stava godendo quell’aria marina, perfettamente in equilibrio sul muso dell’imbarcazione, mentre una leggera brezza dall’odore salmastro le faceva ondeggiare i capelli argentei, lunghi fino alle spalle, la pelle che rabbrividiva solo sentendo la freschezza di quell’aria unita al tepore dei raggi solari. Solo il mare riusciva a donarle quella sensazione piacevole che le ricordava la sua infanzia, trascorsa sulle spiagge dell’isola dove abitava assieme alla sua famiglia. Quest’ultima decise di trasferirsi così da poter offrire a tutti i componenti prospettive di vita migliori, includendo anche il fatto che sull’isola era appena scoppiata una tremenda carestia che costrinse non solo i civili ma anche il piccolo esercito di zona a prendere la prima imbarcazione e trasferirsi sull’altra sponda.
La famiglia di Yami, composta dal padre Sorath, la madre Hitak e la sorella-gemella Ekle, appartenenti alla discendenza Slayrek, era della razza Drow, una razza derivante dagli elfi ma che traeva origine dall’oscurità. Infatti i discendenti di questa sotto categoria di elfi avevano caratteristiche simili ad essi, quali le lunghe orecchie a punta e l’alta statura, ma avevano  altre caratteristiche che la resero una specie unica; i Drow, al contrario degli Elfi, avevano la pelle scura con sfumature rosse e viola tendenti al grigio scuro, i capelli chiarissimi con, in alcuni casi, un’appena accennata nota di colore e gli occhi, che spesso (come in Yami ed Ekle) erano rossicci con un accenno di viola. Molti dei Drow, poi, sono rimasti nascosti nelle tenebre, divorati da queste fino nell’animo, alleati con la perfida regina Valindra, governatrice assoluta dei non-morti, tranne alcuni ribelli (quali i genitori delle due giovani) che si opposero all’oscurità, scappando per sempre da quest’ultima, e ciò a Valindra non piacque affatto.
Mentre Yami era immersa nei suoi pensieri, Ekle era adagiata comodamente su una sedia di fianco alla sorella, mezza addormentata, a godersi il sole come una lucertola in piena estate e cullata dai movimenti della nave, sospinta  dalle onde. Entrambe le ragazze avevano tredici anni, con una sola ora di differenza l’una dall’altra (Yami era la prima nascitura) ed erano perfettamente uguali, se non fosse per l’acconciatura dei capelli e, in parte, nel colore di questi. Yami aveva i capelli argentei lunghi fino alle spalle, una zazzera in parte disordinata con qualche ciocca ribelle che non stava in ordine assieme alle altre, in particolar modo nella frangia; Ekle, invece, aveva i capelli marroncini (sempre tendenti al grigio) cortissimi, quasi come un maschio, disordinati quasi come quelli della sorella e che lasciavano scoperte entrambe le orecchie a punta. Per il resto erano uguali in tutto e per tutto, carattere escluso ovviamente.
«Yami…» sussurrò annoiata Ekle, senza ricevere risposta.
«Yami.»  ripeté, alzando leggermente il tono della voce, ma ancora una volta non ricevette risposta; la ragazza era completamente immersa nei meandri della sua mente, assorta nei suoi più profondi pensieri, ad occhi chiusi e a braccia aperte come se stesse volando.
«YAMI! INSOMMA, TI VUOI SVEGLIARE!? E poi dici che l’addormentata sono io!» gridò spazientita la più giovane, mentre due anziani signori che passeggiavano in quel lato della nave presero ad osservare le due sorelle con sguardi pieni di disapprovazione, borbottando qualcosa simile a “I giovani d’oggi, così rumorosi”. Finalmente ricevette risposta.
«Cosa c’è, Ekle?» rispose Yami, tornata sulla terraferma e girando la testa per guardare in faccia la sorella.
«Mi annoio… E’ da ore che viaggiamo e ancora non siamo arrivati. Riesci a vedere qualcosa da laggiù?»
Yami subito si slanciò in avanti, mettendo tutto il suo peso sul ginocchio sinistro, gli occhi ridotti a due fessure e lo sguardo vigile, posato su un punto indistinto dell’orizzonte, come un’aquila alla ricerca della sue preda.
«Allora?» chiese Ekle dopo qualche minuto «Trovato niente? Vedi qualcosa?»
«No…» rispose mestamente l’altra ragazza «Non vedo ancora nien-» ma si bloccò di colpo vedendo in lontananza una sottile striscia scura estendersi all’orizzonte.
«Ekle, ci siamo!» gridò, entusiasta, ritornando dalla sorella, anch’ella gioiosa con un sorriso raggiante stampato in volto. Entrambe erano eccitatissime di poter finalmente scendere e cominciare una nuova avventura in una terra completamente diversa da quella dov’erano cresciute.
La mezz’ora che seguì la trascorsero parlando del più e del meno, ridendo e scherzando, ma poi, quando furono lontane meno di un chilometro dalla spiaggia, qualcosa catturò la loro attenzione, qualcosa che volava in alto nel cielo… Le ragazze si avvicinarono ancora di più alla punta dell’imbarcazione, sporgendosi dalla ringhiera che impediva loro di cadere in mare e per poco non riuscirono a credere a quel che vedevano, più di una volta si erano tirate un pizzicotto a vicenda per assicurarsi di non stare sognando.
«E-Ekle…» disse balbettando la prima, sgranando gli occhi.
«Y-Yami… Non stiamo sognando,v-vero?»
«N-no… Quello è un drago in carne ed ossa.»
Infatti, quello che catturò l’attenzione delle due sorelle non era altro che un drago. Essendo leggermente distanti non riuscirono a vedere appieno tutti i particolari, potevano solo vedere che era completamente bianco, fatta eccezione per una chiazza blu sul petto. Appena furono poco più vicini i dettagli si fecero pù nitidi: era interamente fatto d’ossa, bianche e lucide come se fossero nuove di zecca, e il bagliore celeste era dato da una fiamma blu cobalto che risplendeva sotto la cassa toracica.
«Ekle, vai a chiamare mamma e papà! Dobbiamo assolutamente mostrarglielo!» gridò Yami eccitata e la sorella non se lo fece ripetere due volte. Corse subito verso la cabina dov’era sicura di trovarci i genitori, urtando di tanto in tanto qualche civile al suo passaggio. Era palese che solo loro due, al momento, avessero visto la creatura alata.
«Mamma, papà! Venite!» gridò Ekle, spalancando la porta, ansimante per la lunga corsa. Seduti su un letto la osservavano Hitak e Sorath, sorpresi di vedere la figlia così allegra dopo averla vista per ore con un’espressione tanto triste e malinconica. Il padre, Sorath, era un Drow alto, giovane e snello, coi capelli lunghi e argentei raccolti in una coda. La madre, Hitak, era un pochino più bassa e portava i capelli (del medesimo colore del marito) raccolti in una lunga treccia.
«Cosa succede, Ekle? E dov’è Yami?» chiese la donna, sorridendo appena. Anche l’uomo fece lo stesso.
«C’è un enorme drago bianco fatto d’ossa che sta volando poco lontano da noi, venite a vedere! Un drago, un drago! Yami è sulla punta della nave che lo sta osservando! »
Il sorriso sul volto di entrambi i genitori si spense poco a poco, tramutandosi in un’espressione colma di preoccupazione e terrore. Ekle li guardava spaesati.
«Hitak, prendi Ekle e portala al sicuro nella stiva! Io vado a prendere Yami!» gridò Sorath, e la donna annuì come risposta, senza aggiungere altro, prendendo la giovane per un braccio e correndo in direzione opposta a quella dell’uomo, che in un attimo si ritrovò sul ponte vicino alla punta della nave. Impallidì, alla vista di quel mostro che ruggiva in modo terrificante che volava esattamente sopra di loro, mentre una serie di urla e di grida disperate si erano levate fra tutti i civili della nave e i soldati si preparavano per quella che sarebbe stata una battaglia disperata. Come potevano abbattere un drago levato alto nel cielo, loro che erano impotenti su una barca?
«Yami! Yami!» gridò, cercando con lo sguardo la figlia, dispersa nella mischia.
«YAMI!»
«Papà!» la piccola, che era riuscita a sgusciare agilmente tra una persona e l’altra, si ritrovava ora fra le braccia del padre, in lacrime. «Perché ci attacca?! Noi cosa abbiamo fatto?!»
«Te lo spiego dopo, Yami! Adesso seguimi!» gridò Sorath prendendo la giovane in braccio e correndo assieme agli altri civili nella stiva.
Una volta raggiunta tutta la famiglia si era ritrovata in un angolino buio e lontano dagli altri, con entrambe le ragazzine in lacrime, terrorizzate dalla paura.
«Mamma, papà…! Perché a noi…? Cosa abbiamo fatto…?!» balbettarono le due gemelle tra un singhiozzo e l’altro, in preda alle lacrime.
«Noi non abbiamo fatto nulla…» rispose Sorath, stringendo la moglie e le figlie a sé.
«Allora perché ci attacca?!» strillò Ekle, prendendo a singhiozzare e a tirare su con il naso.
«Lui… Lui è Dracolich, il drago della perfida regina Valindra. Sapete, la donna d cui io e vostra madre vi abbiamo tanto parlato? Quella che ci costrinse, quasi, ad entrare nel suo esercito oscuro?»
«S-sì ma… Perché ce l’ha tanto con noi…?» continuò Yami.
«Lei ce l’ha con tutti… Probabilmente adesso ha mandato Dracolich a distruggere questa nave perché contiene l’esercito dell’isola e vuole disintegrarlo, ma non si fa scrupoli anche ad uccidere i civili: lei odia i viventi, tranne se questi non si alleano al suo esercito… E questo equivarrebbe a perdere l’anima.» anche Sorath si fece scappare un singhiozzo, mentre una piccola lacrima gli solcava le guance. Un ruggito raggelante rimbombò per tutta la stiva e subito dopo metà del lato Nord (il lato opposto a quello dove stava la famiglia) venne spazzato via da un raggio di luce viola. Il gigantesco drago scheletro si appoggiò ad ali spiegate sui relitti del lato Nord, osservando con le sue cavità vuote i sopravvissuti del lato Sud, che stava ancora a galla. Sopra di lui troneggiava una donna all’apparenza giovane, i capelli chiarissimi e la pelle cadaverica, con un ghigno divertito stampato sulle labbra: Valindra.
Per un attimo Yami incrociò il suo sguardo: uno sguardo pieno di odio e rancore nei confronti dei vivi. Il drago ruggì nuovamente, lanciando un altro raggio viola dalla bocca. Sorath e Hitak si misero davanti alle figlie dando le spalle al raggio, con l’intenzione di proteggerle.
Ci fu un terribile boato con successiva esplosione, poi un’accecante luce bianca, poi il buio totale… Il nulla.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Neverwinter / Vai alla pagina dell'autore: Okami FoxGrin