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Autore: Ink Heart    18/07/2014    6 recensioni
Quante persone non si trovano bene in famiglia? Tante suppongo, chi per un motivo, chi per un altro, ma molte persone non si trovano bene in famiglia. Ma fino a che punto, il "non trovarsi bene" può spingersi, dove può arrivare per diventare odio, la storia che andrete a leggere, narra di una ragazza che in famiglia era, appunto, la PECORA NERA.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA PECORA NERA

 
“Ti odio!” mio fratello me lo diceva sempre, ogni occasione, azione o avvenimento accadesse, tutto era una scusa per insultami e prorompere nel discorso con “Ti odio!” ormai però non ci facevo più caso, mi era naturale sentirmelo dire. Una volta, eravamo alle giostre, papà mi aveva comprato un cono gelato, quanto mi piaceva! Era panna e cioccolato, li adoravo quei due gusti erano buonissimi insieme, guardandoli non sembrava poi mica tanto però, il nero e il bianco assieme, senso estetico di una talpa, ma il sapore, quello era favoloso! Quei gusti eravamo noi, io e mio fratello intendo, bianco e nero, giorno e notte, peccato che il nero fossi io, mi sarebbe piaciuto essere il bianco una volta soltanto, ma il destino aveva voluto nero da me, ero la pecora nera in mezzo al gregge color del latte, a volte pensavo che sarebbe finita come la fiaba del “Brutto anatroccolo”: in realtà divento bellissima, tutti mi amano e vissero felici e contenti, ci spero sempre meno ormai.
Quella volta, faceva caldo, caldo davvero quello che sembra che ti stai per sciogliere e quella fu la fine che fece il mio gelato, si sciolse, il bianco e il nero, diventarono un orrenda pappetta color topo che per la fortuna che avevo finì sui pantaloni di mio fratello. “Ti odio!”  me lo diceva sempre, quella sera stranamente non lo fece, per pochi attimi crebbi che finalmente ero cambiata, non ero più un “brutto anatroccolo” ero diventato il cigno che amano tutti, che peccato ci avevo sperato fino all’istante prima in cui sentissi una frustata al viso, mi diede uno schiaffo fortissimo, la guancia mi divampò per qualche secondo, mi disse che se l’avessi detto a mamma e papà, me ne sarei beccata uno più forte, io da poveretta non dissi nulla, anzi feci la faccia mortificata. Cercai di pararmi davanti a papà per fargli notare il segno delle dita, ma sembrava con la vista di un pipistrello quella sera.
Papà e mamma mi volevano bene però, almeno me ne vollero fino a quando mio fratello non morì in quell’incidente d’auto, quando lo venni a sapere sorrisi, pensavo che si era solo rotto qualcosa, poi però vidi l’ambulanza a sirene spente, avevo sedici anni, sapevo cosa significava. Non me ne feci mai una colpa di quell’incidente, i miei si però, dicevano e dicono, che sono stata io a provocare tutto, forse hanno anche ragione, mio fratello stava venendo a prendermi, da un’amica che abitava in una città a qualche kilometro dalla nostra, lo fece perché mi ero impuntata sul fatto di non voler prendere l’autobus, quindi in sintesi, mio fratello è morto per un mio capriccio, un capriccio da bambina, da una stupida bambina, che ha paura della sua ombra e a paura del “gregge”, una pecora nera, di quelle schifose, con la lana tutta annodata e sporca, di paglia e feci, un aborto della specie, tutto qui, un semplice errore. Mangiavo il gelato, anche quando me lo dissero, stavolta era tutto al cioccolato, completamente nero come me.
Due anni dopo, mi fidanzai, quando lo dissi ai miei ormai apatici genitori, mi dissero che ero solo una sgualdrina, che non avevo imparato nulla dai loro insegnamenti, fu la prima volta che me lo dissero, non lo scorderò mai: “Sei la pecora nera di questa famiglia”,  un sorriso di strafottenza mi si dipinse in viso, mi cacciarono di casa la sera stessa, la “pecora nera” che viene allontanata dal “gregge” era l’epilogo. Andai a vivere dal mio ragazzo per un po’, poi mi disse che non mi amava più, così di punto in bianco, mi disse anche che nella vita non avrei fatto nulla. Oh come si sbagliava, stavo per fare il bene più grande a tutti quanti, a mio fratello, a i miei genitori, allo stronzo del mio ragazzo ma soprattutto a me. Avevo chiuso porte e finestre, staccato il telefono, in questi momenti di solito si desidera non essere disturbati, ma c’è chi lo aspetta che vengano disturbati, ma quelle non sono vere “pecore nere” sono solo, delle pecore che si sentono più preziose e importanti di quello che sono, feccia, inutile feccia, ecco cosa sono realmente. Ero alla fine del mio pascolo, la pecora nera non viene mai tosata, viene lasciata a soffocare nel suo vello imperfetto, troppo comune, banale, inutile per essere utilizzato in qualcosa, anche stupida. Ero la reietta, la reietta di un “gregge”  troppo grande e oppressivo per qualcuno di diverso, non di migliore ma diverso, non conta come: se in meglio o in peggio, diverso è quello che conta, perché “diverso è male”, ecco il motivo!
Avevo deciso, di finirla, in malo modo, ma io lo reputavo il migliore, dopo quello sarei stata commestibile, le pecore, bianche o nere che siano, non lo sono mai, io lo sarei stata, il primo caso e speravo anche l’ultimo così sarei stata ricordata per qualcosa. Avevo comprato un buon vino, era annata 1980, ne bevvi un sorso e poi me lo sollevai appena sopra il capo, scivolò ovunque, negli occhi, nelle orecchie, nelle ascelle, poi presi un accendino, anche quello lo avevo comprato per l’occasione, io non fumavo. Mi accessi dal basso, dalle scarpe, ansimavo come in un rapporto, ma questo era appagante. L’ultima cosa che vidi fu un fuoco che bruciava le mie braccia, un fuoco che era fuori e non dentro, non ero uno spirito indomito, non ero nessuno, il nulla, ero solo un tizzone che bruciava, seduta al tavolo della cucina.
Volete davvero sapere quale fu l’ultima cosa che pensai, bhe! Mio fratello ne sarebbe stato fiero: “Ti odio!” 


Nota dell’autore:  Cosa posso dirvi, se non che, come prima storia, vi sia rimasta un po’ sullo stomaco, la “pecora nera” ricordate, che può essere chiunque, una “pecora nera” però non lo sarà per sempre, fate in modo che diventi parte del “gregge” e non viva solitaria come un lupo. Un’ultima cosa, non litigate con i fratelli e le sorelle, non serve a molto ;) 
 
   
 
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