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Autore: SakiJune    10/07/2014    0 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Era tutto così buio.
Le pareti dell’anticamera brillavano, ma era lo stesso tutto così buio.
Era vuota. Era sola. Non proprio sola, doveva ricordarlo...
Ada mosse una mano, poi entrambe, verso il proprio ventre, nel gesto più antico e profondo di ogni donna, di ogni essere vivente di sesso femminile - proteggere il figlio che porta dentro di sé. Sentiva che anche lui ce l’aveva fatta.

Ma Clara non era più da nessuna parte, la sua immagine cancellata, la sua voce spenta, la sua essenza schiacciata e ridotta in polvere come…
Come una foglia d’autunno.
Però.
Però.
Una foglia strappata via da una raffica di vento impietosa, che finisce sul terreno e lentamente si fonde con esso, lo nutre, lo prepara per un tempo migliore. Per ciò che nascerà.
E il Dottore era… ancora in balia di quel mostro?
Non poteva perdere anche lui. Non poteva, soprattutto, permettere che l’universo lo perdesse.
Si mise in piedi, e scoprire di aver recuperato le forze le sembrò ingiusto. Quando le pareti a specchio del corridoio le restituirono la lusinghiera immagine di Honey, le parve addirittura blasfemo. Ma Il vuoto che aveva dentro non poteva combattere contro la forza disperata di quell’urgenza. Faceva male, ma quel dolore finora era attutito; come quando entri in una casa in fiamme per salvare quanto hai di più caro e il fuoco inizia a bruciarti i vestiti, ma non ti fermi. Si chiama adrenalina. Si chiama amore.
Corse nella stanza della console, dove Dorium, abbandonato sul pavimento accanto alla porta, guardava con apprensione nel monitor dello scanner. - Siete riuscite a liberarvi. - disse con un sospiro di infinito sollievo negli occhi. - Lui è là fuori, e ho paura che si metta male. Guardate.
- Non siamo più… non sono…
Non doveva pensarci, adesso. Piangere non avrebbe salvato il Dottore.
Non si riusciva a vedere granché. Doveva attivare i raggi X o Y o qualunque cosa riuscisse a passare attraverso quel maledetto labirinto e permetterle di vedere dove fosse il Dottore. Non aveva mai imparato ad usarlo, a differenza di Clara, perciò dovette procedere per tentativi. Era come un programma di grafica 3D, abbastanza intuitivo, ma non aveva il tempo di mettersi a studiare quale manopola servisse a cosa. Girò e tirò e premette, finché non ottenne ciò che le serviva.
- Così, così, lo vedo! Ci sono tutti e due, là. Ma non puoi uscire, non è sicuro.
- So cosa fare. Forse non funzionerà, però devo provarci.
Lo scanner era difficile da usare, ma in compenso sapeva come inserire la cupola di protezione. Ricordava quando il Dottore l’aveva attivata su Gingko. Allora non era servita a nulla perché il pericolo proveniva da sottoterra, ma…
Guardò il monitor e inorridì, ma distolse lo sguardo e respirò a fondo. Doveva concentrarsi.


- Ho idea che le rime ti abbiano scocciato, ormai. Possiamo parlare la stessa lingua.
Lo schermo era tornato al suo posto, sovrastando il labirinto. Non mostrava ormai che una nebbia nera.
- Sono sicuramente riuscite a fuggire, ed è questo che conta.
- Ma certo. Chi pensi che abbia permesso alla signorina bionda di impossessarsi della tua vecchia compagna di scuola? Ma le ho concesso solo due chiavi. Due chiavi e due serrature.
Il Dottore capì, e qualcosa in lui si spezzò.
- No. Dev’esserci una terza uscita. Non sei forse onnipotente? Non sei forse padrone di ogni cosa, qui? Avrà un prezzo molto alto, lo so, ma sono pronto a pagarlo. Prendimi. Lasciali vivere.
- Troppo tardi, Dottore. Non toccava a me decidere: toccava a loro. E hanno scelto. Chi troveresti, se ora tornassi nella TARDIS? Vuoi davvero saperlo? Non è forse meglio restarne all’oscuro? Le ameresti ugualmente, se avessero deciso di sacrificare tuo figlio per sopravvivere?
Il Dottore si bloccò, orripilato da tanta crudeltà. Quasi non riusciva a respirare. La rabbia cieca e acida gli si rivoltò nello stomaco sino a farlo esplodere in un attacco inutile. Caricò come un toro, gettandosi contro il suo nemico. Questi lo lasciò fare, scuotendo il capo con un sorrisino, e scomparve al momento opportuno, lasciando che il Dottore sbattesse violentemente contro le piastrelle.
- Ops..
Il Dottore strinse i pugni e sollevò la testa, guardò un’altra volta lo schermo mentre la nebbia nera iniziava a sprigionare da esso come un mulinello sempre più sottile, come un tentacolo di Nulla, che si protendeva verso di lui.
L’avrebbe invaso.
L’avrebbe svuotato. E poi il Guardiano degli Incubi si sarebbe accomodato nel suo corpo, sfruttando le undici rigenerazioni che gli restavano, per millenni di puro e insano divertimento.
Era questo… era tutto qui?


- Che cosa sta facendo? Perché non combatte, perché non cerca di scappare? Qualsiasi cosa!
Ada posizionò la cupola virtuale in modo da coprire la parte iniziale del labirinto, poi la ingrandì. Il Dottore sarebbe stato al suo interno, quando l’avesse attivata. Ma quando premette il bottone verde, questa non si materializzò.
Era stata un’idea stupida, pensò. Non era la realtà, quella, era l’universo del Guardiano di Cristallo, sarebbe stato come far funzionare un cellulare Babbano a Hogwarts. Eppure no, non doveva essere impossibile in senso assoluto, se era riuscita a visualizzare il labirinto e ciò che conteneva al di là delle siepi. Forse doveva solo potenziare la protezione. Mosse il cursore verso l’alto e premette di nuovo il bottone. Questa volta la cupola iniziò a formarsi a partire dall’alto, con un rumore tanto acuto e stridente da far sembrare il famigerato gesso sulla lavagna un suono gradevole e rilassante.
Si tappò le orecchie con le mani, mentre si sforzava di non perdeva di vista la materializzazione stessa così come lo scanner la mostrava: lo scheletro grafico della cupola andava colorandosi di verde chiaro. Ma era troppo lenta. L’energia di quel luogo le era ostile ad un livello estremo.
Eppure il cursore era al massimo, non poteva potenziarla di più…
Non con i comandi a disposizione.
Ma la TARDIS era in grado di aumentare la potenza, se l’avesse voluto. Ed era sicura che lei lo volesse, perché era davvero l’unico modo di salvare il Dottore.
- Ti prego… ti prego… ti prego…
E lei l’ascoltò. Il rumore divenne insopportabile, ma la cupola iniziò a completarsi più velocemente. Adesso davvero non poteva fare di più.
Udì gemere e guardò a terra. Dorium stringeva le palpebre e i denti, impossibilitato com’era a proteggersi da quello stridore infernale.


- Potranno ripartire senza di te. Sì, li lascerò andare. Non saprai mai chi è riuscito a sopravvivere, e non sarebbe forse un sollievo? Perché tutto sembra reale quando sogniamo. Allora continua a sognare, Dottore, dentro di me. Dimentica di aver anche solo pensato di iniziare a vivere come il più primitivo degli Effimeri. Dimentica Gallifrey e la tua stirpe immonda. Ricorda chi eri.

E perché mai? Perché? Perché tutti glielo ricordavano? Forse si mostra ad un’aquila il guscio che un tempo la racchiudeva? O a una farfalla l’immagine del bruco che fu? No. Le si lascia volare. E da quand’era stato tessuto, duemila anni prima, non aveva domandato che questo. La libertà. Libertà di fuggire dal nido, di riderne anche, dalla cima di una montagna, ma di proteggerlo, a tempo debito, da chi lo vorrebbe distruggere, e di tornarvi per riposare le ali e vederlo rifiorire e forse, forse, far crescere con le proprie mani qualcosa di nuovo...
Ma no. Per gli Eterni era essenziale ricordargli il suo posto nella girandola infinita degli universi.
Così come il Kithriarca di Lungbarrow, che pure l’amava al di sopra degli altri Cugini - e per questo, per questo era stato assassinato - e che ricambiava con tutta la gratitudine e l’affetto possibile, avrebbe voluto imprigionarlo in un ruolo che non sentiva suo, in una società di cui non condivideva i valori, su un pianeta che gli stava troppo stretto.
Allora si era ribellato. Allora, inconsapevolmente ma di fatto, fuggendo aveva destinato la sua intera famiglia all’oblio e ad un’orrenda segregazione.
E adesso? Adesso che non sentiva più quell’inarrestabile urgenza di correre e sfidare i propri limiti, che non gli sembrava più così eccitante scoprire le meraviglie di luoghi lontani ma quelle di un mondo più piccolo, interamente suo… Ora che si stava avvicinando allo schiudersi di una felicità senza ombre…
Eppure.
Eppure.
Voleva davvero sapere chi era sopravvissuto e chi era stato inghiottito da quella tenebra?

Guardò il Nulla e non fuggì. Lo sentì sfiorargli il petto e non si ritrasse.
Ne era affascinato.
Si sentiva un vigliacco, ma...

Ma era una follia! Non doveva arrendersi!
Forse ciò che restava non aveva più valore?
Era un ragionamento insensato.
Era la logica che il Mandarino stava cercando di instillargli con l’inganno - quella del tutto o niente - ma non era la sua, non...
Se fosse rimasta anche solo una scintilla, l’avrebbe guardata brillare.
Se fosse rimasta solo una goccia, l’avrebbe assaporata.
Se fosse rimasta una sola di loro, l’avrebbe amata.
E nel caso più tremendo, se in un ipotetico delirio la loro scelta avesse cozzato contro gli umani istinti, si sarebbe preso la sua parte di responsabilità.
Era lui a rendere gli altri pericolosi per se stessi, era sempre stato così, e forse, forse per questo non-
Fu in quel momento che la cupola iniziò a scendere. Il rumore era come quello di un coperchio che viene avvitato troppo strettamente. Due campi di energia che si scontrano, come poli uguali di due magneti forzati ad avvicinarsi.
Il Dottore esultò, malgrado se stesso, e subito nascose quella viva speranza perché l’altro non la percepisse.
- Oh-oh. La biondina ha stoffa davvero. Non l’avrei mai detto, puntavo tutto sull’altra.
Il Giocattolaio era così stupito da non accorgersi di aver rivelato troppo.
Il Dottore, a sua volta, sentì quelle parole come lame nello stomaco e le comprese in tutta la loro tragedia. Per la prima volta da… da quel giorno su Gallifrey, quando la sua prima eco gli aveva indicato la TARDIS, si trovava a respirare in una realtà in cui Clara Oswald non esisteva. Era un mondo infinitamente più povero e spento.
- No.
- No che cosa, Dottore?
- No. Non mi avrai. Lei non è mai morta invano. Mai. Tutte le volte è riuscita a salvarmi. Tutte le volte. E tu non sei nemmeno la Grande Intelligenza, sei un piccolo stupido che non mi ha mai capito. I Dalek, i Cybermen, i Guerrieri di Ghiaccio mi conoscevano bene. Il Maestro mi conosceva, più di ogni altro. Ma tu… dall’alto della tua Bottega da strapazzo, che cosa vuoi sapere? Oh, no, se davvero hai ucciso Clara hai commesso l’errore più grande in miliardi di anni. Non sai che cos’hai fatto. Non puoi neanche immaginarlo, ah…
Guardò il tentacolo nero che ancora si faceva strada fra i suoi cuori. Guardò il Giocattolaio, che avanzava verso di lui seguito da uno stuolo di biglie incendiarie. I suoi occhi si accesero d’odio e poi sembrarono perdere ogni traccia di consapevolezza.
- Cosa non posso immaginare?
Potevano udirsi a malapena, ormai, sovrastati dal rumore.
- Che quando mi lasci parlare trovo sempre un modo per sfuggirti - sussurrò, mentre la cupola si chiudeva tra loro e nell’improvviso silenzio quel filo di tenebra si spezzava con un suono simile a un grido. Si voltò e semplicemente iniziò a camminare.

Non stava mentendo. Se l’è lasciato sfuggire, non era premeditato. Questi sono i miei primi passi nell’universo senza che Clara possa più tendermi la mano.

Uscì dal labirinto e superò la distanza che lo separava dalla TARDIS senza quasi accorgersi di ciò che stava facendo. Sentì, ma in modo distratto, la bile salire verso la bocca e inondarla del suo sapore amaro.
Inghiottì meccanicamente.
Schioccò le dita, entrò.
Inciampò in qualcosa o qualcuno e si rimise in piedi, gettandosi poi contro la console e tirando la leva per partire. Allora la stanchezza ebbe il sopravvento.
Si lasciò scivolare a terra con un sospiro che sembrava non dover finire, e rimase a fissare il vuoto ad occhi spalancati. Non udì quando Ada cominciò a singhiozzare, né la sentì raggomitolarsi contro di lui, cercando conforto a quel vuoto gelido in ogni cellula del corpo e in ogni angolo della coscienza.


   
 
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