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Autore: Rosencranz    10/07/2014    2 recensioni
Un tempo vi era un uomo.
Vi erano dei luoghi, vi erano degli eventi, vi erano degli attori di un palcoscenico chiamato "mondo".
Un tempo, vi era un uomo che aveva in mano un filo, un singolo filo.
Intrecciato a questo filo, fili appartenenti ad altri uomini, ad altre vite, ad altri palcoscenici e ad altri eventi.
Assieme, questi fili hanno formato nel tempo un Arazzo, ed il disegno di questo Arazzo, è quello che i meno consapevoli tendono a chiamare "Vita".
Lui, si è limitato a chiamarlo "Cammino".
Questi, sono i diari del suo cammino, e del cammino di coloro che hanno deciso di accompagnarlo.
Genere: Introspettivo, Mistero, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Babilonia.



Esiste una Babilonia celeste collegata a quella terrestre, o così mi ha detto l'Ebreo, mentre camminiamo per i vicoli di questa città del mediterraneo. Non ricordo il nome, si trova a nord comunque, oltre il valico delle Alpi. Vi hanno combattuto una battaglia secoli addietro, e le grida dei morti ancora permeano il terreno.
Raccontano che in certe primavere nascano ancora fiori con i petali rosso sangue, e che se usati per preparare infusi durante le notti dove la luna è satura della luce solare e dove il suo volto si mostra solo per il quarto calante possano permettere di parlare con gli spiriti deceduti di morte violenta.
In questo paese le donne parlano una lingua segreta fatta di segni sconosciuti agli uomini, e portano abiti che verrebbero considerati licenziosi nel ventre di santa madre chiesa. Eppure nei loro occhi vedo un sapere che a tutt'ora mi sfugge, e che purtroppo non sono riuscito ancora a trovare, sebbene le mie vite siano oceano e la loro un semplice passaggio di schiuma.
S.G. ci ha raggiunto dopo giorni, l'abbiamo incontrato lungo il sentiero, lui ed il Giovane si sono di nuovo persi di vista in Russia, o nella terra che adesso che scrivo ha assunto nomi diversi a seconda del popolo che si ostina a volerla abitare. Hanno scoperto un passaggio per il centro della terra, o forse è solamente un altro dei loro deliri mistici, non ne sono più troppo convinto. Quello che so invece, è che non è invecchiato di un solo anno, e che il sorriso che mi mostra ha ancora l'inquietante bellezza della perfezione.
L'Ebreo ci esorta a partire, e noi acconsentiamo. Ho dovuto nuovamente rinvigorire il mio corpo con l'Elisir, ma non so quanto durerà: scavare la Pietra è un lavoro complesso, e dopo che incendiarono il mio sancta sanctorum a Brema, diffido di poter trovare una nuova sistemazione. Mi ha offerto più e più volte ospitalità in quella strana terra di eretici e miscredenti dove ha trovato dimora, troppo vicina al monte che ne ha causato il suo vagare fino a questi giorni, ma ho rifiutato: ci sono religioni che non mi possono appartenere, e certe terre non hanno alberi piantati, ma croci in attesa delle persone da appendervi addosso. Lui ha scosso il capo, mormorando qualcosa nella sua lingua natìa, ed io ho finto di non sapere che ha ripreso a pregare per me. E' qualcosa che oramai nella nostra comitiva tendiamo spesso a fare, pregare i nostri dei ed i nostri misteri per sperare che questo ci garantisca a vicenda la salvezza. Pur consapevoli che l'eternità è una prigione a cui non ci è concesso sfuggire, cerchiamo il perdono in ogni possibile modo, ottenendo in cambio solamente nuovi corpi da abitare, e nuove torture che gli ignari chiamano consapevolezze. Ma finalmente siamo giunti dove dovevamo giungere, spostandoci a piedi ed a cavallo prima a sud, oltre le Alpi, e poi di nuovo viaggiando verso est, vicino all'oriente. C'è una città fatta sull'acqua, Venezia, che esiste da sempre, da ancora prima della sua fondazione, perchè è una città nata dalla mente di un folle mentre sognava, ed in quanto tale è destinata a perdurare nelle menti di coloro che ancora la devono visitare.
Lì, in una calle nascosta, c'è la porta per Babilonia, dice l'Ebreo, e S.G. conferma con una scrollata di spalle. Chissà che direbbe il Giovane, forse uno dei suoi motti di spirito fuoriluogo al punto da sembrare calzanti.
Fatichiamo giorni a trovarla, perchè Venezia nasconde i suoi segreti a chiunque sia così ostinato da volerli trovare, e mostra i suoi doni soltanto quando si decide di abbandonare ogni ricerca. E così, seduti all'ombra di un portico, un bambino si è presentato a noi. Dicono che oggi è Quaresima, ma il conto dei giorni è qualcosa a cui ho rinunciato. I suoi occhi sono azzurri, e riflettono il cielo sopra di noi come uno specchio: se esiste una descrizione dell'anima, quello sguardo mi ha permesso per pochi istanti di assaporarla. Indossa stracci sporchi con la dignità dei re, e ci tende una mano piena di graffi e dalle unghie rotte con una serietà priva di suppliche. Chiede il prezzo di qualcosa che noi non abbiamo ancora comprato, eppure ci spinge a frugarci febbrilmente nelle tasche per poterlo pagare.
L'Ebreo gli dona una fiala di un liquido verde, ci dirà in seguito che inseguì i mangiatori di loto di Omero per trovarne la pianta ed estrarne il succo: era la sua speranza di redenzione, l'oblio da ogni ricordo. Separarsene gli dev'essere sembrata una benedizione ed una maledizione, ma lì al momento non sembrò pensarci.
S.G. si è chinato ed ha sussurrato uno dei suoi segreti che tutti noi desideriamo al bambino, che lo ha guardato a lungo prima di annuire. Quale sia stata la verità che gli ha dato in pagamento non lo sappiamo, ma sembrava valere tanto quanto la fiala presa dal nostro amico comune.
Quando si è voltato verso di me, io ho avvertito un misto di angoscia e smarrimento: possedevo, in tutti i miei secoli di esistenza, davvero qualcosa che valesse il prezzo di quegli occhi, e di quella sincerità? Ero rimasto forse paralizzato da qualcosa, eppure lui non si scosse di un singolo passo, di un singolo momento. Mi guardò, ed aprendo la bocca tirò fuori da sotto la lingua una chiave, prima di porgermela.
Guardandolo negli occhi capii che il prezzo che io dovevo pagare a quella creatura sarebbe stato il farmi carico di quello che lui aveva portato fino ad adesso, il peso di guardare quell'apertura che ci accingevamo a violare.
Stretta nel pugno la Chiave, io vidi immediatamente la Porta, e tutto mi fu chiaro. Feci solamente in tempo a vederlo indicarci una direzione, prima che la pelle e la carne delle sue braccia iniziassero a mummificarsi, diventando poi un brandello di polvere. Solamente uno smeraldo verde e sferico rimaneva al centro del corpo, segno che l'Ordo Templis aveva posato le sue mani anche su questo innocente.
Non pregammo per lui, la sua anima da tempo era già andata nei reami, ma ci apprestammo a seguire la direzione del dito, verso un nuovo passaggio che non eravamo riusciti - o Venezia stessa non voleva che ciò accadesse - a notare.
Ciò che avvenne, è troppo doloroso adesso da narrare, ed oramai la candela è finita.
Ma dicono esista una Babilonia Celeste nascosta dietro una Porta, per chiunque sappia dove trovarla. E che tale Porta cambi direzione e forma nel tempo.
Se passando per una via notate un nuovo arco, o vedete un uscio dischiuso che prima non esisteva, fermatevi e rendetegli grazia, ma non osate addentrarvi, se non vi è stata data una chiave.





NOTA DELL'AUTORE:
Non sono bravo con i racconti. O meglio, credo di poter creare qualcosa, ma non è questo il caso. Questo è un esperimento più che altro, un viaggio. Per i poveri due tre lettori di turno, questi diari saranno non sequenziali, quindi non avranno uno scorrimento lineare. Immaginateli come qualcosa che di tanto in tanto trovate fra i libri, pagine sparsi in mezzo a qualche capitolo, nascosti dietro un tavolo, incastrati nella cornice di un quadro. E considerate voi il filo logico che li possa unire, la storia che possono raccontare, e l'identità dei protagonisti. Via via l'ordine risulterà chiaro, ma in mancanza di quello, ognuno acquisirà senso rileggendolo assieme ai successivi.


   
 
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