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Autore: RobiSmolderhalder    09/07/2014    5 recensioni
Just A Little Woman nasce in una notte insonne.
La protagonista è Bella Swan. Bella ha una vita comune, un giorno scopre di essere incinta. Jacob, il fidanzato non accetta che lei vuole tenere questo piccolo esserino. il senso materno, che, immediatamente si impossessa di lei, le impone a non uccidere quel piccolo. Ce la farà Bella a passare la gravidanza da sola? Senza il padre del bambino? O arriverà qualcuno in suo soccorso?
Scoprite con me l'evolversi della storia.
Roby
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Just a little woman.







Take Your hand and walk away.













































Ho paura”, continuavo a ripetermi. Non amavo mentire a me stessa e, per occupare almeno un pochino la mia mente, ripetevo tra me quel terribile mantra. Avevo paura, terrore, di farmi schiacciare da quel peso che in quegli ultimi mesi stava diventando man mano più leggero. Avevo paura di non poter sopportare quello che i genitori di Jacob stavano venendo a dirmi. Non sopportavo l’idea di rivederli…eppure il giorno prima, come una stupida, avevo accettato. Ero sempre stata una ragazza speranzosa, di quelle che credevano alle possibilità…in quel caso ne avevo regalata una alla famiglia del nemico. Lui era morto, lavandosi le mani di tutto quello che aveva causato. Mi era dispiaciuto saperlo, avrei preferito pensarlo in galera a morire col senso di colpa che gli avrebbe schiacciato lo stomaco per poi ingoiare il suo cuore proprio lì, dove meritava stare; nel confine più profondo delle tenebre. Odiavo essere cattiva…ma, gli avvenimenti, mi avevano portata ad esserlo spesso nell’ultimo periodo. Quando dissi a Edward della telefonata dei Black e della mia risposta positiva ad un confronto, lui rimase impassibile. Mi aspettavo che si arrabbiasse e, ammisi a me stessa, che nel momento in cui accettai non avevo pensato ad una possibile reazione di Edward: mi disse che lui avrebbe fatto lo stesso e che, forse, quest'incontro ci avrebbe fatti vivere serenamente. Lui mi capiva, aveva guardato i miei occhi ed era entrato dentro di me con forza pura. Lo amavo, ogni giorno sempre di più, era quello per il quale valeva lottare, ogni singolo istante. Il campanello suonò ed io feci uno scatto fulmineo ritrovandomi in piedi davanti al divano. Edward, da perfetto padrone di casa, aprii la porta facendoli accomodare nella stanza in cui mi trovavo anch'io; il salotto.
"Bella...", un sussurro flebile quello di Sarah, preceduto da un pianto quasi isterico. Credetti di sembrare un fantasma. Billy, non appena mi squadrò da capo a piedi, strabuzzò gli occhi e si sedette quasi come se stesse per cadere. Io fissai Edward, almeno lui era rimasto tale a cinque secondi prima.
"Ciao", gracchiai tra l'imbarazzo e la confusione.
"Da quando non mangi?" Mi chiese la moglie. Feci spallucce e mi accomodai di fronte a loro. La mia pelle si ricoprii di brividi non appena realizzai che i genitori dell'abominio erano proprio lì, nel mio territorio, quello che fino a poche ore prima era il mio paradiso e il mio più prezioso rifugio. Rimasero in silenzio per minuti interminabili mentre io guardavo Edward e mi torturavo le dita per l'attesa pressante. Non capivo perché se ne stavano zitti. Erano venuti per parlarmi, di cosa non ne avevo idea, eppure stavano lì, appollaiati sul divano come se stessimo aspettando il té. Mi schiarii la voce e, finalmente, attirai la loro attenzione, Edward, dal suo canto stava per scoppiare a ridere. Quasi sorridevo anch'io, mi bastava vedere un piccolo, accennato sorriso sulle sue labbra per trovare quello spiffero di felicità di cui avevo tanto bisogno.
"Siamo venuti per farti presente del rammarico in cui ci troviamo. Sai bene che per noi sei stata sempre come una figlia e, io stesso, alle volte mi chiedevo come facessi a trovare qualcosa di bello in mio figlio. Sapevo che prima o poi mi avrebbe fatto versare lacrime di sangue, eppure, non credevo che lo avesse fatto anche con te. Un mi dispiace sarebbe troppo fatto e banale. Siamo distrutti, Bella. E non riusciamo a capacitarci di quello che è successo. Non sapevamo nemmeno che tu aspettassi quel bambino...", non appena Billy Black nominò mio figlio cominciai ad urlare. Presa da una rabbia incontrollata finii per terra.

Di quel pomeriggio, ricordo poco; grosse ciocche dei miei capelli giacevano sul pavimento di marmo, strappati via dalle mie mani. Le mie dita sanguinavano e gli occhi di Edward imploravano pietà.







Aprii gli occhi e la luce fioca dell'abat-jour me li fece strizzare per un paio di volte. Piansi silenziosamente, ero troppo confusa. Mi sentivo la testa vuota e, allo stesso tempo ero consapevole di avere un macigno grosso quanto una casa sopra la testa. Con la coda dell'occhio osservai Edward, mi guardava fisso aspettando una qualsiasi mia reazione, pronto nel caso avessi perso ancora una volta le staffe. Mi passai una mano sulla fronte sudata e cominciai a guardarlo anch'io.
"Perdonami", mormorò. Aggrottai le sopracciglia e lo guardai confusa.
"Non avrei dovuto permetterti di incontrarli".
Scossi la testa e le lacrime scesero per l'ennesima volta.
"E' stata colpa mia!" Esclamai stringendo le lenzuola tra le mani. Presi la mia testa a pugni ignorando le braccia di Edward, mi sentivo indemoniata, presa da una forza che sapevo non mi apparteneva. Mi addormentai solo quando stremata non avevo più lacrime da versare né forza per parlare.







Non riuscii mai a darmi una spiegazione razionale per quello che accadde lo stesso pomeriggio. Di certo, Billy Black e signora, non erano stati i soli ad aver nominato mio figlio; mia madre, Alice, le mie amiche, e tanti altri, quasi ogni giorno nominavano il mio piccolo, eppure, il nome di mio figlio sulla bocca dei Black mi fece andare il cervello in panne. Chiusi gli occhi e mi feci cullare dal respiro di Edward che, dolcemente, accarezzava la mia pelle e la mia mente. Era lui la soluzione a tutto. Lui era l'antidoto. Avendo la consapevolezza che, nonostante tutto, lui fosse rimasto al mio fianco potevo ammettere a me stessa che in un modo o in un altro la mia era vita.
'Per sempre', mi dicevo. Per sempre era solo il termine con la quale davo il nome al mio futuro con Edward ma, 'per sempre' non rendeva chiaro quello che era il mio concetto. 'Per sempre' era solo una frase, Edward ed io eravamo molto di più.
"Ti amo", sussurrai con gli occhi chiusi.
"Sempre" mormorò, accarezzandomi la fronte con le sue labbra calde e profumate. Mi accoccolai di più al suo petto e ricaddi tra le braccia di morfeo.
Scesi dal letto e, a piedi nudi, mi diressi in cucina. Sentivo delle voci familiari e, dato che, al mattino, appena sveglia, avevo bisogno di minimo mezz'ora per realizzare tutto ciò che mi accadeva attorno, non capii immediatamente chi era venuto a farci visita. Appoggiai il mio corpo sul telaio della porta della cucina e diedi una sbirciatina, il cuore poteva seriamente uscirmi dal petto; vidi Edward, rideva come non faceva da quelli che mi erano sembrati mille anni.
Le persone erano due. Esme e mia madre.
Mi sedetti sul divano e appoggiai il capo sul cuscino dello schienale, volevo avere la mente lucida e, sopratutto, non sembrare una specie di elefante goffo di fronte mia mamma e Esme. Volevo fare una bella impressione, meritavano di vedermi stare meglio dopotutto. Da lì riuscivo a sentirli chiaramente.
"E tu, Edward? Come ti senti?” Era stata mia madre a parlare. Strinsi gli occhi in due fessure, non volevo che mi si sbattesse, per l’ennesima volta, in faccia la realtà; odiavo sentir tintinnare e sospirare Edward ad ogni ‘come stai?’

Bene. Insomma, ce la caviamo”, la sua voce era stranamente limpida...e, osai pensare, solare. Diedi una sbirciata al piccolo orologio a pendolo e notai con orrore che era mezzogiorno, avevo dormito per un giorno intero.
Bella ha bisogno di me. Mi rendo conto che, negli ultimi mesi non le sono stato molto d’aiuto...”, si fermò con un sospiro per poi riprendere con vigore. “Fino ad oggi è sempre stata lei a tenermi su, non pensando a tutto il male che si faceva, che io le facevo. Lo ha sempre fatto...sono riuscito ad accettare che per quanto potremmo dire o fare, niente e nessuno ci riporterà indietro nel tempo, niente potrà evitare tutto quello che è successo. Devo pensare a lei, potrei davvero dedicare tutta la mia vita per riuscire a vederla sorridere ancora. Mi manca, lei, il suo sorriso e tutto quello che era quando l’ho conosciuta. Non so se ormai è tardi per farla tornare com’era prima, ma ci proverò, non è mai troppo tardi...”. Scoppiai a piangere, non solo per le bellissime parole che aveva appena sussurrato ma anche per quella nota profonda nella sua voce; il senso di colpa. Scossi meccanicamente la testa e le lacrime bagnarono il tessuto impeccabile del divano. Mi alzai promettendomi di sorridere non appena avessi varcato la soglia della cucina. Sigillai in un cassetto l’episodio del giorno prima e sospirai. Aveva ragione Edward, nessuna cosa ci avrebbe portati indietro nel tempo. Lo avevamo sempre saputo, era anche arrivato il momento di accettarlo.
Bella!” Esclamò Esme correndo ad abbracciarmi. Chiusi la bocca maledicendomi per non aver lavato i denti e la strinsi forte. Esme era fantastica, il suo sorriso era sempre stato contagioso, ero sempre stata convinta che avesse trasmesso lo stesso dono a Edward. Con gli occhi cercai il figlio e lo guardai dritto negli occhi; vidi la ragione per la quale dovevo assolutamente lottare, anche con i denti se si fosse presentato necessario. La ragione di voler lottare per davvero e per essere felice con lui ancora una volta, sperando in una felicità permanente.
Non avremmo mai dimenticato il nostro piccolo Ted, era impossibile. Avremmo però deciso di continuare a vivere sempre e per sempre, insieme. Immaginai la sua mano, tesa verso di me e la sua voce sussurrarmi: “Prendi la mia mano, vieni con me, andiamo via da tutto questo dolore”.

Amami’, urlavano i suoi occhi di smeraldo. Mi morsi il labbro superiore, accorgendomi di essere rimasta immobile per minuti interi. Salutai mia madre e le sorrisi.
Non sai che rivelazione tesoro!” Esclamò mia madre puntando il dito verso Esme. La guardai aggrottando le sopracciglia, inizialmente, qualche secondo dopo, però, mi ricordai di una vecchia conversazione con Edward, quasi non le scoppiai a ridere in faccia...forse non lo feci solamente perché il senso di nostalgia aveva preso irrimediabilmente il sopravvento.
Io e Esme ci conoscevamo già...”, persi la voce di mia madre via via che continuava a parlare. Guardai Edward e non appena scovai l’imbarazzo nel suo viso e nel suo modo di grattarsi la nuca, una cosa che, tra l’altro, trovavo adorabile, scoppiai a ridere. Ripensai a quella sera, credendo che potesse far male invece, continuavo a tenermi lo stomaco per le risa. Edward aveva avuto una piccola cotta per mia madre, quando sua madre era stata ammalata e si era recata dalla mia per farsi curare. Quella sera faceva parte del mio periodo felice, eppure, ripensandoci riuscivo solamente a rallegrarmi...mi sentii strana, forse era stato il tono e le parole di Edward di poco prima a farmi ridestare.
Le nostre madri restarono per pranzo. Mi sembrava incredibile da pensare, eppure, Edward era diventato per davvero un’altra persona e il tutto in meno di quarantotto ore, ci avevo impiegato mesi e mesi senza risultati, non appena fossimo stati da soli avrebbe dovuto svelarmi il trucco. Sospirai di sollievo e capii il motivo per il quale, ancora, non ero riuscita ad alzarmi del tutto; io ero quella più forte tra i due. Avevo cercato di far alzare lui con tutta la forza che potevo possedere, ma la mia forza non era andata persa del tutto, non almeno come credevo che fosse. Edward aveva preso la mia energia, l’aveva piegata al suo volere per poi scaraventarla come un fulmine su di me. Avevo dato a lui la spinta giusta e, inconsapevolmente, l’avevo data anche a me stessa. Si era alzato e con delicatezza aveva preso la mia mano e mi aveva portata con sé. Ci completavamo a vicenda, qualsiasi gesto potessimo fare per l’altro aiutava entrambi, non era questo forse essere seriamente l’una per l’altro? Sorrisi a quella mia potente rivelazione e corsi ad abbracciarlo.

Soli...”, sussurrò sulle mie labbra, trasmettendomi tutto il suo calore.
Finalmente”, mormorai con una punta di malizia. Non feci nemmeno in tempo a chiedergli cosa volesse farmi che fui catapultata sul nostro letto. Lo spogliai con foga, immaginando già il culmine del mio piacere datomi solo da lui, dall’unico. Guardai il suo petto nudo e mi dissi che ogni pensiero formulato dalla mia mente non era mai abbastanza. La sua presenza mi annientava, mi metteva in ginocchio per poi portarmi all’apice del piacere, dell’amore, della fedeltà e della consapevolezza che solo lui avrebbe potuto farmi cose di quel genere. Scompigliai i suoi capelli e sorrisi ai suoi occhi, quella sera ancora più splendidi. Ero dolce e lui lo era altrettanto, almeno fin quando non mi ritrovai con il seno tra le sue labbra e le sue dita che scavavano con foga dentro di me. Mi penetrava forte per poi uscire piano muovendo le dita in modo circolare. Il piacere fu così immenso che quasi non mi misi a piangere.
Non sentivo, non volevo, non pretendevo niente...niente che non fosse Edward. Mi sentivo una molla, chiusi gli occhi e accolsi l’ondata di piacere, cercai di godermela, ma, non appena sentii le sua braccia sotto le mie cosce capii che il meglio non era ancora arrivato. Con un unico, potente e crudo colpo di reni il suo membro si schiantò dentro di me. Potevo sentire le canzoni di natale...o forse il mio cervello si era fritto come i miei ormoni ormai in palla. Accarezzavo ogni lembo della sua pelle, restando sorpresa ad ogni tocco, era morbido, caldo, fresco e di marmo allo stesso tempo. Eravamo il sole e la luna, qualcosa di fantastico come un’eclissi. Nonostante il piacere mi stesse portando al limite della ragione mi ricordai una vecchia lezione di scienze; il sole e la luna non possono incontrarsi troppo spesso. Dicevano che il sole e la luna sono troppo diversi, io avevo trovato un eccezione alla regola. Noi eravamo perfetti. Venni violentemente trasportandomi l’orgasmo di Edward, avevo preso anche quello. Avevo pensato al senso di sottomissione che mi prendeva negli amplessi con Edward. Soltanto il quel momento, capendo più a fondo quello che eravamo, non solo partecipando ma anche guardandolo mi resi conto che ci dominavamo e sottomettevamo a vicenda. Pensai a tutto quello che mi ero persa negli ultimi mesi a quelle sensazioni che, sì, puoi provare ogni volta ma nonostante possano essere le stesse la volta dopo sono sempre più intense, fortificate, indimenticabili. Lo abbracciai stretto e mi addormentai senza neanche volerlo. Un secondo prima di cadere nel sonno però, ebbi paura che non appena mi fossi svegliata tutto sarebbe divenuto solo un sogno.



I capelli appiccicati alla fronte furono la causa del mio risveglio. Era notte fonda e, nonostante fossi ancora nuda e dalla finestra filtrasse un venticello niente male, ero tutta sudata. Toccai l’altro lato del letto e mi accorsi che ero da sola. Mi alzai di scatto e spaventata rammentai l’ultima volta che era successa la medesima cosa. Cercai di scacciare quel prepotente senso di Dejavù e mi alzai, non mi curai nemmeno di cercare le ciabatte.

Mi resi conto però, avviandomi in sala, che il solo motivo per il quale non era a letto era perché non voleva svegliarmi col rumore che poteva causare lo riempire due valigie. Una era già colma, la mia, piena zeppa di bikini e vestitini estivi, la sua era vuota solo per metà. Se il caldo non fosse stato così asfissiante il mattino seguente lo avrei trovato nel letto con le valigie già pronte. Ancora nuda mi avvicinai a lui in punta di piedi, baciai il suo naso e lo guardi confusa.

Perché?” Domandai alludendo alle valigie.

Bella, vuoi essere felice con me?”

Farei di tutto per essere felice con te, lo sai...”, mormorai sicura con non mai delle parole che avevano appena lasciato le mie labbra.

Chiedimelo allora”, sussurrò guardandomi intensamente negli occhi. Capii immediatamente cosa voleva sentirsi dire che, allo stesso tempo, era quello che io stessa volevo dirgli. Presi la sua mano tra le mie e con le labbra accarezzai la base del suo collo, inspirai forte il suo profumo da uomo e lo guardi negli occhi.

Prenderò la tua mano e, andremo via. Andremo via da tutto questo dolore. Ti amo, Edward...non hai idea di quanto ti amo”.

Ti sbagli. So benissimo quello che intendi”. Mi prese in braccio e ridendo facemmo ancora l’amore.
Dovevamo partire per una vacanza e non sapevo dove saremmo andati, sapevo solamente che sarebbe stato importante, come ogni avvenimento della nostra storia.










Purtroppo eccomi qui a dirvi che sì, sono viva. Oltre al negozio che, mi tiene impegnata tutti i giorni e il periodo di merda non ho altre scusanti.

Mi è mancata questa storia e già non vedo l’ora di mettere il prossimo capitolo. La mia mente è stata così tanto occupata che non c’era lo spazio per pensare a questi due poveri cristi. Mi sono sentita in colpa, lo ammetto e NON LO DICO PER DIRE! Ma cercherò di non ritardare, ci metterò tutta me stessa, anche perché ho una storia sospesa che è come una spada di Damocle sopra la testa.

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Ora vado.

Come sempre spero che il capitolo sia di vostro gradimento e che sarete in tante a non essere deluse!
Fatemi sapere :3


Con affetto e chiedendo perdono.

Roby <3

   
 
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