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Autore: itsharrysharibo    11/07/2014    23 recensioni
Durante il party di benvenuto dell'Alnwick College una studentessa scompare misteriosamente. Otto giovani metteranno a repentaglio la loro vita per scoprire cosa è capitato alla ragazza. Le loro vite cambieranno per sempre e i loro segreti più nascosti potrebbero essere svelati completamente.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alnwick College
THE SECRET


 


I personaggi di questa storia non mi appartengono, nelle loro vite reali non svolgono ciò che viene raccontato tra queste righe. Pertanto, tutto ciò che leggerete dall’inizio alla fine, è frutto della mia immaginazione e come tale deve rimanereGradirei che nessuno rubasse o copiasse anche solo in minima parte ciò che è stato scritto di mio pugno.
 
 

PROLOGO
COMING
 


Lo stridore dei freni riscosse Amy dal dormiveglia. Erano a un’altitudine di quasi duemila metri e la Land-Rover strepitava a ogni curva.
L’ultimo spenga la luce!
La mamma lo diceva sempre prima di uscire di casa e ad Amy parve che da quando avessero lasciato Alnwick, un piccolo paesino sperduto, qualcuno avesse spento il sole.
Guardò fuori dal finestrino. Si vedeva solo un pezzo d’asfalto che serpeggiava lungo la montagna. I profili delle conifere che fiancheggiavano la carreggiata si stagliavano contro il cielo buio.
Amy non aveva mai visto alberi così alti. Le loro cime si protendevano, minacciose, lasciando a malapena intravedere le stelle.
Era un comitato d’accoglienza piuttosto inquietante, la cui presenza aveva un unico scopo: proteggere la valle dagli intrusi.
Intrusi come lei?
I fari illuminarono un cartello sul bordo della strada.
 
ATTENZIONE!
CADUTA MASSI
 
Poco dopo, il bosco alla loro sinistra si diradò e una roccia allungata ostruì la visuale; per un attimo, ad Amy sembrò che l’auto ci stesse andando a sbattere contro. Poi la Land-Rover sterzò bruscamente verso una profondissima gola.
Lei fu schiacciata contro il sedile mentre l’auto procedeva a scossoni lungo il ponte, probabilmente fatto di tavole di legno.
Davanti a lei, Harry sbatté contro il poggiatesta, ma non si svegliò.
Accidenti, le si era intorpidita la gamba, anzi le pareva di non averla più. Provò a muoverla, ma urtò solo il sedile anteriore.
Lei non era un’amante della natura. Era nata in città. Ma non doveva pensarci.
Non ora.
Non più.
Amy Styles e suo fratello Harry, di un anno più giovane, viaggiavano da due giorni verso l’Alnwick College.
Chiuse gli occhi. Aveva ancora la sensazione che fosse tutto un sogno. Forse stava accadendo tutto in uno dei mondi paralleli di cui Harry parlava spesso.
Il suo iPod si spense all’improvviso proprio nel bel mezzo della canzone. Amy si maledisse mentalmente per non averlo messo sotto carica prima di partire. Scosse un po’ il fratello.
<< Harry? Harry mi presti il tuo iPod? >>
Nessuna risposta.
Liam, il conducente, li osservò dallo specchietto retrovisore e sorrise.
Liam Payne era il professore di letteratura all’Alnwick College, spesso capitava che i professori offrissero assistenza alle matricole. Li aveva accolti sulla pista di atterraggio di Alnwick con sorriso così raggiante che Amy si era rilassata per la prima volta da quando erano partiti.
Liam non era di certo uno di quegli insegnati quarantenni rigidi e severi. Si era laureato all’età di ventisei anni e l’anno dopo aveva ottenuto la cattedra all’Alnwick College.
Le parve simpatico anche in quel momento, mentre lanciava un breve sguardo divertito ad Harry. Poi si girò verso di lei e le strizzò l’occhio.
Amy sorrise quasi automaticamente. Dopotutto era una persona gentile. La cocca di tutti. Una di quelle ragazze d’indole così affidabile da riuscire ad andare sempre d’accordo con chiunque.
<< Tuo fratello dorme come un sasso! Non è che si droga, vero? >>
<< No! >> esclamò Amy, col sorriso che si congelava. Ci mancava che qualcuno accusasse Harry di una cosa simile ancor prima che arrivassero! L’ultima cosa di cui avessero bisogno era attirare l’attenzione.
Gli occhi di Liam comparvero di nuovo nello specchietto retrovisore.
<< Tranquilla, era solo una battuta! Credimi, so come ci si sente dopo un viaggio così faticoso. Prima di partire, ho chiesto che vi tenessero qualcosa in caldo. La cucina dell’Alnwick non è di certo la migliore, ma per un college non è male. E potete anche prendervela comoda con i corsi domani. >>
Il suo tono sembrava sincero e aveva la tipica faccia da bravo ragazzo. Si, senza dubbio. Ed era pura strafigo, per essere un professore. Sicuramente sarà stato concepito su una spiaggia e sarà nato con una tavola da surf sotto braccio.
Amy fissò il colletto della sua camicia azzurra, stirato alla perfezione. Liam si sarebbe intonato di più alla Florida che a quella Land-Rover sporca e sgangherata e, con molta probabilità, attirava le studentesse come una calamita.
<< Non siamo ancora arrivati? >> Harry si stiracchiò e fece uno sbadiglio rumoroso, guardando fuori dal finestrino.
Pareva che la loro destinazione fosse più lontana che mai.
Ormai si erano lasciati alle spalle le ripide pareti rocciose, ma il bosco era tornato a stringersi intorno a loro come un gigantesco essere vivente. La strada continuava ad arrampicarsi su per la montagna, sempre più ripida e, per un istante, Amy si chiese che cosa sarebbe successo se il motore di quella vecchia auto si fosse fermata proprio li, nel bel mezzo del nulla.
I film dell’orrore non iniziavano sempre così?
Si accorse di avere la pelle d’oca. Coraggio! Non te la starai mica facendo sotto? Quante volte hai preso la metropolitana da sola di notte? Quello è cento volte più pericoloso. Dopotutto questo è solo un bosco!
Eppure, d’un tratto, Amy ebbe difficoltà a respirare.
Forse dipendeva dal fatto che le conifere erano sempre più fitte, al punto di non lasciare intravedere il benché minimo spiraglio di cielo.
Cavolo, ormai salivano da tre ore. Prima o poi avrebbero dovuto raggiungere il limite della vegetazione!
Strinse i pugni, conficcando le unghie nei palmi delicati. Naturalmente sapeva che il college era isolato – in fondo era quello il motivo per cui l’avevano scelto – ma non si sarebbe mai immaginato che fosse così isolato, neppure nei suoi incubi peggiori.
<< All’inizio il bosco fa un po’ paura, vero? >> domando Liam, forse intuendo i suoi pensieri. << Ma ci si abitua. L’Alnwick è davvero duro, ma molto differente dagli altri college. Sapevate è il più alto di tutta l’Inghilterra e la Scozia? >> una ciocca di capelli biondo scuro gli scivolò sull’orecchio destro. << Comunque state tranquilli, ci stiamo avvicinando. >>
<< Come ci si arriva in città? >> chiese Amy per rompere il silenzio che si stava creando.
<< Qui la maggior parte degli studenti non ha la macchina: il viaggio è troppo lungo e stancante. Ma se hai voglia di civiltà c’è un autobus ogni settimana che va in città. Anche se… beh, siamo passati da Alnwick… >>
Amy sorrise. << Civiltà? Quel buco di paese? Ma se sembra ancora abitato dai padri pellegrini! >>
<< Non preoccuparti, se ti serve qualcosa, qualsiasi cosa, nel campus ci sono un supermercato, due caffè e un cinema. E su Internet puoi ordinare di tutto. Non c’è bisogno di lasciare il college. Quassù si sopravvive benissimo. >>
Fino a poche settimane fa, Amy sarebbe scoppiata in una crisi isterica. Sarebbe saltata fuori da quella macchina in quell’istante.
Ma ora?
Ora era tutto diverso. Era innegabile che, nella loro situazione, il college era la scelta migliore. Sempre che si possa parlare di “scelta”.
<< A proposito, Miss Smith, la direttrice didattica, non mi ha voluto dire perché siete arrivati solo ora. >> constatò Liam. << Il semestre è iniziato una settimana fa. >>
<< Harry era malato e non poteva volare. >> rispose prontamente Amy.
<< Che cosa aveva? >>
<< Polmonite. >> Mentire ormai le veniva spontaneo e, per cambiar discorso, chiese: << Gli altri sono tutti già qui? >>
<< Si, certo. Il vostro anno è l’unico che non è ancora al completo. Tu vivrai con altre tre ragazze – Gae Wilder, Alice West e Rose Gardner – nell’appartamento 213. >>
Nomi che non le dicevano niente. Persone che non voleva conoscere.
<< E io? >> volle sapere Harry.
<< Appartamento 113. Al piano di sotto. Con Zayn Malik, Niall Horan e Louis Tomlinson. I piani sono divisi per sesso. >> Liam rise. << A ogni piano è assegnato un tutor. Per quello delle ragazze sarà la professoressa Benson, l’insegnate di filosofia, per quello dei ragazzi sarò io. Se avete dei problemi, rivolgetevi pure a me o a Isabel. >>
Un tutor? A giudicare da come l’ha detto il termine badante sarebbe stato più esplicito.
Per i minuti successivi regnò il silenzio.
Se avete dei problemi, rivolgetevi pure a me o a Isabel. Amy avrebbe potuto sbellicarsi dalle risate se non fosse stato tutto così orribile.
Problemi?
Quella parola non era idonea a descrivere la loro situazione. “Problema” era un termine che usavi se perdevi l’autobus, se i brufoli ti si moltiplicavano sulla faccia o, nel suo caso, se avevi il conto corrente in rosso. No, Amy non aveva un problema. Era l’incarnazione della catastrofe, di una catastrofe che non  avrebbe mai avuto fine. Proprio come la strada la fuori… o almeno così sembrava.
Liam guidava con una mano sola e non aveva ancora rallentato, ma Amy era troppo stanca per farglielo notare.
Il suo sguardo seguì la luce degli abbaglianti, che pareva illuminare sempre lo stesso tratto di bosco.
La strada.
Il futuro.
D’un tratto Amy non trovò più così assurde le chiacchierate di Harry sugli universi paralleli.
<< Abbi cura di lui. >> le ripeteva sempre sua madre. << Abbi cura di tuo fratello. Non è fatto per questo mondo. E’ diverso. >>
E io? avrebbe voluto chiedere Amy. Sono forse Superman? Wonder Woman? Lara Croft?
<< Che dici, Amy, da quanto tempo siamo in macchina? >> bisbigliò Harry.
<< Non ne ho idea. >>
<< Il tempo è relativo… Siamo in giro da circa quarantotto ore, ma mi sembra che le lancette dell’orologio si siano fermate. >>
<< Harry, sono stanca. Non sono in vena di speculazioni filosofiche. >>
<< Volevo solo dire che ci sono momenti in cui non si percepisce lo scorrere del tempo, perché nulla cambia… oppure perché cambia tutto. Ma allora come ci si orienta se il tempo e lo spazio… >>
Amy chiuse gli occhi e cercò di ignorarlo. Sapeva di non essere all’altezza dei ragionamenti di Harry e, in quel momento, non voleva nemmeno provarci. Voleva solo arrivare al college, infilarsi a letto e sperare che il futuro passasse.
L’auto rallentò. Amy aprì gli occhi.
In quei pochi secondi, il mondo era cambiato, come se qualcuno l’avesse teletrasportata in un altro luogo, catapultata altrove.
Si erano lasciati alle spalle il bosco e la strada si era allargata di colpo. Ai lati della carreggiata, i lampioni emanavano un bagliore arancione. Le mani di Amy cominciavano a sudare per l’agitazione. Liam puntò dritto verso un’enorme superficie scintillante.
Nonostante l’oscurità, il lago era chiaramente visibile, come se brillasse di luce propria, come se avessero nascosto sott’acqua una miriade di lampadine accese. Sembrava non avere confini o, almeno, quella era l’impressione di Amy. Non si vedeva l’altra sponda del Lake Mirror, né le montagne che avrebbero dovuto circondarlo.
Poi, in fondo a sinistra, eccolo, l’Alnwick College.
Amy se l’era immaginato più moderno. Invece era un immenso edificio che – coi suoi comignoli, balconi, finestre e ali laterali – pareva avesse subito diverse ristrutturazioni nel corso della sua storia. Inoltre non era accogliente come aveva sperato durante il viaggio: era inospitale, se non addirittura sinistro. Come un corpo estraneo inserito a forza nella valle, qualcosa che non centrava nulla con quel posto. Anzi, sembrava quasi che la nera superficie luccicante del Lake Mirror  si fosse dovuta fare da parte per lasciar spazio al college.
L’auto rallentò.
Amy si sporse in avanti per vedere meglio. Gli abbaglianti rivelarono una sbarra a righe bianche e rosse. Come un confine di Stato, pensò, domandandosi dove avesse messo il passaporto. Con quell’orribile foto da criminale, solo che, anziché un numero da galeotto, sotto c’era scritto il suo nome.
Amy Styles.
Le ruote stridettero.
<< Ci vorrà solo un momento. >> Liam abbassò il finestrino. Si sporse e parlò in un citofono invisibile: << Liam Payne. Può aprire? >>
La sbarra si sollevò silenziosamente e la vettura proseguì. Da fuori entrava l’aria gelida della notte. Tanto varrebbe infilare la testa in un congelatore, pensò Amy. Non può alzare quel maledetto finestrino?
Prima che potesse lamentarsi, tuttavia, comparve il cartello. Lettere verdi su bianco, illuminate da innumerevoli lampadine, come se Natale fosse arrivato in primavera.
 
BENVENUTI NELL’ALNWICK VALLEY.
 
Ce l’avevamo fatta. Il tempo non si era fermato.
<< Siamo arrivati! >> annunciò Liam, voltandosi appena verso di lei.
No! Siamo spariti! Per sempre! Pensò Amy.
<< Attento! C’è qualcuno! >> urlò Harry.
Liam si girò, gli pneumatici slittarono e il fuoristrada si arrestò bruscamente.
<< Che cos’era? >> domandò Harry con voce tremante.
<< Cavolo, mi hai fatto prendere un colpo! >> Liam sembrava molto arrabbiato.
<< Scusa, ma c’era qualcosa li, sul bordo della strada! Davvero! Per poco non l’hai investito. Credo fosse una persona! >>
Amy guardò fuori. Il lampione più vicino distava un centinaio di metri, quindi solo gli abbaglianti rischiaravano la zona circostante: a destra gli alberi, a sinistra un campo invaso dalle sterpaglie, che digradava verso il college. Ovunque c’erano sassi o veri e propri frammenti di roccia, piccoli e grandi, ma non si vedeva nessuno.
Anche Liam si guardò intorno, ma poi scrollò le spalle.
<< Ti sei sbagliato. Al buio è facile scambiare queste pietre per animali o persone. >>
<< Non mi sono sbagliato. C’era qualcuno. >> ribadì Harry col suo solito tono cocciuto. Quand’era convinto di qualcosa, niente e nessuno riusciva a dissuaderlo.
Amy lo sapeva fin troppo bene.
Fu quello il motivo che la indusse a girarsi?
Le luci dei freni si accesero per un istante e… eccolo! In mezzo alla strada c’era qualcosa che seguiva l’auto con lo sguardo.
Una persona? No, qualcos’altro, più piccolo, più compatto…
Un animale?
No! Harry aveva ragione!
Era una persona! Per un secondo, Amy distinse una mano che li salutava. La mano di una persona sopra una sedia a rotelle.
Le voci di Harry e Liam sfumarono, soverchiate da un forte gracchiare. Dovevano esserci degli uccelli sopra di loro, ma Amy non riusciva a vederli.
Sentiva solo le strida, che s’intensificavano per un istante per poi affievolirsi all’improvviso.
Gli uccelli fuggivano dalla valle.
Qualcosa o qualcuno li aveva spaventati.
Amy sarebbe voluta scappare con loro.
 
La stanza puzzava terribilmente di chiuso. Harry faceva fatica a respirare. Il tratto di strada dal passo in poi non era stato lungo: l’Alnwick sorgeva a poco più di duemila metri; all’inizio di maggio, le notti dovevano essere gelide, ma lui era in un bagno di sudore. Sapeva però che non dipendeva dalla temperatura esterna.
I suoi pensieri volarono altrove, cercando di sfuggire all’assordante eco dei ricordi. Sapeva di non poter cambiare le cose. Eppure era sempre più difficile. Le riflessioni si rincorrevano lungo i labirinti tortuosi della mente.
Semplice biologia, Chimica, sinapsi… pensò.
Ma allora perché non riusciva a pilotarli?
Che cosa c’era di diverso?
Non poté non soffermarsi nemmeno su quella domanda, perché fu soprafatto da un’altra di quelle visioni fulminee che lo terrorizzavano a morte. Vedeva attraverso le cose, percepiva un altro mondo, forse era innocuo, o forse nascondeva mille insidie.
Alla vista del college, Harry aveva provato uno sconforto insopportabile.
Eppure non ne poteva parlare con nessuno; non c’era nessuno disposto a consolarlo, nessuno disposto a credergli.
Guardò fuori della portafinestra della stanza, verso il paesaggio sconosciuto. La cima più alta si profilava a sud-est, una macchia scura nel cielo nero.
Liam gli aveva detto che la montagna di chiamava Ghost, fantasma.
Un nome bizzarro ma calzante. La montagna sembrava un vero e proprio fantasma.
Il Ghost era formato da tre vette collegate e quella al centro superava le altre due di diverse centinaia di metri. Il monte, che sembrava avvolto in un telo grigio, s’innalzava sopra la valle e il lago.
Harry strinse le palpebre. Il picco centrale assomigliava al volto di uno spettro, con tanto di linee scure che ricordavano le fessure per gli occhi in un lenzuolo chiaro.
Smettila, si rimproverò, cercando invano di respirare regolarmente. Ascoltò lo sciabordio delle onde che si infrangevano piano contro l’argine. Il lago era così vicino che riusciva a sentirlo anche coi vetri chiusi. Più Harry ascoltava, più aveva la sensazione che le acque potessero parlare.
Il che, naturalmente, era assurdo.
Sciocchezze, stupidaggini, idiozie.
Tuttavia quella sensazione raccapricciante aumentò. Harry fu assalito da una premonizione, silenziosa e ancora inafferrabile, fugace come il lieve spiffero che entrava dagli infissi malconci e lo faceva rabbrividire nonostante l’aria viziata.
Come sempre, la premonizione aveva avuto origine da qualcosa di irritante. In quel caso l’architettura dell’Alnwick.
La parte principale del college era un enorme edificio storico, simile a un castello, composto di un immenso complesso centrale e due ali. Alle spalle c’erano le strutture più moderne – il centro sportivo, il supermercato e gli appartamenti per il corpo docente e gli studenti più anziani – integrate così bene nel paesaggio da non stonare minimamente.
Ciò che interessava davvero a Harry era la facciata principale. Di primo acchito pareva vivace e, all’inizio, tutti quei balconi, abbaini, arcate e finestre gli erano sembrati caotici.
Ma l’apparenza inganna.
E l’inganno veniva svelato dai numeri. Se normalmente i numeri lo tranquillizzavano, ora avevano l’effetto contrario.
2, 4, 8, 12, 16.
Quei numeri lo angosciavano.
2, 4, 8, 12, 16.
Due ali con quattro piani e otto balconi ciascuna. Ogni ala era incorniciata da due rampe di scale, quindi quattro il tutto. Poi c’era la gigantesca parte centrale che, chiusa da vetrate, ospitava l’atrio e la mensa. Sulla facciata si aprivano sedici finestre e dodici abbaini.
Nelle ali laterali c’erano gli appartamenti degli studenti, otto per piano, quattro per ogni facciata, ognuno dei quali ospitava quattro studenti. Trentadue studenti per piano, dunque. Centoventotto per ala, duecentocinquantasei in totale. A questi si aggiungevano i centoventidue studenti dell’ultimo anno, che alloggiavano in costruzioni più spaziose e moderne. Così si arrivava esattamente a trecentosettantotto studenti, proprio il numero che Harry aveva letto sulla brochure.
Certo, il sistema era semplice, se non addirittura elementare, ma l’architetto era stato molto meticoloso.
Oppure era solo uno scherzo della sua immaginazione? In fondo, l’architettura – anzi il mondo interno – si basava sui numeri e sui principi matematici.
Solo una coincidenza, dunque?
Non era quello, tuttavia, a scatenare il suo disagio. No, era il sistema che aveva individuato. Ogni appartamento, ogni stanza, aveva la stessa pianta quadrata e i quadrati erano disposti a file, come le celle di una prigione. Ben visibili, ordinati e facilmente controllabili in qualsiasi momento.
Un’altra cosa: l’Alnwick e il Ghost sorgevano l’uno di fronte all’altro, come immagini speculari. Il college sorgeva sulla sponda occidentale del lago, la montagna su quella orientale. E se Harry non si sbagliava… no, quello no. Era impossibile che il rapporto tra le altezze delle vette laterali e quella della cima centrale del monte fosse identico a quello tra l’edificio principale e le ali.
Rabbrividì ancora. Si voltò all’improvviso sentendosi sopraffare dal panico. Aveva l’impressione di precipitare in un baratro buio e senza fondo.
Diede un’ultima occhiata fuori dalla finestra, il lago continuava a muoversi.
Socchiuse di poco gli occhi per notare una figura che si muoveva vicino alla riva. Era ancora troppo lontana perché Harry potesse identificarla. Inizialmente gli parve un grande animale, ma man mano che si avvicinava la figura diventava sempre più chiara e visibile.
Era una persona, decisamente.
Camminava svelta per raggiungere l’interno dell’edificio con in spalla uno zaino. Liam era stato chiaro riguardo il regolamento del college: entro le nove di sera tutti gli studenti dovevano trovarsi all’interno del college o ne avrebbero subito le conseguenze.
Le 22.17.
Quella persona non aveva decisamente afferrato il concetto.
Ora la figura si trovava proprio sotto la sua finestra e Harry poteva scrutarla a meraviglia.
I capelli lisci e scuri le ricadevano perfettamente sulle spalle mentre le labbra sottili e gli occhi verdi le contornavano il viso.
La ragazza sembrò accorgersi della figura di Harry che la scrutava. Alzò gli occhi e li socchiuse di poco come per mettere a fuoco il volto del ragazzo.
Per pochi secondi i loro sguardi si incrociarono, poi la ragazza entrò frettolosamente dentro il college.
 
Zayn fissò ancora per qualche secondo la pagina del libro per poi chiuderlo definitivamente, aveva la testa in fumo. Erano quasi le dieci e mezza e non aveva ancora terminato il paragrafo di biologia.
Odiava terribilmente quella materia, odiava dover studiare fino a tardi e soprattutto odiava quella scuola.
Non riusciva ancora a credere che suo padre l’avesse obbligato a iscriversi.
Ti servirà per il futuro. Quando avrai una laurea e un posto di lavoro stabile mi ringrazierai. Suo padre glielo ripeteva sempre, soprattutto quando Zayn si lamentava al telefono con sua madre.
Sentiva la sua voce profonda fare da sottofondo alla chiamata e il ragazzo immaginava l’espressione contrariata che doveva aver assunto mentre ripeteva quella frase.
Zayn era intelligente. Si impegnava duramente e i suoi sforzi venivano sempre ripagati con dei voti eccellenti, ma ogni giorno si sentiva soffocare dalle pretese di suo padre e dei suoi professori.
Niall invece, il suo compagno di stanza, prendeva sempre tutto sotto gamba. Dava il minimo nello studio e passava tutte le giornate ad usare la sua videocamera.
Zayn si chiedeva ancora come avesse fatto a superare il difficilissimo test d’ingresso per il quale lui non aveva chiuso occhio per due notti di fila.
Per Niall e Louis era tutto così facile: loro non avevano pressioni, non dovevano convivere tutti i giorni con la paura di deludere la propria famiglia.
Con lo sguardo perso si ritrovò a fissare la porta davanti a se. Harry, il suo nuovo compagno di stanza, era entrato da poco scortato da Mr. Payne.
I due si erano scambiati un timido “ciao” e qualche parola di presentazione e poi il riccio si era liquidato nella sua stanza senza più uscirne nemmeno per andare al bagno.
Zayn aveva dato la colpa alla stanchezza.
Era un anno che frequentava l’Alnwick College, ma ricordava perfettamente il giorno del suo arrivo.
Sua madre aveva insistito per accompagnarlo malgrado la scuola avesse messo a disposizione la disponibilità degli insegnanti.
Ricordava che era rimasto meravigliato dal college e da tutto quello che lo circondava, anche se la montagna l’aveva fatto sentire in soggezione. Il Ghost gli aveva sempre provocato un senso di timore e inquietudine.
Sapeva che c’era qualcosa di strano, aveva anche provato ad indagare, ma tutte le persone a cui chiedeva gli rispondevano in modo vago e con poco interesse.
Per lui la montagna sarebbe sempre rimasta un mistero.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla maniglia della stanza che si abbassava quando la figura di Niall apparve dalla porta.
<< Ehi Sapientone, se hai finito con quella robaccia io e Louis vorremmo iniziare una partita all’x-box, ti unisci a noi? >>
Zayn amava l’allegria che Niall metteva sempre nelle cose, quel ragazzo non era mai giù di morale.
Il pakistano era sicuro che l’unica cosa che gli avrebbe fatto cambiare umore era la sua videocamera: una volta pensava che qualcuno gliela avesse rubata così si era messo a interrogare ogni studente trattandoli in modo poco carino.
Alla fine si venne a sapere che la videocamera era semplicemente finita sotto il suo letto e l’intero college ce l’ebbe con lui per un’intera settimana.
Niall si portava quell’aggeggio da per tutto filmando qualsiasi cosa. Inizialmente poteva sembrare carino immortalare i loro giorni al college, ma dopo un po’ diventava fastidioso.
Ricordava ancora quella volta in cui Louis gli aveva cacciato una strigliata perché il biondo lo aveva filmato in atti poco casti con una ragazza nel cortile della scuola e poi li aveva fatti girare per tutto il college.
Zayn doveva ammettere che con quei due non ci si poteva di certo annoiare.
Il ragazzo si alzò dalla poltrona della sua stanza per raggiungere Niall e Louis nella sala comune, afferrò un joystick e fregò delle patatine dal pacco che aveva appena iniziato Louis.
<< Ehi! >> il ragazzo protestò, Niall accennò un sorriso mentre selezionava la partita.
<< Qualcuno ha pensato ad invitare Harry? >> chiese Zayn mentre masticava le sue patatine.
<< Chi il nuovo coinquilino? >> domandò Louis svogliatamente.
<< Quel ragazzo è strano forte, ve lo assicuro. –  disse Niall mentre prendeva posto accanto al moro. – Ha un’aurea negativa. >>
<< Oh piantala Niall, mi ricordi tanto la Wilder. >>  Zayn tirò una cuscinata in faccia al biondo.
<< Mh, Gae è un bel bocconcino. >> rispose Niall provocando una risata generale mentre iniziavano la partita.
 
Rose leggeva distrattamente il suo libro seduta sulla poltrona all’angolo della stanza e Gae cercava scocciatamente qualcosa da guardare a quell’ora di sera in televisione facendo zapping con il telecomando mentre Alice uscì, avvolta solo da un asciugamano, dal bagno.
Le tre ragazze non si conoscevano molto. Gae frequentava il college da un anno mentre Alice e Rose erano arrivate solo la settimana prima.
Si erano già abituate al fatto di dover condividere la stanza per un intero anno e l’arrivo della nuova coinquilina non le aveva smosse più di tanto.
Quando Amy era entrata in stanza nessuna delle tre era presente. Secondo Rose, Gae doveva essere in giro per i corridoi a non combinare nulla come suo solito mentre invece Alice si doveva trovare in biblioteca a studiare, lei invece era seduta comodamente nella sala comune del primo piano a discutere di una relazione con la sua compagna di corso.
Quella sera nessuna delle tre aveva intenzione di andare a parlare con la nuova arrivata, non che fossero delle persone scortesi, ma ricordavano tutte perfettamente il loro primo giorno al college.
Ora l’unico rumore che si era creato nella stanza era la voce di Leonardo di Caprio che proveniva dal televisore. Rose aveva richiuso il suo libro, troppo stanca per continuare la lettura, e dopo averlo riposto sul tavolo si era accomodata sul divano di fianco a Gae.
La ragazza aveva seguito la figura di Alice, che fino a quel momento era rimasta seduta sullo sgabello della cucina avvolta ancora dall’asciugamano e con i capelli bagnati mangiando una vaschetta di gelato, alzarsi per poi ritirarsi nella sua stanza. Sia Rose che Gae sapevano bene che l’avrebbero rivista solo il giorno seguente.
Poi spostò lo sguardo sull’altra coinquilina e si domandò come due ragazze così diverse potessero essere entrambe perfette.
Gae era la tipica barbie bionda esuberante e civettuola con il fisico da modella e gli occhi azzurri. Erano poche le persone che al college non avevano sentito parlare della sua straordinaria bellezza e della sua parlantina.
Si poteva dire che la maggior parte dei pettegolezzi che giravano al college erano stati diffusi grazie a lei.
Alice invece era un tipo abbastanza particolare e insolito. Aveva i capelli scuri che teneva mossi o lisci a seconda di come le girava e gli occhi di un verde smeraldo. Era la tipica ragazza misteriosa con il carattere chiuso che non si sa rapportare con il resto del mondo, era di un anno più piccola delle altre due, ma sembrava quella più matura e seria, persino più di Rose che era sempre stata considerata razionale e pacata da tutti i suoi amici.
Gae si sforzava per apparire sempre perfetta e impeccabile mentre invece per Alice sembrava tutto così naturale.
Rose a questo punto non sapeva come definirsi. Prima del suo arrivo al college si era sempre ritenuta una ragazza semplice e abbastanza carina, ma quando aveva conosciuto le sue nuove compagne di stanza la sua bassa autostima si era scavata una fossa nel terreno.
Era una ragazza normalissima con i capelli castani e gli occhi dello stesso colore che non esagerava mai con il trucco e non vestiva con abiti troppo scollati e appariscenti.  
Non avrebbe mai saputo competere con il modo di vestire e di truccarsi di Gae o con il carattere intrigante di Alice. Lei ora era considerata solo come l’amica carina, ma non abbastanza, di Gae Wilder e Alice West.
Il fatto di essere poco considerata, però, non l’aveva mai turbata. Per Rose non essere al centro dell’attenzione, con il carattere timido e insicuro che si trovava, era sempre stato una fortuna.
Vivere nell’ombra di qualcuno non era un problema per Rose Gardner.
<< Dici che entro stasera uscirà dalla sua stanza? >> i suoi pensieri vennero interrotti dalla voce squillante di Gae.
Rose ci mise un po’ per capire che la sua coinquilina si stava riferendo ad Amy Styles.
In effetti non aveva ancora pensato alla possibilità che sarebbe uscita dalla sua stanza prima della mattinata, forse le loro voci l’avrebbero spinta a presentarsi.
<< Forse dorme già. Sai bene quanto sia stancante il viaggio per raggiungere la scuola. >>
Gae abbassò un attimo lo sguardo e poi continuò a portarlo davanti alla TV senza aggiungere nient’altro.
Rose, stupita dallo strano silenzio della bionda, portò la sua attenzione sul televisore per vedere che cosa potesse fermare la parlantina di Gae, ma la televisione trasmetteva solo uno stupido spot televisivo.
Prima che la ragazza potesse proferire parola venne fermata dal movimento dell’altra ragazza. Gae si era alzata dal divano e dopo aver spento il televisore aveva dato la buona notte alla sua compagna e se ne era andata in camera.
Quel suo comportamento stupì ancora di più Rose che ora si chiedeva che cosa avesse turbato così tanto la ragazza da farla comportare così.
I suoi pensieri vennero interrotti dal battito insistente di una mano sulla porta. La ragazza si alzò frettolosamente dal divano chiedendosi chi potesse essere a quell’ora della notte.
<< Arrivo! >> Rose si diresse verso la porta e aprendola si ritrovò la figura assonnata di Mr. Payne davanti a lei.
<< Mi dispiace disturbare Rose, ma ho bisogno assolutamente di vedere Amy Styles, è urgente. >> il tono preoccupato che aveva usato Mr. Payne fece innervosire Rose.
Aveva conosciuto Liam la settimana prima e non l’aveva mai visto così nervoso e preoccupato.
<< Dovrebbe essere nella sua stanza, penso stia dormendo. >> rispose titubante indicando con l’indice la porta della stanza di Amy.
Il professore si diresse velocemente dentro la stanza senza prendersi il disturbo di bussare.


 
Il prologo è un po' pesante rispetto agli altri capitoli, lo ammetto. Almeno spero che vi abbia incuriosito almeno un po'. La storia si ispira al libro "Il segreto del Grace College" di Krystyna Kunh, se non l'avete letto vi consiglio di farlo perchè è davvero magnifico, ma personaggi e avvenimenti saranno differenti rispetto a quelli del libro. Aggiornerò ogni venerdì, ho già i primi quattro capitoli pronti quindi spero di essere costante nel postare. Alla fine di ogni capitolo metterò un piccolo spoiler/anticipazione sul capitolo successivo, giusto per farvi incuriosire di più. Tra l'altro vi avverto che in questa storia vedrete i ragazzi come non li avete mai visti, con caratteri e atteggiamenti del tutto differenti a come siete abbituati. Ringrazio ElisStrong per avermi ispirato per la grafica dei capitoli. Detto ciò vi lascio, spero in commenti positivi, tengo veramente a questa storia :)


 
ONE
WARNING


<< Non possiamo restare qui. Questo posto è malvagio, capisci? Malvagio! >>
 
 
 
 
  
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