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Autore: Lantheros    10/07/2014    0 recensioni
Un antico potere millenario, custodito da sempre nelle profondità della terra.
Due mondi completamente diversi finiranno per incontrarsi, in un luogo singolare farcito di vetuste tecnologie a vapore e gigantesche fregate volanti.
Una coppia di giovani unicorni, proveniente dagli estremi stessi del Creato, troverà un punto in comune su cui lavorare, per venire a capo del grave segreto che la fumosa metropoli di Mechanus custodisce.
Dalla materia inanimata.
Alla vita.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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    La creatura millenaria fece ritorno al luogo di Ogni Origine.

Gli zoccoli si mossero leggeri sulla roccia vermiglia, sfiorandola appena e producendo un rumore accennato, nonostante le calzature in metallo.

L’alicorno si spostò attraverso i cunicoli della grotta, con passo leggero ma deciso. Il suo corno riluceva di magia, permettendo ad un sestante planare di fluttuare di fronte al suo volto. Attorno al baricentro del corpo alato, invece, oscillavano alcuni strani oggetti, in un moto orbitale lento e costante: sacchetti, pietre colorate e un libro dall’aspetto antico.

La creatura continuò lungo il proprio cammino, immergendosi sempre di più nelle profondità della terra. Di tanto in tanto, conformazioni cristalline luminose fuoriuscivano da alcune crepe, scacciando le ombre e permettendo di vedere senza ricorrere alla magia.

L’alicorno era difficile da scorgere poiché il suo manto era pressoché identico alle pareti rocciose. Sembrava persino che il pelo ne imitasse le asperità. Coda e criniera erano pesanti, come se la gravità li tirasse a sé più di quanto avrebbe dovuto.

Lungo il corpo e gli arti tintinnavano dei minuscoli monili luminosi, simili ad amuleti e ciondoli. Alcuni erano stati applicati al corpo in modo permanente, forando la pelle.

    L’essere millenario giunse quindi in un’ampia sala circolare e prese a percorrere una scala di rocce che conduceva nelle profondità della terra. I suoi occhi azzurri, privi di pupilla, mostravano chiari segni di impazienza e il muso era scolpito in un’accennata espressione di felicità.

A circa metà percorso, i cristalli luminosi si fecero sempre più radi e l’oscurità divenne opprimente. L’alicorno sfiorò con uno zoccolo una delle ultime fonti luminose: la zampa assunse la consistenza del cristallo e il fenomeno si dipanò al resto del corpo, tramutandolo in un equino costituito dalla curiosa sostanza minerale. Un tenue bagliore si diffuse nei dintorni, permettendogli di riprendere la marcia.

Dopo svariati minuti, giunse infine davanti ad una piccola porta in legno e la spalancò.

 

    La creatura assunse rapidamente le proprie sembianze originali: manto blu scuro e folta criniera verde smeraldo. Fece il suo ingresso in un’ampia stanza illuminata; non aveva più bisogno della trasmutazione e la dissolse.

Il luogo era stato scavato direttamente dalle viscere della terra, sempre di un intenso colore rosso scuro. Al centro vi era un falò su cui borbottava un pentolone in ferro battuto. Cristalli magici e candele dai colori più assurdi fluttuavano dolcemente lungo le pareti, come sospesi in una stasi temporale perpetua. Scansie di libri, tavolini, alambicchi e montagne di papiri erano stati collocati in modo da riempire quasi tutto lo spazio disponibile, che si sviluppava su più livelli, sempre grazie alle scalinate di pietra.

Ma il padrone di casa non aveva tempo da perdere: compì un lieve balzello, si gettò dai gradini e fluttuò magicamente verso uno dei tanti ripiani in legno. Su uno di essi erano stati appoggiati diversi contenitori di terracotta e dei fogli alla rinfusa.

L’alicorno ripose il sestante e collocò sulla superficie tutti gli oggetti che, fedelissimi, lo avevano seguito volando.

Il volto equino parve quindi accendersi di curiosità ed impazienza, quando l’alicorno prese a rivelare il contenuto dei sacchetti. Sistemò diverse polveri colorate nelle ciotole, aggiunse il liquido di alcuni reagenti sugli scaffali, quindi iniziò a lavorare di levitazione su un pestello in marmo.

Alle sue spalle vi era un enorme foro nella parete, di almeno una ventina di metri di diametro. A differenza del resto della stanza, non era illuminato e non si riusciva quindi a scorgerne il contenuto.

Passarono alcuni minuti e la creatura mistica, completamente assorta nel proprio operato, non si accorse che qualcosa stava emergendo dalle tenebre dietro di lui.

    Un’enorme zampa artigliata, grossa cinque volte l’alicorno, sbucò dalle ombre e si poggiò delicatamente sulla roccia, cercando di non produrre rumore. Scaglie rosso fuoco ne ricoprivano la superficie per l’intera lunghezza.

L’altro non parve accorgersi di nulla.

I massicci muscoli della bestia si contrassero ed un volto mostruoso fuoriuscì lentamente dall’oscurità: un colossale drago rosso, dai gialli occhi da rettile, fece la propria comparsa, osservando minacciosamente lo sventurato.

Si prese tutta la calma possibile, in modo da celare la propria presenza, e fece emergere dal foro anche l’altra zampa anteriore.

Scrutò quindi il piccolo equino per qualche istante, spalancò le fauci e fece guizzare la lingua biforcuta tra i denti affilati. Chinò il muso, alzò una zampa e si preparò a saltargli addosso per dilaniarlo.

 

“Non ora, Sirrush”, tagliò corto l’alicorno, senza neanche voltarsi. La tonalità della voce vibrava di potere magico, come se diverse voci si fossero unite per crearne una sola, impossibile dire se maschile o femminile.

La bestia draconica si immobilizzò come una statua, quindi il suo volto divenne momentaneamente intriso di delusione.

Abbassò lentamente gli artigli e riprese ad osservare l’alicorno blu. Sbuffò, visibilmente annoiato dal tentativo fallito di divertirsi con lui.

Decise quindi di coricarsi sul terreno: fece un profondo respiro e soffiò un getto di fuoco liquido sulla nuda roccia sotto di lui. Vi si distese sopra, tra sfrigolii e sfiammate. Mise le zampe una sull’altra e vi poggiò sopra il mento.

Le palpebre gli calarono a mezz’altezza.

 

Continuò ad osservarlo e l’altro continuò a dargli le spalle e a mescolare polverine e sostanze varie.

Dopo un po’, il drago decise di rompere il silenzio. Si stava annoiando troppo.

La creatura parlò con profonda e gutturale voce maschile: “A quale altra stramberia stai lavorando ora, o Demiurgo?”.

“Lo vedrai”, rispose l’amico, sempre più assorto.

Il drago non lo prese sul serio e, sicuro di non essere visto, alzò le sopracciglia in segno di sufficienza: “Mh. Come l’ultima volta, intendi? Il… progetto Ornithorhynchus, dico bene?”.

L’alicorno si bloccò e si girò il tempo sufficiente per rispondergli con tono orgoglioso: “Il mio Ornithorhynchus non è un progetto! È un prodotto perfettamente riuscito!”.

“Ah!”, ridacchiò, colpendo la roccia con un pugno. L’intera caverna tremò leggermente. Alcuni oggetti caddero ma poi tornarono diligentemente al proprio posto, fluttuando. Sirrush continuò: “Andiamo! Ti erano avanzati gli scarti di altri progetti e non hai fatto altro che metterli insieme! Cos’erano, poi? Un’anatra… un porcellino d’india e… una marmotta, mi pare?”.

Il padrone di casa riportò l’attenzione sul tavolo da lavoro: “Beh… ho preso qualcosa un po’ qui e un po’ là, te lo concedo. Ma alla fine funziona”.

“Sì ma non ci speravi nemmeno tu”.

“Non è vero. Ah e, comunque, non chiamarmi Demiurgo. Sai che non mi piace”.

“Gli altri alicorni ti chiamano così. Perché non posso farlo anche io?”.

“Ti farebbe piacere se ti chiamassi Mushushu?”.

Il drago fece un volto schifato: “Ok, ok. Capito”.

“Phanes andrà benissimo”.

“D’accordo, signor Phanes”.

“Solo Phanes”.

 

    Con quelle parole, il Demiurgo si fermò. Il corno si arricchì di magia e la cosa gli permise di sollevare magicamente un’ampolla colma di liquido rilucente.

“Quello cos’è?”, domandò Sirrush.

“Lo vedrai, lo vedrai!”.

“Dici sempre così. E poi non vedo mai niente”.

“Questa volta sarà diverso!”.

Phanes diede un colpetto di zoccolo sul pavimento e decine di libri emersero dalle scansie e svolazzarono verso di lui, disponendosi poi a cerchio. L’alicorno, con volto eccitato, prese a leggere rapidamente decine e decine di pagine.

Sirrush poggiò di nuovo il mento sulle zampe, con rinnovato senso di noia.

“Se fai esplodere di nuovo il laboratorio, sappi che ti denuncerò per maltrattamento sui draghi”.

“Non mi dire”, rispose il compagno, sempre assorto nelle letture. “Non sapevo avessi le scaglie delicate, poverino”.

“Venti centimetri di corazza non significano che non possa percepire una detonazione arcana… intendo… dolorosamente. E comunque mi stai stufando. Mi sa che torno dentro a dormire”, e iniziò a retrocedere.

“No, Sirrush!!”, lo bloccò immediatamente. “Se tutto va come deve andare... questa sarà la volta buona!”.

Il drago gli concesse un’occasione: “Mh. Sorprendimi”.

“Ci sono, Sirrush! Questa volta ne sono sicuro!”, continuò eccitato. “Credo di aver ottenuto un Infuso di Vita!”.

Sirrush rimase interdetto per qualche secondo, quindi si colpì la fronte con un palmo artigliato: “Oh, per tutti i Creatori…”.

“Non è uno scherzo! Questa volta funzionerà!”.

“Phanes”, lo riprese, con tono ammonitore. “Non c’entra nulla. NON è un tuo compito e lo sai bene”.

“Funzionerà, ti dico!”.

“Non importa!”, ribadì scocciato, agitando le zampe per aria. “Tu non hai la facoltà di animare la materia. Questo spetta ad altri alicorni”.

Phanes sembrò assumere un’espressione amareggiata: “…già. Al Demiurgo il compito di creare pupazzi di creta. Ad Aruru e ai suoi amichetti il compito di infondergli l’Alito Vitale e tutti i meriti…”.

“Phanes… sei un egocentrico, lo sai?”.

“Vorrei solo un po’ di riconoscimento per quello che faccio!”, spiegò, alzando gli zoccoli a mezz’aria e facendo tintinnare i svariati monili penzolanti.

“Ma lo hai! Tutto ciò che troverà vita nel Creato sarà per qualcosa che appartiene a te!”.

“No, Sirrush. Non è così”. L’alicorno parve intristirsi un po’ ed iniziò ad osservare l’incredibile laboratorio in cui si trovava. “Io… io rimarrò sempre dietro le quinte. Come un… come un fabbro che continuerà a creare fantastiche armi per una guerra che mai vedrò… Così… per sempre”.

Il drago cercò di essere convincente: “Senti… là fuori è in corso un progetto su scala multiversale. Le più potenti creature esistenti stanno unendo le loro capacità per generare l’Essenza di un Nuovo Mondo. Tutti devono collaborare, affinché non sia un fallimento totale. Tutto deve funzionare alla perfezione e ognuno dovrà fare la propria parte. Niente di più. Niente di meno”.

 

    Il Demiurgo rimase tuttavia estraneo alle parole delle bestia draconica. Ripose i libri e si diresse lentamente verso una parete a cui erano affissi decine di progetti su papiro, incisi in un linguaggio e una forma incomprensibili per gli esseri mortali. Portò con sè la fiala dal contenuto luminoso.

Phanes alzò il muso verso i disegni e, sempre tramite la levitazione, iniziò ad estrarre diversi tipi di materiali da un grosso baule in un angolo. Prese a vagliarli tutti.

“Ora che stai facendo?”, intervenne il drago, fuoriuscendo dalla grotta fino a metà corpo.

L’amico, estremamente concentrato, non gli rispose.

“Phanes… che stai facendo?”, ripeté.

“Devo dargli la giusta consistenza”.

“Cosa?”, chiese perplesso.

“Devo… devo trovare il giusto materiale che lo accolga”.

“Phanes… seriamente… combinerai un disastro, ne sono sicuro. Ti ricordi quando hai creato quella figura impossibile e per poco il velo del Mutamento non collassava su se stesso? Ecco, qui andrà anche peggio…”.

“Correrò il rischio”.

Sirrush, questa volta, parve innervosirsi sul serio. Raccolse fiato nei polmoni e, anticipato da un terrificante ruggito, riversò un’immensa fiammata rovente verso l’alicorno. Il fuoco si dipanò per tutto il laboratorio, annerendo le pareti e illuminando a giorno la quasi totalità dei sotterranei.

Quando le fiamme cessarono, Phanes era al suo posto, illeso, protetto da una bolla invisibile. Il suo volto era triste e melanconico, con gli occhi rivolti appena verso il basso. Alcuni oggetti erano inceneriti, altri ancora avvolti dalle fiamme.

“PHANES!!”, urlò l’amico draconico. “Questo non è un gioco!! Non puoi fare di testa tua!!”.

L’altro, per tutta risposta, si girò lentamente e lo osservò con un volto estremamente sofferente. Il drago impietrì. Non aveva mai visto il compagno in quello stato d’animo.

L’alicorno sembrò in evidente difficoltà nel parlare: “…Sirrush… io…”.

Il drago rimase in silenzio.

Phanes vuotò il sacco: “Senti, Sirrush… io… io è da millenni che… che continuo a plasmare… a definire… a modellare e combinare la materia. È bello, lo ammetto. Mi piace. Sennò non lo farei. Ma…”. La voce arcana perse di intensità e gli occhi vitrei si rivolsero ai suoi stessi zoccoli. “…ma… per quanto io possa sforzarmi… per quanto io possa spingermi oltre… mai mi verrà concessa l’occasione di creare qualcosa di mio. Di… di poter… DAVVERO creare qualcosa…”.

“Tu stai creando i mattoni per un nuovo mondo, Phanes! Non è cosa da poco”.

L’alicorno si agitò leggermente: “È questo il punto, Sirrush! Non farò altro che creare dei pupazzi di creta, dei balocchi che altre creature millenarie penseranno a rendere vitali e coscienti! A… a me… a me non verrà mai concesso di… di generare una MIA autentica creazione. Qualcosa che… che non dipenda dall’Alito Vitale degli altri… ma da me soltanto”.

La fiala incantata fluttuò d’innanzi al volto del Demiurgo, che ne osservò intensamente il contenuto.

Il drago parve calmarsi e pensò di capire cosa cercasse di dirgli l’amico.

“Io”, riprese Phanes, “…io vorrei solo… che una mia piccola goccia di vita… entrasse a far parte del Nuovo Mondo… e non soltanto fornire i mattoni per costruirlo…”.

Sirrush si mise indice e pollice sugli occhi e fece un profondo sospiro.

“Senti, Phanes…”, gli rispose con calma. “Io… ok, ho capito. Ma… ma tu non sai nulla di Creazione Vitale. Tu sei uno scultore. Non… non hai la benché minima competenza nell’animazione. Così come un animatore non sa nulla della tua arte di creazione. Ad ognuno il suo…”.

La creatura blu gli rispose con un semplice sorriso.

“Non ti sto convincendo, vero?”, domandò retoricamente il drago.

“Apprezzo molto la tua comprensione, Sirrush. Non scherzo. Ma… devo farlo. Voglio… avere una mia creazione… nel Nuovo Mondo. Qualcosa di assolutamente mio”.

“Non è previsto. Inserirai un’anomalia in un piano perfetto creato da esseri supremi. Potrebbe causare un disastro inimmaginabile”.

Phanes si voltò di nuovo verso i progetti un po’ bruciacchiati e continuò a vagliare i materiali, dando le spalle al compagno rosso.

Sirrush decise di non demordere: “Pensa… pensa alle conseguenze… e, soprattutto… che ne sai di cosa sarà? Cosa farà? Potrebbe essere un’entità cosciente o avrà l’intelletto limitato di un essere primordiale?”.

“Non ne ho la più pallida idea, amico mio”.

“Bene! Allora pensaci attentamente, prima di fare una cosa così sciocca. Se dovesse essere cosciente… come si inserirà in un piano superiore che è stato creato senza tener conto della sua presenza? Cosa succederà a lui o alle altre creature senzienti a lui attorno?”.

 

    La parole del drago continuarono a trapanare il cervello dell’alicorno, che però cercò di non dar loro troppo peso. Il Demiurgo si focalizzò nel controllare i vari tipi di materiale, esaurendoli quasi tutti. Non vi era nulla, apparentemente, che potesse soddisfare le sue esigenze. Tornò ad essere sconsolato. Il drago, intanto, continuava a blaterare e a lanciargli ammonimenti, ma non lo stava più ascoltando.

Il suo sguardo cadde quindi su un mucchio di ciarpame pronto per la fonderia. Sollevò magicamente alcuni oggetti di scarto e il suo volto parve illuminarsi, improvvisamente folgorato.

Eliminò parte del materiale e fece levitare alcune placche metalliche d’innanzi a sé. Dietro, come su uno strato inferiore, dispose infine alcuni ingranaggi arrugginiti. Sistemò la composizione dandole una forma animale ben definita e, per vederla meglio, la puntò in direzione di una fornace. Gli oggetti fluttuanti, in contrasto con il bagliore delle fiamme sullo sfondo, sembrarono essere corroborati da una calda luce vibrante. Una sorta di… energia vitale pronta ad essere utilizzata.

“Phanes!! Mi stai ascoltando??”, intervenne il drago, colpendolo con un dito sulla spalla.

 

L’amico stappò la provetta e ruotò il capo verso l’enorme creatura dagli occhi gialli.

Stava sorridendo.

 

“Sai, Sirrush?”.

“…cosa?”.

“Non so cosa potrà succedere. Ma so che succederà”.

 

Una perla di liquido scintillante fuoriuscì dalla provetta e si mescolo ad un’altra perla, questa volta rossa, emersa da un taglio che il Demiurgo si era causato estraendo uno dei suoi monili.

 

Mushushu, il drago guardiano, si chetò e fece qualche passo indietro, a testimonianza di un evento che mai si era verificato nel corso di migliaia e migliaia di anni.

 

L’avvento di un’anomalia.

 

Di un’essenza imprevista.

 

Che senza alcuna preparazione si sarebbe affacciata nel Nuovo Mondo.


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