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Autore: Birra fredda    20/07/2014    2 recensioni
Aziel è un angelo sfuggito al Paradiso per il suo amore, un demone di nome Belial.
Un amore malato, una passione travolgente, due corpi, un'anima pura e una maledetta che convivono in una casa immersa nel verde delle colline abruzzesi.
Cosa ne sarà dell'amore quando le cose cominceranno a farsi più difficili e sarà ripresa la lotta tra le forze del male e le forze del bene?
Genere: Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Belial se ne stava allungato sul tetto di casa in silenzio, senza neanche la sua fidata sigaretta incastrata tra le labbra, e fissava il cielo stellato con le mani dietro la nuca. Le tegole premevano contro la sua spina dorsale, ma non ci stava dando peso.
Era salito lassù poco dopo quello che era successo con Aziel e ci era rimasto fino a quel momento.
Non ancora riusciva pienamente a capacitarsi di ciò che era accaduto.
Aziel si era ribellato a lui. Aziel si era imposto nei suoi confronti.
Il demone davvero non riusciva a crederci e non poteva smettere di pensare agli occhi furibondi e supplichevoli dell’angelo mentre gli tirava un calcio e cercava di allontanarlo.
Forse Aziel non lo amava più. Magari anche il biondino, la sua ombra casalinga, si era stancato della sua intollerabile presenza. Forse il suo angioletto aveva deciso di volersi riprendere la sua vita, allontanandosi da lui.
Belial sentì un brivido percorrergli la schiena e pensò subito che Aziel non si sarebbe mai allontanato da lui. Non poteva. Lo amava troppo, in fin dei conti, per lasciarlo. L’angelo ormai viveva per lui, era completamente dipendente dalla sua esistenza, non aveva idea di chi fosse Aziel senza l’amore nei suoi confronti, come avrebbe potuto abbandonarlo?
Qualcosa di strano c’era stato, quel pomeriggio. Belial aveva pensato che non avrebbe sentito Aziel muoversi per casa, e invece sotto di sé aveva spesso sentito rumori e spostamenti.
L’angelo, infatti, aveva appena finito di preparare lo zaino. Non che fosse realmente convinto di ciò che stava facendo, ma non sarebbe stato convinto neanche se avesse deciso di non far nulla, quindi tanto valeva tentare una strada nuova e vedere come andava.
Aziel si mise lo zaino in spalla e si voltò. Lo specchio gli ricambiò l’immagine e lui rimase lì impalato a fissarsi per un lungo momento, fino a che non si riscosse e si disse che perdere tempo non sarebbe servito a indorare la pillola.
Sapeva bene che il demone era sul tetto. Sebbene non lo avesse visto con i suoi occhi, non lo aveva visto andare via e aveva percepito per tutto il tempo la sua presenza sopra la testa.
L’angelo scese lentamente le scale e uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle. Fece due passi, appena due passi accennati, prima di vedere la figura dell’amante atterrare dinanzi a lui.
“Cosa fai?” domandò Belial all’istante, duramente.
“Bel, senti...”
“Hai intenzione di andare via?” continuò il demone serrando la mandibola e riducendo gli occhi a due fessure tetre.
“Io non...”
“Perché?”
Aziel sospirò e abbassò lo sguardo. Come spiegare a un demone quello che provava? Ma, soprattutto, avrebbe mai potuto capire, un essere malvagio, i suoi sentimenti?
“Voglio capire cosa provo per te” disse con un filo di voce il biondo, fissandosi con estremo interesse la punta delle scarpe che indossava.
Belial aprì e richiuse la bocca un paio di volte prima di parlare. “Perché non puoi capirlo restando qui?” chiese poi, abbandonando completamente il tono duro che aveva tenuto fino a pochi secondi prima, sostituendolo con un tono innocente, completamente ingenuo.
“Ho bisogno di stare solo e riflettere senza...” Aziel esitò, “senza te vicino, ecco” si decise a dire alzando lo sguardo. Evitando sempre il contatto con lo sguardo dell’altro, continuò: “Io, Bel, ti amo. Davvero. Ti amo in un modo smisurato, forse troppo smisurato. Forse ti amo troppo e dovrei ridimensionarmi. Voglio capire chi sono io, diciamo così. Voglio ritrovare me stesso per poter capire anche il mio amore nei tuoi confronti.”
“Pensavo non mi amassi più” sputò fuori il demone, facendo un passo verso l’altro.
“Non credo che potrei mai smettere di amarti, Belial.”
Il moro sorrise. “Allora tornerai?”
L’angelo indietreggiò mordendosi un labbro.
Sarebbe tornato? Sicuro. Non era ancora andato via e già gli mandava la presenza del demone.
“Sì, credo che tornerò.”
Aziel avrebbe voluto abbracciarlo. Avrebbe voluto godere per qualche istante del calore e della protezione che gli infondeva Belial, ma, quando lo vide farsi da parte per lasciargli prendere il volo, non ci pensò due volte ad afferrare lo zaino con una mano, a spiegare le ali e liberarsi nel nero della notte.
 
Belial, vedendo Aziel farsi sempre più un puntino minuscolo tra le stelle luminose, si sentì come se un piccolo pezzo di lui lo avesse appena abbandonato.
Gli tornò in mente una poesia che all’angelo piaceva molto, tanto da scriverla e appiccicarla al frigorifero.
I versi della poesia gli invasero la mente come un fiume in piena, facendolo boccheggiare. Si sentì come se all’improvviso parole su parole, versi su versi, virgole su virgole, emozioni su emozioni, fossero precipitati nella sua testa con un movimento impetuoso.
Perse per un momento l’equilibrio e poi, senza riflettere, dimenticando completamente ciò che gli aveva detto Aziel, prese la ricorsa, spiegò le ali e si alzò nell’aria come aveva fatto il suo amato pochi istanti prima.
Non era andato lontano, per fortuna. Belial, dopo pochi battiti di ali, già riuscì a rintracciarlo.
Volava piuttosto adagio, l’angelo, a dire il vero, come se procedesse senza esserne convinto fino in fondo.
Attraverso” urlò il demone a pieni polmoni, esattamente quei polmoni che sentiva ardere contro il freddo della notte. “Attraverso il giardino un giovane venne” continuò, richiamando l’attenzione dell’angelo, che si fermò in aria senza voltarsi, mostrandogli le immense ali candide, “levò in alto una mano a schermirsi dal sole, i suoi capelli mossi dal vento intrecciati di fiori, e nella mano portava un grappo sanguigno d’uva rigonfia, chiari i suoi occhi come cristallo, nudo, bianco come la neve su inaccessibili vette gelate, rosse le labbra quasi sparse di vino rosso che macchia suolo di marmo, di calcedonio la fronte” recitò Belial avvicinandosi sempre di più all’altro, lentamente, parlando enfatizzando ogni parola, dando importanza a ogni istante.
Aziel si voltò. Aveva gli occhi umidi. “E venne accanto a me, con labbra socchiuse e gentili, mi prese la mano e la bocca baciò” recitò a sua volta l’angelo, volando verso l’amato, “e uva mi diede a mangiare, e disse «Dolce amico, vieni, ti mostrerò le ombre del mondo e le immagini della vita. Vedi, da Sud avanza pallido corteo che non ha mai fine»” concluse, afferrando le mani di Belial e stringendole nelle sue.
Sprofondarono uno nello sguardo dell’altro, l’angelo e il demone, il cristallino nelle tenebre e viceversa, pensando, ambedue, che sarebbero potuti finire anche chissà dove, ci sarebbero potuti anche affogare negli occhi dell’altro, e sarebbe andato bene.
Restarono in silenzio per qualche lungo momento a fissarsi, a lasciarsi cadere uno nell’altro tenendosi per mano con il cielo stellato a far loro da cornice.
“Vuoi che torni a casa?” domandò Aziel dopo un po’, ben sapendo come prendere Belial. Sapeva, infatti, che il demone non gli avrebbe mai chiesto di tornare, ma, magari, avrebbe annuito alla sua domanda.
E infatti così fu. Vedendo Belial annuire appena con un cenno del capo, l’angelo si sciolse dentro. Quel minimo gesto gli fece rimuovere dai ricordi quello che era successo nel pomeriggio, gli fece dimenticare la sensazione di oppressione e fastidio che aveva provato quando il demone lo aveva preso.
E poi gli aveva recitato la sua poesia preferita, quella che, dalle labbra scure e morbide del moro, avrebbe potuto ascoltare all’infinito.
Belial, senza proferire parola, intrecciò le dita di una mano con quelle del biondo, gli prese lo zaino che penzolava da un braccio e gli sorrise cominciando a volare verso casa.
Aziel pensò che, forse, aveva lasciato andare un’occasione che non si sarebbe mai più ripresentata, ma, allo stesso tempo, pensò che non gl’importava, ch’era meglio così, era meglio Belial, sempre Belial, nonostante tutto, nonostante la sua natura, i suoi compagni, i lividi, i graffi. Belial era la sua casa, ormai.
Volarono in silenzio mano nella mano, un po’ come una coppia di esseri umani che passeggia sulla spiaggia e si gode l’odore del mare e il rumore delle onde che s’infrangono sulla riva. Volarono in silenzio mano nella mano, un po’ come due esseri umani innamorati che potrebbero stare insieme per delle ore senza spiccicare una parola e starebbero benissimo comunque.
Una volta atterrati davanti il portico di casa si bloccarono, rimasero impalati lì con le mani ancora unite e la testa rigonfia di mille pensieri.
“Azi...”
“Mh?”
“Sei tornato perché volevi farlo o perché ti sei sentito obbligato?” chiese Belial lasciando andare la mano dell’altro e voltandosi a guardarlo in faccia.
Aziel sospirò. “Sono tornato perché penso che ormai ci sia poco da fare per me” rispose piano, “forse non posso più ritrovarmi, non so. Ma credo che ormai Aziel non ci sia più, c’è solo l’amore incondizionato per te.”
“E non è una cosa buona?” domandò ancora, sinceramente ingenuo, il demone.
Forse per te, pensò Aziel, ma evitò di dirlo ad alta voce.
Si rese conto che davvero era così. Lui non esisteva più, era completamente annullato per Belial e non poteva farci nulla, assolutamente nulla. Non avrebbe neanche saputo dire se fosse una cosa buona o no, poiché non aveva idea di come sarebbe potuta essere la sua esistenza terrena in assenza di quell’amore malato e incondizionato, ma i suoi studi di psicologia gli suggerivano che non doveva essere esattamente una cosa troppo buona.
Ma, forse, doveva andare così.
























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Lo so, sono scomparsa per più di un mese. E, d'accordo, il capitolo non è dei migliori e, dopo l'assenza, come minimo ci sarebbe dovuto essere qualcosa di splendido ed epocale o chissà cosa per farmi perdonare. Avete ragione, perfettamente ragione.
Purtroppo ho avuto problemi col pc e altri diversi problemi che non sto qui a spiegarvi.
Questo capitolo ve lo avevo scritto prima di lasciare il computer al "medico" e ve lo lascio qui senza neanche rileggerlo perché non ne ho voglia.
Penso di essere tornata, comunque, e spero di rimettermi a scrivere seriamente questa storia perché Azi e Bel mi mancano moltissimo.
Vi abbraccio tutti,
Echelon_Sun

 
  
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