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Autore: SheilaUnison    14/07/2014    1 recensioni
Mi vide un giorno che correvo, diretta alla fermata dell'autobus. Quello fu l'inizio della mia fine.
Storia di una ragazza perseguitata da chiamate anonime e regali da uno sconosciuto. Chi c'è dietro a tutto questo?
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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21 ottobre 2010

Spero che questa sia la fine. Oggi stavo camminando e un'auto si è avvicinata a me. Ho solo visto la forma della pistola e sentito il comando “Sali”. Sono salita dal lato del passeggero su un'auto nera, non ho visto la targa.

Al posto del guidatore stava un uomo con un passamontagna nero sul volto, che guidava con una mano e con l'altra mi puntava la pistola.

“Sono emozionato. Finalmente sei qui.” ha detto. Non riuscivo a dire nulla, riuscivo solo a tremare dalla paura. Era lui. Viscido, lurido, stronzo bastardo, mi ha accarezzato la gamba, con la pistola ancora in mano.

“Sei tutta la mia vita, lo capisci?”

Dovevo assecondarlo per forza per rimanere viva.

“Sì, capisco.”

“Oh, che bella voce che hai. L'ho sentita al telefono. Ora andiamo a casa e ti preparo una bella cenetta.”

“Grazie.”

“Sai, mi sono innamorato di te quando ti ho vista alla fermata dell'autobus. Poi ho scoperto il tuo nome e, da lì, il tuo indirizzo di casa e il tuo numero. È stato facile, su Internet si trova tutto.”

Merdoso essere, che tu possa crepare all'inferno. Ecco come aveva fatto a scoprire tutte quelle cose su di me! Fanculo!

L'auto, poi, si era fermata. Avevo riconosciuto il quartiere, era poco lontano dalla mia scuola. Speravo che qualcuno mi avesse notato.

Mi ha aperto la portiera e ha messo la mano tra la giacca e la maglia. Da fuori sembrava che mi stesse tenendo i fianchi, in realtà così nascondeva perfettamente la pistola.

Mi ha fatto entrare nella sua villa. Furbo, perché in un condominio lo avrebbero incastrato subito.

Era ricco abbastanza da permettersi una casa del genere. Se fossi uscita da quella situazione lo avrei denunciato, perciò dovevo raccogliere più indizi possibili. Non vedevo i suoi occhi, perché aveva occhiali da sole addosso.

Siamo arrivati nella cucina, ammobiliata in stile moderno. Mi ha legata ad una sedia con una corda che aveva già preparato e mi ha messo lo scotch sulla bocca. Ha posato poi la pistola vicino al lavabo.

Stavo tremando, avevo paura di morire.

Le lacrime sono iniziate a scendere a fiumi.

“No, shh, andrà tutto bene. Ti preparo cena subito.” ha cercato di consolarmi.

Con le mani stavo studiando un modo per slegare la corda, ma era legata bene.

“Per fortuna che quel Blaise ha seguito i miei consigli. Non era fatto per te. In effetti, lo ucciderò presto, per sicurezza.”

Ho tentato di urlare, ma mi è uscito solo un suono strozzato. Lui si è avvicinato in fretta col coltello da cucina in mano. Me lo ha puntato alla gola, irato, e ha chiesto:

“Ti piace Blaise?!?!?!”

Ho scosso la testa, piangendo.

Lui ha annuito, ma poi con un colpo leggero di mano mi ha tagliato la guancia con l'arma.

“Così ti ricorderai che devi amare solo me.”

Il sangue è sceso a fiotti e la ferita mi bruciava. Ormai singhiozzavo solo più. Mi ero arresa.

Il cibo era pronto. Aveva tolto lo scotch dalla mia bocca e ora mi imboccava con la sua forchetta.

Poi lui ha mangiato e ha lavato i piatti.

Non aveva bisogno di minacciarmi. Così legata non potevo andare da nessuna parte.

Ad un certo punto si è girato, sorridendomi, e mi ha detto:

“E' il momento di andare a letto.”

Ero paralizzata dal terrore. Cosa mi avrebbe fatto?

Mi ha slegata e ha puntato la pistola contro la mia schiena. Mi ha fatta andare in bagno, guardandomi pure mentre facevo i miei bisogni.

Poi mi ha portata in camera e mi ha legata alle barre del letto con delle manette, una per ogni mano.

Mi ha messo lo scotch sulla bocca e ha acceso la TV nella sua stanza.

Ha iniziato ad accarezzarmi le spalle, sussurrandomi parole vomitevoli.

Mi ha baciato sulle guance, contento di avermi tra le sue braccia. Io stavo ferma, che altro potevo fare?

“Tempo di mettere il pigiama, amore!” sorrideva, tutto eccitato.

Ho realizzato in quel momento che voleva mettermelo lui il pigiama. Voleva spogliarmi e..chissà cos'altro. Nel frattempo si era avvicinato e aveva afferrato i miei jeans, sbottonandoli.

Ho iniziato a scalciare, perché le gambe erano ancora libere.

Quando sarebbe finito quell'incubo?

Lui era arrabbiato, davvero molto arrabbiato, così mi ha tirato un pugno forte sul volto.

Mi sono rannicchiata dal dolore, singhiozzando.

Mi ha strappato violentemente i jeans di dosso e...poi una voce è irrotta nella casa.

“Polizia, lei è in arresto!”

Ho urlato con tutto il fiato possibile per far capire loro dove fossimo.

Lui ha preso la pistola e l'ha puntata contro di me. Poi i poliziotti sono arrivati.

“Signor Arthur King, lei è in arresto! Liberi l'ostaggio o saremo costretti a fare fuoco!”

Arthur King?

Ho capito allora, con orrore, che quel ragazzo che era passato per la mia strada, che si era scontrato con me al negozio e che mi aveva poi chiesto l'amicizia su Facebook era colui che ora mi puntava la pistola contro.

“Fatelo e lei morirà insieme a me. Noi ci amiamo e non ci avrete mai.”

Ho chiuso gli occhi, la mia fine era arrivata.

BOOM.

Li ho riaperti. C'era lui, il mio aggressore a terra, agonizzante.

Stava minacciando di rialzarsi, così gli hanno sparato un altro colpo. Mi hanno poi liberata.

Ho riabbracciato, scossa, mia mamma e i miei amici.

 

30 novembre 2010

Ora vivo in una città vicino a quella vecchia. Lui...non voglio nemmeno scrivere il suo nome...è morto a causa dei proiettili della polizia. Dopo l'accaduto non ho parlato per una settimana. Adesso è difficile fidarsi di qualcuno. Io e Blaise continuiamo a frequentarci. Lui va con calma e ha tanta pazienza, perché capisce come mi sento. Mi sono iscritta ad un'associazione per le donne che hanno subito stalking e ora vado in tutte le scuole(compresa la mia) a parlare di ciò che è successo e a fare mille raccomandazioni alle ragazze. Ho abbandonato la pallavolo e ora faccio un corso di autodifesa, per non essere impreparata. Mai più.

  
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