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Autore: lilyhachi    17/07/2014    6 recensioni
(Stydia; quarta stagione; possibili spoiler)
Stiles era il raggio di sole in un giorno nuvoloso, l’ancora a cui aggrapparsi quando il peso del mondo sembrava insopportabile per il suo cuore, la spalla su cui avrebbe desiderato piangere per la morte della sua migliore amica, la mano che avrebbe voluto stringere al funerale di Allison.
Stiles era tutto ciò che Lydia aveva scelto di non fare, tutte le parole che aveva deciso di non pronunciare, tutti i sentimenti che aveva deciso di rinnegare per paura che crescessero a dismisura fino a soffocarla, come le era già accaduto in passato…ma Stiles era ossigeno, e lei avrebbe dovuto capire fin dall’inizio che non le avrebbe mai impedito di respirare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Since the third grade'
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Degress of separation
 

I
 
Unspoken
 
 “Meditate, yea, hypnotize.
Anything to take it from your mind but it won't go.
You're doing all these things out of desperation.
You're going through six degrees of separation”.
(The Script – Six degrees of separation)
 
 
Quando gli occhi ambrati di Stiles incontrarono la luce del sole che si insinuava appena nella sua camera, il ragazzo dovette sbattere le palpebre un paio di volte e fare mente locale prima di realizzare che giorno fosse, che ora fosse e cosa dovesse fare quel giorno.
Portò le braccia ancora rattrappite fin sopra la testa e si stiracchiò, concedendosi uno sbadiglio degno di nota e poi si stropicciò gli occhi ancora impastati di sonno. Prima di alzarsi, Stiles si prese qualche minuto, osservando la parete dinanzi a lui: tutte le foto, gli articoli, i segni di quelle indagini ormai risolte non c’erano più. Erano sparite dalla sua camera e dalla sua testa, liberandolo definitivamente.
Era rimasto soltanto qualche filo ad ornare quella parete vuota, un po’ come lui.
Ogni tanto qualche incubo tornava ma Stiles non ne aveva fatto parola con nessuno: rivedeva i volti di tutti coloro che avevano perso la vita per colpa sua e rivedeva soprattutto Allison.
Ad ogni incubo, faceva sempre più male, al punto che si svegliava con gli occhi lucidi e un dolore insopportabile a livello del petto perché nessuno lo avrebbe mai convinto del fatto che Allison non fosse morta per colpa sua: ne era responsabile, anche se solo in parte.
Forse doveva morire anche lui insieme ad Allison. A quel pensiero, tuttavia, una serie di parole accuratamente messe insieme balenarono nella sua mente: “La morte non colpisce te, Lydia. Colpisce le persone che restano. Tutta la gente in piedi al tuo funerale che si domandano come farà a vivere il resto della vita senza di te”. Pensò ad un suo possibile funerale e vide i volti scarni e devastati di suo padre, costretto a vivere in solitudine senza le persone a lui più care, di Scott, mentre Kira gli stringeva silenziosamente la mano, di Malia, persino di Derek, e di Lydia…solo che nessuno stringeva la mano di Lydia: era sola, chiusa nel suo dolore a guardare la bara con la bocca dischiusa.
Nessuno era accanto a Lydia, nessuno era lì per darle conforto, nessuno era lì per stringerle la mano e dirle che sarebbe andato tutto bene, che ogni cosa si sarebbe risolta e che non sarebbe stata sola.
Lydia era sola, come lo era stata al funerale di Allison mentre la sua spalla era accanto a quella di Scott, come se si stessero confortando a vicenda con quel contatto appena accennato.
Stiles avrebbe desiderato tanto allungare le sue dita fino a sfiorare quelle di Lydia, sentiva il bisogno di farlo ma si era frenato, senza neanche sapere perché. Forse Lydia lo odiava, forse lo riteneva responsabile per quelle perdite che aveva subito nell’arco di due giorni, forse non lo avrebbe mai perdonato e forse non voleva neanche che lei gli si avvicinasse.
Il cuore cominciò a battergli furiosamente nel petto al pensiero di un possibile odio da parte di Lydia, quasi gli si mozzò il respiro nel realizzare ciò che poteva averla spinta ad allontanarsi da lui, al punto da rivolgergli la parola solo se la situazione lo richiedeva. Ma d’altronde, anche lui aveva fatto lo stesso: aveva lasciato che Lydia si allontanasse silenziosamente e non aveva neanche tentato di afferrare la sua mano per ripotarla accanto a lui, l’aveva lasciata fare.
Stiles si sentì un verme perché come poteva pensare a Lydia proprio quando aveva qualcuno come Malia che gli donava quello di cui aveva sempre avuto bisogno?
Scott aveva sorriso felice quando il suo migliore amico gli aveva accennato di ciò che stava accadendo con Malia, gli aveva stretto la spalla e gli aveva detto che Stiles meritava di essere felice.
Meritare e desiderare. C’è differenza tra ciò che si merita e ciò che si desidera?
Stiles meritava di essere felice, meritava di avere accanto qualcuno come Malia, meritava di essere sereno e di godersi tutto ciò che il soprannaturale gli aveva sempre negato.
Meritava. Meritava. Meritava. Ma Stiles cosa desiderava nel profondo del suo cuore?
Certo, desiderava essere felice, stare con qualcuno che lo guardasse con quella luce negli occhi che lo faceva sentire speciale, proprio come Malia, desiderava sentirsi amato e indispensabile.
Stiles aveva sempre voluto qualcosa di simile con tutto il suo cuore e adesso, dopo tragedie, lupi mannari psicopatici, Kanima, cacciatori con qualche rotella fuori posto, sacrifici umani e demoni con la mania di possedere persone innocenti, aveva trovato ciò che cercava.
Ma era davvero ciò che voleva nel profondo? Era davvero ciò che il suo cuore anelava più di ogni altra cosa? A dirla tutta, Stiles evitava di trovare una risposta a quelle domande, pensando che se le avesse ignorate, queste si sarebbero volatilizzate, smettendo di tormentarlo.
Eppure, ogni tanto quelle stesse domande tornavano all’attacco, costringendolo a dubitare.
Aveva sempre immaginato che un giorno si sarebbe svegliato accanto a Lydia e invece, aveva trovato una ragazza completamente diversa da quella che aveva sempre amato. Adesso Stiles aveva messo da parte ogni tentativo, aveva voltato la schiena, iniziando a camminare senza guardarsi indietro, senza guardare gli occhi verdi e gonfi di Lydia, perché se lo avesse fatto, non sarebbe più stato capace di andare avanti. Se si fosse fermato a guardare Lydia, Stiles Stilinski avrebbe rischiato di perdersi nella tristezza e nella luminosità dei suoi occhi, lucenti come due smeraldi, che trattenevano le lacrime. Sarebbe caduto, e per quanto una parte di lui fosse tentata dal perdersi in quel meraviglioso oblio noto come Lydia Martin, l’altra gli intimava di non farlo. Stiles sapeva di non poter costringere Lydia ad amarlo, forse lei non lo avrebbe mai visto come qualcosa di più ma andava bene, e lui aveva il diritto di andare avanti, di trovare la sua felicità personale.
Ma come poteva andare avanti quando un filo rosso era ancora avvolto attorno a lui e Lydia?
Li teneva uniti, sempre ancorati l’uno all’altra ma soprattutto permetteva a Stiles di capire quale fosse il problema: lui e Lydia erano un caso irrisolto e se quella lavagna non fosse stata del tutto vuota, forse ci sarebbe stata una loro foto a denotare l’inizio di una nuova indagine.
Irrisolto: quella era la parola che più definiva il loro legame.
C’erano tante variabili che vi ruotavano attorno e Stiles non aveva avuto tempo e modo di darvi una spiegazione ma erano state spinte via da altre priorità, come il salvataggio dei loro genitori, la sua pazzia momentanea, il Nogitsune che aveva deciso di albergare nella sua mente e la morte di una delle persone più importanti nella vita di tutti loro. Forse stava esagerando, forse quelli erano solo pensieri formulati a caso che non avevano alcun senso.
Tuttavia, Stiles voleva soltanto sapere quando tutti quei pensieri avrebbero abbandonato la sua mente, quando sarebbe stato libero da quel senso di oppressione che gli attanagliava le viscere, quando si sarebbe lasciato alle spalle quei giorni colmi di rimpianti e disperazioni silenziose.
Si alzò dal letto, pronto ad iniziare un altro giorno a Beacon Hills.
 
Lydia chiuse gli occhi, con la speranza di ritornare nel mondo dei sogni ma il sole aveva fatto già capolino nella sua stanza e lei non si sarebbe riaddormentata neanche volendo.
Osservò le sue dita laccate con una tonalità di rosa e i vestiti accuratamente disposti sulla sedia.
Forse Lydia stava bene nel suo piccolo mondo, quello così minuscolo e superficiale in cui era stata rinchiusa fino a poco tempo fa, un mondo fatto di vestiti all’ultima moda, lucidalabbra alla fragola, capelli perfetti e persone intorno pronte a sorriderle e a sedersi accanto a lei.
Adesso quel posto lo stava occupando da sola e accanto non c’era nessuno, soltanto l’ombra di un sorriso, quello che le era stato rivolto il primo giorno di scuola, quello della ragazza che la guardava un po’ spaesata e un po’ imbarazzata mentre stringeva la tracolla tra le dita.
Forse Lydia stava bene nel suo piccolo mondo, quello fatto di finta ignoranza in cui era stata come un manichino a mostrare soltanto ciò che gli altri volevano vedere, a fingere di non sapere, a comportarsi come una delle tante oche che aveva sempre guardato con disprezzo.
Forse Lydia stava bene in quel piccolo mondo, prima che un ragazzo alto dal fisico glabro la guardasse dritto negli occhi, facendole notare come il suo comportamento fosse proprio da oca.
Forse Lydia stava bene in quel piccolo mondo, prima che Stiles Stilinski cominciasse a bussare alla porta che aveva tenuto chiusa, per impedire a chiunque di oltrepassarla.
Forse Lydia stava bene, prima che Stiles iniziasse a spintonarla, entrando a forza: la porta era aperta e Lydia non riusciva a chiuderla, ci aveva provato ma Stiles la teneva ferma, pressava le sue mani nodose contro il legno scuro, impedendole di avvicinarsi per cercarle di chiuderla.
Stiles era rimasto lì, continuando a spingere quella porta, ignorando lo sforzo.
Adesso non c’era nessuno a tenere aperta quella porta: Stiles aveva iniziato ad allontanarsi e la porta cigolava lentamente senza niente o nessuno che la spostasse.
Lydia aveva tentato di avvicinarsi ma non appena aveva sfiorato la maniglia, questa era diventata incandescente, costringendola ad allontanarsi di scatto prima che si ustionasse le dita.
Nel frattempo, la figura di Stiles diventava sempre meno nitida, arretrava sempre di più e per quanto Lydia provasse a camminare nella sua direzione, lui le sembrava sempre più lontano.
“Stiles!”, lo aveva chiamato ma la voce era risuonata soltanto nella sua testa mentre dalle sue labbra non usciva nulla, neanche una sillaba: il silenzio erano le sue catene.
Stiles si era allontanato e la porta si era chiusa con un tonfo, lasciando Lydia chiusa in quella stanza, con le sue urla e tanti bisbigli a farle compagnia.
Dopo uno smarrimento iniziale, Lydia aveva capito che forse era giusto così, perché Stiles Stilinski era senza alcun dubbio l’essere umano più dolce e meritevole di tutto ciò che di bello esisteva in quel mondo infido e cattivo, fatto solo di dolore e sangue.
Stiles Stilinski si era allontanato, per sospingersi verso quella felicità che gli era sempre stata negata, perché ora c’era qualcuno in grado di rendere i suoi occhi meno tristi e il suo cuore più vivo.
Malia era entrata nelle loro vite come un tornado, senza dare il tempo necessario per abituarsi ma andava bene…perché lei rendeva felice Stiles, e una morsa stringeva lo stomaco di Lydia ogni volta che si soffermava sul modo in cui il ragazzo la guardava.
Allora Malia gli donava un sorriso candido e dolce, come quello di una bambina e Lydia non capiva se i crampi nel suo stomaco fossero per il fastidio o per la gioia.
In realtà, aveva smesso di chiederselo già da tempo.
Se Lydia Martin fosse stata la ragazza del primo anno che camminava per i corridoi con espressione fiera e combattiva, avrebbe tirato fuori gli artigli per rivendicare Stiles come suo e avrebbe dato inizio ad una spedizione punitiva verso Malia Tate.
Ma Lydia non era più quella ragazzetta vanitosa, non era più la ragazza popolare che sedeva sugli spalti del campo di lacrosse a guardare il suo fidanzato che si faceva beffe del resto della squadra.
Adesso Lydia era la ragazza che restava sola nel corridoio della scuola con i libri stretti al petto e bisbigli indistinti che si facevano spazio nella sua mente. Era la ragazza che neanche si avvicinava al campo di lacrosse, mentre i posti in prima fila erano occupati da Malia e Kira. Era la ragazza che usciva direttamente da scuola e si metteva in macchina, lasciandosi cullare dalla solitudine.
Era la ragazza che aveva deciso di farsi da parte ed era giusto così.
Quante volte aveva udito la frase “se tieni ad una persona, lasciala andare”? Normalmente avrebbe riso, definendolo uno stupido cliché da film stucchevole ma adesso Lydia ne capiva il senso.
Aveva lasciato andare tante persone e non se ne era resa pienamente conto: aveva lasciato andare Jackson, aveva lasciato andare Allison e aveva lasciato andare Aiden. Erano scivolati via da lei, come sabbia tra le dita, lasciandola sola e completamente abbandonata a sé stessa.
Ora era arrivato il turno di Stiles e se lasciarlo andare fosse l’unico modo per vederlo felice e sereno, senza ombre e mostri senza volto ad ottenebrare la sua mente, andava bene.
Non le importava del dolore che sentiva ogni volta che lo incrociava a scuola, con la mano stretta in quella di Malia o il braccio attorno alla sua vita: andava bene, le sarebbe sempre andato bene.
Stiles era il raggio di sole in un giorno nuvoloso, l’ancora a cui aggrapparsi quando il peso del mondo sembrava insopportabile per il suo cuore, la spalla su cui avrebbe desiderato piangere per la morte della sua migliore amica, la mano che avrebbe voluto stringere al funerale di Allison.
Stiles era tutto ciò che Lydia aveva scelto di non fare, tutte le parole che aveva deciso di non pronunciare, tutti i sentimenti che aveva deciso di rinnegare per paura che crescessero a dismisura fino a soffocarla, come le era già accaduto in passato…ma Stiles era ossigeno, e lei avrebbe dovuto capire fin dall’inizio che non le avrebbe mai impedito di respirare.
Tuttavia, Lydia voleva soltanto sapere quando tutti quei pensieri avrebbero abbandonato la sua mente, quando sarebbe stata libera da quel senso di oppressione che gli attanagliava le viscere, quando si sarebbe lasciata alle spalle quei giorni colmi di rimpianti e disperazioni silenziose.
Si alzò dal letto, pronta ad iniziare un altro giorno a Beacon Hills.
 

Angolo dell’autrice
 
Ok, non so bene cosa ho fatto, ad essere sincera. Semplicemente la leggera (?) tristezza per questi due bimbi mi ha costretta a scrivere ed ecco il risultato. Non so esattamente che direzione prenderà questa storia, mi limito a dire che sarà piuttosto corta (4 o 5 capitoli) e non avrà una trama ben precisa, l’intento è quello di esplorare i sentimenti dei personaggi e il modo in cui affrontano questa “separazione”. Inoltre, è ambientata nella quarta stagione. Sono dell’idea che Lydia abbia capito che Stiles può essere felice con Malia e che si sia fatta quasi da parte, perché è evidente che Stiles non ha occhi che per Malia in questa nuova stagione. Quindi, ho provato ad immaginare come possano sentirsi entrambi: da un lato, Stiles che riflette su tutto ciò che sta provando, pur avendo qualche dubbio; dall’altro, Lydia che affronta la solitudine (dovuta non solo alla morte di Allison ma anche alla mancanza di qualcuno che le stia accanto)...chissà se riusciranno ad incontrarsi a metà strada :) direi che questo è quanto. Fatemi sapere cosa ne pensate se vi va ^^
Alla prossima, un abbraccio! 
   
 
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