Storie originali > Commedia
Ricorda la storia  |      
Autore: L_Lizzy    10/07/2014    1 recensioni
Venite genti a leggere di un'adolescente costretta a passare l'estate in un paesino sperduto.
Questa è parte della storia di Elisa, sedicenne che, messa nel sacco da sua madre, raggiungerà la nonna in montagna.
''Non tutti i mali vengon per nuocere''... questo si ripete lei da quando è arrivata e chissà... potrebbe avere ragione.
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
13 Luglio 2014

Non so dire se nella mia mente stesse prevalendo la necessità di vedere quella vecchia palla di pelo o la nausea per i tornanti.
C'è una cosa che dovete sapere: mia madre non ha mezze misure. O guida per farsi superare dai ciclisti oppure si sente in un rally automobilistico. E’ per questo che mi sto tenendo alle maniglie della macchina come se potessero garantirmi un'uscita indenne da questa vettura lanciando di tanto in tanto, quando non sono troppo preoccupata di finire nel burrone, uno sguardo a quella donna.
È un ciclone. In ufficio è inarrestabile, candidata per la quarta volta a impiegata dell'anno e a casa detta legge lasciandoci, a me e a papà, tirare un respiro solo quando stiamo rischiando di svenire per asfissia.
Sospiro sconsolata mentre vedo la sua macchina tramutarsi in una macchia verde sfrecciando su dalla salita su cui si trova casa. Posso solo sperare che non la freghi un autovelox tornando.
Il mio nome è Elisa e la mia progenitrice mi ha appena scaricato davanti alla casa di montagna di mia nonna.
Mi guardo intorno riconoscendo il posto. Da quanto non salgo? Saranno due o tre anni. Due o tre anni per cui ringrazio. Insomma chi vorrebbe tornare in un paesello dimenticato da Dio? Un paese che non viene nemmeno segnato sulle carte? Io no di certo. Ricordo come era passare le estati qui, essere quella di città, quella che non sarebbe sopravvissuta senza cellulare e connessione. Non ho per niente voglia di stare qui tre mesi.
Se solo avessi ascoltato mamma a pranzo invece di continuare ad annuire come un’automa non mi troverei in questa situazione.
Mi ha incastrata e ora ne dovrò pagare le conseguenze.
Benvenuti a Esino Lario avventurieri!
 
 
* * *
 
 
Non era stato facile convincere la nonna ad aprirmi il cancello assicurandole che no, non ero un venditore porta a porta ma sua nipote.
Mi ha accolto con in mano un paio di cesoie intenta a tagliare i rami del pruno giapponese che ingombravano il vialetto. Pruno giapponese. Bha. Conosco solo un'altra persona, pardon, un altro animale con un nome così altezzoso, di lui però parlerò più avanti. Alla fin fine si tratta di un semplice arbusto che non viene dal Giappone e che non frutta prugne.
Ma parliamo della bestiola a cui accennavo prima.
Si tratta della palla di pelo della vecchia che ora come ora mi sta fissando irrisorio mentre cerco di trascinare un sacco nero pieno di rami recisi fuori dai piedi.
Barnabeus quarto.
Un nome, una garanzia. È un gatto obeso dal morbido pelo bianco che segue la sua padrona ovunque vada ciondolando come un ubriaco su quelle gambette corte che si ritrova. Inutile dire che a me riserva unicamente sguardi cattivi dai suoi occhietti blu votrei come biglie. Penso che la nostra antipatia reciproca sia nata quando entrambi eravamo in tenera età, più precisamente quando lo usai come cuscino. Ma che potevo saperne io? Insomma, ai tempi sapevo dire solo pappa e mamma e di certo non ero in grado di distinguerlo da un comodo guanciale.
La nonna non ha perso tempo in convenevoli, sono le tre del pomeriggio e noi stiamo zappando la terra nella serra per piantare la rucola. Insomma nemmeno mezza parola, si lavora nel silenzio per rispetto alla natura. Tradotto: quando hai mangiato solo un tramezzino per pranzo e sei costretta a lavorare sotto al sole cocente in compagnia della natura anche lo sbattere delle ali di un grillo ti sembra il rombo di un aereo in fase di decollo e il mal di testa del viaggio si acuisce concentrandosi in mezzo alla fronte (Nda. Ora potete prendere fiato). Quando inizio a tirarmi delle manate in testa mia nonna finalmente decide di aver pena di me e mi concede di andare di sopra a posare le valige e darmi una rinfrescata.
Grazie a Dio.
La casa è una villetta di tre piani: a terra si trova un garage grande quanto la pianta della casa. È qui che passavo le ore più calde quando ero ancora troppo piccola per prendere in mano un paio di forbici. L'ho sempre visto come un campo profughi. Quale box auto possiede una cantina per le marmellate, un lavello, una lavatrice, un forno, due scarpiere, un armadio, un dondolo, un divano ed un paravento? E credetemi quando vi dico che tutto questo qui c'è davvero. Ricordo che fantasticavo spesso sul fatto che alcuni soldati lo avessero usato come base di fortuna quando volgevo lo sguardo alla parete di fondo dove erano appesi quelli che mi sembravano strumenti di tortura. Ho poi capito, con un certo sollievo, che invece si trattava degli utensili da giardino di nonna.
Al piano superiore si trovavano il salotto, la cucina e un bagnetto di un metro per uno. Qui dorme nonna; per essere più vicina alle esigenze di Barnabeus dice lei. Io penso sia solo una scusa per appropriarsi della scatola dei biscotti per prima la mattina, giusto in modo di lasciarmene un paio di quelli rammolliti.
All'ultimo piano si trovano tre stanze. Due matrimoniali e una singola. Insomma uno spazio spropositato per una villa in cui abita una sola persona. Ecco perché quell'angelo di ottantenne ha tagliato il riscaldamento di sopra costringendomi a dormire sotto a chili di coperte. Perché di giorno potrà sembrare di stare ai tropici ma garantisco che la notte si gela anche d'estate. È per questo che anni fa scelsi la prima camera matrimoniale, rivendicandola come mia. Inizialmente speravo di soffrire un po' meno il freddo visto che dopo pranzo restava esposta al sole ma la mia magra speranza fu sostituita da un ulteriore strato di coperte.
Entrarci dopo tanto tempo fa un certo effetto. Sono cresciuta in altezza e ora non sembra più tanto grande. È sui toni dell'azzurro e ha una finestra doppia che si apre su un balconcino sopra al giardino. Forse mi è mancata... Ma non credete che mi sbilanci oltre!
Mollo la sacca a terra
Diamo inizio allo smantellamento bagaglio.
 
* * *
 

Per prima cosa misi le due felpe col cappuccio nell'armadio, di vestiti avevo portato su solamente quelli sperando di riuscire a farmi entrare qualche capo che aveva lasciato su mamma da giovane. Presi la lampada sopra al comò e la spostai sul comodino alla destra del letto, prima dell'armadio.
Alla sinistra invece si trovava la finestra ed un altro comodino verso cui mi allungai per attaccare alla presa di corrente la spina del caricatore del mio cellulare. Sul fondo della camera, vicino al comò c'era una rete singola sormontata da due o tre materassi che fungeva da divano. È qui che sto disponendo ciò che è rimasto nella sacca. Di che si tratta? Innanzitutto mi sono portata un cofanetto di cinque libri visto che le uniche letture presenti in questa casa sono gialli e fascicoli sulla cura delle piante, i metodi di mietitura, potatura, arricciatura di edere ribelli e piega e colore di rose impertinenti. I miei sono invece romanzi rosa di quelli che ti fanno venire il diabete solo ad aprirli e che arrivata alla fine hai il mascara sul mento. Ma io ne ho bisogno. Mi piace pensare a gesti romantici e passionali. Trame che si diramano e ricongiungono all'interno di un centinaio di pagine.
Subito dopo vengono il mio astuccio e un plico di fogli da schizzo giusto per essere sicura di non perdere la mano durante l'estate. E infine cibo.
Ci sono taralli, pane in cassetta, barrette di cioccolato, buste di caramelle, crackers e qualunque cosa sia riuscita a ficcare in borsa prima di partire. Queste sono quelle che io chiamo scorte di emergenza... Per le emergenze. Non che la nonna mi lasci a digiuno ma la sua idea di pranzo e cena è limitata a formaggio e pere con una piccola variazione di giovedì col pollo secco del mercato. Ecco. A me invece piace variare e sperimentare ma visto che l'arpia è gelosa della sua cucina, così come del giardino, non mi ha sfiorato nemmeno l'idea di proporle di dare una mano per i pasti. Infilo le provviste nel cassetto di mezzo del comò e mi dirigo in bagno dove scopro che:
A- la chiave dello stanzino è sempre la stessa, così prendo un'aspirina e degli asciugamani puliti.
B- che il mio spazzolino di quelli con la ventosa è ancora appiccicato al lavandino e che dovrò farlo sparire e
C- che non va lo sciacquone. Per cui penso mi farò i muscoli a trasportare la tanica d'acqua da svuotare dentro al water ad ogni uso.
Il bagno è una sorpresa continua soprattutto perché ora vi è una doccia. Vi starete chiedendo come facessimo prima a lavarci visto che qui non c'era fino a due anni fa e che giù da basso il bagnetto non poteva di certo averla piccolo com'è. In verità è molto facile. Ci si lavava a pezzi nei lavandini come dei veri uomini e, una volta a settimana, sfruttavamo le docce della piscina pubblica esibendo un abbonamento risalente alla sua inaugurazione. Poco importava visto che il controllore era cieco come una talpa. Trovo nella stanza singola una salopette di jeans che indosso andando poi a raggiungere la nonna in serra. Qui sto parecchio, aspettando che finisca di battezzare seme dopo seme quello che ha piantato. Quando finalmente si decide a rompere il suo voto di silenzio è per spedirmi in paese a comprare altra roba da piantare ma come le faccio notare è domenica e dopo uno sbuffo, un imprecazione poco fine rivolta alla betulla e una soffiata di naso nel fazzoletto mi manda a fare la tavola.
A cena, con formaggi e pere ovviamente, mi degna di qualche domanda che vertono su vari argomenti: la scuola, mia madre, mia sorella, se ho dato da mangiare a Barnabeus.
Terminato di lavare i piatti, mentre lei è fuori a fare il giro con l'innaffiatoio, io cerco di non farmi mangiare dalla palla di pelo riempiendogli la ciotola delle crocchette.
 
-Io vado di sopra...
 
Ricevendo un grugnito da lei e un miagolio dal gatto inizio a salire le scale.
 
-Buona notte anche a te adorabile nonnina!
 
 
14 Luglio 2014

Non voglio illudervi. Non sono una ragazza che aspetta che sia mezzogiorno per alzarsi.
Sono le sette e io sto scendendo le scale, la camera già rassettata, la borsa sulla spalla ed io pulita e profumata con indosso la salopette di mamma mi dirigo verso la colazione.
 
-Ciao nonna! Barny...
 
Riesco ad afferrare al volo un paio di biscotti prima di trovarmi in strada con dieci euro in mano. Con la lista di semi e germogli in borsa inizio la scalata della salita che mi porterà da Gio. Esino Lario si sviluppa su discese e salite e dopo i primi dieci passi i miei polpacci iniziano ad urlare pietà. In giro non c'è nessuno, non ancora. Gio è un ragazzo sulla trentina che veste sempre e solo di magliette con scolli a v e jeans risvoltati alle caviglie. Ha aperto un negozio per agricoltori ed è qui che tutti si riforniscono per alimentare il proprio orto. Ci si trova di tutto in effetti. Posto di fianco al negozio di alimentari, “da Bruno", attrae l'occhio con le sue tende a strisce bianche e verdi. È un capannetto senza pretese in legno che dà sulla strada. All'esterno, su un carrello da supermercato, sono esposti fiori di ogni colore. Margherite gialle, gigli bianchi, violette, non ti scordar di me. Dentro invece, addossati alle pareti ci sono espositori di prodotti, fertilizzanti e innaffiatoi. Più si avanza verso la cassa più si è sommersi da sacchettini di semi e piantine in attesa di germogliare in bicchierini da caffè in plastica. Ai lati della cassa dietro cui si nasconde Gio si trovano due librerie su cui sono ammassati senza un ordine preciso manuali di botanica e su tutto ciò che è verde. Quando mollo sul bancone tutto ciò che ho preso Gio alza lo sguardo e io ci leggo dentro tante di quelle emozioni che traballo.
 
-Elizabeth, sei tornata!
 
Ed in un men che non si dica mi trovo tra le braccia di quell'armadio di due metri cercando di respirare qualcosa che non sia il suo dopobarba. Gio è un po' un fratello per me. È iniziato tutto quando mamma mi aveva iscritto all'oratorio estivo di qua ed io mi nascondevo dietro al suo magazzino. Mi aveva preso subito in simpatia e quasi adottato. Nell'orario dell'oratorio mi permetteva di stare con lui al negozio insegnandomi tutto quello che c'era da sapere sulle piante. Quando però si era reso conto che il mio pollice verde era pressoché inesistente mi aveva piazzato a ricevere i semi nel magazzino, in cassa ed a disporre i prodotti sugli scaffali. Non c'è un perché sul fatto che mi chiami Elizabeth. Penso lo faccia per abitudine e basta.
Dieci minuti più tardi ci trovavamo a chiacchierare sugli sgabelli dietro al banco.
 
-Non hai idea di quanto mi sei mancata! Non avevi detto che non saresti tornata per tre anni volpetta! Dai fatti guardare Liz.
 
-No dai Gio!
 
Ma lui mi aveva già preso per mano e fatta girare come una trottola.
 
-Sei diventata proprio bella, bambina mia! Chissà quanti spasimanti avrai in città.
 
-Nessuno, non temere. Ci sei solo tu nel mio cuore.
 
E scoppiamo a ridere insieme.
Non mi ero resa conto di quanto mi fosse mancato.
 
* * *
 
-E potremmo sostituire le assi di fuori.
 
-Oh mio Dio posso verniciare il carrello? Ti prego, ti piacerà! Prometto.
 
-Mi avevi convinto a oh mio Dio!
 
Sono le undici e stiamo discutendo dei cambiamenti che potremmo fare al negozio. Appena gli avevo fatto notare che era ridotto ad un porcile ci eravamo messi entrambi a fantasticare sulle modifiche da fare. Ridiamo fin quando non ci fa male la pancia e quando do un occhio all'orologio sulla parete è già la mezza e mi costringo ad andare con lui che mi urla dietro di ricordarmi di parlare con mia nonna. Mentre affronto salite e discese ripenso alla proposta che mi ha fatto: andare a lavorare con lui. Ma non come le altre volte, quest'anno mi pagherebbe. Sono troppo felice. Insomma la mia estate non sarà così male, potrei anche sforzarmi di essere ben disposta nei confronti di Ade.
Giusto. Voi non lo sapete. Ade è come chiamo nonna, il suo nome è Adele ma trovo che Ade sia molto più appropriato. Che ne dite? Le calza a pennello.
Arrivo a casa e mi dirigo in cucina. Spalanco la finestra e mentre saluto nonna la informo che preparo io il pranzo. Dopo parecchie minacce, nemmeno tanto velate, e altrettante urla di nonna che cerca di convincermi a uscire dal suo territorio mi impossesso finalmente dei fornelli. Mentre spadello le dico quello che ho fatto oggi e anche della proposta di Gio.
 
-E quando dovresti andar lì per il turno?
 
-Pensavo di andare li verso le dieci e tornare per le sei a casa- spengo il fuoco- Così se hai qualcosa da comprare passo la mattina quando mi sveglio - impiatto - e poi ci torno più tardi... Che ne dici?
 
Le chiedo mentre finisco di preparare la tavola.
 
-Direi che va bene. Però la domenica la passi con me, ok?
 
Dire che Ade mi sembra fin troppo eloquente e caritatevole è un eufemismo. Accetto e accendo il piccolo televisore che abbiamo sopra ad un piano di fronte al tavolo. Mangiamo poco più tardi davanti ad un film e riesco a tenerla a tavola fino alle due mentre commentiamo cattivamente il taglio di capelli del protagonista e la doppiatrice dell'amante. Quando lei si dirige di nuovo in giardino io mi offro di raccogliere un po' di frutta. Proprio così, abbiamo parecchie piante che hanno fruttato. Faccio strage di lamponi, more, ribes, e le ultime fragole rimaste anche se alla fine sono più i frutti che mangio che quelli nel contenitore. Alla fine ho raccolto abbastanza per una marmellata e passo il pomeriggio a lavarla, controllarla una seconda volta e a passare il fiammifero sulla bocca dei vasetti sotto lo sguardo vigile di Barnabeus che mi scruta affianco al cestino del pane. Della marmellata si occupa la nonna la sera, lei dice per scaldare l'ambiente ma so che è un'abitudine ormai. Prima aspettava che il nonno staccasse dal lavoro per farla insieme a lui ma quando era venuto a mancare, ormai sette inverni fa, aveva mantenuto questo rito.
Mi chiamo Elisa, ho sedici anni e forse la mia estate non sarà uno schifo.
 
 
15 Luglio 2014

Eccitazione.
Non riesco a stare ferma. Sono già uscita due volte questa mattina. Alle nove prendo la borsa e mi catapulto fuori salutando Ade e arrischiandomi a fare una carezza a Barny. Visto l'anticipo faccio il giro più largo per arrivare al negozio: mi imbatto prima in un cretino su di un'ape che quasi mi investe e manda a quel paese il mio buon umore e dopo in delle bancarelle ancora in allestimento giù nella piazza. Ci passo davanti saltando quando qualcosa attira la mia attenzione.
Dieci minuti dopo faccio la mia entrata trionfale al negozio, danzando e piroettando con in mano una campanella con un sorriso che va da un orecchio all'altro.
 
-Gio guarda che ho trovato, mettiamola sulla porta pensa che bello!
 
Continuo a girare scampanellando fino a quando non sento una voce sconosciuta.
 
-Non mi hai detto che Heidy lavorava con noi. Dove hai lasciato le pecorelle?
 
Mi fermo di colpo e dopo un paio di secondi impiegati per non crollare a terra riesco a mettere a fuoco la figura di Gio che ride tenendosi la pancia e quella di un nuovo ragazzo. La mia espressione si cristallizza ma quando faccio per rispondere a tono Gio mi interrompe.
 
-Buona Liz, frena la lingua. Lui è Sam e bhe... Da oggi ci dà una mano.
 
Forse, e dico forse, mi sarei potuta trattenere un tantino di più ma in quel momento avevo una gran voglia di menare le mani. Quando Gio mi porta sul retro so già cosa aspettarmi: una gran lavata di testa. Quando fa così non lo sopporto, si comporta come se fosse un adulto, come se cinque minuti prima non stesse pensando di andare da Bruno a ingozzarsi di caramelle.
Quando però mi abbraccia mi sciolgo e gli rispondo che sì, mi sforzerò di non picchiarlo. Mi riporta in negozio sotto la sua ala protettiva, ancora col braccio sulle mie spalle. Mentre Gio si mette in cassa io mi occupo di ordinare i sacchetti di semi nel lato destro e l'individuo quelli del sinistro.
 
-Il tuo vero nome?
 
Faccio scena muta. E Gio risponde per me.
 
-Elizabeth.
 
-Anni?
 
Ancora silenzio da parte mia.
 
-Sedici.
 
Ora strangolo Gio, davvero.
 
-Ei, devo andare a comprare le vernici alla chiusura mi accompagni Gio?
 
-Sono sicuro che Sam sarà felicissimo di accompagnarti. Dai ragazzi vi aspetto per pranzo, avete tutto il tempo di andare giù -si riferiva al supermarket della città poco più sotto di Esino - forza, ancora qui siete?
 
Ok. Si poteva considerare un uomo morto.
 
* * *
 
Tieni la calma, calma.
Calma. Il fatto che fosse lui sta mattina ad averti quasi investito non deve scalfirti. Sta buona Elisa. I primi dieci minuti di viaggio sulla sua ape car li impiega a fare domande, troppe domande. Domande a cui non ho intenzione di rispondere. Quando però inizia a centrate tutte le buche della strada sbotto.
 
-Non ci credo che le stai prendendo apposta!
 
-Allora parli anche bimba.
 
Bimba? Ma come si permetteva? Razza di cretino se solo non lo avessi promesso a Gio ti avrei già spremuto come un'arancia, sprimacciato come un cuscino, lanciato addosso Barny e, e, e...
Mi giro di scatto verso di lui, per tutto il viaggio avevo fissato fuori dal finestrino, e lo osservo con gli occhi ridotti a due fessure con il miglior atteggiamento ostile che trovo in repertorio. Jeans stretti grigi rotti sul ginocchio destro, maglietta con le maniche lunghe tirate su al gomito, pearcing all'orecchio destro e cappellino. Nell'insieme? Un pallone gonfiato. Il fato infame, o Barny offeso per essere stato tirato in ballo non so, piazzò una buca gigante sull'asfalto che prese in pieno facendomi scivolare sul sedile arrivando praticamente in braccio a lui. Dio, che vergogna!
 
-Bimba, bastava dirlo che volevi state più vicina.
 
Il suo braccio corre sulle spalle mentre parcheggia al di fuori del supermercato. Mi scosto di scatto uscendo di tutta fretta sbattendogli la portiera sul muso.
 
-Sta qui, faccio in fretta.
 
Sfreccio dentro e mentre percorro le corsie il cuore pompa imbarazzo sulle mie guance. Ma perché?
Filo a prendere quello che mi serve e a mettermi in coda. Quando esco in strada mi dirigo al parcheggio ma non vedo l'ape. Faccio in tempo a girarmi verso la strada che l'auto si accosta a me.
 
-Ei principessa salta su!
 
-Ma dov'eri?
 
-Sigarette.
 
E mi sventola davanti un pacchetto.
Tornati Gio ha ordinato delle pizze e in due minuti stiamo mangiando tra le battute di Sam, i miei ringhi e brontolii e i tentativi di Gio di placare gli animi. Questo pomeriggio il lavoro non è molto e ci troviamo a mangiare caramelle come fossero popcorn.
 
-Poi si è girata e l'ha mandato a quel paese!
 
-Gio di le cose come stanno, quel cretino prima mi da dell'incompetente e poi non si scusa neanche quando gli faccio notare che il resto che gli ho reso è giusto! È già tanto che non gli abbia tirato la scopa in testa...
 
-Violenta la bambina!
 
Si intromette Sam ridendo delle nostre avventure al negozio.
Non è male alla fine. Insomma è spocchioso e parecchio permaloso ma... Ma niente! Non vi devo nessuna spiegazione cavolo!
Di nuovo sento le guance andarmi a fuoco.
Mi chiamo Elisa, ho sedici anni, vengo da Monza e passerò la mia estate ad Esino Lario.
Che altro?
Ah già.
Penso potrebbe probabilmente piacermi un fagotto di altezzosità chiamato Sam.
Ma che bello.
 
 
 
 
Angolino Autrice:
Ebbene sì… sono qui di nuovo. Con una storia che si è scritta praticamente da sola.
Mi piacerebbe sapere che ne pensate perché è da un po’ che sono uscita dal giro.
Bhe gente, non mi dilungo troppo quindi vi saluto e vi ringrazio per essere passati ed arrivati qui.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: L_Lizzy