Titolo: L’attesa
Autore: _Aras_
Fandom: Originale Romantico
Personaggi: Phoebe, Max
Genere: Romantico, Slice of life, Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: /
Lunghezza: 1006 parole
Questa storia partecipa alla "Slice of Life" Challenge indetta da areon sul forum di Efp: la sfida consiste nello scrivere 20 oneshot basate su 20 prompt diversi, sullo stesso fandom e, nel mio caso, sugli stessi personaggi.
Oneshot precedenti partecipanti alla drabble:
Un libro per te
Sorprendimi
L’attesa
Erano quasi
le sette di sera quando Max diede un’ultima occhiata alla
torta e, soddisfatto
del risultato, la mise nel frigorifero. Si lavò le mani e
aprì il secondo
cassetto della scrivania, quello dove teneva tutte le ordinazioni dei
clienti. L’ordine
non era mai stato uno dei suoi punti forti e anche ora che aveva
un’attività da
gestire non era in grado di sistemare le varie carte che si ritrovava a
compilare. Aveva proibito alla madre di metterci le mani al posto suo:
se nel
disordine che creava poteva riuscire a ritrovare tutto, nella
sistemazione
maniacale di un’altra persona era certo che si sarebbe perso.
E infatti ci mise
solo pochi attimi a trovare il foglio con lo schizzo della torta che
aveva
appena finito. Era uno dei suoi dolci preferiti, nonché
quello che gli riusciva
meglio in assoluto: due soffici strati di pan di spagna intervallati da
crema
pasticcera, a cui aveva aggiunto fragole tagliate a pezzetti, e
sormontati da
ciuffi di panna che, insieme alle decorazioni di pasta di zucchero,
adornavano
il tutto.
Insieme
ai
dettagli della torta c’era il numero di telefono del cliente:
Phoebe.
Aveva
conosciuto quella ragazza alla libreria del paese e le aveva lasciato
il suo
biglietto da visita, sperando che lo chiamasse. Si era arreso quasi
subito
quando, dopo tre giorni, ancora non aveva sentito nulla. Ed
effettivamente lei
non lo aveva mai chiamato. L’aveva rivista solo quando era
passata in
pasticceria per ordinare quella torta, in occasione del venticinquesimo
anniversario dei genitori. In quel momento Max si era reso conto di
aver perso
le speranze troppo presto: Phoebe era simpatica e aveva scherzato con
lui per
tutto il tempo, appoggiando le sue insinuazioni sul fatto che fosse
lì per
rivederlo. Prima di andarsene gli aveva lasciato il suo numero di
telefono:
aveva detto di averlo fatto in modo da poter essere avvisata nel
momento in cui
la torta fosse pronta, ma nel post-it aveva aggiunto una descrizione di
sé che
gli aveva fatto capire come in realtà il motivo fosse un
altro. Aveva scritto: Consigliera personale.
Un chiaro
riferimento al loro primo incontro, quando lo aveva aiutato a scegliere
il
libro adatto per il compleanno di sua sorella.
Voleva
chiederle di uscire e quella gli sembrava un’ottima
occasione per farlo, anche se forse sarebbe stato meglio farle la
proposta di
persona, alla consegna del dolce. Non aveva ancora organizzato
quell’appuntamento: sapeva che lei avrebbe accettato, glielo
aveva fatto capire
piuttosto chiaramente, e sapeva anche che avrebbe dovuto fare tutto da
solo,
perché l’aveva sfidato a sorprenderla. Il suo
lavoro, dopotutto, si basava
sulla creatività e l’istinto personale: sarebbe
certamente riuscito a
inventarsi qualcosa.
Deciso,
si sedette e compose il suo numero di cellulare.
Phoebe
stava
finendo di catalogare gli ultimi libri quando il suo telefono
squillò. Posò il
romanzo che teneva tra le mani e, dandosi una lieve spinta,
scivolò con la
sedia fino all’altra scrivania, dove teneva la borsa. Il suo
capo le aveva
sempre proibito di spostarsi in quel modo perché aveva paura
che il parquet si
sarebbe rovinato, ma in quel momento lui non c’era e lei non
resisté alla
tentazione.
Lesse il
nome di Max sullo schermo e si affrettò a rispondere. La
stava chiamando quasi
sicuramente per la torta, dopotutto avrebbe dovuto essere pronta per
l’indomani
a mezzogiorno, ma nonostante questa consapevolezza si
emozionò alla prospettiva
di risentire la sua voce.
«Pronto?»
«Phoebe?
Sono Max, ti ricordi di me?»
E chi se
lo dimentica!
«Sì, certo. Ciao» rispose,
improvvisamente
incerta. Non voleva chiedergli subito a che punto fosse il suo lavoro,
ma che
altro poteva dirgli per non apparire sfrontata?
«Ti
chiamo
per dirti che la torta è pronta» le
comunicò, lasciando la frase in sospeso.
«È
venuta
bene?» domandò curiosa. Non aveva idea di cosa
avesse fatto, gli aveva detto di
sorprenderla
«Ne
dubiti?»
rimbeccò lui,
scherzando. «Vuoi passare a prenderla tu o preferisci che la
consegni io?»
«Lo
faresti?» chiese, stupita. Nella pasticceria dove era andata
negli
anni precedenti non avrebbero mai acconsentito a fare una consegna.
«Certo»
la rassicurò. «Posso portartela domani,
così non avrai neanche
il problema di trovare il posto per conservarla»
continuò.
«Sarebbe
perfetto» lo ringraziò, mentre si rendeva conto di
star facendo
roteare una matita tra le dita. Sorrise: era la sua tipica reazione
quando
parlava al telefono con qualcuno che la coinvolgeva.
«Figurati,
immagino che sarai comunque molto impegnata con i
preparativi» ipotizzò lui, tentando di allungare
la conversazione ora che
l’essenziale era stato detto.
«Sì,
abbastanza» annuì Phoebe. «I miei zii
avevano proposto di prenotare
in un ristorante, così da evitare troppe preoccupazione, ma
ho preferito
organizzare tutto a casa. Sarà più faticoso,
certo, però almeno saremo più uniti
e l’atmosfera sarà decisamente migliore»
spiegò.
«Avrai
almeno qualcuno che ti possa aiutare o dovrai fare tutto da
sola?»
«Oh,
non ci sarà certo quel problema. Le mie zie non staranno
ferme un
momento e nemmeno mia madre, nonostante la festa sia per lei sono certa
che non
se ne starà seduta a tavola a farsi servire!»
«Nessuna
sorella?» chiese, curioso.
«No,
sono figlia unica» disse, notando lo strano sospiro che
seguì a
quella sua affermazione. «Cos’era quello?»
«Quello cosa?»
«Quel
sospiro.»
«Quale
sospiro?»
«Era
un sospiro di sollievo perché non ho un fratello maggiore
pronto a
difendermi?» insinuò, scherzosa.
«Da
dove ti è venuta quest’idea?»
domandò lui. Ora la conversazione non
ruotava più intorno alla festa, ma era arrivata a un punto
in cui il soggetto
principale era quell’appuntamento sospeso nell’aria
tra loro due.
«Mah,
pensavo che t’interessasse saperlo, dato che mi pareva avessi
accennato a qualcosa l’ultima volta che ci siamo
visti…»
«Sì?
Non ricordo: di cosa parlavamo?» continuò.
«Idiota!»
Phoebe si lasciò andare a una risata, seguita subito da
quella
di lui, all’altro capo del telefono.
«Credi
che potremo riprendere il discorso domani? O sarebbe fuori
luogo?» propose Max, tornando serio.
«Sì,
si può fare» acconsentì Phoebe.
«Perfetto,
allora ci vediamo domani» la salutò.
«A
domani.»
Max chiuse la chiamata e si preparò a passare la serata scervellandosi per creare l’appuntamento perfetto.