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Autore: TheGreatAndPowerfulZael    12/07/2014    2 recensioni
Ok.
Questa non è una fanfiction per perditempo. Dark, introspezione, malinconia, AU, narrativa in prima persona.
Sono accettate critiche sia positive che negative;
Detto questo...
Beta è una ragazza distrutta, costretta a fare cose innominabili per vivere... o meglio, sopravvivere, in un mondo dove vale solo la legge del più forte. Eppure, decide di non fare il terribile passo e mollare tutto, cercando un modo per ricostruire sé stessa. Solo il tempo le dirà se avrà avuto ragione oppure no...
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Beta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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SHATTERED
 
Cammino, barcollando, invisibile fra la folla.
Trascino stancamente un piede sul duro cemento del marciapiede, con la caviglia slogata da chissà quanto tempo.
Ormai ne ho perso la cognizione. Che giorno è oggi? Martedì, Venerdì, Domenica? Non lo so, mi paiono tutti uguali. Un passante mi urta, e io cado, ferendomi il volto. A nessuno importa, e mentre inizia a piovere tento di rialzarmi, nonostante le continue e involontarie pedate che subisco dalla folla, consapevole o meno, della mia presenza.
In pochi secondi il marciapiede si svuota, e io sono ancora a terra, contusa e dolorante. Lentamente mi rialzo a fatica, e riprendo la mia inesorabile marcia. Il taglio sulla guancia sanguina, ma non sembra essere profondo; il sangue scorre, dipingendomi la parte sinistra del volto di un acceso rosso scarlatto. Porto una mano agli occhi e caccio via le gocce di pioggia che scendono dai miei capelli turchesi.
Non piango.
Non piangerò mai più.
Non dopo quella volta

Sono stata gettata via, una volta chiuso il laboratorio. Nata artificialmente, in provetta, cresciuta prematuramente grazie a chissà quali sostanze e chiamata progetto "Beta", in un laboratorio militare, chiuso poi "per presunti esperimenti contro l'umanità". Io e tutti gli altri siamo stati caricati su molti camion, e portati in un enorme campo.
Uno ad uno, scendevamo.
Uno ad uno, morivamo.
Uno ad uno, ci fucilavano.
"Non deve rimanerne vivo nessuno! Altrimenti l'appoggio del governo ce lo scordiamo!"
Sono riuscita a scappare, miracolosamente. Ancora ho le cicatrici dei colpi che mi colpirono alle spalle. Ma non riuscirono a fermarmi. Raggiunsi la foresta, e mi nascosi.
Uno ad uno, venivano.
Uno ad uno, cadevano.
Uno ad uno, li uccidevo.
Coperta di sangue uscii dalla foresta, con le lacrime agli occhi. Rivoli azzurri assumevano un colorito porpora mentre lavavano la linfa vitale che mi ricopriva. Guardai i miei fratelli e le mie sorelle, tutti morti, giustiziati sommariamente con un colpo alla fronte. Piansi, in ginocchio, per non so quanto tempo. Il sole tramontò, si levò la luna, e io piangevo. Si congedò la luna, il sole fece capolino, ma io continuavo a piangere.

Raggiungo finalmente la mia destinazione. Entro nel fortino di tessuto, cartone e legna che chiamo casa. Sono fradicia, e tremo dal freddo. Riesco ad accendere un piccolo fuoco con delle cartacce e cerco di far asciugare quell'unico straccio sudicio che oso chiamare vestito. Tocco il rigonfiamento sul piede, e mi mordo il labbro inferiore dal dolore. Non posso lasciarlo così. Prendo due tavolette di legno e lego al piede con una striscia di tessuto. Fa male. Un secco strattone, e urlò dal dolore. Ora però riesco a muovere il piede, e presto o tardi il rigonfiamento andrà via.
Prendo le due tavolette e la striscia di tessuto, e le uso per ravvivare il fuoco. Ora va meglio, ma sento gorgogliare lo stomaco. Sono due giorni che non ingurgito qualcosa.
Esco dalla "casa", arginando il fuoco con delle pietre. Non voglio rischiare che vada tutto in fiamme.
Il piede fa ancora male, ma è sopportabile, e io devo cercare qualcosa. Mi avvento su una pozza d'acqua piovana. Non è pulita, ma andrà bene ugualmente. Deglutisco a grandi sorsi quell'acqua sporca, inquinata; sa di cloro, di sostanze chimiche. Uno schifo, ma non posso permettermi dell'acqua pulita. Avvisto un bidone per rifiuti alimentari, e ci trovo dentro cibi marci o ammuffiti. Affrontando il disgusto, trangugio qualcosa, giusto per sopravvivere. So che starò male dopo, ma mi passerà. Come tutte le altre volte.
Torno alla "casa", e mi rannicchio vicino al fuoco. Controllo la guancia, e noto che ha smesso di sanguinare; effetto collaterale della mia crescita innaturale, presumo. Mi addormento, preparandomi per un altra giornata.

Mi sveglio in un luogo che non conosco. Sento caldo, e apro gli occhi. Non vedo altro che bianco: mura bianche, lenzuola bianche, fiori bianchi. Mi alzo, e vedo i volti di tutti i miei compagni. E allora capisco: sono morta. Li guardo, ma loro non sorridono. Loro non mi degnano di uno sguardo. Poi guardo meglio, e vedo che non possono guardarmi. Non possono sorridermi.
Orbite vuote insanguinate al posto degli occhi. Labbra cucite con il filo spinato. Indossano camici bianchi.
Mi sollevano dal letto, e mi tengono saldamente; non posso liberarmi.
Quando si fermano, inizio a vedere tutto rosso. Mi lanciano dentro una buca, e sento un dolore atroce. Vedo fiamme consumare la mia carne, bruciare con maestosa potenza, incenererirmi completamente.
Ma dalla cenere magicamente mi riformo, e brucio ancora, e ancora, e ancora. Forse è questo il mio destino. Forse dovevo morire con tutti loro. Li ricordo ancora tutti.
E chiudo gli occhi, con la mente inondata di pensieri tristi, mentre brucio.
Ma non piango.

Sobbalzo di soprassalto, svegliandomi questa volta per davvero. Il sole è ormai alto, per cui spengo il fuoco. Il rigonfiamento è quasi scomparso, e mi preparo per un altro giorno. Esco e cammino, incessantemente. Molti mi urtano, ma per loro non esisto. Non c'è spazio per i derelitti in questo mondo. Vige la legge del più forte. E io al momento sono un'ombra. Sono un insetto insignificante che svolazza ignorato vicino ad un gigante di metallo. Perché io sono stata creata dal nulla, e ritornerò al nulla.
Senza famiglia, senza casa, senza amici. Le uniche cose che avevo mi sono state portate via per un capriccio politico. Mi hanno portato via l'anima, perché ormai non sono altro che un automa rotto, senza uno scopo, abbandonato nell'angolo buio del magazzino di una fabbrica. In una parola: sono Beta.


Angolo di Zael
 
Ebbene ha inizio quella che potrebbe essere la fic più dark che io abbia mai scritto. Sappiate che per me è doloroso scriverla, dato che Beta è il mio personaggio preferito. Se vi piace o non vi piace, lasciate una recensione e ditemi cosa ne pensate. Ci si vede.
Ah, un'ultima cosa: BETA BEST GIRL.
Ora bye sul serio gente, ci si sente al prossimo aggiornamento.
Zael
  
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