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Autore: wordsaredeadlythings    13/07/2014    2 recensioni
Hermione cercò di dirsi che era solo una stupida sciarpa, e non c'era motivo di piangere. Era solo una maledetta sciarpa di Grifondoro fatta a mano, con i colori invertiti e lo stemma storto; non era niente di che. Ma l'aveva dimenticata: si era dimenticata la sciarpa, e questo no, non poteva perdonarselo.
Forse se quella notte avesse avuto la sua sciarpa, non sarebbe morto. Forse avrebbe continuato a portargli fortuna, se solo lei l'avesse avuta con sé. Se solo non se ne fosse dimenticata.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Disclaimer: I fatti qui riportati sono completamente frutto della mia immaginazione. I personaggi non mi appartengono, ma sono totalmente di propietà di zia Jo Rowling, la nostra dolce regina.

 

Echo

 

 

 

 

 

I primi cinque secondi sono quelli fondamentali, quando succedono cose così.
Lo capiva solo ora, quanto fossero fondamentali. Cinque secondi di puro, terribile silenzio, in cui si veniva chiusi in una bolla dove il tempo si bloccava, e niente si muoveva. Tutto fermo, per cinque secondi. Poi, dopo, cominciava la parte difficile. In quei cinque secondi, si decide come reagire, cosa fare; ci si ricorda come si respira, e il primo respiro dopo quei cinque secondi fa male, sembra che le costole si stiano rompendo una ad una, pezzo per pezzo; muscoli che si sfasciano lentalmente mentre l'aria entra in circolo nell'organismo, ma è un'aria pesante come piombo.
Cinque fondamentali secondi.
Lui che cade, scivola giù. Troppo lento e troppo veloce nello stesso momento, e l'unica cosa che Hermione poteva fare era rimanere lì, a guardare mentre cadeva, ricordandosi di respirare, sentendo le costole rompersi e i polmoni bruciare come se stesse inalando fumo tossico.

Perché nei suoi cinque secondi, Hermione aveva capito che non c'era niente da fare. E per una come lei, quella consapevolezza era peggiore di molte altre.

 

*

 

I primi giorni, Hermione Granger non aveva pianto.
Dopo la Guerra, ci si dimentica un po' di come sia avere una casa, un tetto sopra la testa; pensava alle cose che doveva costruire, lei, a tutti i legami da riprendere tra le mani, alle anime da ricucire lentamente, ai corpi da seppellire. Aveva deciso di rimanere alla Tana per un po', prima di cercare di nuovo la sua famiglia. Chissà dov'erano, cosa facevano, se stavano bene.
Pensava a questo, Hermione, seduta su una delle poltrona della Tana, con una coperta distrattamente posata sul corpo e un cielo grigio come cemento da fissare. Teneva in mano una tazza di the, preparata come ogni Babbano avrebbe fatto, perché aveva bisogno di rimanere connessa alle sue radici, quelle radici che aveva strappato lei stessa con le sue mani prima che tutto cominciasse.
Quando si vive una guerra, si perde la cognizione del tempo. Erano passati due settimane? Due mesi? Dieci anni? Non riusciva a trovare risposta, perché si sentiva vecchia, Hermione. Vecchia come non era mai stata, come mai avrebbe pensato di sentirsi. Ripensò a quella ragazzina con i capelli cespugliosi, i denti davanti un po' troppo grandi, sempre pronta a dare risposte a domande mai poste solo per dimostrare la sua bravura; quella bambina si era sentita da meno, a quei tempi, perché lei non era nata tra i maghi, i suoi genitori erano dentisti, e aveva avuto paura da morire. Ora quella bambina era morta, sepolta sotto tonnellate di cemento, quello stesso cemento che aveva ricoperto il cielo per tutta la guerra, e che lo stava riempendo ora.
Bevve un po' di the, Hermione, ripensando a quella sciocca dodicenne che era stata, pensando a quanto quei mesi l'avessero cambiata. Sentiva ancora il gelo della notte artigliarle i polmoni e ferirla a morte senza lasciare la minima traccia sulla pelle, la paura dei turni di guarda, la mancanza. Forse era stata quella la cosa peggiore. Forse era stata la mancanza ad uccidere quella dodicenne saccente, prima della paura, prima di tutto il resto. Se le ricordava così bene, tutte quelle notti passate ad ascoltare la radio, sperando di trovare la sua stazione, di sentire quella voce.
Scosse appena la testa, socchiudendo gli occhi. Pensare a lui le provocava ancora lievi giramenti di testa, perché dove prima c'era stata una strada sicura ora c'era un burrone, e non sapeva cosa fare. Se chiudeva gli occhi poteva quasi vedere l'abisso scuro davanti a lei, perché ora che la guerra era finita doveva raccogliere i pezzi e rimetterli insieme. E non c'era più lui ad aiutarla; nessuna stazione da cercare, nessuna battuta da sentire. Niente. C'era solo un enorme vuoto davanti a lei, un vuoto senza forma né confini, e la terrorizzava.
E avrebbe voluto piangere, Hermione Granger, ma sapeva, in cuor suo, che se avesse cominciato a piangere ora non si sarebbe più fermata.

 

*

 

Il giorno del funerale, fu lo stesso in cui Hermione trovò la sciarpa.
Rovistando tra le sue vecchie cose, nascosta nella sua vecchia stanza – dio, aveva pensato che non l'avrebbe più rivista -, l'aveva semplicemente trovata, tra la vecchia divisa di Hogwarts e qualche libro. Quando aveva visto quel bagliore rosso fuoco, il terreno le era mancato sotto i piedi. Si era dimenticata della sciarpa.
L'aveva presa tra le mani con una delicatezza innata, come se quella sciarpa fosse stata un cucciolo, qualcosa di piccolo e fragile – come era stata lei. Si era dimenticata della sciarpa.

 

« Prendi »
« Ma morirai di freddo! »
« Non direi. Abbiamo la pellaccia dura, noi Weasley! »
« E' la tua sciarpa preferita. Il tuo porta fortuna. »
« Allora spero che porti fortuna anche a te. »

 

Hermione cercò di dirsi che era solo una stupida sciarpa, e non c'era motivo di piangere. Era solo una maledetta sciarpa di Grifondoro fatta a mano, con i colori invertiti e lo stemma storto; non era niente di che. Ma l'aveva dimenticata: si era dimenticata la sciarpa, e questo no, non poteva perdonarselo.
Forse se quella notte avesse avuto la sua sciarpa, non sarebbe morto. Forse avrebbe continuato a portargli fortuna, se solo lei l'avesse avuta con sé. Se solo non se ne fosse dimenticata.
Ma era troppo tardi per gli “e se”, perché ora loro erano diventati un immenso “e se”, una domanda dolorosa che non avrebbe mai avuto una risposta concreta. Perché lei era lì a stringere quella sciarpa, e sentiva di odiarlo. Lo odiava perché non era lì con lei, perché non la rimproverava di essere una so-tutto-io, lui non era lì con lei a sorridergli; non era lì e basta, e se solo avesse potuto vederlo un'ultima volta lo avrebbe preso a pugni fino a distruggersi le mani, fino a non avere più forze né respiro.
Ma non era vero, ed Hermione lo sapeva. Perché se solo l'avesse potuto vedere un'ultima, schifosa volta, l'avrebbe stretto tra le braccia così forte da spezzargli le costole. E forse l'avrebbe baciato con altrettanta forza, fino a spezzarsi le labbra. Perché la cosa peggiore è che non lo odiava affatto. Nemmeno un po'.
Si accorse che stava piangendo solo quando si sistemò la sciarpa intorno al collo. Quella sciarpa strana, fatta malissimo, con i colori invertiti e lo stemma attaccato al contrario. Quella sciarpa di cui si era dimenticata; l'unica cosa sua che avrebbe mai avuto.
La tenne addosso durante tutto il funerale. E pianse in silenzio, Hermione, senza pensare al tempo che passava, guardando una lapide bianca sporcarsi con la pioggia e il fango. Guardò la foto al suo interno, una di quelle foto da maghi, di quelle che si muovevano. Si girava e sorrideva; semplicemente, sorrideva.
Ed Hermione pensò che lo odiava, odiava Fred Weasley con tutto il suo cuore per essere morto, perché ora c'era solo l'eco di una risata al suo posto, quella maledetta foto e un corpo spezzato sepolto sotto tre metri di terra, non c'era rimasto niente di lui, niente di concreto, ed Hermione non poteva sopportare di ascoltare un eco per tutto il resto della sua vita. Aveva paura, Hermione: la guerra era finita, ma quell'enorme domanda continuava a inseguirla, a perseguitarla senza sosta. Ed era peggio del freddo dei Dissennatori, peggio della paura, peggio di tutto. Perché quella mancanza la stava divorando dall'interno, perché lei e Fred non sarebbero mai stati niente più che una domanda sussurata al vento. Una domanda senza risposta, l'eco di una risata che non avrebbe sentito più.
E sentiva di odiarlo per questo, ma non lo odiava nemmeno un po'.

 

 


Beh, ciao.
Sono tornata sul fandom. Wow, sono passati secoli dall'ultima volta che ho scritto/postato qualcosa inerente ad Harry Potter, ma ultimamente mi manca più del solito. E, soprattutto, mi manca questo pairing.
Fred/Hermione. Voi non potete capire quanto io li abbia shippati, tempi addietro. Io adoro Ron/Hermione (e infatti nella mia testa alla fine loro finiscono comunque insieme), ma Fred era perfetto per Hermione. Perfetto in modo diverso da come può esserlo Ron, ma lo era comunque.
Il titolo è inerente alla canzone che stavo ascoltando (ma dai?), ovvero Echo di Jason Walker. Bella canzone. Tristissima, ma splendida.
Mi mancava molto questo fandom, davvero. Amo scrivere di questa saga, l'adoro.
Magari mi rivedrete più spesso, magari con cose più lunghe. Tutto è possibile!
Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento, comunque.

Xoxo
_Cris

   
 
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