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Autore: PattyOnTheRollercoaster    10/07/2014    3 recensioni
«Insomma, un uomo ti bacia e subito inizia a toccarti il sedere. Che cosa dovevo pensare?»
«Ma, voglio dire, era lì. Tu eri lì, lui era poco più in basso, ho pensato che toccarlo non fosse un problema.»
Yasmine annuiva. «Certo, ma certo. A me non è dispiaciuto, a lui neanche. Ho solo… male interpretato il gesto.»
Benedict fece per dire qualcosa, ma poi rise. «Se avessi saputo che una semplice palpata avrebbe portato a tutte queste incomprensioni, mi sarei tenuto le mani in tasca.»
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benedict Cumberbatch, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quattro
Il delfino





I delfini si tuffano per vari motivi. Uno dei più importanti è la comunicazione. I delfini comunicano non solo tramite il loro tipico “verso” ma anche attraverso i loro tuffi.

   «Benedict, io credo che tu la stia prendendo un po’ troppo sul personale.»
   «E come altro la dovrei prendere? Prima fa così e poi dice che siamo amici.»
   «Be’ ma è vero, siete amici.»
   Ben puntò l’indice contro il suo assistente che, ignaro di tutto, proseguiva il suo lavoro in un angolo. «Gli amici non ti portano un decaffeinato quando gli chiedi un caffè forte. Che me ne faccio del decaffeinato? Chi lo ha inventato? A cosa serve?!»
  Martin sospirò e mise le mani in tasca mentre una ragazza gli sistemava di nuovo il trucco. «Davvero stai facendo tutte queste storie per un decaffeinato? Io credo che tu sia sottopressione per qualcos’altro.»
   Benedict sbuffò.
   Erano sul set di Sherlock, assieme a Mark e al resto della troupe. Avevano iniziato da soli due giorni ma Ben si sentiva come se fossero lì da un mese. Era piena estate e fuori dalla location di Baker Street si alternavano raggi di sole cocente a nuvoloni accompagnati da folate di vento gelido.
   «Io non sono sottopressione.» Così dicendo tirò fuori una sigaretta e l’accese con tutta la stizza che poteva dimostrare.
   «Certo, è chiaro… Come sta Yasmine?», domandò Martin con finto tono noncurante.
   Benedict s’irrigidì nel sentirla nominare. Tentò di adottare un tono disinteressato. «Bene, credo. Non ci sentiamo da un paio di settimane.»
   «Quindi non siete usciti assieme?»
   «No… no! Perché avremmo dovuto?»
   Martin alzò gli occhi al cielo. «Forse perché stai diventando una donnetta isterica da quando non la vedi. E sono passate poche settimane.»
   «Hmp!» Ben scrollò le spalle, come se la faccenda non lo interessasse. «Non è vero.»
   «Benedict», lo chiamò l’amico, aspettando che si voltasse. Quando furono faccia a faccia prese un grosso respiro e disse: «Lei ti piace, non è vero?»
   «Pfff, ma che dici?»
  «Andiamo, perché non vuoi dirmelo? Lo so che ti piace. Hai passato tutto il tempo da quando sono iniziate le riprese di “La conversione di Philip” a parlarmi di lei, poi ad un tratto hai smesso e non vi sentite più. Avete litigato? Lei è fidanzata?»
   Ben esitò, prese un altro tiro dalla sigaretta e si grattò il mento, guardandosi attorno. «No, non è fidanzata. E non abbiamo litigato.»
   «E allora? Lei ti piace, si capisce che ti piace. Perché non le chiedi di uscire?»
   «Credo che non sia interessata.»
   «Ma gliel’hai chiesto?»
   «No ma…»
   «E come fai a saperlo allora?», domandò Martin allargando le braccia, un sorriso dipinto sul volto.
   «Be’ noi», Benedict si zittì un momento mentre un tecnico del suono passava di lì, «l’ultimo giorno di riprese siamo usciti tutti assieme e poi la sera io e lei… noi, insomma, ci siamo baciati e siamo andati in camera e, sai, una cosa tira l’altra…»
   Martin attese paziente, senza capire quale fosse il problema.
  «Il mattino dopo l’ho sentita dire a una delle attrici che noi siamo solo amici. Capito ora perché non è interessata?» Benedict si guardò di nuovo attorno, quasi con disperazione. «Insomma, io pensavo che dopo quello saremmo stati assieme, o per lo meno saremmo usciti, ma non ci siamo più sentiti invece. Ogni tanto ci scriviamo, ma come possiamo scriverci io e te, o due amici normali. Niente di che, nemmeno un flirt via sms, nulla.»
  Martin parve perplesso. «Be’, magari ha detto così a quella ragazza perché non avete chiarito la situazione. Oppure perché non sono così amiche. Insomma Ben», l’uomo si strinse nelle spalle, «quanti anni hai detto che ha?»
   «Troppo pochi.»
   «Be’, l’importante è che sia maggiorenne e consenziente, comunque oggi come oggi il sesso non è, per tutti, sinonimo di relazione. Perché non uscite e basta? Tu le dici che lei ti piace e vedi che cosa ti risponde.»
   Ben fece una smorfia. «Ma non sono sicuro…»
   «Ma non puoi essere sempre sicuro!», esplose Martin, al limite della pazienza. Uno dei cameraman si volse a guardarli, al che l’uomo abbassò la voce. «Voglio dire… non puoi stare solo con donne che chiaramente sbavano per te perché sei sicuro che vogliano una relazione. Se questa ragazza ti piace, dovresti dirglielo. Avanti, tuffati per una volta. E se non va bene, andrà meglio la prossima volta.»
  «Fra un minuto ricominciamo!» La voce di Mark Gatiss distrasse Martin dal loro discorso. L’uomo diede a Ben una pacca sulla spalla e si allontanò.
   Benedict rimase a guardare la schiena dell’amico, ripensando alle sue parole. Era una buona idea, lo sapeva. Anzi era l’unica idea che avesse un senso, l’unica idea che poteva prendere in considerazione un adulto. Ma lui, negli ultimi tempi e soprattutto quando si parlava di Yasmine, non poteva considerarsi adulto. E non era mai stato particolarmente adulto quando si trattava di capire quando valeva la pena rischiare e, come aveva detto Martin, tuffarsi. Ma prima o poi doveva imparare a farlo. Un bel tuffo, come quelli dei delfini.

Durante la caccia, i delfini si tuffano per confondere i banchi di pesci.

   Quella settimana Yasmine aveva avuto il compito di aprire la galleria per la quale lavorava. Il suo capo era andato a Oxford per fare delle lezioni agli studenti di storia dell’arte e le aveva lasciato le chiavi del negozio. La galleria d’arte non era molto grande, aveva quattro stanze da esposizione e una saletta per i dipendenti dove potevano lasciare le borse e trascorrere una pausa caffè. Non era molto grande, ma era anche vero che oltre a Frederick, il proprietario, gli unici altri dipendenti erano Yasmin e David, la guardia. Il negozio si trovava in una zona molto centrale e trafficata, vicino a Regent’s Park. Yasmine era contenta che Frederick si fidasse di lei a tal punto da lasciarle la completa gestione della galleria. Le sarebbe piaciuto che succedesse più spesso.
   Mancavano dieci minuti all’orario di chiusura per la pausa pranzo, che era di un’ora, quando Yasmine alzò lo sguardo da dietro il bancone di benvenuto, sentendo la porta aprirsi. «Benedict, ciao», salutò sorpresa quando lo vide entrare e sorriderle. La ragazza uscì da dietro il bancone e lo abbracciò, sotto lo sguardo attento di David, un metro e novanta di puro muscolo. «David, lui è un mio amico, Benedict.»
   I due si strinsero la mano e la ragazza propose a Ben di fare una giro lungo la galleria. «Che cosa fai da queste parti?»
   «Non sono mai venuto a vedere la tua galleria d’arte, ed era da un po’ che non ci sentivamo, così…» L’uomo si strinse nelle spalle. «Fai una pausa per pranzo?»
   Yasmine guardò il cellulare. «Dieci minuti, poi vado.»
   «Ti va di mangiare qualcosa assieme?»
   «Perché no?»
   Benedict si fermò di fronte a quello che pareva un vaso di latta preso a manganellate. «Che… che cosa dovrebbe rappresentare?», domandò indicandolo.
   Yasmine si strinse nelle spalle. «Be’ sai, c’è a chi piace avere un cestino per i rifiuti di design.»
  Dopo aver discusso sull’utilità di avere un cestino per i rifiuti di design i due uscirono a pranzo, fermandosi in un locale poco lontano e prendendo posto in uno dei tavolini all’aperto.
   «Come va il montaggio del film?»
  «Quasi finito. In realtà non mi occupa moltissimo tempo, Jerry mi invia ogni settimana qualche file da guardare e devo dire che sono tutti perfetti. E poi, insomma ammettiamolo, io non saprei come farli diversamente. Voglio dire, non è il mio lavoro, non ho idea di come si faccia!»
   «Capisco- Ah, grazie.» Benedict scostò il tovagliolo per fare spazio agli spaghetti di soia che il cameriere gli aveva portato e quando questi se ne andò lui e Yasmine incominciarono a mangiare.
   «Il mio è buonissimo, vuoi assaggiare?», domandò la ragazza.
   «Cos’è?»
   «Gnocchi cinesi con funghi e bambù.»
   «Scambio culturale?», domandò Benedict allungando il suo piatto alla ragazza.
   Lei si strinse nelle spalle. «Perché no?»
  Quando i piatti tornarono ai loro proprietari Benedict bevve un sorso di coca cola e si schiarì la voce. «Stavo pensando… Forse una sera potremmo uscire, impegni permettendo.»
   «Che cosa stai facendo ora?»
   «Sto girando un’altra stagione di Sherlock. Abbiamo appena iniziato. Mi prende tutto il giorno, a volte la sera, ma non ho altri impegni a parte quello. Pensavo», l’uomo si strinse nelle spalle, «che potevamo andare a cena assieme.»
   Yasmine si fermò con una forchettata di gnocchi a mezz’aria e sorrise. «È un appuntamento?»
   Benedict fece una smorfia indecisa. «È molto importante?»
   «Solo per sapere a cosa devo prepararmi. Ci sono molte opzioni.»
   Ben sorrise e incrociò le braccia. «Ma dai? Sentiamo.»
   «Be’ potrebbe essere una semplice uscita fra amici, oppure un appuntamento galante, oppure potrebbe essere... come l’ultima volta.»
   Al sentire quelle parole, Benedict raggelò. Non poteva, non doveva essere come l’ultima volta! Perché l’ultima volta era stato fantastico, certo, magnifico, e non avrebbe disdegnato una replica, ma dopo averci pensato bene era stato solo sesso. Lui non voleva solo sesso, da Yasmine. Voleva una storia. Voleva invitarla a dormire da lui nel weekend, organizzare piccole gite fuori città, presentarla agli amici, conoscere la sua famiglia. Ecco perché raggelò, al ricordo di com’era stato l’ultima volta, e le uniche parole che gli vennero in mente, e che pronunciò precipitosamente e con un enfasi che venne male interpretata, furono: «No! Come l’ultima volta no.»
   Yasmine si ritrasse un poco e il lieve sorriso che le era comparso in volto, svanì. «Oh, scusa, non intendevo…» Guardò altrove e prese fiato. Tornò a fissare gli occhi su Benedict. «Se non vuoi, possiamo non parlarne più.»
   «Come?»
  «Di quello che è successo. Se tu non vuoi, faremo finta che non sia successo nulla.» Con grande sforzo, sorrise, come se la cosa non le pesasse. La verità era che si era sentita oltremodo felice quando aveva visto Benedict entrare in negozio, e che nelle ultime settimane era tornata spesso, con la mente, ai momenti trascorsi assieme a lui. Le piaceva Benedict. Era un uomo simpatico, alla mano, molto intelligente e stare con lui – sentirsi a suo agio con lui – era facile. Non era affatto preoccupata del divario dell’età, non ci aveva mai pensato ad essere sinceri, per il semplice fatto che lei non lo sentiva,
   L’uomo scosse la testa. «Non è che mi sia dispiaciuto, al contrario. Solo, la prossima volta che usciamo possiamo non farlo. Insomma, se tu vuoi, per me va bene, ma se non vuoi…»
   Yasmine aggrottò le sopracciglia. «Sono confusa…»
   «Anche io.»
   I due rimasero un attimo in silenzio, poi la ragazza prese fiato e domandò: «Che cosa vuoi, Benedict?»
  L’uomo non poté impedirsi un sorrisino. Era arrivato il momento, come aveva detto Martin, di tuffarsi. Prese fiato e guardò Yasmine negli occhi. «Tu mi piaci, vorrei che uscissimo assieme come ad un appuntamento. L’altra volta… sono stato un cretino, pensavo che dopo quello che era successo ci saremmo fidanzati, in automatico.» Scosse la testa. «Sono proprio un vecchio eh?»
   Yasmine ridacchiò e gli diede una leggera botta sul braccio. «Scemo. Non sei un vecchio. Io… non credevo che volessi uscire con me. Quella sera, in ascensore, pensavo che dopo esserci baciati sarebbe finita lì, per il momento. Invece, poi», Yasmine si guardò attorno e si chinò sul tavolo, bene attenta a non farsi sentire da nessuno, «mi hai toccato il sedere, e allora credevo che per te fosse solo una questione fisica.»
   Benedict fece una smorfia. «Perché ti ho toccato il sedere?»
   La ragazza parve imbarazzata. «Be’ sì. Insomma, un uomo ti bacia e subito inizia a toccarti il sedere. Che cosa dovevo pensare?»
   «Ma, voglio dire, era lì. Tu eri lì, lui era poco più in basso, ho pensato che toccarlo non fosse un problema.»
   Yasmine annuiva. «Certo, ma certo. A me non è dispiaciuto, a lui neanche. Ho solo… male interpretato il gesto.»
  Benedict fece per dire qualcosa, ma poi rise. «Se avessi saputo che una semplice palpata avrebbe portato a tutte queste incomprensioni, mi sarei tenuto le mani in tasca.»
   Yasmine rimase seria ma poco dopo non poté trattenersi e rise anche lei. Uscirono dal locale e Benedict si offrì di accompagnare la ragazza fino alla galleria. Prima di entrare le chiese: «Allora va bene? Che ne dici di domani sera?»
   «Per me va bene.»
   «Passo a prenderti alle otto allora.»
   Yasmine sorrise e si salutarono con un bacio sulla guancia. Per non destare incomprensioni.

Alcuni studiosi, osservando l’indole giocosa dei delfini, affermano che i delfini si tuffino per giocare e divertirsi.

   I flash dei fotografi erano come piccole esplosioni di luce, tanto potenti quanto fastidiose. Yasmine ci mise un po’ ad abituarsi e quando i suoi occhi non vennero più accecati dalle luci poté distinguere l’entrata del cinema. Tutte le persone con le quali aveva lavorato erano lì, vide Dominic e Jerry che si facevano fotografare assieme, poi gli occhi del regista caddero su di lei.
   «Yasmine!» Le fece segno di raggiungerlo.
   «Dom, ciao!» La ragazza si avvicinò e salutò entrambi, poi si misero in posa qualche attimo per farsi fotografare. «Dove sono gli altri?»
   «Gli altri sono arrivati prima di noi, sono già dentro al cinema, ma non ho ancora visto Benedict.»
   «Siamo venuti assieme, eccolo lì.» Yasmine indicò un punto dove i fotografi stavano creando una piccola folla.
   Dominic le lanciò un’occhiata di sbieco. «Ah, siete venuti assieme. Come sei elegante!», esclamò poi sorridendo allegro.
   «Grazie.» Yasmien girò su sé stessa mostrando l’abito da sera. Non era certo paragonabile a quello delle stelle di Hollywood, ma le piaceva come le stava. Era color blu notte con qualche brillantino qua e là, lo scollo a v scendeva fino a sotto il seno senza però mostrare nulla, la gonna cadeva morbida sulle gambe e uno spacco sulla destra saliva fino a metà coscia. Il tutto accompagnato da una spilla argentata che i suoi genitori le avevano regalato.
   Era a forma di delfino, il suo animale preferito.
   Benedict li raggiunse e salutò Dominic e Jerry.
   «Allora, Yasmine mi ha detto che siete venuti assieme», commentò il regista con un piccolo sorriso.
   «Già, è così infatti.» Benedict fece scivolare una mano a prendere quella di Yasmine e la ragazza ringraziò il trucco di coprire le sue guance che si arrossavano.
   «Ottimo! Vogliamo entrare?»
   I quattro si incamminarono verso l’entrata del cinema, seguiti dal rumore delle fotocamere. Yasmine credette che sarebbero esplose a forza di fare fotografie, quando Benedict si chinò su di lei per parlarle all’orecchio, sempre tenendole la mano. La ragazza fu molto sollevata quando furono al riparo delle mura del cinema.
  Prima dell’inizio del film c’era ancora qualche minuto, così cercò con lo sguardo la sua famiglia e andò loro incontro. I suoi due fratelli, sua madre e il suo compagno, erano già seduti al loro posti. «Ciao, avete avuto problemi ad arrivare fino a qui?»
   «Oh no, figurati, abbiamo preso un taxi», disse sua madre, tutta un sorriso. «Ah! Hai messo la spilla!»
   «Sì», Yasmine giocherellò con il delfino all’altezza della spalla. «Ci sta bene, vero? Comunque, ho pensato che magari domani sera potrei farvi vedere il mio appartamento. Potete venire a cena.»
   «Perché no? E poi così ci presenti il tuo fidanzato!»
   Yasmine sorrise. «Non vede l’ora. Si sta facendo mille pensieri già da quando gli ho detto che sareste venuti.»
   «Chi interpreta nel film?», domandò Cam, il fidanzato di sua madre.
   «Il protagonista, Philip. Comunque ha fatto molti altri film, è quello che fa Sherlock!»
   Fabian, uno dei suoi fratelli, sgranò gli occhi. «Stai con Sherlock?!»
   «Si chiama Benedict», rispose Yasmine piccata.
   «No, impossibile, si chiama Sherlock.»
   «Ma…», sua madre parve perplessa, «quanti anni ha?»
   «Trentotto.» La ragazza alzò lo sguardo e individuò Benedict fra la folla. «Eccolo, Ben!» Agitò le mani e le fece segno di raggiungerlo.
   Benedict la scorse e si avvicinò, salutando un amico e augurandogli buona visione. «Ciao. Iniziano fra poco, andiamo a sederci? Siamo vicino a Jerry.»
   «Sì certo, volevo presentarti i miei genitori.»
  Benedict strinse la mano a tutti, pensando che non si era mai sentito tanto nervoso e sperando che non gli sudasse la mano. Chissà cosa pensavano di lui, forse credevano che fosse un vecchio bavoso che si era accaparrato la loro figlia con il fascino della fama e dei soldi. Oppure… meglio non pensarci, la mano cominciava a sudare.
   «Ci vediamo a fine serata.» La ragazza salutò i suoi familiari e Ben, tenendola per mano, la condusse ai loro posti. Quando furono seduti uno di fianco all’altro la ragazza si avvicinò al suo orecchio. «Ho invitato i miei per cena domani sera, devi venire anche tu.»
   «Per cena? Dobbiamo andare a letto presto, dopodomani dobbiamo andare con Martin e le bambine a pattinare, ricordi?»
   «Ah giusto…» Yasmine si morse un labbro. «Possiamo fare una cosa veloce, gli spiego che mi ero scordata di un impegno al mattino dopo. Puoi rimanere a dormire da me, così facciamo prima.»
   «Dovevamo invitarli a casa mia, è più vicina.»
   «Ma loro vogliono vedere casa mia, non casa tua», bisbigliò Yasmine.
   Benedict si volse di scatto verso di lei, esprimendo qualcosa a cui stava pensando da un po’. Appena prima di aprire bocca venne assalito dai dubbi: forse non era il posto adatto o forse dovevano aspettare ancora un po’. Forse gli alieni li avrebbero invasi o la regina avrebbe deciso che, dopotutto, una repubblica non era così male! Forse, forse, forse! Benedict scacciò dalla mente tutte queste possibilità (quella degli alieni non era poi così improbabile, no?) e prima di potersene pentire disse a Yasmine: «Vieni a vivere a casa mia.»
   Le luci si spensero e l’ultima immagine che vide Benedict fu quella del viso della ragazza, girato verso di lei, in un’espressione di totale sorpresa. L’uomo si sistemò meglio sulla poltrona. Yasmine lo imitò. Nel buio, senza essere vista da nessuno, sorrise. Si chinò verso Benedict. «Okay, ci sto.»
   Benedict si guardò le mani, illuminate dallo schermo che si era acceso, e non poté reprimere un sorriso. Allungò una mano e prese quella di Yasmine. Appena prima che iniziasse il film, Ben non resistette e domandò: «Credi che abbia fatto buona impressione?»
   «Ma certo. Nemmeno tu puoi fare cattiva impressione in due minuti», sussurrò Yasmine.
  L’uomo le diede una leggera gomitata, ma sorrideva. Mentre il film incominciava si ritrovò a pensare che adorava quelle piccole, intime discussioni. Era andato tutto come aveva sperato. Piccole gite fuori città, dormire assieme nei weekend – e, fra poco, dormire assieme tutte le notti – presentarsi agli amici, conoscere le famiglie. Tutto era perfetto. Alla fine, aveva fatto bene a tuffarsi. Certo, era ancora una tartaruga dentro di sé, ma sapeva quando valeva la pena trasformarsi in delfino e quanto potevano essere divertenti i tuffi.





Fine





Questa fanfiction non è stata scritta a fini di lucro ma per divertimento. Nessuna delle persone reali citate sono a conoscenza di questa fanfiction. I nomi di vie e città sono stati utilizzati per dare verosimiglianza alla storia.




















Buondì a tutti!
Wooo! Non pensavo che questa storia sarebbe stata così difficile da portare a termine. L'avevo iniziata per gioco (giusto per avere una scusa per cercare foto e notizie su Benedict XD) ma alla fine è diventata importante: questa è la fanfiction con la quale torno su EFP dopo tanto, tanto tempo. Che dire? Spero che vi sia piaciuta!
Ringrazio molto le persone che hanno letto e commentato. Mi raccomando, dobbiamo continuare a scrivere fanfiction su Ben, questa sezione è troppo poco frequentata! Se Ben lo venisse a sapere la sua vita ne sarebbe distrutta! ...o forse no.
Comunque, a presto con nuove fanfiction :)
Patrizia
   
 
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