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Autore: Cassandra Von Vukich    10/07/2014    0 recensioni
Scrissi questa storia tempo fa, ispirata dal famoso quadro "Il bacio" di Hayez.
D'un tratto uno “starnazzo” disturbò la mia quiete, facendomi riaprire gli occhi di getto. Era il mio nome che avevo appena sentito pronunciare, e a pronunciarlo era stata lei: la mia futura sposa. I suoi capelli di un biondo dorato erano raccolti in un'elaborata pettinatura,tipica di tutte le donne aristocratiche; un lungo abito rosa con dei ricami blu le stava a pennello, un leggero trucco copriva le sue più piccole imperfezioni, tranne una: Il fatto di essere una seccante, superba, viziata contessina d'Inghilterra.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era una mattina come le altre, ed io come sempre mi ero svegliato di buonora. Il sole era sorto da poco, e nel palazzo il silenzio regnava sovrano. Mi vestii in fretta, e mi recai immediatamente nei giardini della corte. Guardai in alto: nel cielo nemmeno una nuvola, solo qualche piccolo insetto volteggiava nell'aria, disegnando forme dall'aspetto curioso, per poi cadere addormentato su uno dei numerosi fiori. Socchiusi gli occhi e con immenso piacere notai che dal terreno proveniva un fresco e inebriante profumo di erba tagliata. Amavo i momenti come quello, amavo stare da solo, in pace con i miei sensi. D'un tratto uno “starnazzo” disturbò la mia quiete, facendomi riaprire gli occhi di getto. Era il mio nome che avevo appena sentito pronunciare, e a pronunciarlo era stata lei: la mia futura sposa. I suoi capelli di un biondo dorato erano raccolti in un'elaborata pettinatura,tipica di tutte le donne aristocratiche; un lungo abito rosa con dei ricami blu le stava a pennello, un leggero trucco copriva le sue più piccole imperfezioni, tranne una: Il fatto di essere una seccante, superba, viziata contessina d'Inghilterra. Il suo tono di voce era snervante, la sua camminata troppo presuntuosa; più passavo del tempo con lei e più mi rendevo conto che non era lei la persona giusta. Asteria era il suo nome. Non potevo farci niente però, mio padre e mia madre si erano messi in testa che doveva essere lei la donna della mia vita, perché era bella e ricca, e a loro non importava che cosa realmente volessi io. Con un sorriso forzato, mascherai il ribrezzo e corsi ad abbracciarla. Si fece poi da parte, e solo in quel momento notai che dietro di lei, in catene, stava un'altra fanciulla. Era vestita di stracci, e lisci capelli neri lunghi fino ai fianchi erano sciolti, e così tanto scompigliati da coprirle gran parte del viso. Sulle guance aveva delle ferite, non molto profonde, che ancora sanguinavano, ma che lasciavano vedere i suoi bei lineamenti. Asteria si schiarì la voce, e con il suo solito tono superbo, mi disse che aveva sorpreso quella ragazza a rubare delle verdure da uno dei giardini regali, e che io avrei dovuto provvedere a portarla a palazzo e a renderla schiava. Poi se ne andò, perché aveva lezione con altre fanciulle, e io rimasi solo con la ragazza. Mi faceva terribilmente pena, di solito non ero tollerante con gli schiavi, men ché meno con i ladri, ma quella fanciulla aveva qualcosa negli occhi che mi suscitava una stretta allo stomaco il solo guardarla. Era piegata a terra, con la testa bassa e nel suo sguardo leggevo terrore e disperazione. Una lacrima le scese dall'occhio sinistro, andandole a finire tra le labbra. Mi accovacciai di fronte a lei, sperando di non essere visto, e con tono dolce le chiesi il suo nome.
- Heather -
disse balbettando e senza alzare lo sguardo.
Io sorrisi e la osservai meglio alla luce del giorno: I suoi occhi erano grigi, e a giudicare dall'aspetto doveva più o meno avere la mia età. La alzai in piedi e nell'orecchio le sussurrai con delicatezza che non potevo toglierle le catene, perché mi avrebbero severamente punito, e che non potevo nemmeno liberarla, perché Asteria mi aveva visto. Lei alzò lo sguardo piangente, e mi sorrise sincera, come per ringraziarmi di qualcosa che in verità non avevo fatto. Camminammo lentamente per il lungo prato, e più le stavo vicino, più i miei pensieri si facevano confusi. Non capivo. Il mio respiro si era fatto di colpo meno profondo, il mio battito accelerato; sentivo un calore fino al viso, nonostante il gelido vento mi stesse scompigliando violentemente i capelli. Raccolsi il coraggio e le chiesi perché avesse rubato, anche se la risposta sembrava già ovvia. Disse che non lo aveva fatto, che Asteria e i suoi genitori disprezzavano da tempo la sua famiglia per qualche oscura ragione, e la contessa non mancava occasione per infangare il loro nome, il che risultava davvero facile vista la loro condizione.
-Ma tanto non mi crederai-
concluse.
E invece, conoscendo Asteria e la sua famiglia, non era affatto difficile da credere.
-Non preoccuparti. - Dissi soltanto;
quella era solo una ragione in più per odiare la mia futura sposa. Arrivammo a palazzo, che era ancora deserto. Ero adirato più che mai; chissà quanti altri innocenti erano stati ridotti schiavi senza aver commesso alcun crimine. Mi morsi il labbro inferiore fino a sentire il sapore del sangue in bocca, imponendomi di tacere. Riflettei per un istante, e poi convinto, mi rivolsi alla giovane:

-Il mio nome è Draco, e sono il principe di questo palazzo, ma adesso ascoltami bene Heather: purtroppo ora non posso liberarti, perché anche se il castello è deserto, mio padre potrebbe mettere piede in questa stanza da un momento all'altro. Ti porterò nelle segrete, ma ti giuro che presto tornerò a liberarti.-

La ragazza annuì con un barlume di speranza negli occhi, cosa che fece quasi luccicare i miei. Dopo averla portata laggiù, mi rifugiai in camera mia, e piansi pensando a quanta ingiustizia ci fosse al mondo, sapendo che pur essendo un principe, in realtà non avrei potuto fare niente per impedire un triste destino a quella povera ragazza. Allora non lo sapevo, ma la conversazione mia e di Heather era stata udita da quella serpe di Asteria, che aveva anche fatto in modo di mettermi del sonnifero nella minestra del pranzo, e così caddi in un sonno profondo.

Quando mi svegliai, era il giorno dopo, e non sapendo né ricordando niente, il mio primo pensiero fu Heather, e così mi recai nelle segrete. Ebbi un tuffo al cuore quando vidi che la cella era vuota. Cercai in tutte le altre, ma della ragazza non c'era traccia. Presi per la veste uno schiavo e gli chiesi sbraitando se almeno lui fosse al corrente di qualcosa. Quello, spaventato a morte, mi disse che la fanciulla stava per essere giustiziata, in cima alla torre, che la cosa si sapeva da diverse ore in tutto il palazzo e che io ero l'unico a non essere stato informato. Corsi il più velocemente possibile, spinto da una parte dall'odio che provavo per Asteria, e dall'altra dal pensiero del dolce viso di quell'indifesa ragazza. Più correvo, più mi mancava il fiato, più sentivo i muscoli tirare e più capivo che non era semplice senso della giustizia quello che mi spingeva a fare quella pazzia, andando contro mio padre, rischiando di finire nelle segrete io stesso. Doveva essere qualcosa di più: Amore?
Pronunciai quella parola nella mia mente, e mi diedi la forza di fare gli ultimi passi, di salire le scale, e finalmente di giungere sulla torre. Non riuscivo più a respirare, mi mancava il fiato, ma ce l'avevo fatta. Mio padre stava facendo il discorso, molti dei conti e delle persone più importanti del palazzo ascoltavano attenti, Asteria sorrideva trionfante. Heather era lì, legata, con ancora pochi minuti di vita. Gridai con tutto il fiato che avevo in gola. In un attimo tutti gli occhi della sala erano puntati su di me; piano piano un mare di lacrime solcò il mio viso.
-Non potete- Mi limitai a balbettare.

Si levarono delle risate, tra gli sguardi stupiti dei presenti. Mio padre per primo, quasi ringhiò.

-E sentiamo...perché?-

Disse con tono di sfida.

- Perché??Perché la amo.-

Forse fu l'errore più grande della mia vita, ma non riuscii a dire altro, in quel momento. Tutti assunsero espressioni che non avevo mai visto prima: Un misto tra paura, stupore, vergogna e compassione. Solo Asteria rimaneva lì, impassibile, con lo stesso sorriso trionfante che aveva dipinto in volto da quando ero entrato nella stanza.
Poi, non so che cosa mi prese. Fu l'istinto a guidarmi: Corsi incontro a Heather, la liberai con un tocco di spada, la presi per mano, e scappai via con lei. Andai ancora più veloce di prima, senza sapere bene né dove e né perché, senza girarmi a vedere chi ci stava seguendo, ma sapevo benissimo di avere le guardie alle calcagna. Presi il mio cavallo, che fuori mi attendeva maestoso, e fuggii ancora. Fu una corsa indescrivibile, il cuore che mi batteva più veloce che mai, i muscoli tesissimi, il sudore che mi colava dalla fronte. Finalmente deviai, e mi ritrovai nel passaggio segreto che usavo da bambino: Questo portava in un posto che conoscevo solo io, una buia grotta. Per fortuna le guardie non ci avevano visti, eravamo per un momento al sicuro. Guardai Heather dritto negli occhi; sul suo viso si leggeva ancora la disperazione..

-Ti amo anch'io. - Mi disse, e io sorrisi. Entrambi sapevamo di non avere un futuro.
Entrambi sapevamo che la morte ci avrebbe presto raggiunti.
Ma non ci importava.

I suoi occhi brillavano, adesso avevano cambiato leggermente tonalità di colore, e da grigio scuro erano quasi diventati azzurri. Anche i suoi capelli brillavano alla luce del sole, era semplicemente bellissima. Chiusi gli occhi, e spinto dal sentimento che provavo per lei, mi avvicinai e la baciai con passione. Mentre sfioravo le sue morbide labbra, notai che il tempo sembrò fermarsi; eravamo soltanto io e lei, in un luogo impossibile da raggiungere, ma anche se l'avessero raggiunto, in quel momento non m'importava. Concentrai in quel bacio tutta la passione, il terrore di non rivederla mai più e l'amore infinito che provavo per lei. Riaprii gli occhi, e li alzai al cielo, come per pregare qualcuno o qualcosa lassù che quel momento non avesse mai fine.

 

  
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