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Autore: a_marya    09/07/2014    0 recensioni
Alexis ha una missione da compiere, affidatagli dal padre naturale: recuperare i capitoli di una storia scritta dallo stesso, prima che fosse assassinato. Quella storia, infatti, contiene informazioni preziose che qualcun altro, da qualche parte nel mondo, intende usare per smascherare l'Organizzazione, un gruppo di fanatici responsabili di molti omicidi, tra cui quello del padre di Alexis. Ma recuperare quelle pagine è tutt'altro che semplice: con l'Organizzazione sulle sue tracce, Alexis deve fare di tutto per restare nell'ombra, se vuole proteggere se stessa e coloro che le vogliono bene. Ma restare nell'ombra non sarà più possibile, quando l'enigmatico Alex e il brillante Giulio entreranno a far parte della sua vita e allora non le resterà che lottare per difendere se stessa e la memoria dei suoi genitori naturali...
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Con un sospiro, smetto di scrivere e mi avvicino alla finestra, stringendomi le braccia e fissando il mare davanti a me.
Chissà se davvero scriverlo e testimoniare, bianco su nero, il terrore che quella minaccia mi ha ispirato anche a distanza di anni, riuscirà ad allentare un po’ la morsa del suo potere, meglio di quanto abbia fatto vedere i miei figli crescere sani e felici.
In tutti questi anni sia io che mio marito ci siamo dannati per potergli assicurare tutta la felicità che potevamo dargli, per proteggerli dal male che abbiamo conosciuto. Da buona madre ho fatto tutto ciò che era in mio potere per assicurare loro quella serenità e quella fiducia nella vita che a me è stata negata per troppo tempo.
E tuttavia nessuna di queste cose è riuscita a scacciare quell’ombra che il Cardinale, con le sue ultime parole di odio, è riuscito a buttare sul mio futuro e soprattutto su quello dei miei figli.
A differenza di Richelieu, non sono mai riuscita a liberarmi del peso di quelle che comunque considererò sempre come mie colpe, nonostante le rassicurazioni di mio marito e dei miei genitori, e ho sempre temuto il giorno in cui sarò chiamata a rispondere di tutte le decisioni che ho preso e gli errori che ho fatto.
Spero davvero con tutto il cuore che la misericordia di Dio sia più grande di quella degli uomini, più grande di quella che io stesso ho saputo accordarmi ma non per me, per i miei figli. Perché loro non debbano conoscere quello che ho conosciuto io, perché non debbano pagare per colpe che non hanno commesso, come ho fatto io invece, sacrificando la mia vita e i miei affetti per quello che Richelieu e altri intorno a me avevano fatto, prima ancora che io nascessi. Ma spero che ci vorrà ancora molto tempo fino a quando arriverà il momento dell’ultimo giudizio e intanto non posso che sperare e pregare.
La mia consolazione per il momento, è che da quando Richelieu è morto e il mondo è salvo, le cose sono sempre andate bene per me e la mia famiglia e la vita burrascosa che avevo condotto come Alexis Bledell si è trasformata in una pacifica esistenza, circondata dall’affetto della famiglia e dalle tranquille soddisfazioni della vita di una cercatrice di opere d’arte. Non potrebbe essere un segno della benevolenza divina? Il segno che i miei errori sono stati perdonati, almeno in parte, e che la maledizione è stata cancellata dalla sofferenza e dal pentimento per quelle morti e quei peccati?
Forse anche Dio segue un principio molto terrestre che ripete spesso mio marito: quando la persona è zero, l’offesa è nulla. Varrà anche per le maledizioni?
Alla fine mi strappo dai miei pensieri bui e decido di tornare a scrivere prima di cominciare a preparare il pranzo. Ormai manca poco, tanto vale togliersi il pensiero. Il problema è che parlare dei funerali mi angoscia sempre tanto, troppo, forse anche perché avevo dovuto aspettare così tanto per dare una degna sepoltura a tutti i miei amici che quella breve, semplice funzione religiosa mi sembrò un modo triste per dare l’addio definitivo. Forse per questo pensare a quei riti arrivati troppo tardi mi sconvolge ancora adesso.
E il funerale di Alex poi…
 

 
 
Do un’occhiata in giro per la stanza per essere certa di non aver dimenticato nulla, quindi mi chiudo la porta alle spalle e mi siedo in macchina, sul sedile posteriore accanto alla mamma.
Mentre papà mette in moto mi aggiusto gli occhiali da sole sul viso. L’ho detto io che erano troppo grandi per il mio viso. Speriamo almeno che nascondano la mia espressione alla folla, perché non mi è mai piaciuto farmi vedere mentre piango e questo la mamma lo sa.
- Sono molte le persone? – domando per spezzare un po’ l’innaturale silenzio.
So che lo fanno per rispetto al mio dolore, soprattutto, ma il silenzio è l’ultima cosa di cui ho bisogno ora.
- Più di quante ce ne aspettavamo – mi risponde la mamma, senza sostanzialmente dire nulla.
Che vorrebbe dire? Quante ce ne aspettavamo?
Per fortuna comunque il tragitto fino alla chiesa è breve e posso constatare direttamente con i miei occhi cosa intendesse dire con “più”.
Decine di più. Ci saranno almeno un centinaio di persone fuori dall’immensa cattedrale e questo mi fa solo immaginare quanta gente deve essere assiepata all’interno.
Per un momento mi viene l’insano pensiero di voltarmi e scappare, fuggire da quella massa soffocante di corpi che piangeranno solo per convenzione, senza capire minimamente il sacrificio che si concluderà con questa cerimonia.
Ma poi prendo un bel respiro e scendo dall’auto, decisa ad affrontare quell’ultimo atto della mia vecchia vita.
Aspetto che anche la mamma sia arrivata al mio fianco, poi insieme ci avviamo verso l’enorme portone spalancato, facendoci largo a fatica tra la gente che si ostina a restare sul piazzale anche se non vedrà nulla della funzione.
Solo dopo quasi un quarto d’ora raggiungiamo i nostri posti quasi davanti all’altare, dove Riley e Lucas ci hanno tenuto il posto. Era importante per me guardare le scatole di legno per convincermi che è davvero finita.
Ora che siamo certe di non perdere l’inizio della cerimonia, mi concedo qualche rapida occhiata intorno a me.
La cattedrale è enorme, gremita e scandalosamente sfarzosa. Di certo non si accorda affatto al dolore e al rimpianto, con tutto questo dorato e marmo e legno pregiato intorno a noi. Però è anche vero che sembra il posto perfetto per tutti questi uomini in divisa ufficiale, tutti tirati a lucido, stipati a forza nelle camicie inamidate e nelle giacche ricamate, a mettere in bella mostra gradi e onori.
Chi può aver avuto l’idea di trasformare un triste funerale in una parata di agenti della CIA? Di sicuro non Alex. Lui ha sempre odiato l’etichetta, me lo ha ripetuto spesso nei lunghi giorni a casa di Juno…
Eppure qualcuno deve aver mandato un comunicato proprio a tutti. Perfino da qui riesco a vedere le uniformi dei generali e dei capi maggiori. Credo di aver visto anche il Direttore Generale della CIA in persona, ma potrei essermi sbagliata, l’ho visto solo una volta in vita mia.
Pensare al generale però mi fa pensare alle brevi ore subito dopo la sconfitta del Cardinale, quando siamo tornati all’hotel e i dottori mi hanno rimesso in sesto il più possibile. C’erano volute quasi quattro ore per estrarre il proiettile dal punto poco sotto la clavicola dove mi aveva colpita, a un soffio dal cuore. E poi altro tempo per far tornare normale la mia temperatura, dopo tutto quel tempo sotto la pioggia e poi nel lago, e per ricucire le altre ferite.
Anche il mio bambino aveva subito qualche shock di troppo e i medici lo avevano costantemente monitorato mentre mi ripulivano ma alla fine si è dimostrato tenace come la madre ed ora è al sicuro, nella mia pancia che ormai comincia a vedersi appena sotto i vestiti ma non al punto che si capisce che sono incinta. Sembro appena un po’ ingrossata per ora, ma il medico ha detto che non durerà per molto e che probabilmente alla fine sembrerò un dirigibile se il bambino continua a crescere così in fretta.
È stato così bello ascoltare il racconto di come avevano intercettato a fatica il camion con la spedizione dell’erba, di come avevano affrontato le decine di uomini armati che costituivano la scorta. Il Cardinale sapeva che non poteva permettersi di perdere quella consegna e aveva usato tutti gli uomini disponibili per assicurarsi che il camion arrivasse a destinazione. Ma grazie alla bravura di Alex e Riley, non era riuscito nel suo intento e non abbiamo avuto bisogno di cercare il detonatore automatico, perché le cariche non hanno mai raggiunto le cisterne.
È stato anche bello crogiolarsi nel calore di tutti i complimenti dei ragazzi quando Alex e l’altro ragazzo che mi aveva salvata hanno raccontato della mia impresa. Lucas li aveva avvertiti non appena possibile ma ormai era tardi, più del previsto e non erano riusciti ad arrivare prima che cadessi in acqua.
Ricordo con un sorriso tutti i rimproveri e le discussioni tra me e Alex, quando i medici gli avevano assicurato che sia io sia il bambino eravamo salvi. Me ne ha dette di tutti i colori in quei giorni, facendomi sentire a volte in colpa, a volte fortunata, altre terribilmente irritata con lui. Madre snaturata, diceva. Incosciente senza cuore, mi ripeteva.
Ma alla fine non me la sono mai presa più di tanto, perché sapevo che a farlo parlare era solo la paura di perderci entrambi, me lo aveva confidato proprio lui nei brevi momenti in cui la smetteva di rimproverarmi e mi teneva semplicemente stretta tra le braccia.
Il suono dell’argano mi strappa ai miei pensieri e mi rendo conto che la funzione sta cominciando.
Lentamente, i feretri attraversano l’immensa navata fino all’altare, poi vengono posati uno accanto all’altro. Ce ne sono diversi, di diverso tipo, tutti della stessa dimensione. Mi sembra anche giusto, visto che sono stati tutti ugualmente coraggiosi fino alla fine.
Su ogni bara c’è inciso, sul bordo, il nome del corpo celato all’interno. In realtà, la maggior parte di quelle bare sono vuote, solo un simbolo che possa dar pace alle famiglie, perché dei corpi materiali è rimasto poco o niente da mettere nella bara e il pensiero che fossero quelle orribili tracce dei ragazzi che erano stati a rappresentarli oltre la morte, aveva fatto inorridire tutti, così si è raggiunto un compromesso.
Mentre il sacerdote sullo sfondo dei miei pensieri comincia la sua litania, io leggo i vari nomi incisi nel legno e cerco di ricordare i volti e le persone che quelle scatole simboleggiano. Marcus Heller, Richard “Charlie” Monk, Elbert Fifer, Anthony Palmer, Alex Beckett…
Ovviamente non devo sforzarmi per ricordare Alex. Anzi, il suo ricordo è così vivo dentro di me, ad ogni respiro, che spesso mi sono chiesta come ho potuto pensare di non amarlo. Certo, un amore diverso da quello che mi ha legata a Giulio, ma intenso allo stesso modo, solo più devastante.
Estraniandomi ancora di più dalla messa monotona, ritorno con la mente a quando abbiamo fatto la fatidica telefonata ai “piani alti” della CIA per comunicare la fine della minaccia del Cardinale, quando alcuni dei “capi” erano venuti al nostro hotel e tutti insieme abbiamo deciso la strategia da adottare. Cosa dire alla stampa? Cosa dire della morte del Cardinale? Cercare ugualmente il detonatore? Come procedere con tutti gli altri arresti?
Ma soprattutto, cosa fare per i morti?
Ce n’erano stati tanti, purtroppo, e fino a quel momento non avevano potuto avere nemmeno un riconoscimento. Giulio e Terenzio sì, loro erano stati celebrati e osannati dalla stampa e da chi si diceva loro amico, per giorni e giorni. Il loro funerale si era tenuto nella città natale di Terenzio e le loro tombe erano state scavate accanto a quella di Margherita, nel piccolo cimitero cittadino, con tutti gli onori e gli allori riservati ai grandi uomini, perché nessuno, su mia richiesta, conosceva la verità.
Ma tutti gli altri, tutti i ragazzi della squadra di Malone e lo stesso Jack, Linda, Juno, Natalie… per loro nessuno aveva scritto un articolo, nessuno aveva ricordato le gesta. I genitori di Linda erano stati avvertiti ma non avevano ricevuto il corpo per giorni e giorni, con la scusa dei tempi necessari all’autopsia e al trasferimento e lo stesso era accaduto alle famiglie di quei poveri soldati e di Malone, informati della morte ma senza nulla che la provasse, nessuna traccia a cui attaccarsi.  Per Juno e Nat poi, nemmeno c’era stato bisogno di avvertire nessuno, nessuno aveva per lo meno pianto alla loro memoria.
Be’, nessuno a parte me, ovviamente. Io avevo pianto fino allo stremo nei giorni successivi alla loro scomparsa e ancora adesso, a volte, mi sorprendo a ricordare qualcosa di Juno che mi strappa qualche lacrima e un sommesso lamento. Per fortuna anzi, le loro bare non sono qui insieme alle altre oggi.
Per loro, già morti per il mondo da molto tempo, nessuna chiesa, tantomeno una cattedrale, è stata addobbata. Solo una breve messa in loro onore è stata recitata da un amico di mio padre, nel giardino della casa di Juno e lì sono state scavate anche le loro tombe, una accanto all’altra per farli stare uniti almeno nella morte.
Quel giorno non sono riuscita a dire nemmeno una parola in loro memoria perché non riuscivo a smettere di piangere. È stata l’unica volta per cui non mi sono vergognata di farmi vedere in quello stato da qualcun altro, perché non potevo farne a meno. Juno che mi ha dato così tanto, per tutta la sua vita… Nat, che aveva lottato così a lungo per la felicità del marito, col coraggio e la forza di una martire…
Quasi quasi però mi è piaciuto più quel funerale che questo. Quello è stato semplice e adatto al dolore composto e sincero che provavo in quel momento, mi ha permesso di piangere e sfogarmi. Questo è invece solo una parata di maschere, tutte infilate nei loro galloni dorati per mascherare il fatto che non sanno nemmeno come sono morti, o che chi lo sa non ha fatto niente per evitare le loro morti.
A volte sono felice di aver partecipato a tutta la faccenda. Almeno io so perché i miei cari non ci sono più. Mi è capitato di incrociare lo sguardo, durante questa interminabile litania, di alcuni dei parenti dei soldati ed è terribile la pena e la confusione che ho letto nei loro occhi.
Perché sono qui? Come ci è finito mio figlio in quella scatola? Come può non esserci più il suo corpo? Che tipo di morte lo ha sorpreso? Oppure non lo ha sorpreso affatto?
Mi sono sentita terribilmente in colpa con quelle persone e ho distolto lo sguardo. Vorrei tanto potergli spiegare con quale orgoglio dovrebbero pensare ai loro figli, mariti, fratelli eccetera, che significato ha avuto la loro morte per tutto il mondo. Ma non è questo che la CIA ha deciso, perciò ho dovuto restare in silenzio, mentre vuote frasi di circostanza cercano di riempire quel vuoto senza dare nessuna risposta vera.
- Sono stati angeli in terra e da angeli verranno accolti – dice intanto la voce monotona del sacerdote e io spero che sia vero, perché se lo meritano.
Lancio un’occhiata alla bara di Linda, alla fine della fila perché non faceva parte della CIA.
Sono stata io a insistere perché venisse celebrata insieme agli altri, oggi. Per lei sarebbe stato bello sapere di essere ricordata insieme a valorosi agenti, insieme alle parole coraggio, importanza, valore. Non come quel trafiletto sul giornale che qualcuno aveva scritto dopo l’esplosione. Mi è sembrato giusto salutarla con tutti gli onori, perché lei più degli altri mi ha aiutato a scovare il vescovo, facendomi intuire la verità sul progetto chimico.
E soprattutto, è grazie a lei che Alex non è salito sull’aereo che è precipitato ed è potuto essere al mio fianco per combattere il Cardinale. Senza di lui non ce l’avrei mai fatta e di questo non posso che ringraziare Linda. Anche lei è stata un angelo, il più bello e se è vero che un angelo veglia su ogni bambino, spero proprio che sia lei a vegliare sul mio. Sarà una custode formidabile.
- Gli ultimi saranno i primi, ha detto nostro Signore – continua il sacerdote. E cosa centra ora? Devo essermi persa un bel pezzo.
Comunque lo spero proprio anche in questo caso. Ovviamente, dopo la comunicazione della morte del Cardinale, che per il mondo è avvenuta per un malore mentre era nella casa al lago senza che nessuno sappia perché si trovasse nel lago con quel tempo, per quasi una settimana ho dovuto ascoltare i messaggi di cordoglio di tutte le principali autorità, della gente che lui avrebbe aiutato, dei giornali che ne ricordavano le imprese generose.
Non so come ci siano riusciti, ma alla CIA avevano deciso che era molto meglio tenere il Cardinale fuori dall’immenso scandalo che ha colpito decine e decine di importanti uomini della scena politica ed economica su scala mondiale.
In effetti, ognuno di quegli arresti è la mia più grande soddisfazione ed è a quelli che penso quando lo sconforto mi assale, pensando alla triste fine che hanno fatto i miei amici. Ogni volta che mi viene in mente che il Cardinale verrà ricordato da tutti come un santo, ripenso alle facce distorte di tutti quegli altri esaltati che avevano prestato il loro denaro a Richelieu in favore di una causa assurda e insensata, e che ora marciranno per sempre sul fondo di una cella.
L’organo riprende a suonare e, come un automa, mi metto a cantare le parole che leggo dal foglio davanti a me, come tutti intorno a me. Osservo il sacerdote avvicinarsi al microfono e prepararsi per la sua lettura e mi chiedo quale passo sceglieranno. In realtà non so bene che genere di passi si scelgano ai funerali perché non ho mai partecipato ad altri funerali in vita mia. La persona più anziana che conosco è zia Ade ma gode ancora di ottima salute ed è anzi migliorata da quando ha saputo che grazie alla sua festa ho conosciuto il mio futuro marito.
Continuando distrattamente a cantare, mi osservo per la milionesima volta il piccolo diamante che mi brilla al dito. Non riesco ancora a credere di indossare davvero un anello di fidanzamento, ero certa che non sarebbe stata una delle tappe della mia vita.
Invece, quando siamo riusciti a lasciare Roma e tornare finalmente nella mia casa, Alex ha deciso che voleva fare le cose per bene e un pomeriggio è uscito a comprarmi delle medicine ed è tornato con la scatolina rossa di velluto.
L’anello non è per niente spettacolare, anzi è una semplice fascia d’argento con un minuscolo diamante incastonato sopra ma mi ha ugualmente tolto il fiato per diversi secondi, mentre lo osservavo ammutolita, tanto che Alex ha temuto che stessi per svenire.
- Non so se posso accettarlo – gli avevo detto alla fine, sfiorando appena la scatolina, come se potesse mordere.
- Lo accetterai invece. Non mi importa se mi ami o no, ti amo io ed è sufficiente – aveva replicato, serio e tranquillo come se davvero la mia opinione non contasse nulla.
- Ma non puoi semplicemente… - avevo cercato di protestare ma lui mi aveva zittito.
- Ti ho salvato la vita, diverse volte, quindi mi appartieni. E porti in grembo mia figlia, quindi non posso lasciarti andare in giro a cercare di ammazzare entrambe come se niente fosse.
Erano seguite ore e ore di discussione, in cui avevo cercato di fargli notare tutti i problemi che quello stupido anello ci avrebbe portato. Dove avremmo vissuto? Non sapevamo scegliere in quale continente vivere, figuriamoci una casa insieme! E di cosa saremmo vissuti? Io ero ufficialmente morta e lui non stava messo meglio…
Per tutto il tempo lui aveva risposto con una calma irritante, sminuendo ogni mio dubbio fino a farmi esasperare. Alla fine si era limitato e baciarmi e stuzzicarmi fino a che non avevo capitolato, furiosa con lui e col bambino che si schierava sempre dalla parte del padre.
- Sei mia, Alexis, mettitelo in testa. Quell’anello serve solo a ricordartelo – mi aveva sussurrato, mentre eravamo abbracciati sul divano. Per tutta risposta io gli ho tirato un morso.
Poi serafico aveva chiamato mia madre per darle la notizia e questo aveva segnato la mia resa, come lui sapeva benissimo. Niente e nessuno avrebbe tolto a mia madre il piacere del matrimonio.
Solo che poi sono successe tante di quelle cose, le indagini, gli arresti, le ultime missioni di Alex…
- Ora ascolteremo il saluto degli amici e dei parenti che vogliono ricordare i defunti – avverte con aria flemmatica e mi riassetto. Tra poco tocca a me, anche io ho qualcosa da dire in loro memoria.
Comincia la lunga sfilata di madri e sorelle, di cui si capisce ben poco a causa della voce rotta dal pianto.
Poi è la volta dei colleghi. Uno alla volta, una decina di ragazzoni enormi che sembrano stare a fatica dentro i loro completi formali, parlano della vita da soldato, dei sacrifici che richiede e di come ognuno degli agenti che celebriamo oggi sia un modello esemplare.
- Senza il suo impegno molte vite ora sarebbero diverse – dice uno dei ragazzi, che faceva parte della mia squadra all’hotel e che saluto con un sorriso mentre guarda nella mia direzione.
- E’ stata la sua tenacia, la sua forza di volontà a portare avanti compiti che nessuno si sarebbe mai sognato di cominciare. Era il migliore e i premi che ha ricevuto nella  sua carriera  ne sono la dimostrazione – sottolinea con voce rotta, girandosi verso le bare e salutando alla maniera militare.
Anche io guardo le bare, soprattutto quella di Alex, quasi completamente coperta di premi. Al valore, al coraggio, alla tenacia… gliene hanno dati una marea e io mi sono chiesta che senso abbia. Perché ricoprire un soldato d’onore solo quando muore? Cosa dovrebbe farsene una moglie o una madre di un pezzo di ferro laccato in oro quando il suo amato è scomparso per sempre?
Un altro agente prende il posto del precedente sul podio.
- L’agente Beckett è stato il mio… insegnante per molto tempo. Non ho mai incontrato nessuno come lui, così preparato, così dedito al suo lavoro. Bastava guardarlo per sapere che tutto sarebbe finito bene – ricorda, con voce ferma ma commossa.
È la verità. La tenacia di Alex è la cosa che mi ha attirata a lui fin dall’inizio, la sua qualità migliore. Stare vicino ad Alex voleva dire sentirsi completamente sicuri.
Un altro agente, altre parole commosse, poi il mio turno. In silenzio mi dirigo verso il microfono e riordino le parole per qualche momento, sforzandomi di avere una voce più ferma possibile, mentre invece le inevitabili lacrime scendono a rigarmi le guance dietro gli occhiali da sole.
- Linda era un fenomeno. Era il mio angelo e la sorella che non ho mai avuto. Era inarrestabile, sempre energica, sempre sorridente, sempre pronta a dimostrare quanto valeva. Niente e nessuno poteva intimorirla, lei sapeva di essere la più forte e più la sfida era difficile, più lei si entusiasmava. Per questo voleva fare l’avvocato, diceva, per convincere sempre nuove giurie. E ci riusciva alla grande. Nessuno resisteva a Linda…
Continuo a leggere dai bigliettini che mi sono preparata a casa, sentendomi un po’ come il presidente, e mi sforzo di non guardare la bara di Alex poco distante. Ad un certo punto del mio discorso, un pianto rompe il silenzio della platea e vedo la sorella di Linda uscire dalla chiesa, seguita da suo marito. Linda aveva sempre invidiato il matrimonio di Adriana, sua sorella.
Alla fine termino e torno al mio posto, lasciando che altri prendano la parola per parlare di altre vite spezzate, altri grandiosi eroi, altri indimenticabili angeli, come li ha chiamati il prete.
Poco dopo la funzione religiosa è terminata. Prima di dare la benedizione il sacerdote fa un breve elenco di tutti i nomi dei defunti che ricordiamo oggi e la folla prorompe in un fragoroso applauso che sembra durare all’infinito, poi la fanfara comincia a suonare e la prima bara scende di nuovo la navata, a capofila come Jack Malone merita, seguita poi dalle altre.
Fortunatamente, durante la processione fino al cimitero la maggior parte della gente scompare lentamente e una volta davanti al pesante cancello di ferro siamo quasi la metà di quelli che erano in chiesa.
Anche il rituale della sepoltura è molto più rapido dei lunghi giri di parole del sacerdote e in meno di un’ora tutte le bare sono state calate nelle loro fosse.
A questo punto, incapace di sostenere oltre l’atmosfera cupa e anche piuttosto stanca dopo il lungo percorso fino al cimitero, faccio segno ai miei che me ne vado e mi dirigo pesantemente alla macchina, che per fortuna papà ha pensato di avvicinare. Mi dispiace solo che loro dovranno tornare a piedi ma io aspetto un bambino, perciò ho la precedenza.
Invece di tornare direttamente a casa però, svolto in direzione di casa di Juno. Dopo questo lungo rito funebre per gli altri, mi sembra giusto salutare anche loro. Lo faccio spesso da quando siamo a casa.
Parcheggio e vado direttamente nel giardino, dove per tanti anni mi sono allenata con Juno.
Quando sono davanti alle croci, mi inginocchio a fatica e tolgo con la mano alcune foglie che sono cadute nel poso sbagliato, poi mi rialzo e racconto loro com’è andata.
- Ti saresti sparato piuttosto che assistere a quel monologo – dico a Juno, guardando una delle rarissime foto che ho trovato di lui. Le foto sono l’unica cosa che mi è stato permetto di fissare vicino alla croce, visto che le lapidi non possono essere messe fuori dal cimitero. Per lo meno la foto era di Juno, scattata quand’era giovane, ed è abbracciato a Nat, sorridente e bellissima. L’ho trovata in una scatola nascosta nello stanzino e mi è sembrato un buon segno, poter mettere la foto di loro due insieme.
- Nemmeno a te sarebbe piaciuta, Nat. Era tutto così pomposo… però già che c’ero ho pregato anche per Jean – la rassicuro con un sorriso triste.
Mi zittisco per un momento, sentendomi un po’ stupida a parlare con una fotografia ma ho scoperto che mi calma ed è importante per me da quando Alex non c’è.
- Ci conoscevamo poco io e te – continuo parlando con Natalie – ma credo di averti conosciuta abbastanza per capire chi eri. E credo anche di avere molto in comune con te.
Mi fermo per prendere il biglietto dalla borsa e mostrarlo alla fotografia, chiedendomi se davvero possono vederlo.
- Tra quattro giorni parto per l’America – li avviso con un sorriso tirato. Non sono per niente convinta ancora di questa decisione ma tutti me lo hanno consigliato e forse è davvero la cosa giusta da fare per me.
- Alla fine Alex mi ha convinto. Mi dispiace moltissimo non poter venire a fare visita a voi e Linda, ma credo che sia la cosa migliore per il bambino, vivere dove nessuno ci conosce…
Mi sforzo di cacciare il groppo che si è formato in gola. Se avessi immaginato di partire, li avrei fatti seppellire vicino a me ma è stata una decisione presa all’ultimo.
- Verranno con me anche mamma e papà, così non sarò troppo sola. Sono entusiasti di cominciare una nuova vita loro, soprattutto la mamma. Io credo che mi sentirò troppo strana ma penso che ci farò l’abitudine.
Come previsto, il fatto stesso di dire i miei dubbi ad alta voce mi fa sentire via via più tranquilla e anche meno scema.
- Ho anche deciso di sposare Alex, prima che partisse per quella maledetta missione – gli racconto, scacciando di nuovo le lacrime. È stato così orribile da quando se n’è andato… e pensare che non credevo di amarlo…
- E’ stato questo a farmi capire che lo amo, credo – spiego a Nat, sperando che almeno lei possa capirmi.
- Non è possibile sentirsi così annientati dalla mancanza di qualcuno se non lo si ama, no? E poi la mamma l’ha ripetuto talmente tante volte che comincio a convincermi anch’io. Forse si possono amare due persone così diverse.
Anche se non c’è nessuno intorno a me, mi ritrovo ad abbassare comunque la voce nel pronunciare l’ultima frase. Non sono ancora abituata a dirlo ad alta voce. Ora so di amare Alex, ma ammetterlo…
- Da quando Richelieu è morto abbiamo passato un sacco di tempo insieme e ho capito che non posso fare a meno di lui. E poi forse non è così diverso da Giulio. Entrambi avrebbero dato la vita per quello in cui credono e tutti e due hanno fatto la stupidaggine di innamorarsi di me…
È una conclusione a cui sono giunta nelle ultime settimane. Parlando, decidendo, discutendo riguardo a tutta questa storia, ho capito come la verità e la giustizia siano due concetti estremamente relativi e non so come, questo mi ha convinta che nel suo modo folle e snaturato, Giulio mi ha amata davvero. Forse è stato proprio questo a portarlo alla morte.
Ma riguardo a Giulio mi sono messa l’anima in pace, non mi sento responsabile della sua morte. Richelieu e il vescovo lo sono e Yvonne in parte, perché anche lei non era che una pedina dell’immensa scacchiera del Cardinale. Ho scoperto da alcuni agenti della CIA che è stata lei a cambiare la password per Giulio, così che potessimo accedere ai file senza che nessuno degli uomini di Richelieu potesse accedervi e modificarli nel frattempo. Forse era questa la cosa fondamentale per cui si sono rivolti a Yvonne. Cosa abbia chiesto lei in cambio e perché abbia accettato credo che non lo sapremo mai. Forse voleva solo scappare da suo padre, alla fine. Forse davvero amava Alex e questo le ha fatto capire che faceva parte di una follia.
- In fondo anche Juno e Jean era diversissimi, vero? Juno era sempre così teso, così deciso… Jean non mi sembrava affatto così. E come te ho dovuto aspettare che uno dei due morisse per trovare una parvenza di pace. Spero tanto di aver fatto la scelta giusta.
- Quindi lo ami? – chiede una voce.
- Sì, lo amo. Non so perché né se faccio bene, ma lo amo profondamente. Solo che lui…
Mi interrompo, rendendomi conto di una cosa. Visto che sto parlando con due tombe… di chi è la voce che mi ha fatto la domanda?
Non ho il tempo di mettermi a gridare in preda al terrore dei fantasmi, che Alex mi afferra da dietro e mi ricopre di baci fino a farmi quasi soffocare.
- Piantala! Solo perché ti amo non vuol dire che siamo carini e appiccicosi noi due, chiaro? – lo aggredisco quando finalmente mi lascia respirare.
Ma in realtà non mi dispiace averlo al mio fianco ed essere coperta di baci, reagisco solo alla sorpresa di trovarmelo qui a tradimento, a spiare le mie conversazioni private.
- Non dovresti essere in America? – gli chiedo brusca.
- Sono tornato poco fa ma non mi sembrava il caso di chiamarti durante il mio funerale – risponde lui, senza badare al mio tono burbero e anzi, sorridendo come un ebete.
- Piantala di sorridere. Mi hai quasi fatto venire un colpo – gli faccio notare, mentre il mio cuore rallenta di nuovo i battiti.
Lui al contrario sorride ancora di più e mi abbraccia di nuovo.
- Anche io ho una confessione da farti. Non sono più un agente della CIA.
Lo fisso per un po’, indecisa se crederci o meno. Perché mai avrebbe lasciato il suo lavoro? Certo, gli ho fatto notare spesso quanto quella vita sia incompatibile con l’essere marito e padre ma…
- Non sono andato in missione, sono andato a dare le dimissioni – continua, vedendomi dubbiosa, senza smettere di sorridere.
- Vuoi dire niente più armi e segreti?
Lui si limita ad annuire.
- Niente più bugie, misteri, pericoli di vita?
Di nuovo lui annuisce senza dire niente.
- Vuoi dire niente più cose sexy e fascino della divisa? – lo prendo in giro, ma solo per avere una scusa per sorridere. So che è un bravo agente, ma il pensiero di saperlo continuamente chissà dove, a rischiare la vita…
- Se tu sei mia, allora mi sa che io sono tuo – risponde semplicemente, come se questo spiegasse tutto.
In realtà invece non spiega un accidente e ci lascia senza un soldo per crescere il bambino, ma al momento non mi importa. Al momento sono troppo impegnata a immaginarci come una coppia normale, mentre facciamo la spesa e guardiamo la tv dopo che i bambini sono a letto…
- E se poi ci annoiamo? – gli domando, in preda al dubbio.
Ci siamo sempre conosciuti solo come l’agente segreto e la versione femminile di James Bond, il nostro rapporto è sempre stato fatto di passione e adrenalina. Come ci abitueremo alla tranquilla vita coniugale?
Per tutta risposta Alex scoppia a ridere e mi abbracci di nuovo, così che entrambi guardiamo verso le tombe di Juno e Nat, che ci sorridono dalla fotografia.
- Annoiarsi con te vicino? Impossibile. E nel caso ti rammollisca, tua madre mi ha inviato una mail con una lunga lista di eventi a cui dobbiamo assolutamente partecipare…
Conoscendo il tipo di eventi imperdibili di mia madre mi scappa un gemito, poi entrambi ridiamo di nuovo.
In effetti, le possibilità di noia sono remote in una coppia come la nostra e se il bambino ha preso anche solo un po’ dai genitori, se ne vedranno delle belle.
- Ora sarà meglio andare, non vorrei che i tuoi si convincano che sono davvero morto – mi ricorda, sciogliendo l’abbraccio.
- Era una cerimonia molto convincente – gli faccio sapere, strappandogli un sorriso.
- Allora devo proprio dimostrarti quanto so essere vivo…
Mentre parla mi cinge i fianchi e mi bacia appena sotto l’orecchio, facendomi rabbrividire.
- Sei odioso…
Ma non è quello che penso. Quello che penso davvero è che non merito di essere così felice come ora.
 
Da allora il tempo è passato veloce come un treno. Due mesi dopo mi sono sposata su una spiaggia assolata della Florida. Non è dove abbiamo comprato casa, ma a Linda piaceva immaginare che sarebbe stata la testimone del mio matrimonio sulla spiaggia e visto che non ho potuto accontentarla sul primo punto…
È stata la sorella di Linda, Adriana a farmi da testimone, in ricordo della sorella ed è stato bello averla accanto quel giorno, perché si somiglia talmente tanto a Linda, sia dal punto di vista fisico che caratteriale, che è stato quasi come se ci fosse Linda in persona. E poi abbiamo parlato tanto della mi migliore amica, che era quasi un’invitata.
Al matrimonio ho anche conosciuto la famiglia di Alex. Come sapevo, sua madre non c’era perché è morta alcuni anni fa, ma sia il padre, un tipo duro e inflessibile con cui ammetto di non andare troppo d’accordo, sia i fratelli, due e entrambi molto simpatici, erano presenti e mi hanno accolta con calore, nonostante fossi già incinta (be’ se calore si può definire un cenno di assenso con la testa da parte di suo padre ma almeno non mi presa a male parole).
È stata una cerimonia semplice ma bellissima, piena di affetto e di lacrime, soprattutto quando Alex ha insistito per farmi la promessa all’americana e mi ha sorpreso con un fiume di assurdità dolcissime, e alla fine mi sono sentita perfettamente a casa, anche se ero a migliaia di chilometri da tutto quello che ho sempre chiamato casa.
La nuova casa poi si è dimostrata molto meglio di qualunque sogno mio e di mia madre, con le sue stanze enormi e luminose, piena di vetrate per poter godere della spettacolare vista sul mare, e con un bel giardino curato che di inverno si riempie di neve e sembra un’immagine da cartolina.
Non appena l’ho vista, ho capito subito che era perfetta per riempirla di bei ricordi di famiglia e non mi sono affatto sbagliata, anche se quelle vetrate negli anni ne hanno passati di brutti momenti, e poi è anche abbastanza vicina a un cottage che Alex ha regalato ai miei, così che non dovessi sentire la loro mancanza. Di fatto però mia madre si è praticamente dimenticata di me nel momento in cui ha scoperto di poter sfruttare al meglio la sua capacità di organizzare eventi perché gli americani ne organizzano in continuazione ed è sempre in giro a casa di questa o quella vicina a dare ordini e consigli.
Lentamente, mi sono fatta delle nuove amicizie, scoprendo anche se tardi, il piacere di un’esistenza normale in cui andare a prendere un caffè a casa di un’amica, chiacchierare con le altre future mamme nella sala d’aspetto del ginecologo e fare tutte quelle cose normali che non ho mai potuto realizzare perché dovevo nascondermi.
Ho addirittura potuto avere  delle carte di credito tutte mie e non devo travestirmi mai e nemmeno stare attenta alla forma… per un po’ me la sono proprio spassata, insomma.
Ho potuto farlo anche perché, per fortuna, Alex ha sì lasciato la CIA ma non ha deciso di fare il nullafacente e si è messo invece a fare lo scrittore. I risparmi che ha accumulato lavorando per la CIA ci permettono di non avere la fretta da stipendio e lui ha scoperto che gli piace raccontare delle sue missioni come se fossero romanzi. Lui dice che si è ispirato al libro di mio padre, io dico che gli ha rubato l’idea.
Per quanto mi riguarda invece, ho chiuso con i libri, i capitoli e le fonti. Da quando è nata Natalie mi sono letteralmente innamorata della mia bambina e per un po’ ho fatto la mamma a tempo pieno, poi ho deciso di sfruttare l’esperienza che mi ero fatta cercando i quadri di papà e sono diventata una vera cercatrice di opere d’arte, un lavoro perfetto per conciliare i tempi della famiglia, perché mi permette di lavorare quando posso.
E per fortuna ho scelto un mestiere tanto flessibile, perché a far compagnia a Natalie sono presto arrivati anche Jon e Amanda, come la madre di Alex. Avrei voluto chiamare una delle mie figlie Linda, ma Natalie ha di certo avuto un peso enorme nella mia scoperta dei sentimenti che provavo per Alex e volevo renderle omaggio per aver sacrificato la sua felicità con tanta naturalezza per uno degli uomini che amava. Mi è sembrato anche un bel modo di ricordare Juno.
Soprattutto però, l’aspetto che mi ha dato una felicità assoluta e pari solo alla gioia della maternità, è stato creare il mio rapporto con Alex.
All’inizio in effetti, non è stato affatto facile e come avevo previsto ogni discussione era battaglia. È ancora così, per carità, ma col tempo abbiamo imparato a non discutere se non per cose strettamente necessarie, a fidarci l’uno dell’altro e a saper leggere ogni dettagli dell’altro.
Ogni espressione, ogni gesto, ogni pensiero non detto sono diventati chiari e questo ci ha permesso di scoprire il lato più tenero di noi, di me soprattutto.
Non avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuto così tanto restare a guardare un film sul divano o fare colazione insieme o fare i pupazzi di neve per i bambini, che mi sarei abituata così ai suoi baci e alle sue carezze.
La diffidenza che avevo imparato ad avere con Juno mi ha causato non pochi guai nella mia relazione, ma col tempo ho imparato a dimenticare Alexis Blendell e ad abituarmi alla nuova Debora Blendell, come ho deciso di chiamarmi in memoria di mia madre, dopo che Alexis Blendell è morta insieme a Giulio e Terenzio.
La cosa più difficile è stato abituarmi a pensare di essere la signora Hawthorne, dopo che anche Alex ha dovuto cambiare identità a causa della sua morte nell’incidente aereo, che la CIA ha preferito non smentire per evitare un mare di scartoffie, ma alla fine credo che non esista nome più bello di Debora Hawthorne, madre orgogliosa e moglie affettuosa.
Ogni tanto anche noi abbiamo avuto i nostri guai, come quella volta che Amanda giocando è caduta nella vetrata e si è tagliata dappertutto, o quando mio padre ha avuto un male alla gola che ci ha fatto temere il peggio e poi ancora quando la moglie di uno dei fratelli di Alex è morta in un incidente sul lavoro. Abbiamo avuto i nostri screzi e le nostre battaglie, ma ne siamo sempre usciti più forti di prima e non abbiamo mai dimenticato la fatica che ci è costato arrivare a questa felicità.
Ogni tanto, la vecchia Alexis Blendell riemerge da quel lago maledetto e spara di nuovo in sogno al perfido Richelieu, che ormai sconfitto la maledice insieme ai suoi figli… ma al risveglio la vita mi ricorda che per il momento, ho vinto io e intendo godermi la vittoria fino in fondo. Quegli incubi non sono che un prezzo irrisorio in cambio di tutto quello che Debora Hawthorne ha oggi.
  
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