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Autore: MyuDamage    09/07/2014    4 recensioni
[Star Ocean]
"Lei lo capiva, comprendeva nel profondo il senso di devastazione che si prova quando si perde qualcuno di caro e si è ancora vivi per raccontarlo, la considerava una sorta di maledizione: lui muore e tu vivi, così soffri per due."
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dava la colpa all'alcool, dicendosi che tutto era cominciato lì.
Sapeva che non era vero.


Portando una mano a contatto con i capelli di Arumat e sfregando le sue lunghe ciocche lisce e grigie tra le dita, il respiro le stava diventando sempre più corto, scemando lentamente, fino a diventare quasi un soffio.
Myuria non doveva andarci a letto, era sposata e suo marito era morto. Quale umiliazione peggiore di questa, per un marito deceduto?
Non poteva cedere così, non le era concesso farlo, ma lei stava male.
Lo status di silenzio in cui l'aveva portata l'ultimo Grigori non era ancora cessato, e, sebbene prendesse tutti i provvedimenti che conosceva per rimuoverlo, esso non accennava a sparire.
Senza poter usare la sua simbologia, ciò che in battaglia le erano concesse erano solo delle semplici bastonate.
"Decisamente di grande aiuto", pensava, e per quel maledetto status lei si sentiva inutile: come poteva guardare i suoi compagni rischiare la vita e non fare nulla?

In più, oltre ai problemi che si erano creati nei tempi più recenti, c'erano i ricordi.
E tutti sanno che i ricordi fanno male.
La figura di Lucien, suo marito, la tormentava  ogni notte e ogni giorno, in ogni minuto della giornata.
La disperazione, il baratro in cui era finita dopo la sua morte, la vendetta che aveva giurato a sé stessa di portare a termine e il dolore nel sapere che suo marito si era sacrificato per salvarla, rendendo ovviamente la sua vendetta priva di fondamento, se non verso sé stessa, la stavano distruggendo dall'interno.
Si sentiva uno schifo, uno scarto, un'insulsa simbologista di basso rango e una moglie indecente. 

Aveva trovato conforto nell'alcool, successivamente alla sua aggiunta sulla nave spaziale Calnus, poiché ogni giorno si trovava al bar della nave a finire qualche bottiglia di Rum fino all'ultima goccia.
E Arumat era sempre lì.

Era molto silenzioso, riservato, scontroso, non parlava con nessuno e, quelle poche volte in cui lo faceva, le sue parole erano chiari riferimenti al fatto che non gli importasse nulla della conversazione.
In altre circostanze avrebbe odiato una simile persona dal profondo del suo cuore.
...In altre circostanze.

La prima volta che si parlarono, come si parla ad un amico e non ad un conoscente, Myuria aveva fatto notare all'uomo quanto strana fosse la sua falce; di quel tipo, non ne aveva mai viste prima in giro.
Era appena brilla, non ubriaca e non sobria, quando dialogò con l'eldariano, e non si rese conto immediatamente di aver cercato di parlare ad un muro, ma, a differenza di ciò che pensava, l'uomo le spiegò del motivo per il quale la sua falce aveva quattro lame laser che si azionavano solamente se era lui ad usarla.

Non si sarebbe mai immaginata che le parlasse senza mostrare la sua freddezza, anzi, mentre le parlava, le si avvicinava camminando.
Non era una vicinanza da far paura, ovviamente, ma il gesto l'aveva spiazzata.
Chissà che Arumat non avesse compreso il bisogno della donna di sfogarsi in qualsiasi modo.

Trangugiando l'ennesimo bicchiere di Rum (le cui scorte non finivano mai, per sua fortuna), Myuria si era lasciata  trasportare dalla conversazione e aveva incominciato a tempestare di domande l'eldariano: il perché della cicatrice sul viso, il suo incontro con Crowe, il suo pianeta natale, la vita su Eldar...
Non si era nemmeno resa conto, dopo la prima domanda, che Arumat le rispondeva senza porsi troppe questioni, assecondandola nelle risposte.
Sembrava quasi volesse fare lui per primo una conversazione, tanto che arrivò al punto di raccontarle della sua malattia e delle modifiche al proprio corpo.
La malattia di cui soffriva non aveva cura, e lui non poteva scapparvi per sempre, così decise di far apportare modifiche al proprio fisico, e le scelte erano due: vivere o morire.
Una vita monotona, nella quale il massimo che si poteva fare era alzarsi dal letto per andare al bagno, gli avrebbe permesso di vivere cinque o forse sei anni di più, mentre una vita spesa nel combattimento avrebbe dato maggiore forza al suo corpo ma lo avrebbe poi stroncato più velocemente.
Da guerriero quale era, ad Arumat non importava minimamente della vita, mentre la vendetta per i suoi fratelli eldariani caduti in guerra era qualcosa alla quale non si potevano voltare le spalle.

Lei lo capiva, comprendeva nel profondo il senso di devastazione che si prova quando si perde qualcuno di caro e si è ancora vivi per raccontarlo, la considerava una sorta di maledizione: lui muore e tu vivi, così soffri per due.
Avrebbe dato la vita per impedire a suo marito di sacrificarsi al posto suo, avrebbe pagato per quell'errore madornale che era stato fidarsi della parola di Lucien.
"Ci salveremo!" le aveva detto, ma il suo piano comprendeva una sola superstite: Myuria.
Dio, se solo fosse stato in vita, probabilmente lo avrebbe preso a schiaffi per delle ore, gridandogli contro, urlando, sbraitando..... Tutto ciò che non le era permesso fare perché era morto.

E per tenere a freno quei bollenti spiriti che la notte non la lasciavano riposare serenamente, riempiendola di incubi, si immergeva completamente negli alcoolici.
"L'alcool non fa dimenticare" si ripeteva in continuazione, "ma ti fa pensare ad altro. I problemi che hai, rimangono, ma quando bevi non li hai più in mente".
Che bel modo di pensare ad altro.


E Arumat allora? Lui cosa c'entrava?
Semplicemente, quell'eldariano la completava come nessuno ci era mai riuscito prima.
Non era premuroso, attento a lei, geloso...
Non gli interessavano quelle cose, almeno, così credeva.
Lui non le chiedeva nulla, non tentava di consolarla, non le diceva parole di conforto, non la calmava.
Arumat le dava quello di cui aveva bisogno senza che lei lo chiedesse: uno sfogo.

E così era finita, la prima volta che i loro corpi si incontrarono: in uno sfogo dopo l'alcool.
Silenziosamente, i due si erano avvinghiati l'un l'altro, disprezzandosi e cercandosi a vicenda come due innamorati che si disgustano, e avevano dato il via libera alle emozioni che entrambi tenevano represse dentro all'anima.

Il fatto che fosse ciò che di più rappresentava il simbolo della guerra, del ripudio, dell'onore, era una calamita per la simbologista di En II.
Si rese conto solo con il tempo che aveva smesso di pensare a Lucien, di vederlo nei sogni e di accarezzarlo con lo stesso amore con il quale un bimbo accarezza il proprio cucciolo.
Myuria pensava solo ad Arumat.
Fino a quando tutto finì. 

Un insetto gigante, la spada di Edge - il capitano della nave Calnus - che affondava tra gli occhi del mutante, le freccie di Reimi che volavano da una parte all'altra del campo di battaglia, lasciando dietro di loro scintille rosse e gialle e blu che ricadevano sul terreno, infrangendosi e sparendo, il caos che regnava sovrano nella battaglia, il corpo di Arumat steso a terra, tra le sue braccia, la testa stesa sulle sue gambe e la mano che accarezzava dolcemente il volto di Myuria, per poi cadere senza vita accanto al suo corpo.

Mentre le lacrime della ragazza scendevano dal suo viso fino a quello di Arumat, la sua ora era arrivata.
   
 
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