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Autore: Vedra    10/07/2014    4 recensioni
Dei matrimoni combinati ne abbiamo sentito tanto parlare, delle storie d'amore tragiche e bellissime di principesse tristemente già maritate corteggiate da uomini avvenenti con l'armatura d'argento. I matrimoni combinati sono una delle caratteristiche fondamentali dell'alta società di ogni tempo, che solo da qualche decennio stanno scomparendo. Di un matrimonio combinato parla la nostra storia, semplice e esplicativa delle ragioni più comuni per cui venivano celebrati i matrimoni combinati.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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27 Maggio 1779



 
Il giardino scintilla come un panno di verde velluto sopra cui sono state cucite pietre splendenti e preziose dai colori sgargianti: i fiori che sbocciano freschi e spumeggianti decorano questo piccolo angolo di villa. È recintato da una staccionata di legno dipinta di bianco, e sotto la chioma di un ampio faggio, le cui foglie gettano la loro ombrosa frescura su una parte di questo giardino colmo di rose rigogliose. Fioriscono nobili, le rose, appassiscono in  bellezza. Una giovane si staglia, con la sua veste color crema, ricca di splendidi lustrini rossi e azzurri, e zaffiri al collo. Un’alta acconciatura piena di boccoli e ricci si leva sulla sua fronte, tutta incipriata di bianco. È bella, di quella bellezza affilata e altera, raccolta nella sua integrità, scintillante nella sua maestà, con i lineamenti affilati, e gli occhi azzurri brillanti, sulla bocca, una rossa rosa fiorisce nel suo sanguigno colore.  Tra le mani stringe un ventaglio di delicata carta di riso, dipinto a mano e su cui sono applicati piccoli rubini brillanti. Sotto l’ombra, un’altra ombra. Alla luce, un’altra luce, un animo puro, quasi innocente, un ragazzo che è quasi un uomo, abbigliato con semplici panni di seta, senza i ricami che si confanno a un nobile del suo rango. È bello, di quella bellezza comune e semplice. Tiene un tricorno tra le mani, la cui piuma bianca ondeggia lievemente alla brezza di maggio. La ragazza lo osserva con curiosità, ma il suo sguardo contiene un’accezione cinica che non sparisce.
 
«Françoise, posso chiamarvi così?» È l’uomo che si rivolge per primo a Françoise. Tra tre giorni si sposeranno, è il loro primo incontro in solitudine, strappato a forza dalle labbra della madre, che ha acconsentito solo dopo molte insistenze. Françoise è una ricca borghese, vive a Parigi, in una sontuosa villa di periferia, circondata dal verde, ha avuto un’istruzione eccelsa, con i migliori precettori di Parigi: sa leggere e scrivere, ricamare e cantare, danzare e conversare, conosce la storia e la letteratura, la matematica e la grammatica, è ricca, molto ricca, perché suo padre è un ricco commerciante di seta, che rifornisce i sarti delle sartorie nobiliari, e compra i panni grezzi a poco prezzo, li fa lavorare, e li rivende quintuplicandone il prezzo. È inserito in vastissimi affari, e Françoise è la sua unica figlia, una ricca ereditiera borghese. Andrè è un nobile squattrinato, che ha ereditato dal padre ingentissimi debiti per pagare i quali ha dovuto vendere talmente tante proprietà da restare senza un soldo, incapace di formare un benessere economico apprezzabile dietro il titolo di Conte di Saint-Pol. Ha bisogno di ricchezze per sostenere il suo titolo, ha bisogno di ricchezze per vivere la vita dei veri privilegiati, per vivere la vita dei veri nobili. Non ha una vasta cultura, no ama leggere, e suo padre non ha speso altro denaro per fornirgli un’educazione adeguata; d’altra parte, ha vissuto fino a dieci anni prima a Versailles, conosce alla perfezione la vita di un cortigiano, conosce Versailles, i suoi intrighi e complotti, i suoi veleni e i suoi pugnali sguainati nell’ombra, le serpi e le annoiate nobili che occupano il loro tempo tra balli, feste e divertimenti di vario genere. Conosce Versailles.
 

«Ma certo che potete, conte; d’altra parte, tra soli tre giorni sarò vostra moglie, e voi mio marito.»

«Siete molto bella, Fraçoise.»
 
«Evitate questi goffi tentativi di seduzione, monsieur le comte de Saint – Pol. Sappiamo entrambi il motivo per cui siamo qui adesso, voi siete nobile, ma senza ricchezze, io non ricca ma senza un titolo.»

«Ci sposeremo per questo?» Il tono del Conte è stanco, par quasi che cerchi sicurezza negli occhi della sua promessa sposa. Lo ha voluto lui questo matrimonio senza amore, ma davanti a quella donna che, seppur bellissima, gli è sconosciuta, e che pure diverrà sua moglie, la sua compagna per tutta la vita.

«Sì.»

«Ma…»

«Un titolo senza ricchezze non vale nulla, la ricchezza senza un titolo nemmeno.»

«Come potete sopportare tutto questo? Essere data in sposa a un uomo che non conoscete, di cui tutto quello che sapete è che appartiene a una famiglia nobile e che ne è il giovane e povero rampollo?»

«Ha importanza che io sappia altro? Questo matrimonio apporterà benefici alla mia famiglia, alla vostra famiglia, e non c’è altro da aggiungere. E voi mi sposerete per questo, e io vi sposerò per questo.»

«Essere data come merce di scambio, essere usata dalla tua famiglia per ottenere benefici, non vi fa soffrire?»

«Mi stanno offrendo una vita nobile veramente.»

«Essere costretta ad abbandonare la vostra casa, per vivere per sempre con un uomo che forse non amerete mai.»

 
«Non cambierà molto nella mia vita, così come non cambierà molto nella vostra. Dovrò trasferirmi sotto il vostro tetto, assumere il vostro nome, ma per il resto continuerò a vivere tra i miei libri, ad andare ai balli con le mie amiche, a organizzare passeggiate con loro, e voi continuerete ad andare a caccia, e dovrete solo farmi visita nel mio letto qualche volta alla settimana, fin quando non vi darò un figlio maschio, e poi le nostre vite si distaccheranno completamente.»

«Non vorrei mai sposarmi con qualcuno che non conosco nemmeno.»

«Amate una donna, non è vero?»

«Sì»

«La manterrete come vostra amante, così come io manterrò l’uomo che amo come mio amante, e nessuno all’infuori di questa casa lo saprà, e continueremo le nostre vite come se non fosse cambiato nulla.»

«Vorrei amarla pienamente, vorrei sposarla.»

«Guardate. La vedete? La vedete Versailles? Rinuncereste a lei per amore? Rinuncereste a una vita nobile, trascorsa tra i dorati corridoi di Versailles e allo splendore di una vita a corte per amore?»

«Se fossi certo che fosse amore, lo farei.»

«Ma non ne siete certo. Siamo schiavi dell’opulenza, del denaro e del lusso, non vi rinunceremmo mai, nemmeno per amore, e voi lo sapete.»

«A volte invidio i poveri, che possono sposarsi liberamente, amare senza problemi la donna che desiderano, crescere i loro figli senza affidarli a innumerevoli bambinaie.»

«Certo, se non muoiono di fame prima per pagare le tasse, se non muoiono di fatica e di stenti. Si spaccano la schiena dall’alba al tramonto, e non possono sperare che qualcosa salvi i loro figli, tranne Dio.»

«Eppure possono amare liberamente.»

«Sono legati dalle catene della povertà. Possono amare, certo, quando non sono troppo impegnati a sopravvivere, quando non si lambiccano il cervello per capire come portare un tozzo di pane sulla tavola dei loro figli.»

«Non c’è felicità per nessuno in questo mondo? Per motivi diversi, ciascuno di noi è infelice?»

«Non ho mai visto la vera felicità negli occhi di qualcuno.»

«Per quale peccato Dio ci punisce? Per quale motivo ci condanna all’infelicità, lui che è il più immenso per bontà?»

«Solo Dio lo sa, sempre che egli esista e non sia un’invenzione degli uomini che dovevano trovare qualcosa cui aggrapparsi nei momenti di disperazione più nera.»

«Ci sposeremo.»

«Per voi, per me, per la vostra famiglia, per la mia famiglia, per Versailles.»

 
«E forse un giorno, chissà, anche i nobili potranno amare senza essere vincolati a nulla.»
 
«Quel giorno potrebbe arrivare già adesso, sarebbe sufficiente che voi vi rifiutaste di sposarmi, e prendeste per moglie quella cameriera che tanto amate, ma non lo farete, perché siete schiavo del desiderio di ricchezza e di gloria, perché siete schiavo del mondo, e perché siete schiavo di Versailles. La meschinità dell’uomo lo porta a preferire Versailles a una donna che lo ami. Quando l’uomo si libererà dalla meschinità che gli è propria, allora sarà libero di amare.»

***
 

«Signore! La Bastiglia è caduta!»

«Adesso, l’uomo non è più schiavo di Versailles, adesso l’uomo è libero di amare.»


Mentre sulle ali del vento vengono ricamate le sacre parole "Vive la France! Vive la Révolution! Libertè, egalitè, fraternitè!"
 

 
   
 
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