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Autore: Leopimpa    21/07/2014    1 recensioni
Fanfiction ideata in un sabato pomeriggio di noia che ha per
protagonista il mio poeta preferito, Giacomo Leopardi mettendone in
luce la complessità psicologica e immaginando una vicenda
che parte dal suo disagio esistenziale evolvendosi in qualcosa di
più...
Genere: Fluff, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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"Ciò che propriamente fa rivoltare contro la sofferenza non è la sofferenza in sé, bensì l'assurdità del soffrire"

Friedrich Nietzsche, Genealogia della morale, 1887

Le si avvicinò con passo incerto e il corpo scosso da un lieve tremore. Avrebbe voluto sparire ma allo stesso tempo inglobarla nella sua anima, si sarebbe incastrata bene in quell’immenso baratro di solitudine e di amarezza e allora le loro ferite, profonde come voragini avrebbero pulsato all’unisono, nel perfetto silenzio del cosmo sottraendosi alla consapevolezza dell’insensatezza del vivere. Cercò i suoi occhi e vi si fissò per un istante soltanto, perché la loro profondità gli scavò addosso vertigini.

C’era il tutto in quei grandi oceani nocciola, la dilaniante quotidianità, lo spietato diktat di un secolo crudele verso il suo sesso e la sua condizione. Aveva gli occhi da principessa, Teresa, ma nell’assurda commedia dell’esistenza le era stata assegnata la parte sbagliata ed ora sentiva ardere nei meandri più oscuri e riposti della sua anima il desiderio di riscrivere il copione o di scendere dal palco.

 

Distolse lo sguardo, Teresa, anch’ella stordita dalla profondità e dall’amara mestizia che traboccava da quegli occhi color del cielo nei quali a fatica riusciva a scorgere una luce fioca e tremolante, come una vaga folle immotivata speranza che resisteva al disincanto più gelido. Cercò di ritrarsi con gesti impercettibili, sebbene non desiderasse altro che essere salvata. Vide una mano incerta protendersi verso di lei, una mano consapevole di essere rifiutata a prescindere. Istintivamente allungò un braccio sino a sfiorarla, poi chiuse gli occhi e la strinse convulsamente

 

“Signorina… permettetemi di aiutarvi, per quanto mi sarà possibile” Mormorò senza posare gli occhi su di lei. Si rese conto di non essere mai stato tanto vicino ad una donna in vita sua.

 

Teresa non disse nulla, non ne aveva le forze. Inspirò a fondo e tentò di rimettersi in piedi, aggrappandosi ancora di più a quella mano. C’era tutto il peso dell’umiliazione ad appesantire il suo esile corpo eppure riusciva ancora, anche se a stento, a fare leva sulle sue gambe stanche, prive di forze. Si trattenne fino a che le fu possibile poi scoppiò in un pianto convulso.

 

Giacomo le strinse appena la mano. “E’ tutto finito, venite con me, abbiate fiducia vi aiuterò, non dovete avere timore alcuno”. Si stupì di tanta fermezza, guardò la fanciulla di sottecchi e la vide fare lo stesso.

 

La fanciulla annuì asciugandosi le lacrime, in fondo non aveva altra scelta.

“Che è successo?” Sentì suo fratello rivolgersi a suo padre.

“Nulla. Quella puttana di tua sorella non riesce a ficcarsi nella testa chi comanda qui”

La parola “puttana” pronunciata con il peggior disprezzo da suo padre la pugnalò a morte. Pianse ancora ma di rabbia . “State perdendo molto sangue” Constatò Giacomo riportandola alla realtà. “Seguitemi, vi aiuterò” le ripetè rendendosi conto in quell’istante che “in pratica” non sapeva nemmeno fare una medicazione.

 

La condusse nelle scuderie e la fece sedere su un covone di fieno. “Aspettatemi qui…” Ritornò dopo un tempo che le parve interminabile con una bacinella di acqua, delle bende e una bottiglia di aceto. Nessuno dei due osò rompere quel silenzio meraviglioso e terribile, quel ponte sospeso sull’eternità e sulle loro fragili esistenze.

 

“Vi ringrazio… conte” mormorò Teresa con un filo di voce. Sollevò appena lo sguardo e capì all’istante. Si allungò a fatica verso la bottiglia di aceto, la aprì e versò un po’ del suo contenuto su di una benda. Giacomo la fissò immobile mentre cercava di slacciarsi il corsetto, macchiato di sangue in più punti. “Sentite molto male?” Teresa sobbalzò quasi incredula del suo interesse. Continuò ad armeggiare con il corsetto, inutilmente. “Le ferite che sanguinano dolgono per poi rimarginarsi e guarire, quelle all’orgoglio e al cuore invece… uccidono.” Mormorò la fanciulla più a se stessa che a lui. Rimase esterefatto da tale considerazione, era stata veramente lei a parlare oppure aveva udito la voce della sua coscienza parlare attraverso le labbra della povera figlia del cocchiere? “Non permetteteglielo, di uccidervi”. Teresa scoprì completamente le spalle e con le mani tremanti si avvicinò la benda alle scapole. Il contatto con l’aceto la fece rabbrividire. Vide Giacomo voltarsi in fretta e senza volerlo sorrise lievemente. “Sapete di mia madre?” Azzardò lei levandosi in piedi “Si, signorina. Non sapete quanto mi rincresce per la sua malattia, vi auguro giungano tempi migliori per la vostra famiglia, ve lo meritate.” Teresa si rese conto di non riuscire ad arrivare a tamponarsi le ferite e si fece scorrere l’aceto lungo la spina dorsale. “Mia madre aspetta un figlio, oltretutto” Aggiunse stringendo forte i pugni e trattenendo le lacrime per il forte bruciore che l’aceto le stava causando. Vide Giacomo voltarsi lentamente verso di lei. Non disse nulla, nessuna parola era degna di arginare quella voragine. “Ho detto a mio padre ciò che pensavo di lui” Proseguì Teresa con un filo di voce. “Io non mi sposerò mai” aggiunse con un tono di involontario disprezzo. Giacomo si voltò di nuovo, tornando a darle le spalle. “Voi conte avete letto tanti libri…” Affermò quasi con disperazione “Voi sapete il senso di tutto questo, non è vero?”

 

Giacomo inspirò a fondo. “Vedete… io vorrei dirvi che il sapere rappresenta una via di fuga al non senso del tutto, che ogni libro letto, che ogni frase scritta sono un passo in più verso la scoperta del senso delle cose, ma non è così. Tutto ciò che so, che ho appreso non ha fatto altro che farmi avvertire la mia infinita piccolezza a darmi certezze circa il non senso del tutto”

 

Teresa ascoltò quelle parole difficili e sentì le lacrime salire veloci e poi scenderle copiose sulle guance, il suo divenne un pianto convulso. “V…venite qui” mormorò con voce strozzata. Aveva bisogno di un barlume di certezza nell’assurdità dell’esistenza.

 

“Prego?” Le rispose Giacomo ansimando lievemente. “Ho bisogno di un abbraccio, non ditemi di no” Lo implorò Teresa con un filo di voce. Si chiese dove fosse finito il suo orgoglio, ma si rese conto che era stato il suo istinto di sopravvivenza a parlare, come se solo quell’abbraccio avrebbe potuto tenerla in vita. Le si avvicinò quasi barcollando, le orecchie gli fischiavano stordendolo, si sentiva la febbre. La avvolse impacciatamente fra le sue braccia e le tolse dalle mani la garza imbevuta di aceto. “Se volete posso guardarvi le ferite” La fanciulla scosse lievemente il capo e si appoggiò timidamente sulla sua spalla, leggermente ricurva, il respiro del conte divenne più frequente- “E… le vostre ferite di che natura sono?” Azzardò Teresa con un filo di voce. “Sono fra quelle che uccidono, come avete detto voi”. Teresa avvolse timidamente le sue braccia attorno al collo di quel giovane uomo così diverso eppure dannato tanto quanto lei. Rimasero in quella posizione per qualche minuto, poi Giacomo le sussurrò in un orecchio “Immagino che voi possiate capire cosa significhi detestare la propria vita, il fatto stesso di esistere eppure non riuscire razionalmente a rinunciarvi” “Ogni giorno” “Vedete, Teresa, anche se l’amore sembra ciò che di più disinteressato esista, al contrario sfocia nella più alta forma di egoismo…” Teresa chiuse gli occhi, non riusciva a reggere quello sguardo. “Vi prego, non ditelo…” Lo implorò invano la fanciulla “Mettere al mondo dei figli, condannarli alla vita e alla morte” Proseguì Giacomo con voce leggermente incrinata “Voi lo sapete bene”. Teresa inspirò a fondo e senza dire nulla gli accarezzò il volto. Giacomo arrossì completamente, incapace di trovare spiegazione a quel gesto. “Ora ditemi che sono egoista” Giacomo sorrise della tiepida semplicità di quell’affermazione. “Ad ogni modo vi ringrazio” Concluse lui senza sollevare lo sguardo. “Mi ha giovato parlare con voi. Vi lascerò le bende e l’aceto. E’ meglio che me ne vada ora, in fondo non posso esservi di aiuto in alcun modo…” Disse allontanandosi un poco e maledicendosi per la sua stessa affermazione. Teresa capì un’altra volta di aver bisogno della sua presenza, lì, in quell’istante. Gli afferrò debolmente la mano impedendogli di allontanarsi e senza indugi gli sfiorò le labbra con un bacio. Giacomo avvertì il sapore del sangue, un guazzabuglio di pensieri si agitarono in lui, per poi spegnersi uno dopo l’altro. “Questo è per tutto l’affetto che vi ha negato vostra madre, conte” Evidentemente anche la servitù era a conoscenza  della rigidità della marchesa Adelaide. A quelle parole Giacomo ricambiò impacciatamente il bacio e le sussurrò “semplicemente Giacomo. E questo è per quello che vi ha fatto vostro padre".
  
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