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Autore: SakiJune    10/07/2014    0 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Correvano in cerca di un riparo, ma per quanto sembrasse incredibile non riuscivano a uscire dalla foresta.

Non aveva senso, perché loro stesse fino a quella notte avevano creato quel mondo, allungando e accorciando le distanze, cambiando l’arredamento delle stanze nel palazzo proprio come succedeva alla TARDIS. Talvolta erano mutamenti consci, in altre occasioni era il loro umore ad influenzare il tempo atmosferico o la varietà dei fiori, dei frutti e persino la luminosità delle stelle. Solo la sfera era rimasta fissa e sfolgorante, sfidando anche le nuvole notturne. Ma avevano finto che non esistesse, ognuna per ragioni differenti.

Il destinatario del messaggio di Jenny era una delle creature più imprevedibili dell’universo. Clara ne aveva appena sentito parlare, e Ada non aveva nessuna idea di dove poterlo trovare, né in realtà le interessava farlo in tempi brevi. Inoltre, al momento vi erano ben altre priorità - salvarsi, innanzitutto.

Schivarono a malapena un grosso ramo spezzato che comunque sbarrò loro la strada. Quello che sembrava un semplice temporale si era presto trasformato in una tempesta di grandine, con fulmini che a tratti illuminavano a giorno la foresta e schiantavano gli alberi come fili d’erba.

- Clara, aspetta, fermati. - Non attese nemmeno di riprendere fiato. La pioggia si calmò d’improvviso; anche i fulmini erano cessati. - Non è scappando che riusciremo a sfuggirgli… Guarda, sta passando. Credo che non possa gestire entrambi i piani di realtà nello stesso momento. Il nostro e il suo. Capisci? Il Dottore è là, sta imbastendo un gioco con lui, deve concentrarsi su di lui. Prima che torni, prima che finisca di distruggere tutto… devo andare là. So chi può aiutarci.

- Non riusciamo a tornare nel nostro corpo ma nel regno di questo Giocattolaio sì?

- Sì, perché non è un piano fisico, esiste senz’altro un passaggio. Se lui ha potuto insinuarsi dentro di noi, perché noi non potremmo?

- No, non ci penso nemmeno, ti prenderebbe. Vengo con te.

- Clara, non puoi. Honey rimarrebbe senza una coscienza. Il bambino non avrebbe scampo. Quel mostro non se ne accorgerà nemmeno, se avrò fortuna. - Ada le stampò un bacio sulle labbra e indietreggiò piano, sperando che in quel modo sarebbe stato meno doloroso allontanarsi da lei. - Devo provarci.

- Chi è che ci può aiutare?

- Un’amica del Dottore. Un’amica di un tempo molto lontano.

Un ventaglio di fronde strappate si frappose tra loro come una tenda verde e grondante d’acqua, e quando Clara lo scostò si ritrovò sola.

*

Ada era in una stanza che odorava di muffa e di qualcosa molto peggiore. Gli scaffali erano ricolmi di ogni tipo di bambole, trottole, trenini e astronavi, fiori di carta, giochi in scatola, cerchi e birilli. Sul pavimento, giocattoli rotti; appese al soffitto, maschere ripugnanti. Era la Bottega, il magazzino degli esperimenti del loro nemico. Si concentrò su quello che stava cercando: una marionetta dalla veste color amaranto. I suoi passi facevano scricchiolare il parquet e tintinnare i pezzi di ingranaggi disseminati ovunque. Lui era in ascolto? Cosa stava succedendo tra lui e il Dottore? Con quali enigmi, quali rompicapi, quali inganni l’aveva accolto?

Non poteva fermarsi a pensare, doveva trovare Millennia.

Ricordava con affetto il romanzo dove si parlava di lei e del suo innamorato, Rallon. L’aveva scovato in un mercatino dell’usato, ed era uno dei suoi preferiti. Rallon e Millennia avevano seguito il Dottore nel suo primo viaggio in assoluto, quand’erano ancora studenti all’Accademia, ma erano caduti vittima del Giocattolaio. Rallon era stato usato come fonte di energia e di intelligenza, un corpo quasi immortale a sostenere suo malgrado le trame oscure del Guardiano dei Sogni. Millennia era stata considerata inutile e trasformata in una bambola, ma… poteva essere che nel profondo avesse conservato un frammento di coscienza? Che ricordasse? Che amasse? Che potesse aiutare tutti loro?

Intravide una macchia del colore giusto e corse verso quell’angolo, mentre la stanza sembrava farsi più piccola e buia. “Nulla di ciò che lui crea è reale”, tentò di convincersi, ma sapeva che, sebbene si trattasse di una differente realtà, ciò che la circondava poteva ferire e uccidere - non il loro corpo, almeno finché la TARDIS avesse resistito, ma la loro mente sì, e allora cosa ne sarebbe stato del bambino?

Afferrò la figurina di legno abbigliata di stoffa preziosa ma ormai logora dai secoli, fissò i suoi occhi dipinti con un’espressione di supplica. Disperata, la serrò infine tra le braccia, chiamandola per nome.

- Salvaci, ti prego. Salva il Dottore. Salva il nostro bambino… Millennia! Ascoltami!

Le bocche oscene delle maschere avevano denti. Dalle travi del soffitto iniziò a colare un liquido rossastro. Presto ne ebbe i capelli impiastricciati, e sembrava corroderli.

- Millennia, ti prego! Lui non vi ha mai lasciati andare… lui non ha dimenticato…

Sono qui. Sono sempre stata qui. Dimmi come posso aiutarti: liberami, e ti libererò.

- Sei davvero tu? Resta con me, seguimi, prova ad uscire da qui.

Sentì che quel fantasma triste si aggrappava a lei, proprio come lei la stringeva, mentre le pareti iniziavano a vibrare con un ronzio sinistro.

*

Era l’ultima mossa.

Carezzò il volto della donna impareggiabile che era stata sua moglie, e gli uscì dalla gola un gemito strozzato quando si rivide, ammanettato e impotente, nella Biblioteca che aveva visitato già troppe volte nei suoi incubi. Quella di River Song era stata l’ultima agonia a svelarsi davanti ai suoi occhi, l’ultimo ostacolo

(perché il dolore è sempre un ostacolo verso la gioia futura)

prima che lo schermo gli mostrasse, come premio per la meritata vittoria, ciò per cui era venuto in primo luogo.

Vedeva una stanza sotto di sé, come se si trovasse sul soffitto. Su un tavolino attorniato da poltrone vi era un libro dalla copertina familiare.

- Vuoi lasciar per un pochino il tuo corpo come ostaggio? Sarò attento, sarò saggio, non ci poserò un ditino.

Non vedeva altra soluzione. Se voleva entrare nella mente di Honey, doveva proiettarvisi attraverso lo schermo. Era senza dubbio una trappola: il Giocattolaio l’avrebbe posseduto non appena la sua coscienza si fosse distaccata. Ma di trappole, fortunatamente, il Dottore se ne intendeva.

Percepì dapprima una fortissima tensione magnetica che lo inchiodava alla superficie sottostante, poi sentì uno strappo e precipitò nella stanza.

- Ouch. - Non credeva che avrebbe provato dolore; almeno sui piani di realtà virtuale avrebbe preferito risparmiarsi una simile scocciatura. Si rialzò e si diede un’occhiata intorno. Era una biblioteca anche quella, ma di tutt’altro genere. Raccolse il libro dal tavolino e capì perché l’immagine sulla sua copertina gli era sembrata familiare. Si intitolava Shada, e su di essa vi era il ritratto della sua quarta incarnazione, piuttosto lusinghiero in verità. Diede una scorsa alle pagine e vi trovò il riassunto della sua avventura contro Skagra, completa di commenti personali di Ada. Commenti a volte piccanti, ma soprattutto teneri.

“Ma perché Romana non si innamora del Dottore? Sul set Lalla si è innamorata veramente di Tom…”

L’attore che l’aveva interpretato si chiamava Tom. Buffo, ma anche stranamente calzante. Gli piaceva.

“La nave nera che viaggia nel tempo come una TARDIS è una figata. Vorrei sapere che fine ha fatto dopo. Magari l’ha trovata Jack Harkness.”

Sei un tesoro, Ada Markham, pensò. Ma non aveva tempo per gingillarsi. Corse alla finestra e vide che fuori era passato una sorta di uragano. Capì che il Giocattolaio stava per distruggere tutto.

Trovò la strada verso l’ingresso e spalancò il portone proprio mentre un albero precipitava contro di lui. Si gettò in avanti, schivandolo a malapena. Si rimise in piedi e corse verso il bosco, chiamando le ragazze con tutta la voce che aveva.

Non trovava un passaggio. I rami erano un groviglio inestricabile e porco schifo perché non ci aveva pensato prima, se cadere dal soffitto gli faceva male sul serio forse funzionava anche la versione virtuale del cacciavite sonico, ora che aveva un’impostazione specifica per il legno…

Non ve ne fu bisogno. Udì un fruscio e guardò in alto, e lassù, arrampicata su uno degli alberi ancora in piedi, a un paio di metri da terra, c’era Clara. Rivedere il suo aspetto prima della fusione colmò il suo animo di una sensazione così intensa da lasciarlo senza parole.

- Dottore! - Stava piangendo di gioia. Era così bella…

Allungò le braccia e le fece cenno di lanciarsi giù. Lei sembrava un poco titubante ma ubbidì, e finirono a terra entrambi.

- Oh, Clara… oh, tesoro.

- Forse Ada ha trovato una via di fuga. È andata a cercare qualcuno, ha detto che... tu la conoscevi…

Il Dottore rabbrividì, e non era solo la pioggia gelida a scuotere i suoi sensi. Era il passato con i suoi fantasmi. - Sì. Non ho mai creduto che potesse essere ancora nella Bottega, ma… l’ha trovata. Se lei può davvero liberarvi, oh, è più di quanto potrò mai fare io. - Le accarezzò le labbra, rendendosi conto che non erano mai stati così vicini, non da soli. - Non sono davvero qui, lo sai.

- Nemmeno io, giusto?

La baciò e la strinse a sé, sull’erba fangosa, sotto la pioggia, in quel mondo in disfacimento, e gli parve di non poterla più lasciar andare.

- Mi perdonerai? Potrai mai… - La voce di lei era attutita, perché il suo viso era schiacciato contro il collo del Dottore.

- Cosa? Cosa?

- Per quando credevo che non mi piacessi più. Per tutto il tempo in cui non ti ho guardato negli occhi, credevo di averti perso e nemmeno ti cercavo…

- Basta, non pensarci. Non sono io a dover perdonare te. Non ho saputo proteggervi.

Sembrava tutto così vero. Le braccia che la tenevano, la vibrazione della sua voce. Ma non lo era, doveva tenerlo a mente. Clara si scostò, ignorando le sue parole e fissandolo con la preoccupazione in volto. - Dove sei davvero? Dove hai lasciato il tuo corpo?

- Ho attivato un allarme, se proverà a possederlo mi farà tornare là. Non potevo certo fidarmi.

- E lo farà? È questo che vuole, impossessarsi di te?

- Cerca di impedirmi di trovare Gallifrey, forse sotto gli ordini di uno dei suoi compari, ma questo è solo il piano più recente. È da quando ero un ragazzino che mi vorrebbe con sé. Ha avuto Rallon, ma quello che voleva ero io. Certo che ci proverà.

Mancava poco, allora. Mancava pochissimo e c’era così tanto ad agitarsi dentro… comunque fosse andata, non si sarebbero mai più incontrati in quel modo.

- Ada ci riuscirà.

- Ma certo. Dille che… non ero così bello con quella sciarpa, dopotutto.

Clara capì e sorrise. Bello. Lo era sempre stato e non lo era stato mai, era un dettaglio tanto futile quanto un granello di polline in confronto all’universo. Ma lui avrebbe potuto raccontarle che persino qualcosa di tanto insignificante aveva il potere di distorcere la percezione della realtà.

- Dille che la amo.

- Potrai dircelo quante volte vorrai, quando tutto questo sarà solo un ricordo. Devi ancora portarci su Apalapucia, no? Continui a rimandare. E voglio vedere Gallifrey. Voglio che il nostro bambino nasca nella tua casa. Si chiama Lungbarrow, non è vero? È tutta di legno e c’è un buffo robottone peloso…

- Clara. - Sentì che il Giocattolaio era sul punto di attaccarlo, di prendere quel posto vuoto dove prima c’era la sua coscienza e seppe che stava per svanire da quel mondo. - Clara Oswald, io...

*

Ada si ritrovò nel giardino, tra le statue distrutte dalla tempesta e gli alberi schiantati. Clara la raggiunse, affannata, i vestiti fradici e il viso graffiato dai rami spezzati che avevano rallentato la sua corsa.

- Sei tornata… amore, sei...

- L’ho trovata. - Le accarezzò i capelli inzuppati, cercando di infonderle coraggio. Che cos’era quello sguardo perso oltre? Cos’era accaduto mentre era stata via? - Gli sfuggiremo. Resteremo tutti insieme, non vincerà, quello schifoso non vincerà.

Non c’era tempo per raccontarle della visita del Dottore, e non avrebbe cambiato nulla. - Ma dove? Dove sarebbe?

Sono qui. Fate in fretta, non ho abbastanza forza per restare.

Anche Clara la udì. Proprio sul tetto del palazzo, sulla cima di una delle colonne, stava una donna dalle ampie vesti rosso scuro.

- Andiamo.

Si presero per mano e corsero verso l’ingresso dell’edificio. Il tronco caduto sbarrava completamente la porta, e quando Ada provò a rompere una finestra, udì dall’interno un gorgoglio cupo, come un risucchio nero, un vuoto che sembrò accorgersi di lei e corse a raggiungere quello spiraglio appena creato. Clara gridò: anche dal bosco stava giungendo la tenebra. Sotto quel rumore terribile le sembrò ci fosse una risata, un leggero e insopportabile suono di scherno.

Dovete provare a salire. Non posso fare di più.

Raggiunsero l’altra finestra, ancora intatta, e Clara si arrampicò sul davanzale. Ada si era ferita con il vetro, le sue mani bruciavano ed erano scivolose di sangue. Non era più il loro mondo, il Giocattolaio ora lo possedeva interamente e stava per cancellarlo...

Dovete fare in fretta, o il buio vi risucchierà. A confronto, un’eternità nella Bottega sarebbe una piacevole vacanza. Lui non deve avervi, non lasciatelo vincere!

Millennia non muoveva le labbra - parlava direttamente alle loro menti.

Raggiunse Clara, cercò un appiglio più in alto. Maledisse le giustificazioni per l’ora di Educazione Fisica che aveva sempre convinto sua madre a firmare… ma no, non era una questione di muscoli, doveva capirlo davvero o non sarebbero uscite vive da lì.

Clara si aggrappò alla grata della finestrella della soffitta e riuscì ad issarsi sul davanzale di questa, tendendole la mano per aiutarla a salire. Sotto di loro non esisteva più nessun giardino, nessuna foresta, nessuna biblioteca di ricordi. Era tutto dentro di loro, e se fossero sopravvissute avrebbero potuto ricreare un mondo completamente nuovo, ma in quel momento non vi erano certezze, soltanto l’istinto di fuggire e portare con sé ciò che avevano di più prezioso.

Siete in tre. Non avevo capito… non posso farlo.

- Che cosa? - Ada protese il braccio verso il capitello della colonna, dove Millennia ora scuoteva la testa, mortificata: - Cosa stai dicendo?

In cielo si era aperto uno squarcio tra le nuvole scure, pura luce che però sembrava ritrarsi anziché splendere e spazzare via la tenebra ghignante.

- Ti ho portato via da quella prigione. Puoi raggiungere l’aldilà o qualsiasi cosa ci sia dopo, ritrovare Rallon e la pace e le stelle e puoi salvarci, certo che puoi!

No.

- Non puoi lasciar morire il nostro bambino - l’aggredì Clara, in bilico tra il davanzale e la colonna, lo sguardo feroce. - È il figlio del Dottore. Sarà un Signore del Tempo, il migliore di tutti, migliore anche del tuo Rallon, chiunque sia. E non può vivere senza di noi, perché non è ancora nato. Perciò aiutaci a tornare nel nostro corpo o il Dottore verrà a cercarti nell’aldilà! Più di quanto ti abbia potuto fare male questo Giocattolaio maledetto, il Dottore si vendicherà perché non hai fatto niente per salvare il suo sangue!

Quelle minacce sembravano non sortire alcun effetto. Millennia abbassò la testa, le mani tese verso di loro:

Non può vivere senza almeno una di voi, lo so. Il passaggio si sta chiudendo, dovete essere voi a decidere. Mi dispiace.

Era la luce a creare quell’effetto sul suo viso di spettro? O stava piangendo?

Ada chiuse gli occhi. Non voleva più vedere alcuna luce. Non voleva vedere le lacrime di Millennia, né le lacrime di Clara, solo salvare la loro creatura, il loro miracolo.

- No! - gridò Clara, intuendo cosa volesse fare. Si gettò su di lei, spingendola in alto con tutte le sue forze, e Millennia lesse nei suoi pensieri una suprema intenzione d’amore e sacrificio.

- Io ti amo, Ada. E amo il Dottore, e amo il fatto che tu lo ami. Tutto quello che non potrà mai essere… può far implodere un pianeta, può stare tutto in una foglia. Ma quello che potete avere è ancora più bello. Io riesco a vederlo… riesco a vedervi, oh! Quanto amore!

Millennia vide la ragazza bruna lasciarsi cadere verso il nero profondo di quel mondo distrutto. Il passaggio si allargò e si richiuse di colpo - non c’era più nessuno, sulla colonna.

   
 
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