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Autore: shirylen    17/07/2014    5 recensioni
Per Yongguk è giunto il primo giorno di lavoro in un asilo.
Ha sempre amato i bambini, far spuntare loro il sorriso, ed immergersi nella loro fantasia.
Ama fare loro dei ritratti, perché la sua grande passione è la pittura, anche se è ancora alla ricerca del "soggetto perfetto".
Junhong è un ragazzo con le gambe in spalla, testardo ma sa il fatto suo.
Nonostante le difficoltà che lo hanno ostacolato, e che lo fanno ancora, continua ad andare avanti, tenendo per mano il suo piccolo fratellino, convinto che la luce della felicità arriverà anche per loro, prima o poi.
Yongguk è convinto che Junhong sia il suo sole.
Junhong è invece convinto che Yongguk sia il sole suo e di suo fratello.
"-Bang, per l'amor del cielo, sarà anche un ragazzino, ma è quasi più maturo di noi! Non angosciarti così tanto!-
-Che intendi dire?-
-Oh, andiamo, sei palesemente innamorato di lui.-
-S-stai farneticando...-
-Chi lo stava facendo ieri sulla sedia continuando a dire il nome di una certa persona?-
-P-perché non mi chiami Hyung?-"
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti, Yongguk, Zelo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero davanti alla porta dell’asilo, il cuore mi batteva fortissimo, il respiro era quasi bloccato.
Ma in fondo mi potevo giustificare, era il mio primo giorno di lavoro, sebbene fossimo a metà anno. 
Mi ritenevo davvero fortunato, siccome una delle maestre si era trasferita aveva lasciato un posto, che presi io che ero appena uscito dall’università.
“Vogliamo un po’ di gioventù” avevano detto.
Già, la gioventù.
Speravo solo di non combinare qualche cavolata.
Guardai l’ora. Ero arrivato un’ora in anticipo, ma era meglio così, avrei avuto qualche momento per me, per vedere l’ambiente lavorativo, e magari per conoscere i miei colleghi.
Presi un respiro profondo e aprii la porta. 
Appena varcai la soglia dell’edificio però, l’allegria prese il posto dell’agitazione.
La piscina delle palline, gli armadietti con su scritti i nomi di ogni bambino, i grembiuli appesi a destra, i tavolini con sopra il pongo, le macchinine, le bambole, fogli, i pastelli, i pennarelli. 
Amavo quell’ambiente, dove i bambini ricevevano cure e affetto.
Consideravo me stesso e i miei colleghi come dei secondi genitori, con i quali i piccoli avrebbero potuto confidarsi in ogni momento, eravamo i loro modelli, coloro che, insieme ai genitori, li dirigevano verso una certa strada.
E consideravo l’asilo una seconda casa,naturalmente, la metà dei bambini piangeva quando i genitori li portavano nell’edificio, ma era anche bellissimo far rispuntare loro il sorriso.
Era curioso il fatto che solo i bambini non si spaventassero del mio aspetto esteriore, (Se tutto si basasse sull’apparenza, allora sarei un killer. In effetti, non ho la faccia più dolce del mondo, ecco, specialmente gli occhi. Molte persone mi dicono che sembra quasi che vivano di volontà propria, dicendo a destra e manca "Ehy tu, combatti con me che ti spacco le ossa". Ma in fondo, non posso farci niente, sono nato così e sicuramente non voglio accorrere alla plastica facciale.), mentre la metà degli adulti mi giravano sempre a largo.
Ero convinto che questo fosse per via dell’animo dei bambini, non ancora condizionato da ciò che la gente diceva.
Lo stesso animo che amavo disegnare.
Oltre che ad animare i bambini, la mia seconda passione era sicuramente l’arte.
Amavo dipingere, immortalare ciò che io vedevo nei miei occhi, e farlo vedere a qualcun altro tramite i miei dipinti. 
Ma ciò che più amavo disegnare, erano i bambini.
Chiamatela pure deformazione professionale, se volete, ma la trovavo la cosa più bella del mondo.
I capelli ribelli, sempre per conto loro, il viso paffuto e liscio, perpetuamente sfumato di rosso sulle guance, le labbra piccole e rosee, il nasino arrotondato, qualche volta riempito di lentiggini.
Ma la cosa più bella di tutte erano gli occhi.
Quegli specchi dell’anima che riflettevano la meraviglia per ciò che si vede, come se ancora fosse la prima volta, ciò che gli adulti non riescono a vedere anche solo in un semplice iris.. ecco, amavo poter catturare quell’insieme di elementi in una tela.
Eppure non avevo ancora trovato il soggetto ideale.
Quello che rispecchiava la mia idea di perfetto (sia chiaro, non perfetto letteralmente, perché sono i piccoli difetti a formare la perfezione), non avevo ancora chiaro cosa volessi veramente...ma...mancava sempre ..quel qualcosa.
Sia chiaro, ogni persona aveva qualcosa che lo contraddistingueva, che lo rendeva speciale ed irripetibile, ma... io aspettavo la persona giusta.
Fremevo già a pensare che, da qualche parte del mondo, chissà dove, o quando, avrei dipinto i tratti di colui che sentivo essere la risposta a tutti i miei ideali, l’emozione di copiarlo con pennellate  a volte dolci e a volte passionali, e fermare il tempo...
Già, il tempo, che non voleva muoversi, erano passati appena dieci minuti, e restare per altri cinquanta a fremere dall’impazienza era impensabile.
Non c’era nessuno, a parte i due bidelli che mi salutarono solo frettolosamente, da questo ne dedussi che forse non avevano tempo per parlare, e di altri colleghi neanche l’ombra.
Allora decisi di andare nel bar che avevo notato poco prima.
In preda all’agitazione, quella mattina non avevo fatto colazione, e la mia pancia si era fatta sentire.
Forse un caffè e un cornetto l’avrebbe calmata.
Appena aprii la porta, però, andai quasi a sbattere con un altro ragazzo.
Alzai lo sguardo, e quasi non urlai per lo stupore .
-Himchan-ah*!!-
-Bang!!- lui mi guardò torvo -e ti ho detto di non aggiungere "ah" alla fine-
-E  tu dovresti chiamarmi hyung**-
-Certo certo, come no...- poi mi sorrise interrogativo -Che ci fai qua?-
-Sono stato assunto come maestro in questo asilo-
-Anche tu?-
-Come? Dopo l’università pure qui ti trovo? Oh povero me- scossi teatralmente la testa, in fondo Himchan era un tipo a posto.... Se solo mi chiamasse hyung!
-dove stavi andando?- 
-Al bar qui vicino-
-Ti ci accompagno!!-lui sorrise, io sbuffai.
-Se proprio vuoi-
Il bar era come me lo ero immaginato, pulito e in ordine, niente di eccessivo, ma molto accogliente, probabilmente avrei passato lì tutte le mattine prima del lavoro.
L’insegna, color panna e con le scritte marrone chiaro, abbinate al tema del bar, citava “Coffee shop” che originalità, ma infondo andava bene, era il titolo di una canzone dei miei cantanti preferiti, i B.A.P, perciò i punti in meno per la poca fantasia alla fine venivano ripagati.
Ci sedemmo ad un tavolo fuori, faceva molto caldo,e avere la brezza mattutina che soffiava delicata era la cosa migliore per non pensarci troppo.
-Pronto per il primo giorno?-
Himchan mi guardava ridendo sotto i baffi.
Mi venne voglia di prenderlo a pugni.
Mi conosceva abbastanza bene da sapere che, sotto quegli occhi assassini, si trovava un animo sensibile, e, soprattutto in questi casi, molto ansioso. Stavo sudando freddo e non riuscivo a smettere di muovermi, mentre lui sembrava calmo e tranquillo.
-Vai a farti fottere-
Lui in tutta in risposta rise. 
Un cameriere arrivò prima che ammazzassi Himchan.
-Prego, cosa desiderate prendere?-
Alzai lo sguardo, dopo aver sentito quella voce allegra e cristallina.
Il sole mi accecò un istante, ma quando la vista si abituò alla luce, trattenni il fiato.
Per la miseria

Era lui.
Avevo trovato il soggetto perfetto.
Aveva ancora tratti infantili sebbene il corpo fosse già quello di un uomo, aveva i capelli biondi e ricci, e...i suoi occhi.
Erano allegri, brillavano, erano ancora aperti al mondo, eppure...nascondevano qualcosa.
Qualcosa di misterioso, ma di intrigante.
E intanto mi ero perso in quelle due mezzelune sorridenti che già sognavo di dipingerle.
-Ehy!! Terra chiama Yongguk!-
Una mano passo davanti alla mia vista, riattivando le funzioni del mio cervello che si erano bloccate.
-Eh? Cosa?-
-Cosa desidera ordinare signore?- il mio soggetto perfetto mi rivolse un sorriso, divertito ma confuso dalla mia reazione.
-Ah! Sì...beh, mi porti un caffè macchiato, grazie-
Lo guardai per tutto il tempo, mi aveva davvero stregato, volevo conoscerlo, volevo guardarlo, scrutarlo, notare tutte le piccole imperfezioni della sua pelle che lo rendevano ancora più speciale.
 Che mi stava succedendo?
Ah, non ne avevo idea, la mia mente era solamente incentrata in lui.
Himchan mi dovette trascinare da lì e tirarmi due schiaffi per far sì che mi riprendessi veramente.
Ci dirigemmo verso l’asilo, mancavano pochi istanti all’arrivo dei genitori e dei bambini.
Sia Himchan che io eravamo impazienti e ansiosi, in fondo era il primo giorno di entrambi. Ci avevano spiegato che avevano assunto entrambi per via della nostra inesperienza.
Io ne fui piuttosto grato, effettivamente non sapevamo quasi cosa fare.
Più che per l’emozione che per altro, sia chiaro.
Iniziarono ad arrivare i primi bambini,come previsto, eravamo due fasci di nervi.
Ma appena vidi un visino di una bambina curioso della nostra presenza, ci illuminammo ed iniziammo a parlarle.
In fondo se avevamo scelto quel lavoro, non c’era cosa che calmasse di più dei bambini stessi.
Dopo il blocco iniziale, persi di vista il mio compagno di avventure.
Era come trovarsi in un colorificio (parlo per me, magari voi preferireste andare in un negozio pieno di vestiti, o in una pasticceria), i bambini erano la cosa più bella e tenera del mondo, il solo vederli mi faceva voglia di stritolarli di coccole. Mentre mi facevo conoscere da loro, li osservavo, uno ad uno. Ve ne erano alcuni davvero particolari, come una bambina dai bellissimi occhi nocciola chiaro, con la pelle pallida, costellata da lentiggini; un bambino molto estroverso, con il sorriso aperto a tutti, dal viso...particolare, decisamente interessante; ed infine un bambino con le labbra carnose, con un neo sotto l’occhio sinistro, che non mi rivolse la parola, e che quando gli rivolsi la parola, si nascose dietro la frangia per l'imbarazzo.
Passai le successive ore a giocare con i bambini, quasi ridiventando piccolo anche io, divertendomi un mondo quando per gioco volevamo “affogarmi” nella piscina, vedendoli delusi quando scoprirono che questo era impossibile dato che le palline arrivavano appena al ginocchio.
Ad un certo punto però, vidi che un bambino era in disparte, e allora decisi di andare da lui, quei piccoli non dovevano stare mai, da soli secondo la mia filosofia.
Mi sedetti nello sgabello di fronte al suo, e grazie alla vicinanza vidi che era il bambino del neo sotto l’occhio.
Era talmente concentrato a disegnare che non si accorse neanche della mia presenza.
-Ciao!! Cosa fai?-
Lui, quasi spaventandosi, mi guardò un momento, per poi, in preda all’imbarazzo, rivolgersi nuovamente al foglio, cercando di far finta di niente.
-Ma che bel prato fiorito!-
E dicevo sul serio.
Era verissimo lo stupore che era probabilmente stampato sulla faccia.
Quel bambino aveva davvero molto talento.
Usava dei tratti decisi, guidati dalla fantasia, facendomi vedere un prato colorato da una moltitudine di fiori, abilmente inventati e dalle forme più bizzarre, ciascuno di un colore diverso.
Era magnifico.
Nel mentre però, il bambino non aveva ancora parlato, perciò decisi di andare a passo calmo.
-Posso disegnare anche io?-
Il bambino mi guardò insicuro, per poi annuire nascondendo ancora il viso sotto la frangia, mentre continuava ad aggiungere particolari al suo disegno.
Allora presi anche io un foglio, e prendendo un pastello, iniziai a tracciare i contorni di una faccia, che mano a mano, prese le sembianze del bambino di fronte a me.
Non mi accorsi del tempo che passava, infatti avevo praticamente finito il disegno, quando sentii una mia collega, Minhee chiamarmi.
-Yongguk, potresti venire qui?-
Guardai la sua faccia, preoccupato, era visivamente nervosa, forse irritata, perciò mi affrettai a raggiungerla.
Che avessi fatto qualcosa di sbagliato? Di già?
-Ascolta...lascialo stare. Lui non ti risponderà-
-Perché mai?-
-Lui... si chiama Daehyun. E’ muto-
-Ah, poverino- Un macigno di compassione per il piccolo arrivò presto,ma c’era qualcosa che non andava.
-Già-
Ah...ecco cosa.
Mi girai di scatto verso la Minhee.
-Aspetta...Perché hai detto che bisogna lasciarlo stare?-
La donna mi guardò torva
-Beh, non sa comunicare con noi, non sa né parlare, né scrivere, che senso avrebbe parlare con un muro?-
-Invece ha senso!! Proprio perché non sa comunicare dobbiamo insegnagli come fare!!! Lo vede quanto é solo?-
Minhee mi guardò a lungo tempo, per poi ridere lievemente.
-Mi piaci Yongguk, e stato un bene assumere un ragazzo appena laureato, di solo ventisei anni. Cerca di conservare questo tuo spirito genuino il più possibile, non fartelo sporcare dai nostri cuori marci.-
-Sarà fatto-
Ritornai al tavolino. Dove Daehyun stava guardando rapito il mio disegno.
-Ti piace?- lui sobbalzo sorpreso, e poi annuì guardandomi con aria colpevole.
-Lo vuoi?-
Gli si illuminano gli occhi e annui energicamente. Il più grande rise sommessamente.
-E'  tutto tuo!-
Lui sorrise, poi, colto di nuovo dall'imbarazzo, si nascose ancora sotto la sua frangia per poi continuare a guardare quell’insieme di colori.
Sorrisi vedendo quella giovane promessa dell’arte, con il fuoco della passione negli occhi, e arruffandogli i capelli, mi sedetti di nuovo al tavolino, questa volta vicino a lui. Rimasi tutto il tempo con lui, coinvolgendo anche altri bambini.
Daehyun restò quasi tutto il tempo sepolto sotto i suoi capelli, in imbarazzo, ma qualche volta vidi un sorriso leggero sul suo tenero visino.
Si fecero presto le cinque, e poco alla volta i bambini se ne andarono. L’ultimo che rimase era Daehyun, che era ancora sul tavolo a disegnare, copiando infinite volte il mio disegno, con determinazione ammirabile.
Erano passati ormai dieci minuti da quando l’ultimo bambino se ne era andato, ma dei genitori di Daehyun neppure l’ombra.
Preoccupato, chiesi a Minhee, che non sembrava minimamente preoccupata
-ma a che ora passano a prendere Daehyun? Perché non arriva nessuno?-
-È normale. Junhong arriva sempre verso le cinque e mezza-
-Junhong?-
-Si, il fratello di Daehyun, è lui che lo viene a prendere-
-E i genitori?- 
-Sono in un’altra città. E comunque sia, Junhong é maggiorenne, perciò si occupa lui di Daehyun. Non chiedermi altro, perché più di così praticamente non so. -
-Grazie-
-Figurati-
Scoccate le cinque e mezza, ecco che, pochi minuti dopo, la porta si aprì, da cui si sentì una voce cristallina.
-Daehyun!!! Sono arrivato!!!- il bambino si alzò con il primo vero sorriso della giornata, e gli corse incontro.
Ma...un momento...quella voce....
Guardai il ragazzo alto sulla porta, chinato per vedere ciò che  il fratellino gli stava facendo vedere
 -Wow, che bello!”! L’hai fatto tu?-
Daehyun scosse la testa
- e chi allora?-
Il bambino prese un lembo di vestito, e condusse il ragazzo verso di me.  
Ma...un momento... non sarà forse....
 
*-ah dopo il nome è come dirlo.... affettuosamente (?) Qui Bang lo usa solo perché a Himchan da fastidio ;)
**Per chi non lo sapesse in Corea hyung si usa con le persone più grandi, in segno di rispetto.
ANGOLO AUTRICE
Anneyooooong^^
Oh mamma, sono riuscita a pubblicare il primo capitolooo TwT Non ci credo neanche io XD
E' la prima fanfiction sui B.A.P., e purtroppo per voi, probabilmente nemmeno l'ultima, chiedo perdono *si inchina*
Ok, non prendetemi a pentolate (?) please. So che molti di voi si immaginano Bang cattivo e scorbutico, ma... no, per me è puccioso ^^ Dai, ha un animo gentile, quando sorride poi *w* Ok basta, non devo pensare a quello XD Altrimenti chi asciuga la mia casa dalla bava? Dx
Spero che apprezzerete questa fanfction, farò il possibile e anche di più per dare sempre il meglio, e aggiornare puntualmente u.u
Grazie mille a chi è arrivato fin qui, e grazie ancora di più a chi la metterà (se qualcuno lo farà TwT) nelle seguite o nelle preferite, e grazie soprattutto a chi vorrà darmi un parere, per me sarebbe bello capire cosa va e cosa non va, o anche solo sapere se vi è piaciuta o no ^^
Io...allora....vado (fa come Daehyun che si nasconde sotto la frangia)
Alla prossima (s  -ma dov'è l'ondina su questo maledetto computerT^T, vabbuò- )
Sì, sono pazza^^
Shirylen (non chiedetemi da dove è uscito questo nome X'D ma di sicuro è molto meglio del mio O.o)
  
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