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Autore: Perceptions    13/07/2014    1 recensioni
La gente non dovrebbe innamorarsi, o credere nell'amore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ho aspettato a lungo qualcosa che non c'è invece di guardare il sole sorgere.” (Addio, R.)

 

Non penso di essermi mai innamorato. Probabilmente è anche impossibile, innamorarsi, e forse è un bene.

Non ho mai avuto una visione romantica della vita, ho sempre osservato il tutto con un distacco e un'oggettività quasi cinica e apatica; molti hanno imputato questo mio atteggiamento ad una sorta di autodifesa emotiva, un misero tentativo di difendermi da un crollo emotivo. Stronzate, mi reputo semplicemente una persona razionale.

 

Non penso di essermi mai innamorato, dicevo, e ne sono felice. Ho questa strana visione dell'amore, come quasi un'autodistruzione, un annullamento superfluo della propria persona. Non esisti più solo tu, esisti in un noi, ed un noi è sempre origine di compromessi. Prima cedi su una cena, poi cedi su una serata, poi sulle vacanze e infine sulla tua vita. Non mi va di pensare di rinunciarvi per una persona, non lo trovo indispensabile, sto bene da solo, nella mia eterna menzogna.

 

Vorrei tanto non innamorarmi. Oltre a non volerlo, non penso di essere una persona capace di giungere a compromessi, ho troppo stima, troppo affetto per me stesso per pensare di poter rinunciare ad una sola parte di me stesso. A volte mi dicono “L'amore ti migliora, l'amore ti rende migliore, ti dona una nuova vita, riscopri te stesso, ci guadagni”. Ancora stronzate, ho visto più pianti e vite spente per amore che figli di amore, abbracci o baci – anche se, non lo nego, trovo il pianto per amore molto poetico, seppur sincero, carico di un'emotività grave capace di toccare il cuore di qualunque persona; in quel silenzio, momentaneo eppure eterno, in cui sei solo tu (perché sei solo) a combattere nel tentativo di liberarti di spettri che ti perseguiteranno per giorni, settimane, mesi, o forse una vita.

Perché, in fondo, il bacio non è amore. Una carezza, un abbraccio, un camminare mano a mano non significano nulla oggi, sono gesti ordinari che han perso il proprio valore simbolico, ed è un peccato. Avrei potuto crederci, in altri tempi, in altri contesti, in altre vite.

 

La gente non dovrebbe innamorarsi, o credere nell'amore. Viviamo nell'ipocrisia, in una società che ci illude sussurrandoci parole dolci, e gridandoci ferocemente insulti e bestemmie.

L'amore esiste, per tutti, arriva all'improvviso, come un temporale estivo, un fulmine che si scarica a terra, baci, carezze, la prima volta, una vita insieme, l'eternità, “Ti amo”, felicità, gioia, una famiglia, una casa, “Ci sarò nonostante tutto”. “Ti amo”.

Una scopata, “Ti amo” “Anch'io” “Facciamoci una foto”, scopate, “non ti trovo bella ma possiamo scopare se vuoi”. La bellezza, che si desidera e che manca. Due dita in gola, un taglio sul braccio, delle pillole. Un amore finito, dopo due giorni. Ancora dita in gola, ancora un taglio, ancora delle pillole. Magari un ponte, o una siringa. “Baciami, siamo amici dopotutto, gli amici fanno questo e altro”.

È un inganno, come la religione. L'Amore è un Dio, a cui la gente piace credere perché immagino possa star bene l'idea di condividere una vita e i soliti problemi annessi con qualcun altro che ci sia sempre. Peccato non esista, non più almeno.

Film, serie tv, libri, propagandano una possibilità nulla di essere felici, senza rendersi conto di contribuire alla morte interiore dell'umanità. Perchè, in fondo, una delusione così non passa facilmente.

 

Son sempre stato certo di tutto questo. Ho vissuto la mia vita nella consapevolezza che l'amore non esista, e che avrei vissuto benissimo senza qualcuno accanto a me, a consolarmi. Ho sempre preferito l'arte all'amore, in tutte le sue forme. Sarò scontato nel dirvi questo, ma ho sempre amato le albe, più dei tramonti, son sempre riusciti a schiarirmi le idee, con la luce a rischiarare carne e mente. Ho amato Picasso, e Dalì, autori di un'arte elaborata, non immediata, e mai banale. Ho amato scrittori come la Woolf, o Joyce, o Svevo, scoprendo in loro persone capaci di andar oltre il gesto, ed estrapolarne una vita.

 

Ed ho amato quegli occhi, incrociati per caso in una sera di Aprile, in uno di quei bar dove i ragazzi si divertono a sembrare spensierati, o forse credendo davvero di essere felici. A malincuore, ma alla fine ho dovuto ammettere di averli amati, nel senso più profondo del termine. È stato un attimo, l'ho guardato con i suoi amici, che parlava, chiacchierava, rideva, possedeva un'eleganza inusuale in un ragazzo di ventun anni. E come io notai lui, lui notò me, il mio sguardo interrogativo, che lo studiava come probabilmente si scruta un'opera d'arte, o una fotografia che ci colpisce a prima vista. L'osservavo chiedendomi della sua vita, chi fosse, che interessi avesse, col desiderio irrefrenabile di conoscerlo.

 

E ci siamo conosciuti, molto. Abbiamo parlato, ci siamo scoperti simili come lo potrebbero essere due gocce d'acqua. Ero lì, che fumavo e lo guardavo, con uno sguardo che ormai trapelava desiderio, e non solo curiosità. E venne lì, a chiedermi una sigaretta, e quello fu tutto.

Ci siamo conosciuti, probabilmente in meno di pochi giorni contando le ore passate insieme. Abbiamo parlato, abbiamo riso. Ci siamo baciati, e ci siamo conosciuti come solo due amanti sanno fare.

 

Non avrò mai amato, è vero, ma l'uomo ha delle necessità, è doveroso ammetterlo. Ho conosciuto ragazzi, ci ho scopato, ma per me non è mai stato altro. Solo amici che si divertono, e qualcuno rideva anche quando lo spiegavo, prendendola per una battuta.

Non mi sono mai preoccupato di essere troppo schietto, ho sempre messo tutto in chiaro sin da subito. Ho vinto anche molti schiaffi per questo, e ho assistito a molti pianti, ma d'altronde i pianti mi sono sempre piaciuti.

 

E dopo averlo amato ho capito di non essere disposto a distruggere la mia vita per una persona.

Guardavo i suoi occhi, e stavo bene come non lo ero mai stato nella mia vita, vivendo in una dimensione serafica completamente estranea a questo mondo. Amavo stare con lui, sul letto, accarezzandogli la barba e tutto il viso, nel silenzio più assoluto, senza parlare ma nella consapevolezza che tra di noi c'era qualcosa di vero. Sono stato bene, ma non ero disposto ad ammettere che la mia vita fosse stata un'enorme bugia. Ho preso una decisione.

 

Ho sempre amato i gesti teatrali, ho sempre desiderato una morte elegante e drammatica, con una propria bellezza, che fosse ricordata per sempre. Un giorno sono andato su uno dei tanti ponti che sovrastavano il fiume che attraversava la città. Ho comprato delle pillole, non ne ricordo il nome, è tutto molto confuso. Erano 10? O forse 14, o 20? Ricordo che è stato tutto molto meccanico, ad ogni passo verso quel ponte due pillole attraversavano il mio corpo fino a raggiungere il mio stomaco. A quanto mi avevano detto, in poco tempo avrebbero fatto effetto.

È stato tutto molto veloce, in una grande città la gente ti ignora. Ho scavalcato la ringhiera e, prima che nessuno potesse rendersene conto, mi sono buttato nell'acqua gelida. Un volo di pochi metri, eppure quasi eterno, con quell'aria inusualmente fresca per una giornata estiva, o forse lo era semplicemente a far da preludio. Un vento gelido prima della fine, lo trovavo estremamente poetico. E pensai per l'ultima volta a lui, ai suoi occhi, alle sue labbra, prima di schiantarmi sull'acqua e avvertire un nuovo freddo.

Ricordo di non aver opposto resistenza, e ricordo un dolore alla testa sbattendo ad uno dei pilastri del ponte, seguito dal buio.

 

Ho preferito morire prima di amare qualcuno. Forse ci sono riuscito, forse no, preferisco credere di esserci riuscito, non lo sopporterei altrimenti.

E mi sono sentito molto Virginia Woolf. D'altronde ho sempre amato l'arte, non l'avevo già detto?

  
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