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Autore: Hiros    10/07/2014    2 recensioni
{ one-shot | Yukine centric }
Aprì gli occhi come per la prima volta, come un bimbo appena nato che dopo qualche giorno dalla nascita si fa forza per cercare di dischiudere i suoi occhietti e vedere il mondo intorno a lui.
Ma, diversamente da un neonato, che, aprendoli, si ritrova in un ambiente caloroso tra persone e voci conosciute, Yukine scoprì di trovarsi tra la neve, fredda e gelida, tremante. Girando lo sguardo vedeva bianco ovunque che copriva ogni cosa, ed era difficile capire dove si trovasse.
[...] “Sono solo, sono solo” continuava a ripetersi. “Dov’è il mondo?”, si domandò, “non c’è nessuno là fuori? Il mondo mi manca”. Piangeva e sentiva che il freddo continuava a congelare le sue vene e la solitudine a prendere possesso della sua anima.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Yukine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando apriva gli occhi vedeva la solitudine



Aprì gli occhi come per la prima volta, come un bimbo appena nato che dopo qualche giorno dalla nascita si fa forza per cercare di dischiudere i suoi occhietti e vedere il mondo intorno a lui.
Ma, diversamente da un neonato, che, aprendoli, si ritrova in un ambiente caloroso tra persone e voci conosciute, Yukine scoprì di trovarsi tra la neve, fredda e gelida, tremante. Girando lo sguardo vedeva bianco ovunque, che copriva ogni cosa, e gli era difficile capire dove si trovasse.
Si alzò, tenendosi stretto alla parete – o almeno era quello che pensava che fosse – e, spingendosi in avanti, cercò di camminare un po’, di riprendere il controllo delle gambe che erano rimaste a lungo ferme, visto che a ogni passo il suo equilibro vacillava e mancava poco che cadesse e si ritrovasse con le ginocchia nella neve.
Si avvicinò a ciò che all’apparenza sembrava un armadietto e, pulendo la neve che lo ricopriva, trovò delle scarpe. In un primo momento le guardò semplicemente sorpreso, ma poi, come se gli fosse venuta un'illuminazione, si girò e guardò il punto in cui era seduto raffreddolito precedentemente, e si accorse come quello che pensava fosse un muro a cui si era appoggiato per darsi la spinta per alzarsi e camminare era in realtà un altro armadietto, in cui si potevano scorgere altre scarpe.
Continuò a guardarsi attorno, in cerca di altri segni che gli confermassero il suo dubbio: un corridoio, finestre, una porta d’entrata.
Sì, non c’era dubbio. Lui si trovava in una scuola.
Gridò.
 
Lui odiava la scuola, da quando era morto. Vedeva gli sguardi sorridenti e le risate tra amici e gruppi di ragazzi uniti, mentre lui era solo, sempre solo. Non c’era compagnia dal lato opposto della vita, solo tanto freddo e tanta solitudine.
Gridò nuovamente. Era come se la neve gli volesse entrare nelle vene, per congelarlo nella sua eterna solitudine. Il freddo faceva male, gli toglieva il fiato e gli congelava le lacrime che uscivano copiose dai suoi occhi tormentati.
Si strinse nelle spalle e serrò gli occhi con forza. Continuava a urlare a gran voce, chiedendo aiuto. “C’è qualcuno là fuori?”, gridava. Ormai tutto quello che vedeva era buio, senza riuscire a scrutare altro, e tutto quello che sentiva era silenzio, non solo del mondo che lo circondava, ma anche del suo animo.
“Sono solo, sono solo” continuava a ripetersi. “Dov’è il mondo?”, si domandò, “Non c’è nessuno là fuori? Il mondo mi manca”. Piangeva e sentiva che il freddo continuava a congelarlo e la solitudine a prendere possesso della sua anima.
D’un tratto sentì una voce, come una luce di speranza nella sua solitudine, tutto quello che aveva chiesto e desiderato. Aprì gli occhi e davanti a sé si ritrovò un ragazzo sorridente che gli porgeva la mano, che sembrava volesse essere suo amico. Così Yukine, con le labbra che gli tremavano, sussurrò “Piacere, sono Yukine”, ma tutto quello che tornava era la sua voce, un eco lontano che rimbalzava tra le pareti di un edificio vuoto.
Si ritrovò a capire che era soltanto una mera illusione, quella, creata dalla solitudine per metterlo alla prova. Quindi chiuse gli occhi in modo violento e ancora più forte di prima, e le mani, che prima stringevano le spalle, le portò alle orecchie, tappandosele, per non sentire niente, per non illudersi.
Ormai il freddo e la solitudine avevano quasi preso il completo possesso di lui, tutto quello che continuava a vedere era solo nero, non avrebbe mai rivisto la luce, nemmeno un piccolo faro di speranza avrebbe scorto mai.
 
Perché lui era solo, perchè la solitudine era tutto quello che vedeva intorno a lui, nel mondo, quando apriva gli occhi per la prima volta.






 
— NOTE AUTRICE.
Chiedo perdono, perdono per aver partorito questa one-shot al limite del deprimente, e poi anche come prima fiction che scrivo sul fandom di Noragami! Ma io che ci posso fare. Nonostante l’anime abbia un happy ending, mi ha colpito molto Yukine come personaggio e ogni volta che penso a lui non riesco a non pensare alla sua storia, al suo dolore, al freddo e alla solitudine. Proprio non ci riesco. Ed è forse anche per questo che lo amo tanto, provo un profondo affetto per lui, forse un istinto protettivo materno. Comunque sia, ho scritto questa breve introspettiva dopo aver ascoltato la canzone ‘Echo’ di Jason Walker, che sto amando. E niente. Spero che abbiate gradito almeno un po’ questa one-shot, e se vi fa piacere, fatemi pure sapere cosa ne pensate. Con questo è tutto. Spero di ritornare un giorno su questo fandom, con un nuovo scritto e/o solo come recensore.


× Haru
   
 
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