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Autore: SakiJune    10/07/2014    0 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Le solite note bibliografiche: Turlough è stato un companion del Quinto Dottore. Trion è il suo pianeta d'origine e Malkon è suo fratello minore. Per ulteriori dettagli la wikia è vostra amikia <3 Sono presenti accenni ad alcune delle sue avventure con il Dottore (incluso il fumetto "Final Sacrifice") e non tutti possono essere immediatamente comprensibili, di ciò mi scuso.
Tegan è una companion dello stesso periodo e mi sembrava una cosa carina che lui la ricordasse ancora con... amore *tossisce*
Sono presenti, come in tutta la storia, insistenti rimandi al romanzo "Lungbarrow", per cui vi consiglio di dare un'occhiata a questa cosina qui.
Infine, l'atmosfera è un po' più CALDA del solito. Buona lettura.



- Nerthus qualcosa. No, dai. Nerthus… dunque… l’ho letto proprio l’altro ieri, ti assicuro. - Si sforzava di ricordare i nomi dei satelliti di Trion e ovviamente, più si sforzava, meno le veniva in mente.

- Non ne dubito. - Dopo un bagno caldo e una buona cena, il Dottore sembrava davvero in forma, nonché sinceramente divertito e rilassato, il che alimentava la sua deliziosa vena ironica.

- L’abbiamo letto tutte e due. Io mi ricordo Cu Chulainn!

- Straordinario, davvero. - Honey arricciò il naso, guardandolo di sottecchi. Dentro di lei petali di fiori si posavano sul davanzale della finestra per poi riprendere a turbinare tra gli alberi, trascinati da una brezza tiepida.

Erano i loro momenti migliori. Quando riuscivano a fuggire dai ricevimenti ufficiali a cui venivano invitati fin troppo spesso, facevano lezione. Il Dottore indossava sempre una vestaglia scozzese da cui spuntava un fazzoletto con ricamate due letterine che Honey conosceva bene e una pipa che si limitava a mordicchiare quando era pensieroso; solitamente restavano nella TARDIS, ma quella sera avevano deciso di sfruttare una delle stanze loro assegnate ed erano entrambi seduti a gambe incrociate sul tappeto davanti al caminetto, dove bruciavano rami simili a spirali scarlatte e che diffondeva una luce un po’ macabra nella camera adorna di arazzi e sculture di vetro. Erano ospiti nella dimora del Presidente di Ohwrotco, sul pianeta Trion.

- E ora, visto che potrebbe servirle a breve, interroghiamo la signorina Markwald anche sulle lune di Gallifrey.

- Oh, beh, sì, certo. - Ada aveva il solito piglio da secchiona. - Una è Pazithi Gallifreya, ma dell’altra non conosco il nome, non era scritto in nessun posto - si giustificò.

Il Dottore rise suo malgrado, la pronuncia era veramente terribile. - E lo credo bene: non ha nessun nome. Ha una denominazione in codice, naturalmente, e delle proprie coordinate, ma a quanto ricordo l’ho sempre chiamata… beh, l’altra luna.

- E a nessuno è mai venuto in mente di chiamarla, che so, Razithi? - s’intromise Clara.

- Brillante! Cioè, quanto può esserlo un satellite che non emana luce propria. Sì, certo, è venuto in mente a te, adesso... perciò sei brillante. - Doveva essere una battuta, e anche un complimento, ma non gli era uscita particolarmente bene. - Suonava meglio, nella mia testa. Dicevo, quando Pazithi e... mhm, Razithi sono quasi allineate, il bagliore è così forte da illuminare a giorno.

- Non mi sembra possibile. È poetico e tutto quanto, ma stiamo parlando di un’eclisse. L’una dovrebbe coprire l’altra. Non possono trasmettere entrambe la luce solare.

- Ho detto quasi allineate - spiegò il Dottore. - Sono…

- Affiancate?

- No, guarda… guardate. - Formò due cerchi con le dita, uno sotto l’altro, e li intrecciò un poco. Il risultato somigliava vagamente ad un’omniscata. - Così. È una luce doppiamente riflessa, ma diventa qualcosa di magico. Sai come la chiamiamo? La terza luna. Perché è qualcosa di diverso, qualcosa di più. Come… come te. - Distolse lo sguardo. Si era spinto troppo oltre? Stava accadendo di nuovo. Ma perché non avrebbe dovuto dirglielo? Aveva perso troppe occasioni di rendere felice chi amava. E forse questo dipendeva dal fatto puro e semplice di non esserne in grado. Ma poteva essere diverso, andare in un altro modo... perché non avrebbe potuto?

- E ogni quanto succede, questa magia? - Honey avvertiva un calore che non proveniva dal fuoco del caminetto, e nemmeno dal suo mondo interiore.

- Ecco, veramente è quasi una leggenda. - Spezzò l’illusione all’ultimo momento, tirandosi indietro. - L’ultima volta che accadde, la società dei Signori del Tempo era agli albori. Credo che coincise con la Maledizione della Pizia. Gente simpatica, la Sorellanza. L’ultima volta che ci siamo incontrati mi hanno trasmesso un’insana passione per le giacche di pelle e per levarmela di dosso ho dovuto ubriacarmi con l’energia della TARDIS.

Non era soltanto un'altra pessima battuta, era un pensiero terribile e fu come se il sacrificio del Nono Dottore, il coraggio di Rose Tyler, persino l’esistenza dimenticata del Guerriero ne uscissero sminuiti e ridicolizzati. D’altro canto, se riusciva a scherzarci sopra... forse, ma soltanto forse, stava iniziando a ricordare il passato con meno angoscia.

- Tu l’hai vista, però - dichiarò Ada, e non era una domanda. Aveva perso il controllo e non poteva più frenarsi, quel calore era… tutto ciò che avesse mai avuto importanza nella loro vita. La vita di Clara, venuta al mondo per salvarlo dalla Grande Intelligenza; la vita di Ada, cresciuta nutrendosi delle sue storie nonostante lo credesse una finzione… la vita di Honey, nata dalle profondità di un pianeta ignoto e dal timore di perdere il suo affetto.

Il Dottore sospirò, inquieto, i nervi scoperti. - Ho detto…

- So cos’hai detto. Ma tu l’hai vista lo stesso, con gli occhi dell’Altro. O forse persino con i tuoi, quando sei tornato indietro e hai preso Susan con te.

- Non quel giorno, no. E dimentichi che l’Altro non era me.

- Quindi non sei mai stato davvero il nonno di Susan… - lo sfidò lei. Anni prima, tra le pagine di quel romanzo che aveva segnato il confine tra le avventure del Settimo Dottore e le successive, Ada aveva trovato delle risposte che mai si sarebbe sognata di ricevere. E per quanto la coerenza tra serie televisiva e universo espanso avesse serie discontinuità, ora si aggrappava con tutta la sua speranza alla possibilità che la Casa di Lungbarrow esistesse davvero. Che il Dottore fosse uscito davvero da quel Telaio, che la cugina Innocet fosse rimasta ad aspettare il suo ritorno e chissà, chissà, forse anche il figlio di Leela era nato e viveva ancora...

Lui fece per alzarsi, lo sguardo carico di autentica fierezza, cadendo così nel suo trabocchetto. - Certo che lo sono! Io…

- Thete? - La lingua tra i denti di Honey era la visione più sensuale che avesse mai avuto sotto gli occhi.

- Sei una furbastra, Ada Markham. La senti, Clara? La tua ragazza ha un dematerializzatore nella lingua!

- È anche la mia lingua, se permetti. Posso sapere chi è l’Altro o devo andare a cercare il libro qui dentro?

A furia di guardare lingue e sentir parlare di lingue, al Dottore bruciavano le labbra. Ripensò al sapore di vaniglia della crema Chantilly e deglutì. - Fu uno d-dei fondatori della società dei Signori del Tempo, insieme a Rassilon e Omega. Una figura leggendaria il cui nome non è stato tramandato…

- Ok, ho capito, eri tu. Sei sempre tu, alla fine, no? - concluse Clara, con una risatina che gli imporporò le guance.

- Non esattamente. Solo a livello genetico, e davvero, nessuno ha mai insistito così tanto su questo argomento, porco schifo! Che cosa importa se milioni di anni fa un tizio si è gettato in un Telaio e casualmente milioni di anni dopo sono nato con la sua stessa brodaglia genetica? Io sono ciò che ho scelto di essere, ciò che ho vissuto, sono un riflesso di tutte le creature che ho incontrato e che ancora devo conoscere, sono io, soltanto io, e il mio nome è il Dottore.

- Questo lo so. - Era di nuovo la voce di Ada, senza più malizia o ironia. - So chi sei e lo rispetto più di quanto riesca ad esprimere. Ma non farmene una colpa, se amo ogni tua incarnazione, anche quelle che non riconosci come il vero te stesso. L’Altro ha conosciuto Rassilon quando voleva solo il bene supremo per Gallifrey e per l’universo, e l’ha combattuto quando quel sogno ha cominciato a degenerare… e ha smesso di combattere quando ha compreso che era inutile, che non poteva cambiare il presente, ma poteva tornare a vivere in un futuro lontano. È così, lo sento, non voglio sembrare stupida, ma è questo che ho letto, che ho visto, che ho ascoltato. Se mi sbaglio, hai ragione a negare e insegnarmi la verità. Ma non negare solo perché hai cercato di dimenticare. Non è me che devi temere.

Non la temeva... se n’era innamorato. O era la stessa cosa?

- Ho amato l’Altro, non cambierò mai idea, e il ragazzo che eri all’Accademia… e ognuno dei tuoi compagni, ho avuto compassione del loro destino di schiavi del sistema o buchi neri di rancore. Il Guerriero, dillo anche tu, Clara, cos’hai provato ad incontrarlo? Com’era, quell’uomo stanco e disperato, quell’anima divisa?

Tacque, e la sua metà riprese:

- Eri sempre tu, Dottore. Sei sempre stato tu. Tra le pagine dei ricordi sto amando ogni cellula, ogni respiro di te. Mi dispiace. Avrei dovuto guardarti con il cuore, non con gli occhi. Ora i nostri occhi ti guardano e questo cuore ti desidera, perché quando sei qui vicino siamo un’anima sola. Noi siamo Honey.

- Honey - fece eco il Dottore quasi senza accorgersene, la voce arrochita dall’emozione.

Lei non era allusiva e maliziosa come River o Tasha, né aveva la semplicità disarmante di Rose - era complicata come un’equazione a nove incognite per il cervello di un Ogron. Honey non assomigliava a nessun’altra perché nessuna creatura dell’universo sarebbe mai potuta nascere con due anime tanto diverse e ugualmente innamorate.

- Honey - ripeté, e le sfiorò una guancia. - Non posso.

Era sempre la stessa storia, il terrore di soffrire per l’ennesima volta, di affezionarsi a qualcuno troppo fragile e lasciarsi andare per poi perdere tutto in una frazione di secondo, polvere, atomi, cenere, quanti, scintille.

Ma lei era là, era viva, era tiepida, lo assaporava con lo sguardo come se staccare gli occhi da lui equivalesse ad evaporare, e gli stava dicendo di amarlo senza condizioni né dubbi.

Era fragile, sì, e questa era un’altra ragione per ritrovare Gallifrey ad ogni costo: le avrebbe permesso di vivere per un tempo molto, molto più lungo, e se lo avesse ancora desiderato, sarebbe stato un tempo d’amore. Ma adesso era troppo presto, le variabili erano infinite, era pericoloso, era...

- Non dovrei. Fa male.

Si rendeva conto ora di cosa lo trattenesse davvero, e non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma stava pensando a River. Gli sembrava di tradirla, in qualche modo astruso; poteva dirle addio cento e cento volte, e ancora si considerava suo marito.

Ma l’immaginò ridere di quell’esitazione, annuire svanendo dai suoi pensieri con una benedizione senza riserve e si ritrovò con le dita affondate nei capelli di Honey, i nasi che si sfioravano, come se il bacio che li attendeva fosse un salto troppo importante per non prendere la rincorsa.

Amo ogni tua incarnazione, anche quelle che non riconosci…

- Ada.

Sto amando ogni cellula, ogni respiro di te.

- Clara…

Chiuse gli occhi e sentì le dita di lei che lo esploravano sotto il colletto della vestaglia, dietro le orecchie, lungo la fronte.

Erano un miracolo, quelle carezze, perché ognuna di esse era stesa da due mani diverse, come una velo di crema profumata di due fragranze.

Non tentò di nascondere la propria erezione più di quanto la sua TARDIS avesse mai cercato di autoriparare seriamente il circuito camaleonte. I pantaloni erano macchiati dalla sua eccitazione, un sudore leggero gli incollò la biancheria alla pelle - funzionava di nuovo, completamente, ed era meraviglioso. Faceva paura, anche, ma era una paura meravigliosa.

- Honey, ti amo - singhiozzò. Perché non ne dubitasse, la coprì di baci leggeri.

La terrò al sicuro, cercò di convincersi.

Questa volta la terrò stretta a me, non la perderò.

Un ciocco di legno scoppiettò più forte, sobbalzando mentre si consumava, e in altre occasioni quel rumore sarebbe bastato a riscuoterlo dall’estasi e restituire ad entrambi i sensi di colpa e le insicurezze che invece ora stavano lasciando bruciare in quelle fiamme.

Era incredibile.

Era dolce da impazzire.

Le sfiorò i fianchi, continuando a baciarle i capelli, e capì di non potersi trattenere. Troppo in fretta, troppo… quando lei si voltò un poco e infine trovò la sua bocca socchiusa, qualcosa in lui si liberò. Con un lamento roco e frustrato, si staccò da lei per valutare i danni.

- Scusami. È passato molto tempo da quando… scusa. - Tentò per la seconda volta di tirarsi su, di ricomporsi e possibilmente annegare quell’imbarazzo sotto un getto d’acqua gelida. Ma lei lo trattenne con forza, gli prese la testa fra le mani e baciò le ombre sotto i suoi occhi. Poi scese a ritrovare le sue labbra e questa volta lui non si ritrasse, perché non c’era più fretta, solo una tenerezza infinita da assaporare finché, spente le braci, non spuntò il sole a suggellare una tremante promessa.

Quando alcuni giorni più tardi Honey uscì con il Dottore dalla casa presidenziale, entrambe erano colme di lui, colme l’una dell’altra, e il cielo del loro mondo si confuse con quello cupo di Trion. Non ebbero occasione di salutare il loro ospite, che era rimasto occupato per tutta la mattina, ma uno dei suoi ministri era stato incaricato di accompagnarli alla stazione da dove sarebbero stati teletrasportati sulla colonia di cui Vislor Turlough, fratello maggiore del Presidente Malkon ed ex inquilino della TARDIS, era diventato governatore.
Il Dottore non commentò il fatto che quel delizioso e minuscolo satellite, che dai volantini alla stazione si presentava coperto di laghi e foreste color malva, portasse il nome Tegan. Honey, invece, fangirlò come non mai e si zittì solo brevemente quando entrarono nei cilindri e una volta per tutte quando, una volta arrivati a destinazione e usciti all'aperto, vide Turlough venir loro incontro.

- È bello rivederti, Dottore. Anche se sei cambiato di nuovo… e parecchio. - Il loro ultimo incontro era stato ai tempi del Decimo, per sciogliere un’accusa gettatagli addosso durante l’ennesimo processo a suo carico. Lui invece non era cambiato molto. I capelli un tempo rossi erano adesso brizzolati e aveva sottili rughe ai lati degli occhi, ma era lo stesso uomo che aveva viaggiato con lui ed era riuscito a liberarsi dall’influsso malefico del Guardiano Nero, per poi fare ritorno a Trion con una nuova consapevolezza e senza portare rancore per l’esilio a cui era stato costretto dal governo di allora.

- Non hai idea di quanto sia un piacere per me, amico mio. - Il Dottore lo abbracciò con affetto. - Ti presento Honey Markwald, la mia… - Esitò, cercando una conferma nello sguardo di lei, e la trovò immediatamente. - La mia ragazza.

Era strano e bellissimo da dire, era tutto strano e bellissimo, e avrebbe desiderato che quella sensazione euforica non finisse mai.

- Oh, davvero, davvero onorato! Sono il Governatore Turlough, ma puoi chiamarmi Vis - si presentò, entusiasta. - Se al Dottore va bene, altrimenti ritiro l’offerta! - continuò, e lei per tutta risposta gli schioccò due baci sulle guance. Era sempre stato tra i companion preferiti di Ada, e Clara aveva letto così tanto su di lui nelle ultime settimane da considerarlo praticamente di famiglia.

- Tuo fratello è stato davvero generoso e gentile - dichiarò - e abbiamo trascorso giorni magnifici su Trion, ma non vedevo l’ora di conoscerti.

Giorni… e notti magnifiche, pensava intanto, e arrossì sbirciando il Dottore mentre lui sbirciava lei e si avvicinava a prenderle la mano. La sua stretta le parve più solida di quanto lo fosse stata in passato, ma al contempo più morbida e umana - se si poteva pensare qualcosa del genere di un Signore del Tempo.

Non sbagliava. In qualche modo la sua rigenerazione, avvenuta da poco più di un anno dal suo punto di vista, aveva concluso gli ultimi ritocchi durante la loro prima notte d’amore. Non aveva visto brillare alcuna luce, ma forse quando aveva chiuso gli occhi e una pioggia di stelle cadenti aveva attraversato il cielo del loro mondo, forse, quella era stata la tessera che completava il puzzle, lo spezzarsi di un sigillo che lo rendeva libero e pienamente se stesso. E già sembrava che le guance gli si stessero arrotondando, ma forse era solo un’impressione; non potevano considerarsi certo imparziali.

- Sta andando a fuoco qualcosa laggiù o avete delle sorgenti termali? - chiese il Dottore, accennando alla vallata sottostante. C’era per l’appunto un laghetto che emanava sbuffi di vapore a intervalli regolari.

- Le migliori della galassia - gonfiò il petto Turlough, come se dovesse recitare in uno spot pubblicitario. Risero. - Avete portato un costume da bagno?


   
 
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