Prologo
Il Continente
Occidentale. Il sogno, il mito, un pensiero lungo come le ali di un drago:
Daenerys Targaryen guardava Meeren e pensava ad Approdo del Re, che una vola era
stata casa della sua famiglia. Famiglia, anche questa parola le era oscura: i
suoi genitori non li aveva mai conosciuti e non riusciva a provare affetto per
un padre che veniva definito “folle”, che aveva fatto del male a tanti, compresa
sua madre. Neanche suo fratello Rhaegar aveva mai conosciuto, mentre Viserys era
stato peggio di un carceriere per lei. L’unico che era stato come una famiglia
per lei era stato Khal Drogo, ma solo dopo un preambolo di paura e di
incomunicabilità. Avrebbe voluto avere una vera famiglia, Danerys Targryen,
avrebbe voluto che i draghi si comportassero come veri figli, che lei fosse
stata prima una figlia e poi una madre, prima che una regina. Era questa la vita
che le era destinata? Combattere per tutta la vita per raggiungere il trono di
spade, per raggiungere una casa che non conosceva e non ricordava? Qual era
davvero casa sua?
Ci aveva pensato a lungo e la decisione alla quale era arrivata non la
rendeva fiera di se stessa, ma era l’unica cosa che poteva fare. Non avrebbe
potuto essere una regina per nessuno se non sapeva tenere il controllo della sua
stessa mente, se non sapeva rendersi conto di cosa davvero l’aspettava a
Westeros.
Era l’alba quando planò, cavalcando Vyserion, sulla piccola terrazza
della stanza di Jorah Mormont, suo fedele consigliere. Lo osservò, disteso su un
letto, che sonnecchiava: Jorah non dormiva mai veramente, Jorah la proteggeva.
Daenerys ebbe un moto di tenerezza, accarezzò il muso del drago e si introdusse
nella camera dell’amico lentamente, senza far rumore. Si avvicinò al suo letto
mentre stringeva tra le mani una pergamena scritta di suo pugno quella stessa
notte. Ad un passo dal capezzale di Jorah avrebbe voluto scappare, lui sembrava
vederla anche con gli occhi chiusi: non era più un ragazzo, Jorah, ma aveva nel
volto la dolcezza di un uomo che non si è arreso alla vita e che ha avuto la
forza di perdonarsi molti sbagli. Daenerys non sapeva se avrebbe mai imparato a
perdonare, forse non ne era capace: la giustizia non contempla il perdono, e lei
era una regina e doveva combattere per la
giustizia.
Si accovacciò sul letto di Jorah, gli poggiò accanto la
pergamena.
«Khaleesi» mormorò lui, tra la veglia e il
sonno.
«Shh» sussurrò Dany, «adesso devo andare».
Jorah aprì di poco gli occhi.
«Dove…dove vai?»
«Non posso dirtelo»
«No, non posso permetterti…»
«È tutto scritto qui», Dany indicò la pergamena, «non devi preoccuparti
per me».
Jorah tentò di alzare il busto, ma Dany gli poggiò una mano sul petto. Si
voltò verso Vyserion, che la chiamava con un verso sottile e
acuto.
«Ciao, amico mio»
«Aspetta, Daenerys…».
Jorah spalancò tanto d’occhi, avrebbe voluto scattare in piedi e
afferrarla per un busto, tenerla stretta, sentire l’odore di quei lunghi capelli
d’argento e non lasciarla andare via. Invece era lì, fermo,
pietrificato.
Daenerys salì in groppa a Vyserion e sparì nel
cielo.
…
Sansa Stark, incappucciata e silenziosa, non riusciva a togliersi dalla
mente l’uccisione di zia Lysa. Aveva visto troppe morti, Sansa Stark, e adesso
quasi la morte non le provocava più nessun sentimento: la bugia protegge dalla
morte, questo aveva pensato quando aveva mentito a Nido dell’Aquila, per salvare
Petyr. Non è vero che Sansa non sapeva mentire, lei aveva imparato sin da
piccola, quando accusava Arya delle marachelle che combinava, quando diceva di
avere mal di pancia per non mangiare le zuppe che non le piacevano. Con il
passare del tempo le bugie erano diventate sempre di più e sempre più difficili,
ma le cose non erano cambiate poi molto: aveva dovuto mentire dinanzi a Cersei e
a Joffrey e adesso aveva mentito di nuovo, ma per la prima volta le sue bugie
avevano salvato qualcuno, e cioè Petyr. Adesso aveva gli occhi chiusi e sembrava
stesse riposando, la carrozza dondolava sul terreno scosceso, Sansa non avrebbe
saputo dire dove si trovavano. Ripensò alle voci sentite sui bruti, mentre
avevano fatto sosta in un piccolo villaggio: a parlare era stato un contadino
che chissà come era riuscito a scappare alla strage, Sansa aveva letto terrore
nei suoi occhi e le parole gli erano venute fuori quasi per miracolo, tante
erano le lacrime. Petyr l’aveva abbracciata quando si era reso conto della sua
espressione, della sofferenza che le si era dipinta negli occhi. Quell’abbraccio
era come a dire, non preoccuparti Sansa, io non lascerò che qualcuno ti faccia
del male, ucciderò chi cercherà di sfiorarti anche con un dito, come ho fatto
con Joffrey, come ho fatto con Lysa.
Sansa era grata a Petyr come non lo era a nessuno. Tutta la sua famiglia
probabilmente era morta e lei era rimasta totalmente sola: se solo non ci fosse
stato lui, che fine avrebbe fatto la piccola e innocente Sansa? Stuprata e forse
uccisa da Joffrey? Dilaniata e umiliata da Cersei? Picchiata e maltrattata da
zia Lysa? Cosa potevano mai fare i bruti
di così terribile? Sansa aveva sentito molte storie quando era a Grande Inverno,
e in realtà non credeva che i bruti potessero mai decidere di superare la
Barriera, perché avrebbero dovuto farlo? L’inverno sta arrivando, era questo che
ripetevano tutti, e nessuno lo sapeva meglio di lei, una Stark, che l’inverno ce
l’aveva nelle ossa.
«Dove siamo, Petyr?» chiese in un sussurro, avendo paura persino di
scostare le tendine della carrozza.
«Stiamo andando a Nord» rispose Petyr con un sorriso, «ti porto in un
posto sicuro, non preoccuparti. Tutto andrà bene».
Sansa annuì impercettibilmente, sentiva un languore nascerle nel petto.
Era da tanto tempo che qualcuno non la guardava con quella
dolcezza.
«Cosa ne sarà di mio cugino Robin?» domandò dopo un attimo, mentre il
volto le si corrucciava. Non aveva mai sopportato quel
bamboccio.
«È al sicuro a Nido dell’Aquila»
«Pensavo volessi rimanere lì, che lì nessuno sarebbe venuto a cercarci e
che saremmo stati al sicuro».
Petyr sospirò.
«Ti terrò al sicuro, Sansa. Non
preoccuparti».
Sansa tentò di sorridere, ma quella che le venne fuori fu solo una
smorfia. Al Nord, aveva detto. Quanto le mancava il Nord, il suo Nord, la sua
casa! Adesso non ne restava niente, lo sapeva, Grande Inverno non esisteva più,
come non esisteva più nessuno dei suoi familiari: mamma, papà, Robb, Arya, Bran,
Rickon.
Era sola?
Alzò gli occhi verso Petyr, che la guardava
benevolo.
No, non era sola.
Non più.
Note:
Salve a tutti, è la prima volta che mi cimento in una FF sul Trono di Spade, serie che amo. Spero di avere il tempo per poter leggere anche i libri, al più presto. Questo prologo è intenzionalmente breve per lasciare a voi un commento sulle mie intenzioni: Dany a Westeros, Sansa che nutre qualcosa per Petyr... mi intriga come coppia. Ho in mente un inteccio alternativo a quanto abbiamo visto nella quarta stagione. Fatemi sapere cosa ne pensate. Con affetto,
Lara